[ 20 febbraio ]
Il vertice dei primi ministri dell'Unione europea ha discusso ieri, anzitutto, su come sventare l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. Si è concluso con un accordo che, per quanto abborracciato, consente in effetti a David Cameron di cantare vittoria.
Al di là della clausole del compromesso [leggi QUI i dettagli] e delle chiacchiere di circostanza esso sancisce infatti ufficialmente che la Gran Bretagna, si tiene ben stretta la sua sovranità nazionale e con un piede, è già fuori dalla Ue.
Di più: il cosiddetto "accordo", siccome riconosce a Londra non soltanto di chiamarsi fuori da ogni ulteriore passaggio verso un rafforzamento dell'Unione ma tutti i vantaggi derivanti dal suo status di paese a sovranità politica e monetaria; indebolisce l'eurocrazia e il suo disegno unionista e conferma che la tendenza dominante e irreversibile è quella alla dissoluzione dell'Unione europea. Chi vivrà vedrà: d'ora in avanti ogni Paese che domani dovesse opporsi alle decisioni del tridente Bruxelles-Francoforte- Berlino invocando la sua propria sovranità, utilizzerà come alibi il precedente inglese: "perché a noi no ed a Londra sì"?
Che la vittoria politico-diplomatica di Cameron riesca a far vincere i SÌ al prossimo referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione noi ci crediamo poco. E gli stessi primi ministri che ieri festeggiavano lo scampato pericolo lo sanno. Ciò che essi hanno in sostanza fatto, cedendo alle richieste di Cameron, è stato di salvare, assieme alla sua poltrona, quelle loro.
Eh sì, perché sanno di stare tutti nella stessa barca che va affondando, e se cade anche uno solo, rischiano di cadere tutti. Essi si trovano infatti schiacciati tra l'incudine della grave crisi economica ed il martello delle rispettive opinioni pubbliche, del crescente senso comune anti-europeista.
I nani che ci governano, maestri dell'insipienza, ingegneri dell'inganno, maghi nel prendere tempo, nulla alla fine potranno per evitare la dissoluzione dell'Unione europea. Una destino che è nell'ordine razionale delle cose.
Il vertice dei primi ministri dell'Unione europea ha discusso ieri, anzitutto, su come sventare l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. Si è concluso con un accordo che, per quanto abborracciato, consente in effetti a David Cameron di cantare vittoria.
Al di là della clausole del compromesso [leggi QUI i dettagli] e delle chiacchiere di circostanza esso sancisce infatti ufficialmente che la Gran Bretagna, si tiene ben stretta la sua sovranità nazionale e con un piede, è già fuori dalla Ue.
Di più: il cosiddetto "accordo", siccome riconosce a Londra non soltanto di chiamarsi fuori da ogni ulteriore passaggio verso un rafforzamento dell'Unione ma tutti i vantaggi derivanti dal suo status di paese a sovranità politica e monetaria; indebolisce l'eurocrazia e il suo disegno unionista e conferma che la tendenza dominante e irreversibile è quella alla dissoluzione dell'Unione europea. Chi vivrà vedrà: d'ora in avanti ogni Paese che domani dovesse opporsi alle decisioni del tridente Bruxelles-Francoforte- Berlino invocando la sua propria sovranità, utilizzerà come alibi il precedente inglese: "perché a noi no ed a Londra sì"?
Che la vittoria politico-diplomatica di Cameron riesca a far vincere i SÌ al prossimo referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Unione noi ci crediamo poco. E gli stessi primi ministri che ieri festeggiavano lo scampato pericolo lo sanno. Ciò che essi hanno in sostanza fatto, cedendo alle richieste di Cameron, è stato di salvare, assieme alla sua poltrona, quelle loro.
Eh sì, perché sanno di stare tutti nella stessa barca che va affondando, e se cade anche uno solo, rischiano di cadere tutti. Essi si trovano infatti schiacciati tra l'incudine della grave crisi economica ed il martello delle rispettive opinioni pubbliche, del crescente senso comune anti-europeista.
I nani che ci governano, maestri dell'insipienza, ingegneri dell'inganno, maghi nel prendere tempo, nulla alla fine potranno per evitare la dissoluzione dell'Unione europea. Una destino che è nell'ordine razionale delle cose.
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