lunedì 17 giugno 2019

LA PROFEZIA DI BAGNAI E IL DILEMMA SOVRANISTA di Moreno Pasquinelli

[ 18 giugno 2019 ]





Di acqua ne è passata sotto i ponti...

I veterani del sovranismo, siamo in pochi per la verità, si ricorderanno della polemica tra noi e Alberto Bagnai dopo che il nostro, nel gennaio 2013 sottoscrisse il Manifesto di solidarietà europea. Quel Manifesto (firmato col fior fiore di economisti liberisti) sosteneva una tesi fantasmagorica, quella che per salvare la "integrazione europea", occorreva «Un nuovo sistema di coordinamento delle valute europee, volto alla prevenzione di guerre valutarie e di eccessive fluttuazioni dei cambi fra i paesi europei». Concludeva quindi con la proposta di «una segmentazione controllata dell’Eurozona attraverso l’uscita, decisa di comune accordo, dei paesi più competitivi», quindi non dell'Italia badate, bensì proprio della Germania.

Restammo stupefatti dal sodalizio tra un economista che rivendicava fiero il suo keynesismo e incalliti liberisti. Toccò proprio a me — Le divergenze tra il compagno Bagnai e noi — condannare quell'errore, disvelandone le radici. Il nostro ci prese a pesci in faccia bollandoci come Marxisti dell'Illinois. Contro il sottoscritto Bagnai fu spietato:
«(povero compagno M! Con la "m" di meringa, chiederete voi? No, non esattamente, risponderò io. Conti troppo poco perché possa ora perder tempo a dimostrare l'inconsistenza e la slealtà delle tue becere scempiaggini, dettate solo dalla paura di essere definitivamente spiazzato nel tuo patetico e inconsistente anelito verso il potere politico, nonché la dilettantesca e opportunistica approssimazione degli strafalcioni profferiti dal tuo nuovo guru. Quando lo farò ci divertiremo. Noi. Tu continuerai a ragliare di uccisione di padroni nemici del proletariato nel tuo blog che nessuno legge. Mi metti una grande tristezza. Intanto, come dire, la Storia va avanti. Piccoli ortotteri crescono».

La profezia 


Facemmo pace, io e Alberto, non solo perché, presumo, si rese conto che nel suo contrattacco passò il segno, non solo perché comprese che da queste parti di guru non ne abbiamo — tantomeno quello che lui ci assegnò, per la cronaca Emiliano Brancaccio—, infine perché la sua imminente adesione alla Lega mostrava che il pericolo del suo "salto della quaglia a destra" era tutt'altro che infondato.

Qual era, nella sua essenza, il pomo della discordia? Che noi lavoravamo affinché fosse possibile quella che chiamammo "uscita da sinistra dall'euro", mentre Bagnai aveva profetizzato come ineluttabile che "l'uscita sarà gestita dalle persone sbagliate".

Parigi val bene una messa


Nella forma della profezia che si autoavvera, Bagnai pare abbia avuto ragione. La dirompente avanzata della Lega salviniana ci dice che se uscita dall'euro ci sarà "sarà da destra". Al netto di questioni obiettivamente secondarie come immigrazione e sicurezza — delle quali all'eurocrazia poco importa se non come pretesti ideologico-cosmetici — potremmo trovarci a rompere con l'Unione per la presunta "flat tax", che Salvini sta facendo diventare il suo principale cavallo di battaglia. Flat tax che è non solo l'emblema ma il marchio d'infamia del neoliberismo.
Del resto, che la flat tax sia una «ricetta ultra-liberista praticata con esiti devastanti dal Fondo monetario internazionale dalla fine degli anni Ottanta» lo affermò proprio Bagnai nell'estate del 2015  e non in un consesso qualunque, ma dicendolo in faccia a Salvini, Borghi e Rinaldi che invece la peroravano.
Non penso che Bagnai abbia cambiato idea, poiché ritengo che egli non solo si consideri ma resti effettivamente un economista keynesiano. E' che egli, avendo sempre creduto che non avremmo mai vinto la battaglia dell'euro senza avere dalla nostra almeno una parte importante della borghesia, anzitutto padana, considera che la flat tax sia appunto il modo per conquistarla alla causa e strapparla al partito eurista. Come disse Enrico di Navarra: "Paris vaut bien une messe".

