20 ottobre La "legge di stabilita", le bugie di Letta e il «pilota automatico» dell'Europa. Intanto avanza, sullo sfondo, il modello cipriota.
Presentando alla stampa la cosiddetta «Legge di stabilità», Enrico Letta ha detto almeno due bugie: che la pressione fiscale calerà, che non vi saranno tagli alla spesa sociale. Come mai tutto, all'improvviso, abbia virato verso il «bello», è un mistero assai buffo. Che merita di essere approfondito.
Per confondere le acque, il nipote dello zio confida come sempre su una stampa amica. Talmente amica che sembra quasi che egli sia più che altro il frutto di una bolla mediatica, quella degli osanna a prescindere in nome di una non meglio specificata «stabilità». Ora, però - e questa è una novità - questi amici (che a loro volta ad altri «amici» rispondono) sembrano assai insoddisfatti. «Cifre sull'acqua», è stato il significativo titolo dell'editoriale di commento del Corriere della Sera del 16 ottobre.
I feticisti della «stabilità», e - possiamo giurarci - i rigoristi di Bruxelles, speravano ormai d'aver vinto la guerra, mentre i fatti hanno dimostrato che quella del 2 ottobre (voto di fiducia) è stata solo una battaglia. Importante, ma non decisiva. Dal contraddittorio groviglio di questioni politiche irrisolte e dall'oggettiva, ma mai riconosciuta, impossibilità di affrontare la crisi senza liberarsi dalla gabbia dei vincoli europei, è venuta fuori una sorta di «finanziaria democristiana» che, scontentando un po' tutti, punta a non avere l'opposizione di alcuno. Come avevamo scritto, la «stabilità» di lorsignori è, per fortuna, assai più problematica di quanto pensano in molti.
Attenzione! Il fatto che la legge di stabilità sia debole non significa che non sia antipopolare. Lo è, eccome. Da qui le bugie del capo del governo. Ma il suo contenuto antipopolare non è sufficiente a soddisfare i rigoristi nostrani, figuriamoci quelli europei. La finanziaria 2013 si presenta dunque come una prosecuzione apparentemente soft del lavoro di impoverimento delle classi popolari, che se da un lato nulla mette in campo per un'uscita dalla recessione, dall'altro prepara il terreno a nuovi diktat europei, che di certo non tarderanno.
Ma entriamo nel merito. Il governo parla di una manovra da 11,6 miliardi di euro. Di questi solo 8,6 sarebbero coperti da tagli o nuove entrate, mentre i 3 miliardi mancanti andrebbero ad accrescere il deficit, previsto assai ottimisticamente al 2,5% del Pil. Per comprendere le menzogna di Letta è necessario scendere nei dettagli.
Le tasse diminuiscono? Falso
Il taglio dell'Irpef ai lavoratori è una colossale presa in giro. Un risparmio mediamente al di sotto dei 10 euro mensili. Una roba che grida vendetta, dopo tanta propaganda e dopo anni di riduzione dei salari. In ogni caso, oltre alla leggera erosione del cosiddetto «cuneo», che tra lavoratori e imprese vale 2,5 miliardi per il 2014, non c'è nessun'altra riduzione fiscale. Per contro, ai quasi 2 miliardi dichiarati di nuove tasse (di cui 900 milioni attesi dall'aumento dell'imposta di bollo sui prodotti finanziari), molti altri se ne aggiungeranno di non dichiarati, ma pur presenti nella bozza del decreto governativo.
Si tratta della cosiddetta «clausola di salvaguardia» - eccolo, il «pilota automatico»! - che scatterà già nel 2014 sulle denunce dei redditi del 2013, qualora il governo non riuscisse a «razionalizzare» (cioè ridurre) il valore delle detrazioni Irpef. L'esecutivo vorrebbe recuperare subito 500 milioni di euro su un totale di 4 miliardi (di cui 2,3 per le spese mediche ed 1,3 per i mutui). Qualora non vi riuscisse, così come fece Tremonti nel 2011, scatterebbero i tagli lineari alle detrazioni: non più al 19%, bensì al 18% per il 2013, al 17% per il 2014, al 16% per il 2015 e così via. E ad essere colpiti sarebbero - possiamo scrivere: saranno - i malati e chi ha un debito con le banche.
