[ martedì 4 giugno 2019 ]
Modalità inusuale quella scelta da Conte per scatenare la crisi di governo. Di norma, dato che siamo una Repubblica parlamentare, il Presidente, se ritiene di non avere la fiducia dei partiti che lo sorreggono, convoca il Consiglio dei ministri e quindi si rivolge alle Camere.
Ma siccome va di moda il populismo, egli, intervenendo a gamba tesa, ha imitato i due azionisti di maggioranza, sfidandoli sul loro stesso terreno e si è rivolto direttamente ai cittadini.
Che sia stato Mattarella a fargli recitare questa parte in commedia (francamente poco credibile) nessuno può avere dubbi.
Il primo fatto è dunque questo: la sceneggiata di ieri pomeriggio sancisce l'adesione definitiva di Conte al "partito di Mattarella", che già contava, come minimo, sul Cavallo di Troia e ministro dell'Economia Tria.
Morale della favola: Salvini e Di Maio, ammesso che vogliano andare avanti, sanno di avere un nuovo infiltrato, addirittura come primo ministro.
Nessuno si lasci ingannare. Che il motivo della mossa di Mattarella sia quello di porre fine ai "litigi" tra Di Maio e Salvini è solo un pretesto formale. Ben altra è la causa, ben altro l'oggetto del contendere.
Quale sia è presto detto: far si che Lega e M5S ubbidiscano al diktat in arrivo da Bruxelles.
C'è infatti un passaggio decisivo del discorso di Conte, quando ha detto: (1) che le regole eurocratiche su deficit e debito — questione sulla quale abbiamo scritto giorni addietro — vanno rispettate e (2) che la conduzione del "negoziato" — leggi la resa —con la Commissione non spetta né a Di Maio né a Salvini, bensì a lui medesimo e a Tria.
Si tratta di un vero e proprio ultimatum, che apre di fatto la crisi di governo. Ora il cerino acceso — anzi il candelotto di dinamite — è passato nelle mani dei due litiganti, per la precisione anzitutto nelle mani di Salvini.
Come andrà a finire questa partita?
La prima. Salvini e Di Maio, davanti alla minaccia dell'attivazione della "procedura d'infrazione", si tirano giù le braghe, accettando di rispettare il diktat in arrivo con la letterina di Bruxelles, varando una "manovra bis di aggiustamento dei conti pubblici" e promettendo che la prossima Legge di bilancio sarà scritta da Bruxelles.
La seconda. Salvini prende la palla al balzo, aprendo ufficialmente la crisi di governo per rimandare gli italiani alle urne.
La terza. Salvini e Di Maio, decidono di accettare la sfida della Commissione europea, tenendo fede a quanto entrambi hanno ripetuto in questi giorni: "non torneremo all'austerità e finanzieremo in deficit le misure previste nel Contratto". Ciò significa arroccarsi e andare avanti col governo, sostituendo Conte come Presidente del Consiglio e, dato che ci siamo, Tria come ministro dell'Economia.
I prossimi giorni sapremo come finirà questa vicenda.
Non c'è dubbio quale delle tre uscite sia quella preferibile: tenere testa alla Commissione, evitare elezioni anticipate, andare avanti sostituendo Conte e Tria.
Che saremmo giunti presto a questo punto, alla definitiva prova di forza tra l'eurocrazia di Bruxelles e il governo giallo-verde, noi — contrariamente a tanti azzeccagarbugli che avevano già dato per definitiva la resa dei giallo-verdi — lo avevamo detto subito dopo il compromesso pasticciato sulle Legge di bilancio 2019 (Lo scontro decisivo è solo rimandato).
Quale sarà il posto che occuperemo noi nel caso del definitivo braccio di ferro con Bruxelles è presto detto: in piena autonomia staremo dalla parte del governo, ovvero dalla parte della maggioranza popolare che lo sorregge.
E' vero che il nemico è potente, che per vincere ricorrererà ad ogni mezzo, anche all'arma letale dello spread scatenando l'inferno — come avemmo modo di dire subito dopo le elezioni del 4 marzo 2018. Tuttavia l'eurocrazia è un gigante dai piedi d'argilla: questa Unione non ha vita lunga. E quanto ciò sia vero ce lo conferma il micidiale affondo Trump ("inglesi, uscite dalla Ue e non pagate"). E se toccherà all'Italia dare il colpo di grazia, che sia!
E comunque tra resa e resistenza non può esserci dubbio alcuno da che parte stare.
Come disse Winston Churchill dopo la Conferenza di Monaco: «Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra».
Modalità inusuale quella scelta da Conte per scatenare la crisi di governo. Di norma, dato che siamo una Repubblica parlamentare, il Presidente, se ritiene di non avere la fiducia dei partiti che lo sorreggono, convoca il Consiglio dei ministri e quindi si rivolge alle Camere.
Ma siccome va di moda il populismo, egli, intervenendo a gamba tesa, ha imitato i due azionisti di maggioranza, sfidandoli sul loro stesso terreno e si è rivolto direttamente ai cittadini.