Sciogliere il dilemma


Noi non dicemmo, al tempo, che Bagnai avesse torto, che cioè avremmo potuto fare a meno, in vista dell'uscita dalla gabbia dell'euro e dell'Unione, di un'alleanza con settori importanti della borghesia. Da anni andiamo sostenendo che data l'importanza e la difficoltà della battaglia sovranista, un Comitato di liberazione nazionale sarebbe stato necessario. Da anni andiamo dicendo che l'uscita non sarebbe stata indolore e che un eventuale Governo d'emergenza, sarebbe stato necessariamente trasversale, espressione di un blocco nazionale-popolare. La questione per noi era far sì che la forza motrice della rottura e della liberazione nazionale fosse stata non la destra liberista ma una sinistra popolare e patriottica.


Dobbiamo prendere atto che malgrado i nostri sforzi questa sinistra popolare e patriottica non ha acquisito la forza d'urto per candidarsi a guidare la battaglia. Di più: se, come ritengo, stiamo andando ad una finale rotta di collisione con l'Unione, la sua eurocrazia ed i suoi ascari italiani — non condivido, come si capirà, l'idea che alcuni hanno secondo cui "la questione non si pone" dato che saremmo al "momento Tsipras", che la capitolazione all'Unione europea è già data —, il tempo che ci resta non ci consente di immaginare ancora contendibile la direzione politica della rottura. Questa partita non solo ce la siamo lasciata alle spalle, l'abbiamo persa, e quindi non resta che attrezzarci alla prossima.

Di qui il dilemma che non si pone solo a noi sinistra patriottica, ma pure a tutti i sovranisti, siano essi socialdemocratici, comunisti e keynesiani. Quale sia il dilemma è presto detto: sostenere l'uscita malgrado spinga il Paese verso un'approdo liberista in economia e una sudditanza geopolitica verso gli USA trumpiani o restare nella gabbia euro-tedesca?
Non c'è bisogno di discettare su quale sarà la scelta di campo della sinistra transgenica: essa fornirà la soldataglia (non solo virtuale) al partito dell'euro. Forte immagino sarà infine, nel campo sovranista, la tendenza "terzocampista", quella del "né-né". Temo che sarebbe la condanna all'irrilevanza politica, forse addirittura all'auto-annientamento.

Io penso che l'uscita dall'euro e dall'Unione, anche ove l'approdo sia un liberismo in salsa protezionistico-trumpiana, costituisca, e per diverse ragioni, un "male minore" rispetto all'alternativa (altre non ce ne sono nemmeno all'orizzonte) che l'Italia resti incatenata al ceppo eurocratico. 

Potrei discettare sulle ragioni per cui tra le due terapie economiche liberiste, quella ordo made in Deutschland e quella made in U.S.A. la seconda, malgrado le controindicazioni è preferibile. Basti dire, per il momento, che se il Paese restasse nella gabbia sarebbe condannato alla recessione perpetua, quindi al sicuro disfacimento sociale, spirituale e nazionale. Tutto ma non questo! Mi limito ad osservare che l'uscita con Salvini e C., sarebbe un terremoto per l'Unione, darebbe una scossa all'Italia, interromperà la mortagora (le cui prime vittime sono proprie le forze rivoluzionarie), aprirà una nuova  ed inedita fase politica, con tutto quanto potrebbe conseguirne in termini di risveglio nazionale e protagonismo del popolo lavoratore, ed anche di rinascita della lotta di classe e di possibilità rivoluzionarie. 
Così che un giorno, la sinistra patriottica, accettato di stare nel gorgo della storia, potrà ringraziare per una volta il diavolo, che con Salvini fece la pentola ma non il coperchio.


«Io dico che coloro che dannono i tumulti intra i Nobili e la Plebe,
mi pare che biasimino quelle cose che furono prima causa del tenere libera Roma e che considerino più a’ romori ed alle grida che di tali tumulti nascevano, che a’ buoni effetti che quelli partorivano».
[Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro I, capitolo 4]





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13 commenti:

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Non solo la "sinistra popolare e patriottica non ha acquisito la forza d'urto per candidarsi a guidare la battaglia", direi che non esiste proprio, che non può essere nemmeno una forza marginale in campo. E allora? Vale la pena svenderne le ragioni ideologiche per nulla?

