Atene, giugno 2015. I delegati esteri alla manifestazione conclusiva del 3° Forum int. no euro. In fondo a sinistra, accanto a Mazzei, Cesaratto |
Sono molte le volte che in questi ultimi dieci anni ci siamo trovati a fianco dell'amico e compagno Sergio Cesaratto, e lui a fianco nostro. Sergio non si è mai tirato indietro, partecipando generosamente alle nostre iniziative seminariali e politiche di critica all'Unione europea e al regime ordoliberista della moneta unica — fino al recente Forum Eurexit dell'aprile scorso. Anche per questo siamo sorpresi leggendo una sua recente intervista...
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Una recente intervista di Sergio Cesaratto ha stupito molti suoi amici. Tra questi, pure chi scrive queste righe. Successivamente, allo scopo di precisare meglio il suo pensiero, Cesaratto ha pubblicato un nuovo intervento. Il quale, se da un lato puntualizza alcune questioni, dall'altro entra in contraddizione con quanto affermato nella conversazione con Marco Biscella.
Chianciano Terme, ottobre 2001: il primo, orami storico convegno della sinistra no euro. Cesaratto c'era... |
Entriamo dunque nel merito. «Lettera UE all'Italia - Le mosse da non sbagliare con l'Europa», è questo il titolo dato all'intervista, e ne restituisce perfettamente il senso. Nelle sue risposte Cesaratto dice essenzialmente quattro cose. La prima è che «i parametri di Maastricht hanno perfettamente senso». La seconda è che alla lettera UE bisogna dare «una risposta ragionevole con proposte ragionevoli e non sgangherate, come sbattere i pugni sul tavolo o minacciare di ribaltare i trattati». La terza è l'invito al governo italiano affinché lavori al seguente compromesso: «L’Europa dovrebbe aiutarci ad abbassare drasticamente i tassi d’interesse sui nostri titoli pubblici e l’Italia impegnarsi, firmando un memorandum, a una stabilizzazione, non riduzione, del rapporto debito/Pil». La quarta riguarda lo strumento "per cambiare l'Europa", che per Cesaratto è l'aumento progressivo del "bilancio federale", obiettivo da raggiungere anche alleandosi con Macron.
Contrariamente a quel che penserà qualcuno, dico subito che il problema non è il primo punto, cioè Maastricht. Maastricht è una mostruosità perché mostruosa è l'unione monetaria che deve sostenere. Stesso discorso per il Fiscal compact, arrivato a completare l'opera vent'anni dopo. Ma che in un'unione monetaria, tanto più se priva di uno Stato in senso proprio, certe regole siano necessarie, è cosa fin troppo ovvia. E chi scrive ha spesso polemizzato con quei sinistrati che vorrebbero tenersi l'euro ma cancellando i parametri di Maastricht. Un'idea senza senso, impossibile da realizzarsi, dato che Maastricht ed euro (come poi Fiscal compact ed euro) viaggiano necessariamente insieme come la più classica coppia di carabinieri. Solo lavorando all'uscita dall'euro sarà dunque possibile liberarsi dai vincoli dei trattati europei. Ma questa è cosa ovvia.
Gennaio 2014, il grande convegno "OLTRE L'EURO" Sergio Cesaratto dalla tribuna |
Neppure il secondo punto è di per se un problema. Premesso che ci sarebbe da discutere su cosa sia «una risposta ragionevole con proposte ragionevoli», nessuno parla (per la verità neppure tra le fila del governo, per quanto pasticcione esso sia) di un inutile sbattimento di «pugni sul tavolo», né di un impossibile ribaltamento dei trattati. Al di là delle parole, e dei soliti artifizi diplomatici, l'unica risposta politicamente sensata ad un attacco, che è eminentemente politico, sarebbe stata quella di rispedire la letterina al mittente. Francamente non si capisce qui a chi parli Cesaratto. Lo sbattitore di pugni virtuali se ne sta adesso tranquillo a mangiare pop corn a Rignano sull'Arno, mentre l'idea del "ribaltamento dei trattati" ha già avuto abbondanti risposte negative dal voto di domenica scorsa.
L'impressione è che questi falsi bersagli servano più che altro ad introdurre il terzo ed il quarto punto: l'idea del memorandum e quella di puntare all'aumento del bilancio federale. E qui i problemi ci sono eccome!
Nel suo secondo intervento Cesaratto dice di non aver voluto compiere «nessuna retromarcia pro-europeista». Ne prendiamo atto, e conoscendo la sua onestà intellettuale non possiamo che credergli. Tuttavia il suo discorso va invece nell'altra direzione.
Inoltrarsi sulla strada della ricerca di un nuovo compromesso, basato su uno scambio tra tassi e debito, potrebbe condurre solo a due possibili sbocchi: o il manifestarsi della totale irrealizzabilità del progetto qualora l'Italia tenesse la schiena dritta, o il totale sbilanciamento a perdere per il nostro Paese con nuovi vincoli senza compenso alcuno. Quale sarebbe mai il senso di questo ulteriore allungamento dei tempi dell'attuale agonia?