Che sia stato Mattarella a fargli recitare questa parte in commedia (francamente poco credibile) nessuno può avere dubbi.
Il primo fatto è dunque questo: la sceneggiata di ieri pomeriggio sancisce l'adesione definitiva di Conte al "partito di Mattarella", che già contava, come minimo, sul Cavallo di Troia e ministro dell'Economia Tria.
Morale della favola: Salvini e Di Maio, ammesso che vogliano andare avanti, sanno di avere un nuovo infiltrato, addirittura come primo ministro.
Nessuno si lasci ingannare. Che il motivo della mossa di Mattarella sia quello di porre fine ai "litigi" tra Di Maio e Salvini è solo un pretesto formale. Ben altra è la causa, ben altro l'oggetto del contendere.
Quale sia è presto detto: far si che Lega e M5S ubbidiscano al diktat in arrivo da Bruxelles.
C'è infatti un passaggio decisivo del discorso di Conte, quando ha detto: (1) che le regole eurocratiche su deficit e debito — questione sulla quale abbiamo scritto giorni addietro — vanno rispettate e (2) che la conduzione del "negoziato" — leggi la resa —con la Commissione non spetta né a Di Maio né a Salvini, bensì a lui medesimo e a Tria.
Si tratta di un vero e proprio ultimatum, che apre di fatto la crisi di governo. Ora il cerino acceso — anzi il candelotto di dinamite — è passato nelle mani dei due litiganti, per la precisione anzitutto nelle mani di Salvini.
Come andrà a finire questa partita?
Ci sono tre vie d'uscita
La prima. Salvini e Di Maio, davanti alla minaccia dell'attivazione della "procedura d'infrazione", si tirano giù le braghe, accettando di rispettare il diktat in arrivo con la letterina di Bruxelles, varando una "manovra bis di aggiustamento dei conti pubblici" e promettendo che la prossima Legge di bilancio sarà scritta da Bruxelles.
La seconda. Salvini prende la palla al balzo, aprendo ufficialmente la crisi di governo per rimandare gli italiani alle urne.
La terza. Salvini e Di Maio, decidono di accettare la sfida della Commissione europea, tenendo fede a quanto entrambi hanno ripetuto in questi giorni: "non torneremo all'austerità e finanzieremo in deficit le misure previste nel Contratto". Ciò significa arroccarsi e andare avanti col governo, sostituendo Conte come Presidente del Consiglio e, dato che ci siamo, Tria come ministro dell'Economia.
I prossimi giorni sapremo come finirà questa vicenda.
Non c'è dubbio quale delle tre uscite sia quella preferibile: tenere testa alla Commissione, evitare elezioni anticipate, andare avanti sostituendo Conte e Tria.
Che saremmo giunti presto a questo punto, alla definitiva prova di forza tra l'eurocrazia di Bruxelles e il governo giallo-verde, noi — contrariamente a tanti azzeccagarbugli che avevano già dato per definitiva la resa dei giallo-verdi — lo avevamo detto subito dopo il compromesso pasticciato sulle Legge di bilancio 2019 (Lo scontro decisivo è solo rimandato).
Quale sarà il posto che occuperemo noi nel caso del definitivo braccio di ferro con Bruxelles è presto detto: in piena autonomia staremo dalla parte del governo, ovvero dalla parte della maggioranza popolare che lo sorregge.
E' vero che il nemico è potente, che per vincere ricorrererà ad ogni mezzo, anche all'arma letale dello spread scatenando l'inferno — come avemmo modo di dire subito dopo le elezioni del 4 marzo 2018. Tuttavia l'eurocrazia è un gigante dai piedi d'argilla: questa Unione non ha vita lunga. E quanto ciò sia vero ce lo conferma il micidiale affondo Trump ("inglesi, uscite dalla Ue e non pagate"). E se toccherà all'Italia dare il colpo di grazia, che sia!
E comunque tra resa e resistenza non può esserci dubbio alcuno da che parte stare.
Come disse Winston Churchill dopo la Conferenza di Monaco: «Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra».
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10 commenti:
Ormai Conte e' stato cooptato dai poteri che contano compreso Mattarella , e' evidente .
Parla per interposta persona come quello che parla a nuora perche' suocera intenda .
L'esito delle elezioni europee ha favorito tutto cio' e molto indebolito Di Maio che in un certo senso se l'e' cercata , sconfessando a volte anche con l'insulto personale il suo alleato , a cominciare dai distinguo sugli sbarchi , alla cacciata di Siri .
Nei 5 stelle ora c'e' una guerra per bande e nessuno pare metterci un po' d'ordine , vedi l'uscita davvero da statista a fari spenti del pres. della Camera innominabile a mio avviso .
Certo ora come si puo' risolvere e' davvero un rebus , non lo sa nessuno neanche la Lega nonostante i sondaggi la diano ancora in crescita .