Scrivi "Da anni andiamo dicendo che l'uscita non sarebbe stata indolore e che un eventuale Governo d'emergenza, sarebbe stato necessariamente trasversale, espressione di un blocco nazionale-popolare" per poi riconoscere che "Dobbiamo prendere atto che, malgrado i nostri sforzi, questa sinistra popolare e patriottica non ha acquisito la forza d'urto per candidarsi a guidare la battaglia", e qui ci risiamo: altro che guidare la battaglia, questa sinistra popolare e patriottica proprio non c'è!

E allora? Che fare se manca il minimo sindacale di forza politica? Mi sembra, caro Moreno, che tu stia teorizzando una qualche forma di entrismo, ma anche questa scelta ha un suo prezzo: l'abbandono della postazione ideologica.

Ma soprattutto, sul piano concreto cosa pensate di fare, oltre a non dare troppo addosso da questo blog al governo gialloverde e a Bagnai? Candidarvi col M5S? Liberi di farlo, ovviamente, ma personalmente, più che augurarmi che nella lotta tra il partito carolingio e quello anglo-americano qui non finisca peggio che nella guerra dei trent'anni, io non vi seguirò. Mai.

E' stato bello conoscervi e frequentarvi, ma finisce qui.

Anonimo ha detto...

Bagnai ha sempre avuto la fissa verso Brancaccio, lo odia perché lo ha sempre ammirato moltissimo senza essere corrisposto e avendo preso da lui anche delle sonore bastonate. Ma questo è sempre stato solo un suo fantasma. Brancaccio si chiamò fuori subito dalla mischia politica. Molto prima di Bagnai, come sempre, lui aveva capito da tempo l'andazzo e i venti di destra (l'espressione 'uscita da sinistra' non stava a intendere che lui cercava uscitisti a sinistra ma che alla fine un'eventuale uscita sarebbe stata 'a destra'). Bene fecero i sovranisti di sinistra a non inseguire inutilmente Brancaccio. Perché uno può anche capire che lo scienziato marxista sceglie di mettersi sulla riva del fiume, però chi è impegnato nella militanza politica non può permettersi certi lussi. Il compagno Brancaccio potrà anche essere il migliore intellettuale sulla piazza, ma se ha messo le pantofole al suo cervello politico allora è del tutto inutile. I sovranisti di sinistra lo avevano capito da tempo che Brancaccio si chiamava fuori dal gioco politico, solo le paranoie di Bagnai potevano richiamare in causa a sproposito il fantasma rosso. Quindi bene Pasquinelli. REDWOLF

Rosso Nera ha detto...

Il piano inclinato del frontismo anti-euro ha fatto rotolare le palle dove era prevedibile che rotolassero: sostegno aperto alla lega. dopo tap, tav, leggi manettare dobbiamo ingoiare la sconfitta sul terreno economico, la flat tax. Capitolazione finale. D'altronde la sinistra sovranara era un movimento composto da Moreno, Leonardo e le loro dodici personalità.
La stessa critica a Di Battista che attacca la lega ne era sintomo, bisognava capirlo.
Sono d'accordo che Salvini e il suo liberismo nazional/padano aprirà le porte della catastrofe. Quello che non capite è che un conto è il tanto peggio tanto meglio un conto è intestarsi il sostegno alla catastrofe.
Io penso che l'uscita a destra dall'euro riaprirà la lotta di classe sul terreno favorevole per gli sfruttati, ma penso che chi si sporca le mani sarà tra coloro che per primi saliranno le scale della ghigliottina

Anonimo ha detto...

"questa scelta ha un suo prezzo: l'abbandono della postazione ideologica"

E' anche peggio di così, perché non solo la "sinistra popolare e patriottica proprio non c'è" ma anche l'ideologia proprio non c'è e neppure il suo embrione.

E perché non c'è neppure l'embrione dell'ideologia? Perché c'è la nostalgia. Non quella di chi si illude che possano tornare le ideologie novecentesche che non torneranno e che contano quanto lo zero virgola, ma quella di chi si illude che possano tornare gli anni '70 e che è purtroppo saldamente radicata non solo nelle menti di militanti/attivisti ma anche nelle menti di tantissimi italiani.

