[ 29 aprile 2019 ]
Gli interventi di Leonardo Mazzei sul cosiddetto "riscaldamento globale" — Clima 1 - E se fosse la lobby nucleare? (18 marzo 2019). Clima 2 - Quelli che non se la bevono (25 marzo 2019). Clima 3 - Nessuna catastrofe in vista (1 aprile 2019). Clima 4 - La bufala dell'aumento degli "eventi estremi" (11 aprile 2019). Clima 5 - Tutta colpa della CO2? (26 aprile) — hanno suscitato apprezzamenti e critiche.
Gli interventi di Leonardo Mazzei sul cosiddetto "riscaldamento globale" — Clima 1 - E se fosse la lobby nucleare? (18 marzo 2019). Clima 2 - Quelli che non se la bevono (25 marzo 2019). Clima 3 - Nessuna catastrofe in vista (1 aprile 2019). Clima 4 - La bufala dell'aumento degli "eventi estremi" (11 aprile 2019). Clima 5 - Tutta colpa della CO2? (26 aprile) — hanno suscitato apprezzamenti e critiche.
Tra le critiche pubblichiamo quella appena giunta in redazione.
Prima di iniziare vorrei inviare un caldo ringraziamento all’amico Maurizio Fratta che mi ha accompagnato in questo studio con preziosi suggerimenti. Invito altresì il lettore a non perdere la lettura delle note dove ho trasferito lunghe citazioni che avrebbero appesantito il testo.
Scriveva Marx nell’incipit alla critica del programma di Gotha:
Basterebbero già queste due asserzioni per fare di Marx un ecologista ante-litteram. Ma il genio di Treviri, si spinse oltre: il capitale nel suo sviluppo provoca crisi sempre più catastrofiche, è la contraddizione in processo che cresce, avanza, ritorna su stessa, agisce come controtendenza ma alla fine non può eludere il suo esito finale funesto e tragico.
Chi non vede nella teoria marxista questa vena crollista e catastrofista è meglio che lasci perdere e si dedichi ad altre letture!
Nel novecento abbiamo sfiorato tre volte la discesa verso gli inferi, nella prima e nella seconda guerra mondiale, ma soprattutto nella guerra fredda che ci ha portato ad un passo dal catastrofe nucleare (Cernobyl, guerra di Corea, crisi dei missili a Cuba) ed ancora oggi è dislocato nel mondo un potenziale nucleare che potrebbe distruggere Gaia almeno 10 volte!
1 miliardo di persone vive sotto la soglia della sopravvivenza,
Milioni di civili uccisi nelle ultime guerre dal 1991 ad oggi,
Centinaia di migliaia di profughi e sfollati
Desertificazione e inquinamento che avanza
Centinaia di migliaia di specie di animali e vegetali si sono estinte per “cause antropiche”.
9 milioni di persone morte per malattie legate all’inquinamento nell’ultimo anno (dati Oms)
Chi dice che questi dati non configurino una catastrofe o non è in buona fede, o non li vede perché vive al riparo da tutto!
Le 5 riflessioni di Leonardo Mazzei sul Riscaldamento globale, a me che vengo da una tradizione di pensiero marxista, (e in essa vedo dei limiti filosofici che ho discusso QUI, QUI e QUI) mi hanno lasciato basito, con l’amaro in bocca perché, proprio nel punto più alto della crisi di civiltà di questo sistema, della contraddizione epocale capitalismo natura, Mazzei ci ricorda: attenzione non c’è nessuna catastrofe in corso! Il catastrofismo lo vede solo Greta Thumberg e la frazione globalista della elite che la manipola per sbloccare trilioni di dollari nel nucleare o nella “green economy”.
Qui ho semplificato facendo torto a Mazzei. So che Leonardo sviluppa un ragionamento più complesso sulla relazione Clima-catastrofe concludendo che uno 0, di crescita della temperatura da qui alla nostra dipartita in trenta anni non fa venire giù il mondo. Tuttavia dilungandosi in 5 puntate e concentrando il focus su questa relazione e mettendo tra parentesi in 4 o 5 righe gli eventi disastrosi, a volte affermando a volte negando, passa il messaggio che non c’è nessuna catastrofe in corso. Il capitalismo tutto sommato è compatibile con il clima, come se il clima non fosse parte della natura, il termometro della sua malattia terminale.