E' evidente che una riduzione delle detrazioni equivale ad un aumento della tassazione. Ma il peggio verrà dal 2015 (anno, guarda caso, di entrata in vigore del Fiscal Compact). Come scrive l'insospettabile Corriere della Sera del 17 ottobre: «Dopo il 2014 viene il peggio. Perché la legge di Stabilità prevede che entro il prossimo 31 marzo, con un semplice decreto del presidente del Consiglio dei ministri, tutti gli sconti e le agevolazioni fiscali, quindi detrazioni, ma anche deduzioni, bonus ed esenzioni, siano tagliati per assicurare un risparmio di altri 3 miliardi nel 2015, che dovranno salire a 7 l’anno dopo e a 10 miliardi nel 2016». Come dire, 20 miliardi di tasse in più in tre anni, e 10 miliardi in più per ogni anno dopo il 2016.
Ora, dopo aver letto questi numeri sul più governativo dei quotidiani filo-governativi, qualcuno ha ancora dei dubbi su quel che accadrà sul fronte fiscale? La menzogna di Letta è talmente grossolana che non occorre insistere oltre.
Non ci sono tagli sociali? Falso
Veniamo ora ai tagli. Il bluff sulla sanità è stato fin troppo scoperto. Con una tecnica ben collaudata, si sono fatte uscire le voci sui tagli, per potersi poi presentare alla stampa come vincitori che, con sforzi inenarrabili, li hanno alla fine impediti. L'italiota teatrino della politica è fatto anche di queste miserie.
In realtà i tagli ci sono, ma il rumore fatto sull'aver «impedito» quelli solo virtuali ha finito per nascondere quelli reali. Nelle voci in «positivo» illustrate dal governo i tagli ammontano a 3,5 miliardi. Dovremmo forse credere che questi non riguarderanno la spesa sociale?
Particolarmente colpiti saranno i lavoratori del pubblico impiego, dato che anche nel 2014 avranno i salari bloccati, mentre lo stop al turn over è stato (sia pure parzialmente) prorogato al 2018. Che forse la perdita di reddito e quella occupazionale non costituiscono un problema sociale? Che forse la riduzione degli addetti alla sanità e alla scuola non si ripercuoterà sulla qualità dei servizi?
Dalla follia di proseguire con la politica dei tagli ha preso addirittura le distanze il viceministro all'Economia, quello Stefano Fassina che ha finora difeso a spada tratta i prodi Letta e Saccomanni. Ora sembrerebbe invece in procinto di dimettersi, soprattutto perché si è sentito messo da parte. Vedremo. Visto il personaggio dobbiamo ricordarci il motto secondo cui le dimissioni si danno e non si annunciano. Resta però il fatto che anche dall'interno dell'esecutivo si alzano voci contro i tagli, che evidentemente saranno ben più duri di quanto fin qui dichiarato.
La «ripresa», l'Europa, il Fmi e la fine delle balle (fiscali) e della bolla (mediatica)
Dunque, i tagli al sociale ci sono, l'aumento delle tasse pure. Ma la bugia più grossa è quella sulla «crescita», e sul fatto che questa finanziaria da mentecatti la favorirebbe. Al di là del rimbalzino fisiologico che probabilmente si manifesterà nei prossimi mesi, non c'è alcuna ripresa alle porte. Lorsignori lo sanno, ma si guardano bene dall'ammetterlo. La loro è una finanziaria da ragionieri di serie B che devono consegnare con puntualità il loro compitino a Bruxelles.
Bene, lo hanno fatto. Resta ora da vedere cosa diranno gli eurocrati che lo esamineranno. Di certo non ne saranno troppo soddisfatti, ma forse non scalpiteranno più tanto. Non ne saranno soddisfatti, perché ben altro esigono dall'Italia. Con il governo Letta-Alfano continua lo strangolamento del Paese nell'esclusivo interesse degli avvoltoi della finanza, ma a loro non gli basta mai... D'altro lato, forse non scalpiteranno, almeno non subito: la crisi politica italiana è tutt'altro che finita ed a Bruxelles la cosa è nota.
Detto in altri termini, più che «stabilità» c'è confusione. Per ora hanno di nuovo comprato tempo. Poi, tra qualche mese torneranno all'attacco, chiedendo ulteriori sacrifici.