Neppure sollevazione ha voluto provare a costruire questo embrione. Infatti la soluzione che propone insistentemente è il piano di lavoro per debellare la disoccupazione, cioè facciamo un sacco di assunzioni fra pubblico impiego (magari esteso a settori socialmente utili) e settori strategici nazionalizzati. Insomma chi è dentro è dentro, chi è fuori e fuori e la sicurezza sociale continua ad essere una lotteria (guarda caso come negli anni '70). Eppure lo stesso Pasquinelli in un altro articolo ci ha detto che il piano di lavoro non garantisce il raggiungimento delle piena occupazione come dimostrato dallo stesso new deal, allora perché ce lo propone? Verrebbe da commentare usando l'espressione a lui cara: singolare strabismo.

Ad ogni modo io non considero l'entrismo un male assoluto, ma bisogna avere una propria posizione ideologica, almeno in embrione, da portare avanti anche nelle difficoltà dell'entrismo altrimenti è solo codismo.

Giovanni

Anonimo ha detto...

Penso che quanto scritto da Pasquinelli esprima in modo lucido e comprensibile a tutti, lo si condivida o meno ed io nella sostanza lo condivido, quello che è l'orientamento di questo blog e di P101. Il sentiero che viene proposto, è certo stretto ma non ha alternative. Se questo governo cadesse sotto i colpi della Ue sarebbe un disastro. Finché resiste e non fa come Syriza è doveroso tenerselo ben stretto.
Ciò non toglie che si pone una domanda ed io la pongo a Pasquinelli: dove sta il limite oltre il quale i giallo verdi non saranno più sostenibili? Può essere questo confine rappresentato dall'autonomia differenziata che come scritto anche su sollevazione è un'altro passo verso la disgregazione della nazione?

Anonimo ha detto...

Redwolf guarda che anche mettersi sulla riva del fiume e’ un atto politico. Altro che pantofole al cervello. Francesco

Anonimo ha detto...

Da un tweet di oggi del vostro amico Bazaar leggo questo vecchio articolo del 2017. La sanità in mano ad un gestore, pubblico o privato, che usa un criterio incentrato sul guadagno e che potrà avere anche 100.000/200.000 pazienti.

In un estratto si legge:

<<Se avesse potuto la Lombardia avrebbe cancellato la figura dei Mmg, ma per ora una Regione non può modificare i pilastri di una legge nazionale come la legge 833. Ma all’orizzonte c’è il referendum sull’autonomia regionale voluto dal presidente leghista, un referendum consultivo ma che verrà fortemente enfatizzato. Ci sentiremo dire che l’autonomia da Roma permetterà di rendere pienamente operativa questa “eccellente riforma regionale”.>>

Ecco, dove sta il limite? La sanità privata è uno cardini del modello USA che per tenerci agganciati potrebbero provare a spingerci in una posizione di sviluppo complementare alla loro lasciando alle deboli borghesie nazionali solo i lucrativi settori legati alla captive demand. Siamo proprio sicuri che questo non sarebbe una disgregazione della nazione?

Tutto questo non si fermerà senza riprendere almeno l'embrione della ricostruzione ideologica al più tardi entro ieri o l'altroieri.

Non una semplice money theory ma una modern social theory, anzi una Nuova teoria sociale. Ma è inutile farsi troppe illusioni.

Giovanni

Anonimo ha detto...

Moreno non cerca tanto l'entrismo quanto una ripetizione dell'operazione leninista a guerra mondiale in corso: incoraggiare le faide tra i dominanti nella speranza che a forza di sbranarsi fra loro mandino in pallino il sistema.

Guardate che anche se aveste un certo seguito politico la situazione cambierebbe poco perché la ribellione al sistema carolingio presuppone un alleato esterno di potenza pari o superiore e gli USA di Trump sono tutto ciò che offre il mercato. La Cina non vuole beghe con la Germania e Putin oltre ad avere pochi soldi sarebbe pronto a svenderci come fece con la Grecia in cambio di concessioni economiche. Senza Trump il problema dell'Italexit non si porrebbe nemmeno.

Non aver individuato questo nodo per tempo deriva non solo dalle sue conclusioni poco felici, ma soprattutto dalla riluttanza della sinistra verso le analisi di Realpolitik internazionale che tendono a collidere frontalmente colle sue idealità umaniste, internazionaliste ecc. riportandola sullo stesso piano operativo dei suoi disprezzati avversari.

La politica, quella seria, è individuazione del nemico e QUINDI dell'amico. Vedete che mano a mano che la situazione si fa seria siete costretti a ent-scheiden pure voi.

