[ 11 febbraio ]
In questi ultimi giorni, a seguito del DDL Cirinnà e del dibattito sui diritti civili abbiamo assistito a prese di posizione da parte di esponenti politici e della cultura, manifestazioni e, addirittura, hanno fatto sentire la loro voce noti personaggi dello spettacolo.
Ma di cosa tratta questo DDL Cirinnà? Di questioni economiche e sociali? Prende posizione sul tema dell’Euro e dei trattati europei? No, niente di tutto questo. Disciplina le convivenze tra persone dello stesso sesso con diritti assai simili a quelli derivanti dal matrimonio, tra cui l’adozione (la cosiddettastepchild adoption).
Una premessa a questo articolo è necessaria. Chi scrive è assolutamente favorevole al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso e al più amplio allargamento di ogni diritto. Messo in chiaro che chi scrive non è un partecipante dei Family Day possiamo andare avanti.
La questione di fondo (che come al solito, come vedremo, la sinistra contemporanea non ha compreso, salvo rare eccezioni) è un’altra. Come mai improvvisamente questa levata di scudi, queste prese di posizione, questo rinnovato spirito critico e “partigiano”? Come mai personaggi della cultura e dello spettacolo, di cui invece abbiamo notato il loro assordante silenzio in questi anni di massacro della Costituzione (Benigni dove sei?) e di eliminazione di tutti i diritti sociali, decidono di prendere la parola?
Per chi scrive, la risposta è molto semplice: sono diritti a costo zero. In altre parole, diritti esteriori ed esclusivamente individuali che non minano l’assetto economico e i rapporti sociali oggi esistenti. Per questo, i dominanti concederanno questi diritti civili perché sanno che questo non vorrà dire in alcun modo affrontare anche quelli sociali. D’altra parte, chi scrive si domanda se anche l’accentrare l’attenzione mediatica su questo tema non voglia dire sviare dai temi di fondo che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi anni (guerre, recessione, crisi dell’Unione Europea).
L’altro elemento di fondo che esce da questo dibattito è l’atteggiamento di una sinistra che, ormai, sembra esser giunta a un processo finale di mutamento antropologico con l’avvento di Matteo Renzi, ossia un abbandono definitivo di ogni lotta sociale e di Classe in favore di battaglie per i soli diritti civili. È in questo quadro che la sinistra italiana (o presunta tale) smantella l’articolo 18 e precarizza il mercato del lavoro, ma si batte per i diritti degli omosessuali.
Non è necessario ricordare Karl Marx o Antonio Gramsci per ribadire l’assurdità di tale posizione. Basterebbe sapere cosa vuol dire essere socialisti, o anche solo di sinistra, per sapere che gli omosessuali senza un’adeguata tutela sociale, allo stesso modo degli eterosessuali, non potranno sposarsi, acquistare un’abitazione né tantomeno mantenere un figlio. Di cosa stiamo parlando e per cosa si sta dibattendo, dunque? Dei soli diritti degli omosessuali privilegiati? Di un diritto a favore di una sola Classe sociale?
Se così fosse, e così è in realtà, per quale motivo anche l’estrema sinistra ha visto in questa battaglia un motivo di identità e di riconoscimento, senza notarne tali contraddizioni? Senza tirare in ballo il comunismo, il marxismo o anche il socialismo, ha ancora senso la parola sinistra per tali movimenti e partiti? Oppure la sinistra, anche quella a parole radicale, è destinata a diventare nient’altro che una copia sbiadita del Partito Radicale?
Tutto ciò non è a causa di un destino cieco e baro, ma per un’idea distorta di libertà individuale e per una falsa contrapposizione tra Conservazione e Progresso. Aver sposato, come ha fatto la sinistra-sinistrata contemporanea, l’ideologia progressista, ha infatti come conseguenza l’accettare in toto l’ideologia liberale. Quindi sì ai diritti civili, ma anche sì alle privatizzazioni, allo smantellamento della Costituzione, al lavoro precario, e il cui risultato è una legittimazione politica e culturale, sempre in nome del progresso e della modernizzazione, del Capitalismo e della sua forma più estrema, il Neoliberismo.
Tale problema non è purtroppo valutato come tale dall’intelligencija progressista (la stessa che tace di fronte ai golpe della BCE, ai tagli alla spesa pubblica, all’attacco ai diritti dei lavoratori e alla Costituzione, ma è sempre in prima fila per difendere i diritti civili), che continua a credere che lo spirito del capitalismo contemporaneo si coniughi, ancora, con quello dell’ordine morale, credendo che il sistema su cui si basano i rapporti capitalistici di produzione sia, ancora, reazionario, conservatore e patriarcale.
La realtà, invece, è che ogni legame comunitario, per l’attuale Neoliberismo, costituisce un ostacolo al suo sviluppo, al suo “spirito” e al suo immaginario, fondato su un’umanità costantemente in movimento, senza più legami e radici, ma sospinta soltanto dalla ricerca del proprio interesse particolare.
Il risultato di tale dibattito? Un conflitto tra bande. E non chiedetemi di scegliere tra Scalfarotto o Luxuria da una parte e Giovanardi dall’altra. In questo caso mi astengo.
* Rodolfo Monacelli è membro del Consiglio nazionale di P101
** Fonte: Programma 101
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