Che cosa bolla in pentola ce lo manda a dire da Washington uno studio del Fondo Monetario Internazionale incentrato su un'idea ben precisa. Secondo gli economisti al servizio di Christine Lagarde la soluzione ideale del problema debito pubblico è il modello cipriota. Nero su bianco, a pagina 49 del loro Fiscal Monitor, la proposta è quella di un prelievo forzoso del 10% sui conti bancari delle famiglie. Una misura che farebbe impallidire il ben più modesto 0,6% decretato dal governo Amato nel 1992.
Si tratta di una mera provocazione? Non lo pensiamo. Gli economisti del Fmi vorrebbero applicare la loro ricetta a ben 15 paesi dell'Eurozona su 17. Resterebbero probabilmente fuori solo la Germania ed il Lussemburgo. Lo scopo? Riportare i livelli del debito al 2007, a prima di quella crisi originata dall'iper-finanziarizzazione del capitalismo reale, i cui costi sono stati scaricati sul popolo lavoratore anche grazie alla pronta trasformazione del debito privato in debito pubblico. Ed ora, et voilà, ecco la quadratura del cerchio, grazie al maxi prelievo.
Beh, almeno un merito al Fmi va riconosciuto: quello di indicare senza esitazioni la portata di quel che è in ballo. Altro che gli 0,1% di Saccomanni e Letta! I quali, peraltro, quando gli verrà richiesto, saranno tra i primi a proporsi come esecutori del bel progetto.
In ogni caso le balle di Letta sulla finanziaria rose e fiori avranno vita breve, mentre la bolla mediatica che lo ha fin qui protetto sembra anch'essa alla frutta. In quanto alla stabilità non c'è che dire. Il governo sarà anche unito, ma i partiti che lo sostengono sono tutti, ma proprio tutti, spaccati. Nel Pdl i cosiddetti «falchi» hanno cominciato ad aprire il fuoco; sul Pd abbiamo già detto di Fassina, ma anche Epifani bofonchia, che è il massimo che ci si possa aspettare da un segretario di quel partito; da Scelta Civica infine la notizia della dipartita (da presidente) del Quisling n° 1, quel Mario Monti che non si sente sufficientemente garantito dal Quisling n° 2 che gli ha preso il posto.
Che dire? Se questa è la loro stabilità, per non parlare della loro credibilità, qualche speranza di cacciarli tutti al più presto deve esserci per forza.
Presentando alla stampa la cosiddetta «Legge di stabilità», Enrico Letta ha detto almeno due bugie: che la pressione fiscale calerà, che non vi saranno tagli alla spesa sociale. Come mai tutto, all'improvviso, abbia virato verso il «bello», è un mistero assai buffo. Che merita di essere approfondito.
Per confondere le acque, il nipote dello zio confida come sempre su una stampa amica. Talmente amica che sembra quasi che egli sia più che altro il frutto di una bolla mediatica, quella degli osanna a prescindere in nome di una non meglio specificata «stabilità». Ora, però - e questa è una novità - questi amici (che a loro volta ad altri «amici» rispondono) sembrano assai insoddisfatti. «Cifre sull'acqua», è stato il significativo titolo dell'editoriale di commento del Corriere della Sera del 16 ottobre.
I feticisti della «stabilità», e - possiamo giurarci - i rigoristi di Bruxelles, speravano ormai d'aver vinto la guerra, mentre i fatti hanno dimostrato che quella del 2 ottobre (voto di fiducia) è stata solo una battaglia. Importante, ma non decisiva. Dal contraddittorio groviglio di questioni politiche irrisolte e dall'oggettiva, ma mai riconosciuta, impossibilità di affrontare la crisi senza liberarsi dalla gabbia dei vincoli europei, è venuta fuori una sorta di «finanziaria democristiana» che, scontentando un po' tutti, punta a non avere l'opposizione di alcuno. Come avevamo scritto, la «stabilità» di lorsignori è, per fortuna, assai più problematica di quanto pensano in molti.