SOLLEVAZIONE ha detto...

Mi aspettavo le obiezioni, anche quelle spietate.
Oggi non riesco a rispondere, che ho deciso di rileggere L'EPOCA DEL POSTUMANO, del compianto Pietro Barcellona, profetico come pochi altri.
Moreno Pasquinelli

Luciano ha detto...

Sono totalmente d'accordo con quanto scritto da Moreno non serve aggiungere altro.

Richard G. ha detto...

Io mi chiedo cosa sia liberista e cosa non lo sia.
E' semplicistico dire che c'è una contrapposizione tra mondo liberista anglo americano Trumpiano e mondo liberista mercantilistico euro-tedesco, come viene indicato nell'articolo. Ci sono varie sfaccettature. Il mondo è complesso e multipolare, così come questo governo. E anche la Lega dal canto suo lo è. Affermare che la Lega ci porterà al liberismo quando aveva Quota 100 nel suo programma (che ha rispettato) mi sembra anche un svincolato dalla realtà.

Ci sono ancora tante variabili in gioco, prima dell'approvazione della flat tax. Si parla di aliquota al 15% per redditi fino a 55000 euro (non proprio un reddito basso certo) e un'aliquota al 38 per le fasce più alte. Ma poi ci sarà il taglio alla foresta delle detrazioni.

Ora come ora è difficile tracciare un percorso. Magari alla fine i redditi maggiori rimarrano ad un'aliquota alta perchè politicamente ed economicamente non è sostenibile che anche con un reddito superiore a 100 mila euro si abbia un'aliquota al 15-20, soprattutto perchè bisogna considerare il bilanciamento del M5S nel governo.

Sono d'accordo però se si vuole sostenere (più o meno attivamente) questo governo, o meglio la Lega (che perlomeno sembra la forza politica con un piano un pò più a lungo termine delle altre).

Saranno anni di lotta e sofferenza e la nostra sarà la vera resistenza. Solo quando forze sovraniste o simil sovraniste (per ora solo di destra) avranno preso il governo e la maggior parte delle regioni, solo dopo aver rimosso Mattarella nel 2022, solo dopo che in Francia Macron sarà costretto a capitolare, solo dopo si potrà parlare di uscita dall'Euro. Prima nessuna forza politica ne avrà la forza contrattuale.

Anonimo ha detto...

"solo dopo aver rimosso Mattarella nel 2022"

Guarda che sollevazione sta puntando tutto sul fatto che lo scontro con l'eurocrazia è imminente, non su un rinvio alle calende greche del 2022 come suggerisci tu.

Andare speranzosamente di scadenza in scadenza è del tutto inutile.

Richard G. ha detto...

Caro Anonimo.
Non ho letto da nessuna parte che Sollevazione punti su questo.
Ma anche se fosse, anche io avrei questo desiderio, non vado di certo "speranzosamente di scadenza in scadenza", anzi...

Però purtroppo questa è la realtà, che non combacia con i miei/tuoi desideri. Ci sono alcune cose da tenere in considerazione:
1) leggo molto attentamente le uscite dei vari protagonisti di questo governo; i 5 stelle a parole sono contro l'austerità (ma anche nei fatti), ma nessuno di loro ha effettivamente detto chiaramente di voler uscire dall'euro; vogliono cambiare le regole in Europa, anche se non si sa con chi;

2) gli unici ad avere un piano sono i leghisti; ma Borghi e Bagnai che sono i condottieri dei sovranisti hanno SEMPRE detto di non volere un uscita unilaterale, ma concordata e ordinata; il che presuppone almeno una specie di "regolamento" deciso in sede europea, per determinare un percorso di uscita dall'euro, sperando nella sponda di alcune forze consrvative (anche tedesche, ma soprattutto francesi);

3) Tria è troppo moderato, non utilizzerà mai i minibot; ma c'era da aspettarselo, Tria e Conte sono nati da un compromesso non solo di due forze politiche, ma anche di quelle forze con Mattarella; lo scorso giugno, non volendo lui Savona, ha vinto, inutile girarci intorno.

4) detto ciò: l'unica speranza rimane che un centrodestra sovranista abbia un' AMPIA maggioranza per formare un nuovo governo, con l'appoggio di un Presidente della Repubblica SOVRANISTA. Non vedo alternative all'orizzonte

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