La sua è una bellissima relazione, corredata di dati e grafici, che poteva essere scritta ai piani alti di qualche università o centro studi di azienda multinazionale. Ma vedo in essa troppa presunzione scientista, troppa dotta imparzialità, troppo asettico distacco. Non vi leggo il mordente rivoluzionario, la critica marxiana dell’ecologia politica! È un caso che non affronta mai il discorso sull’antropocene o sull’impronta ecologica? No non è un caso perché altrimenti sarebbe passato automaticamente il messaggio che lui voleva evitare, il catastrofismo!
Quindi, prima di passare alle questioni di merito e analitiche sollevate da Mazzei, gli sottopongo questa critica metodologica: vero è che le variazioni del clima non si misurano in anni ma in secoli e quindi risultano a noi impercettibili ma, come ci insegna la dialettica e la stessa geologia, mutamenti epocali non si giudicano in anni ma in decenni e secoli. La realtà non è a compartimenti stagni, ogni parte è legata al tutto da azioni, reazioni e controreazioni. Il clima non sta nell’iperuranio, è parte della natura e come dismostrerò subisce gli influssi negativi e positivi dell’azione dell’uomo sull’ambiente. Non solo: cambiamenti quantitativi anche di piccole proporzioni possono determinare salti qualitativi, eventi a catena e fenomeni di rapidizzazione o di accelerazione di cui Mazzei non ha assolutamente tenuto conto. [3]
Come insegna la recente teoria del caos (o delle catastrofi) quando la quantità si trasforma in qualità basta un battito di farfalla in Indonesia per scatenare un uragano negli Stati Uniti. Quando l’acqua arriva alla temperatura di 99 gradi è sufficente uno zero virgola per farla passare dallo stato liquido allo stato gassoso. Quando il terremoto si alza di 0,5 nella scala Richter può decidere della vita o della morte.
Lo abbiamo visto con il fallimento della Lehman Brothers che ha scatenato il ciclone della crisi finanziaria del 2007-2008. Tutto è partito da un evento locale circoscritto agli Stati Uniti, determinato dalla crisi dei mutui subprime, e alla fine abbiamo avuto il secondo grande crollo del sistema finanziario mondiale, trilioni di dollari andati in fumo e il sistema bancario mondiale salvato grazie all’iniezione di altri trilioni di dollari, con eventi a catena di cui siamo tutti vittime.
Il boccone grosso della tesi pronunciata da Mazzei, non si sa perché, lo ha scritto nella sezione 5. Eravamo tutti in attesa. Da semplici calcoli matematici egli giunge alle seguenti conclusioni:
Intanto partiamo da questo grafico:
Andamento della temperatura negli ultimi 2000 anni secondo diversi studi: l'andamento degli ultimi 1000 anni è noto come hockey stick per via della somiglianza con la forma di un bastone da hockey.
In climatologia, nell'ambito dei mutamenti climatici, la controversia dell'hockey stick è un dibattito informale in seno alla comunità scientifica tra i sostenitori del riscaldamento globale di natura antropica e quelli del riscaldamento globale naturale (i cosiddetti "scettici") i quali prendono a riferimento il grafico dell'andamento globale della temperatura media globale negli ultimi 1000 anni per dimostrare la loro tesi.
Secondo questo grafico, dato per buono sia dai serristi che dai negazionisti, ricavato da studi paleoclimatici a partire da serie storiche, si evidenzia che l’andamento della temperatura negli ultimi 2000 anni subisce un andamento ciclico con la presenza del periodo caldo medievale, di un successivo raffreddamento durato fino alla rivoluzione industriale e del riscaldamento di fine millennio. Ma come tutti potete notare il picco del 2016 supera la serie ciclica dei duemila anni dello 0,6% di grado centigrado, che non sarà difficile far risalire a cause di natura antropica.
Non voglio tediarvi con calcoli matematici e vado al sodo. Intanto Mazzei, nel suo conteggio, ha inserito solo la CO2 e non ha incluso (surrettiziamente forse?) la crescita degli altri gas serra come metano e ossido di azoto, presenti in natura, ma la cui concentrazione è salita sensibilmente negli ultimi 200 anni non per generiche cause antropiche, ma a causa di un dissennato modello di crescita capitalistico. Sappiamo inoltre che il metano come gas serra è più potente della CO2 e che la sua presenza è cresciuta nell’ordine di un 20-25% a causa degli orribili allevamenti intensivi di animali, destinati a far crescere tumori agli uomini (Oms ci dice che la seconda causa di tumori al mondo dopo il fumo è il consumo di carne rossa).