Atene, giugno 2015: 2° Forum internazionale no euro. Sergio Cesaratto c'era... |
Non solo, con una simile trattativa si accetterebbe già in premessa il ricatto del debito, mentre è proprio quel ricatto che va respinto. Come ha ricordato Piemme, quando gli stati vengono messi in croce dai debitori esiste sempre l'arma del default. Un'arma che non dev'essere mai scarica, anche se può essere usata in tante maniere.
Peggio ancora il discorso sul bilancio federale. Noi non crediamo affatto alla realizzabilità degli Stati Uniti d'Europa. Ma qualora questa distopia si realizzasse essa sarebbe un incubo, la democrazia ne risulterebbe azzerata, mentre il dominio ordoliberale avrebbe così la sua definitiva consacrazione. Una prospettiva che certo non è quella di Sergio Cesaratto, ma aumentare il bilancio federale va esattamente in quella direzione: meno risorse per gli Stati nazionali (dove la democrazia conta ancora qualcosa, ed è comunque un terreno di lotta), più risorse ad una tecnocrazia ademocratica priva di ogni controllo.
Ora, la risposta alla letterina di Bruxelles è stata data dal governo in un modo alquanto raffazzonato e contorto. Un modo di procedere che certo non convince, che tuttavia lascia aperte ancora diverse possibilità. Tra queste - nel suo secondo intervento - Cesaratto riconosce anche quella che così si possa andare verso l'uscita dall'euro. «Se si intraprendesse questa strada», egli ci dice: «non avremmo altra scelta che appoggiarla. Vorrei che ci si arrivasse in maniera diversa e meno sgangherata, e con obiettivi diversi che non la flat tax e un clima da oscurantismo alla Opus Dei (baci ai rosari e quant'altro)».
Chianciano terme, settembre 2016, 3° Forum Int. no euro. Sergio con W. Langthaler e Costas Lapavitsas |
Siamo ovviamente d'accordo, sia sulla flat tax (che comunque ancora non si capisce cos'è, ma che in ogni caso sarà diversa assai dall'iniziale progetto leghista), che sui baci ai rosari. Ma qui il problema è la sinistra, il suo sfegatato europeismo, il suo matrimonio di fatto con il cosmopolitismo delle èlite. Sta in ciò la spiegazione della momentanea vittoria del salvinismo.
Tuttavia, se da un lato si riconosce la possibilità - possibilità, non ancora probabilità, ma su questo siamo perfettamente d'accordo - che l'attuale situazione possa condurci alla battaglia finale per l'Italexit, e dall'altro si riafferma che in quel caso non potremmo che sostenerla, perché introdurre ipotesi come quella del memorandum e di un "bilancio federale" (termine peraltro improprio) da incrementare? Ecco, questa è la domanda che vorrei porre a Sergio.
Perché delle due l'una: o si persegue, come noi riteniamo assolutamente necessario, l'uscita dalla gabbia eurista, ed allora le proposte su memorandum e bilancio sono del tutto incomprensibili oltre che negative; o si ritiene, viceversa, che questa via sia sbagliata alla radice. Ma in tal caso bisognerebbe dirlo con chiarezza.
«Se decidi di fare politica in Europa ti devi dare obiettivi corretti e agire negli interstizi possibili, inclusa la attuale spaccatura franco-tedesca», ci dice Cesaratto. Certo, la politica è anche questo. Ma tutto ciò avrebbe senso solo a partire da una valutazione positiva sulla riformabilità dell'Unione europea e dell'euro. Riformabilità che invece non esiste, che è pari a zero. Non lo diciamo noi, lo dicono i fatti da tanti anni ormai.
Attenzione quindi a non perdere la bussola. Un rischio che si è fatto più alto con lo sbilanciamento a destra della maggioranza governativa. Ma se da un lato non dobbiamo arretrare di un millimetro sulla nostra visione della società (dunque niente flat tax e rosari, bensì uguaglianza, Costituzione e socialismo), dall'altro non dobbiamo mai dimenticarci la priorità assoluta della liberazione dalla gabbia in cui le classi dominanti hanno voluto rinchiudere il nostro popolo. Le due cose stanno insieme, anche se la situazione attuale potrebbe talvolta farci credere il contrario. Dunque attenzione, doppia attenzione, a non perdere la bussola.