Attenzione! Il fatto che la legge di stabilità sia debole non significa che non sia antipopolare. Lo è, eccome. Da qui le bugie del capo del governo. Ma il suo contenuto antipopolare non è sufficiente a soddisfare i rigoristi nostrani, figuriamoci quelli europei. La finanziaria 2013 si presenta dunque come una prosecuzione apparentemente soft del lavoro di impoverimento delle classi popolari, che se da un lato nulla mette in campo per un'uscita dalla recessione, dall'altro prepara il terreno a nuovi diktat europei, che di certo non tarderanno.
Ma entriamo nel merito. Il governo parla di una manovra da 11,6 miliardi di euro. Di questi solo 8,6 sarebbero coperti da tagli o nuove entrate, mentre i 3 miliardi mancanti andrebbero ad accrescere il deficit, previsto assai ottimisticamente al 2,5% del Pil. Per comprendere le menzogna di Letta è necessario scendere nei dettagli.
Le tasse diminuiscono? Falso
Il taglio dell'Irpef ai lavoratori è una colossale presa in giro. Un risparmio mediamente al di sotto dei 10 euro mensili. Una roba che grida vendetta, dopo tanta propaganda e dopo anni di riduzione dei salari. In ogni caso, oltre alla leggera erosione del cosiddetto «cuneo», che tra lavoratori e imprese vale 2,5 miliardi per il 2014, non c'è nessun'altra riduzione fiscale. Per contro, ai quasi 2 miliardi dichiarati di nuove tasse (di cui 900 milioni attesi dall'aumento dell'imposta di bollo sui prodotti finanziari), molti altri se ne aggiungeranno di non dichiarati, ma pur presenti nella bozza del decreto governativo.
Si tratta della cosiddetta «clausola di salvaguardia» - eccolo, il «pilota automatico»! - che scatterà già nel 2014 sulle denunce dei redditi del 2013, qualora il governo non riuscisse a «razionalizzare» (cioè ridurre) il valore delle detrazioni Irpef. L'esecutivo vorrebbe recuperare subito 500 milioni di euro su un totale di 4 miliardi (di cui 2,3 per le spese mediche ed 1,3 per i mutui). Qualora non vi riuscisse, così come fece Tremonti nel 2011, scatterebbero i tagli lineari alle detrazioni: non più al 19%, bensì al 18% per il 2013, al 17% per il 2014, al 16% per il 2015 e così via. E ad essere colpiti sarebbero - possiamo scrivere: saranno - i malati e chi ha un debito con le banche.
E' evidente che una riduzione delle detrazioni equivale ad un aumento della tassazione. Ma il peggio verrà dal 2015 (anno, guarda caso, di entrata in vigore del Fiscal Compact). Come scrive l'insospettabile Corriere della Sera del 17 ottobre: «Dopo il 2014 viene il peggio. Perché la legge di Stabilità prevede che entro il prossimo 31 marzo, con un semplice decreto del presidente del Consiglio dei ministri, tutti gli sconti e le agevolazioni fiscali, quindi detrazioni, ma anche deduzioni, bonus ed esenzioni, siano tagliati per assicurare un risparmio di altri 3 miliardi nel 2015, che dovranno salire a 7 l’anno dopo e a 10 miliardi nel 2016». Come dire, 20 miliardi di tasse in più in tre anni, e 10 miliardi in più per ogni anno dopo il 2016.
Ora, dopo aver letto questi numeri sul più governativo dei quotidiani filo-governativi, qualcuno ha ancora dei dubbi su quel che accadrà sul fronte fiscale? La menzogna di Letta è talmente grossolana che non occorre insistere oltre.
Non ci sono tagli sociali? Falso
Veniamo ora ai tagli. Il bluff sulla sanità è stato fin troppo scoperto. Con una tecnica ben collaudata, si sono fatte uscire le voci sui tagli, per potersi poi presentare alla stampa come vincitori che, con sforzi inenarrabili, li hanno alla fine impediti. L'italiota teatrino della politica è fatto anche di queste miserie.
In realtà i tagli ci sono, ma il rumore fatto sull'aver «impedito» quelli solo virtuali ha finito per nascondere quelli reali. Nelle voci in «positivo» illustrate dal governo i tagli ammontano a 3,5 miliardi. Dovremmo forse credere che questi non riguarderanno la spesa sociale?