PS . Come da voi raccomandato o consigliato , personalmente ho rivotato i cinque stelle alle europee ma era una flebile speranza come abbiamo constatato , il marasma e' aumentato ora si salvi chi puo' e ci si capisce meno di prima .
Infatti, l'attacco di Conte (che chiede un passo indietro alla lega) mira a blandire i punti deboli dei cinque stelle (l'onestà) per far saltare il tavolo e magari cambiar maggioranza intruppando il PD e mettendo in conto una rottura del movimento.
Certo però che se la rottura con l'UE avviene (sempre che avvenga) sui temi del salvinismo la situazione è brutta assai.
Non che i temi dei pentastellati (il sussidietto vessatorio stile Hartz IV o New Poor Law) fossero molto migliori.
Mi chiedo se esistano veramente gli spazi per riprendere un percorso socialista adatto alla nostra era. Ce lo dirà la storia ma attualmente lo scontro resta tutto interno alle fazioni dominanti e le voci che chiedono un mondo diverso restano molto isolate.
Giovanni
Non mi azzardo ad aggiungere nulla.
Dico solo che noi dobbiamo esserci.
Ancora di più.
Quel poco di sinistra patriottica che esiste
dovrebbe fare uno sforzo maggiore per coordinarsi
su una campagna nazionale di diffusione dell'idea.
ben detto gaetano
Resistere,resistere,resistere e fuori i Quisling dal governo!Il tempo a disposizione per le forze sovraniste e patriottiche non è più molto,quindi basta con i veti incrociati di democristiana memoria e avanti con un programma di governo VERO che sia davvero di rottura con i precedenti ed espressione della volontà popolare;in questa delicata fase il consenso ottenuto svanira' d'incanto se non si procede verso una ROTTURA SENZA SE E SENZA MA CON L'EUROCRAZIA.
Cederanno. Nessuno di costoro ha la tempra né l’attitudine mentale di mettersi davvero contro un pdr. L’unica cosa che proveranno a fare sarà guadagnare tempo nell’attesa della nuova commissione UE, ma a parte che non si sa cosa ne uscirà, nel frattempo accetteranno tutto o quasi.
Tsipriolini.
Guardiamoci in faccia: l`Euro, l`Europa, I Trattati firmati sciaguratamente dai nostri «statisti» del passato remoto e recente, ci hanno resi come la vittima di usura dinnanzi all`usuraio: difficolta`/richiesta di aiuto/interessi fatti aumentare unilateralmente (con mezzi subdoli)/aumento del debito/insolvenza/crac e appropriazione di ogni bene da parte dell`usuraio. In questo caso pero` l`Italia non rischia solo la depredazione totale, bensi il totale asservimento ai voleri di paesi stranieri; cioe` il culmine di un fascismo effettivo di tipo plutocratico. Se la vittima di usura non vuole morire di fame e senza dignita` deve eliminare lo strozzino, ma questo e` tentabile solo con scarsissime possibilita` e solo se la vittima e` convinta, forte e senza timore delle conseguenze temibili. Ergo: senza un Governo d`acciaio, coeso, inscalfibile e senza un Parlamento di pari qualita`la lotta contro l`Europa e`persa in partenza.
La granitica convinzione dei sinistrati secondo i quali questo governo "fascio/leghista"(sic) è destinato alla resa e alla sottomissione all'oligarchia eurista,resterà una loro pia illusione,questo governo non solo non cederà ai diktat ma contribuirà invece a rendere meno traumatico per il paese l'inevitabile implosione del"fogno europeo".Se ne facciano una ragione i sinistrati dalla memoria corta,chi sta ora al governo ha imparato molto bene la lezione,sono proprio loro,gli pseudo sinistri a non averla imparata affatto,ma tant'è,chi ha inneggiato a suo tempo a Prodi,Monti,D'Alema e Gentiloni non ha alcun titolo per blaterare di capitolazione alla Tsipras.
Per Tria e Conte i risparmi di reddito e quota 100 vanno bruxelles.
https://www.huffingtonpost.it/entry/niente-manovra-correttiva-ma-i-risparmi-di-reddito-e-quota-100-vanno-a-bruxelles_it_5cf7dfe0e4b01302de3514f4?4l7&utm_hp_ref=it-homepage
Ora vediamo cosa rispondono cip e ciop.
Sono d'accordo con l'anonimo del 5 giugno delle ore 11:51, solo che oltre ad un governo d'acciaio ci vorrebbe anche un Parlamento che si rendesse conto della grave situazione e facesse scudo contro i burocrati di Bruxelles che si sono permessi di comminare una procedura di infrazione nonostante che la commissione oramai sia scaduta (non che dalla nuova mi aspetti chissà cosa per carità, però correttezza vorrebbe che la prassi sia almeno seguita)Invece abbiamo chi tifa perchè l'Italia sia definitivamente affossata, pensando poveri illusi, di guadagnarci qualcosa in termini di visibilità e di potere. Che vergogna!
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