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5 commenti:
Quello con le idee più chiare è Brancaccio ma ha troppi pregiudizi. Se avesse accettato il patto della mozzarella di Salvini e non si fosse messo di traverso con la lega le cose oggi sarebbero diverse:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/brancaccio-salvini-un-gattopardo-ma-lopposizione-non-e-la-sinistra-spread/
Il guaio dei marxisti è che sono in gamba ma sono pure settari. Saluti
POP
Mi sembra che nell'intervento di Sergio Cesaratto ci sia almeno una cosa positiva: la consapevolezza che non c'è una uscita keinesiana dalla crisi e dalla trappola europea. A mio avviso, non c'è MAI: e ho scritto un paio di interventi su Sollevazione per spiegare tutti i limiti e i difetti del keinesismo. Ma, in ogni caso, non c'è OGGI. Se guardiamo alla situazione dell' Italia dentro all' euro con occhiali keinesiani, l' "Europa" appare una gabbia insuperabile. Quello che da qualche tempo sto cercando di suggerire è che SONO SBAGLIATI QUEGLI OCCHIALI. Che è necessaria, in altri termini, e prendendo in prestito le parole di un importante filosofo, una RIVOLUZIONE GESTALTICA. Con gli occhi keinesiani l'"euro-pa" è una gabbia impenetrabile; con gli occhiali socialisti è uno dei tanti ostacoli che la liberazione dei popoli e dei lavoratori si trovano ad affrontare. In altri termini, sto dicendo che il keinesismo è inutile e impossibile, mentre il socialismo è possibile, efficace e praticabile anche da subito (in linea teorica, e magari in parte, anche con l'attuale governo penta-fascio-cazzo-minchia-leghista); oppure, con un altro goevrno che escluda piddini, bonini e (gran parte?) dei sinistrati.
La ragione per cui non si comprende questo è che molti dei militanti, anche di P 101, sono legati ad una visione del socialismo del secolo scorso, per cui alle mie parole scrivono o pensano: "Certo, sarebbe bello, la dittatura del proletariato, la nazionalizzazione di tutti i mezzi di produzione, le fabbriche socializzate ed autogestite dai lavoratori... Però dobbiamo fare i conti con la realtà, e allora l'unica cosa che possiamo fare è spingere per un po' di più di spesa pubblica e rincorrere i 5 stelle", non si sa in quale direzione, sperando che tirino la barra del governo verso obiettivi socialmente accettabili. Mentre in realtà i 5 stelle non sanno per primi dove andare, perché le loro idee di un po' di più di giustizia sociale, di onestà e di nuove tecnologie non portano da nessuna parte. In questo momento in cui i limiti dei 5 stelle si mostrano devastanti avrebbero loro bisogno di una direzione di marcia, e non di tifosi.
Ma io non parlo affatto del socialismo del XX secolo: sto parlando del socialismo in una economia di mercato, che abbia come punti cardinali i due elementi fondanti del socialismo, cioè la pianificazione economica e la partecipazione dei lavoratori, ma declinati in una economia di mercato. Per giustificare queste non c'è bisogno di usare il linguaggio marxista dell'anarchia delle forze produttive, dello sfruttamento e dell'alienazione, ma si può ricorrere più semplicemente al linguaggio dei più avvertiti economisti marginalisti, i quali riconoscono l'esistenza delle "esternalità" nel mercato, cioè riconoscono che il mercato è inadeguato a realizzare il bene comune, e infatti si inventano quei comici palliativi quali i "bilanci sociali o ambientali" delle imprese, e riconoscono le "asimmetrie informative" nel contratto fra capitale e lavoro, ovvero riconoscono che il dominio del capitale sul lavoro non porta a risultati ottimali.
Quindi non sono i 5 stelle o i leghisti ad essere inadeguati a dare una risposta ai problemi della società italiana, è un socialismo adatto al XXI secolo che manca. Eppure tanti fra i lettori di queste pagine sono convinti che la risposta alla dittatura europea, alla globalizzazione, al potere delle multinazionali non possa che essere che di tipo socialista, ma insistono ad inseguire i pentastellati.
Quanto vogliamo continuare...?
A.C. Siena
Conoscendone abbastanza bene le posizioni, mi pare di poter dire che la strategia sottostante alla proposta di Cesaratto sia quella di portare l'avversario a scoprire sempre più apertamente le sue carte (con parole, opere e omissioni) senza contemporaneamente scoprire troppo le proprie. Sarebbe astrattamente autolesionistico, oltre che concretamente irrealistico, arrivare a un'uscita annunciandolo prima (dati certi presupposti dichiarati) o anche solo lasciandolo chiaramente intendere. Aggiungerei che, contrariamente a quanto sostiene Cesaratto, procedere in modo raffazzonato può, al di là dei moventi soggettivi e contingenti, oggettivamente aiutare a mantenere il gioco coperto.
Brancaccio purtroppo non è stato semplicemente contrario alla Lega e a Salvini, cosa che posso pure comprendere (guardate l'insistenza su flat tax ed autonomia).
Egli è stato sempre contrario a tutto il resto del variegato movimento sovranista, lo ha pure avversato ricorrendo anche ad argomentazioni pretestuose, questo invece non è per niente condivisibile.
Ma ognuno fa le sue scelte e lui non ha certo problemi di sicurezza economica.
Giovanni
Io lo vidi a Napoli, Brancaccio. Fece il culo a strisce a Bagnai e ha sempre la risposta pronta, è colto, non è mai banale. Ma ha ragione pop. Brancaccio è un marxista e la rivoluzione che ci attende non ha niente a che fare con Marx. Bisogna cercare altrove.
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