Particolarmente colpiti saranno i lavoratori del pubblico impiego, dato che anche nel 2014 avranno i salari bloccati, mentre lo stop al turn over è stato (sia pure parzialmente) prorogato al 2018. Che forse la perdita di reddito e quella occupazionale non costituiscono un problema sociale? Che forse la riduzione degli addetti alla sanità e alla scuola non si ripercuoterà sulla qualità dei servizi?
Dalla follia di proseguire con la politica dei tagli ha preso addirittura le distanze il viceministro all'Economia, quello Stefano Fassina che ha finora difeso a spada tratta i prodi Letta e Saccomanni. Ora sembrerebbe invece in procinto di dimettersi, soprattutto perché si è sentito messo da parte. Vedremo. Visto il personaggio dobbiamo ricordarci il motto secondo cui le dimissioni si danno e non si annunciano. Resta però il fatto che anche dall'interno dell'esecutivo si alzano voci contro i tagli, che evidentemente saranno ben più duri di quanto fin qui dichiarato.
La «ripresa», l'Europa, il Fmi e la fine delle balle (fiscali) e della bolla (mediatica)
Dunque, i tagli al sociale ci sono, l'aumento delle tasse pure. Ma la bugia più grossa è quella sulla «crescita», e sul fatto che questa finanziaria da mentecatti la favorirebbe. Al di là del rimbalzino fisiologico che probabilmente si manifesterà nei prossimi mesi, non c'è alcuna ripresa alle porte. Lorsignori lo sanno, ma si guardano bene dall'ammetterlo. La loro è una finanziaria da ragionieri di serie B che devono consegnare con puntualità il loro compitino a Bruxelles.
Bene, lo hanno fatto. Resta ora da vedere cosa diranno gli eurocrati che lo esamineranno. Di certo non ne saranno troppo soddisfatti, ma forse non scalpiteranno più tanto. Non ne saranno soddisfatti, perché ben altro esigono dall'Italia. Con il governo Letta-Alfano continua lo strangolamento del Paese nell'esclusivo interesse degli avvoltoi della finanza, ma a loro non gli basta mai... D'altro lato, forse non scalpiteranno, almeno non subito: la crisi politica italiana è tutt'altro che finita ed a Bruxelles la cosa è nota.
Detto in altri termini, più che «stabilità» c'è confusione. Per ora hanno di nuovo comprato tempo. Poi, tra qualche mese torneranno all'attacco, chiedendo ulteriori sacrifici.
Che cosa bolla in pentola ce lo manda a dire da Washington uno studio del Fondo Monetario Internazionale incentrato su un'idea ben precisa. Secondo gli economisti al servizio di Christine Lagarde la soluzione ideale del problema debito pubblico è il modello cipriota. Nero su bianco, a pagina 49 del loro Fiscal Monitor, la proposta è quella di un prelievo forzoso del 10% sui conti bancari delle famiglie. Una misura che farebbe impallidire il ben più modesto 0,6% decretato dal governo Amato nel 1992.
Si tratta di una mera provocazione? Non lo pensiamo. Gli economisti del Fmi vorrebbero applicare la loro ricetta a ben 15 paesi dell'Eurozona su 17. Resterebbero probabilmente fuori solo la Germania ed il Lussemburgo. Lo scopo? Riportare i livelli del debito al 2007, a prima di quella crisi originata dall'iper-finanziarizzazione del capitalismo reale, i cui costi sono stati scaricati sul popolo lavoratore anche grazie alla pronta trasformazione del debito privato in debito pubblico. Ed ora, et voilà, ecco la quadratura del cerchio, grazie al maxi prelievo.
Beh, almeno un merito al Fmi va riconosciuto: quello di indicare senza esitazioni la portata di quel che è in ballo. Altro che gli 0,1% di Saccomanni e Letta! I quali, peraltro, quando gli verrà richiesto, saranno tra i primi a proporsi come esecutori del bel progetto.
In ogni caso le balle di Letta sulla finanziaria rose e fiori avranno vita breve, mentre la bolla mediatica che lo ha fin qui protetto sembra anch'essa alla frutta. In quanto alla stabilità non c'è che dire. Il governo sarà anche unito, ma i partiti che lo sostengono sono tutti, ma proprio tutti, spaccati. Nel Pdl i cosiddetti «falchi» hanno cominciato ad aprire il fuoco; sul Pd abbiamo già detto di Fassina, ma anche Epifani bofonchia, che è il massimo che ci si possa aspettare da un segretario di quel partito; da Scelta Civica infine la notizia della dipartita (da presidente) del Quisling n° 1, quel Mario Monti che non si sente sufficientemente garantito dal Quisling n° 2 che gli ha preso il posto.
Che dire? Se questa è la loro stabilità, per non parlare della loro credibilità, qualche speranza di cacciarli tutti al più presto deve esserci per forza.
8 commenti:
mi stupisce il silenzio tombale delle banche italiane. Se la proposta del taglio del 10% sui conti correnti va in porto, i ricchi trasferiranno definitivamente e interamente i loro soldi in Svizzera (e non a ondate come capita fino ad oggi), ma chi non va in Svizzera preleverà comunque fino all'ultimo centesimo dal proprio conto, e se li terrà in casa piuttosto che rischiare ulteriori tosate. In entrambi i casi, le banche italiane falliranno in 5 minuti, perchè lo stato non avrà mai i soldi per rifinanziarle. Anzi, fallirà a sua volta perchè se non c'è più un centesimo nelle banche, sarà assolutamente impossibile fare qualsiasi controllo sui conti di aziende e lavoratori, e praticamente avremo l'intera economia nazionale che lavora in nero.
A me non stupisce così tanto. Il prelievo è finalizzato ad abbattere il debito pubblico, ma chi detiene grosse percentuali di tale debito? Le banche stesse. Ne consegue che se le banche prendessero il 10% dai conti correnti e "stracciassero" i contratti di debito di un pari importo, le banche incasserebbero la liquidità e lo stato abbatterebbe il debito. Il classico "due piccioni con una fava".
A me non stupisce così tanto. Il prelievo è finalizzato ad abbattere il debito pubblico, ma chi detiene grosse percentuali di tale debito? Le banche stesse. Ne consegue che se le banche prendessero il 10% dai conti correnti e "stracciassero" i contratti di debito di un pari importo, le banche incasserebbero la liquidità e lo stato abbatterebbe il debito. Il classico "due piccioni con una fava".
buon articolo, che pare rigettare quella parte di sinistra che inneggia agli espropri, tasse, patrimoniali sulla base che chiunque abbia uno straccio di proprietà è kattivo.
anonimo,
i veri ricchi i soldi già li hanno nei paradisi fiscali e in oro. e negli ultimi 2 anni sono fuggiti dal paese 100mld.
qua a dire addio al deretano saremo noi classi basse e medie.
e ringrazieremo anche quella sinistra che "non paghiamo il debito".
antonio.
Geremia
Le prospettive si fanno sempre più minacciose e il processo di schiacciamento che progredisce senza la minima possibilità perché l'economia del paese possa cominciare a riprendersi si fa sempre più oppressivo.
Nel Medioevo in Inghilterra c'era la condanna "alla pena forte e dura" per eseguire sentenze capitali e che consisteva nell'incatenare al pavimento il condannato mentre di giorno in giorno gli si caricavano sul petto pesi sempre più gravi. Il nutrimento era scarsissimo: un boccone di pane e un po' d'acqua giusto perché il misero non morisse di fame e far sì che il supplizio potesse durare il più a lungo possibile. Doveva essere tremendo!
Ebbene, i popoli europei e l'Italia in particolare, sono stati condannati ad una pena simile che consiste in un genocidio orribile senza che, apparentemente, il boja sparga una goccia di sangue e la morte avvenga senza troppo chiasso. Il condannato ce la metteva tutta per resistere, sottrarsi alla stretta non gli era possibile perché immobilizzato e alla fine schiattava senza avere neppure più un filo di fiato per gridare e protestare.
scusate l'off topic, ma vi scrivo per comunicarvi sull'ordine della "lobbi che non c'è"
Pacifici: Pacifici: euroscetticismo uguale xenofobia
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=64299
È possibile avere il link al Fiscal Monitor citato nell'articolo ?
Grazie.
Questo è il link:
http://www.imf.org/external/pubs/ft/fm/2013/02/pdf/fm1302.pdf
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