Quindi la misura di 0,018% gradi centigradi, come quota “antropica” al surriscaldamento, è da rifare e sicuramente è molto più elevata.
Vogliamo dare una mano al capitalismo sminuendo i suoi effetti distruttivi solo per dimostrare che Greta è Gretina?
Qualche anno fa uscì uno studio dal titolo “6 gradi” di Mark Lynas. [4] In sostanza la tesi era che se la temperatura terrestre subisse un aumento di 6 gradi da qui a 100 anni (e sappiamo che dalla rivoluzione industriale ad oggi è cresciuta di circa due gradi) si avrebbe come risultato una catena di eventi catastrofici che porterebbero alla probabile estinzione della specie umana e della maggior parte di specie animali e vegetali. Il polmone del pianeta terra, la foresta amazzonica, già sotto attacco per via della massiccia deforestazione, subirebbe il colpo finale con una più che probabile estesa essicazione. Lo scioglimento dei ghiacciai farebbe aumentare il volume degli oceani e quindi la loro espansione termica. Massicce dosi di metano si libererebbero in atmosfera dai poli artici ed antartici. Le temperatura altissime della fasce tropicali spingerebbero centinaia di milioni di uomini ad emigrare nella fasce più temperate a sud e nord del pianeta (fenomeno già in corso). Sarebbe una catastrofe apocalittica. Saremmo alla accelerazione finale ed irreversibile della catastrofe, ciò che Mazzei non mette nel computo. [5]
Tutte le proiezioni — e su queste concordano sia serristi che negazionisti —danno come probabile aumento della temperatura quota 4 gradi da qui a 100 anni, stante l’attuale modello di crescita basata sul fossile. La preoccupazione che aleggia come uno spettro è che raggiunti i 4 gradi si inneschi un processo di accelerazione della crescita della temperatura (rapidizzazione) dovuto all’espansione termica degli oceani, al massiccio rilascio di metano dal Permafrost artico, etc. Allora lo 0,1 di quota antropica sul riscaldamento globale potrebbe essere il battito delle ali di farfalla che scatena l’uragano. Lo 0,1 che fa passare l’acqua dallo stato liquido a quello gassoso. È allora si che lo 0, di Mazzei sarebbe un dramma e un dramma di proporzioni inimmaginabili. Come lo 0, dei mutui sub prime sugli esiti della crisi finanziaria mondiale. Oppure lo 0, della scala Richter.
In epoche geologiche del passato questo pianeta ha assistito a 5 estinzioni di massa dovute al susseguirsi di eventi climatici catastrofici (glaciazioni, epoche interglaciali) esplosioni di vulcani, scontri con meteroiti. Quella dei dinosauri è stata la più clamorosa e quella che ha colpito di più l’immaginario collettivo. Ebbene sembra che i dinosauri siano scomparsi a causa della collisione del pianeta con un meteorite, che ha determinato un innalzamento della temperatura terrestre per molti anni e la distruzione del loro habitat naturale. Supponiamo di essere nel 2100 e di aver raggiunto quota 4 gradi di aumento della temperatura, molto vicini alla quota apocalittica di 6 gradi. Saremo alle soglie di una situazione irreversibile in cui lo 0, può far precipitare tutto verso una già incipiente sesta estinzione! Quale dovrebbe essere il ruolo del sapiens? Mettere in atto tutte le tecnologie possibili per abbassare la temperatura, e cambiare il modo di produzione e i rapporti sociali, se questo diventasse lo step necessario alla sopravvivenza della specie.
Anche se la quota antropica al riscaldamento globale fosse pari a zero la decisione umana di abbassare la temperatura di un grado potrebbe evitare l’irreparabile per la vita in questo pianeta. Come nel caso di un terremoto devastante costruire case antisismiche ci mette al riparo dalla morte sotto le macerie. Invece noi oggi cosa facciamo in relazione al Clima? Esattamente l’inverso: aiutiamo il terremoto ad accrescere le macerie, spingiamo in alto la temperatura fino al punto di non ritorno. Ecco perché ritengo che le riflessioni di Mazzei oltre ad essere un piatto ricco per i Trump che si ritirano dagli accordi di Kyoto, sortiscono l’effetto di deresponsabilizzarci, magari da Mazzei sicuramente non voluto.
Parafrasando Papa Bergoglio: non sono i terremoti ad uccidere ma l’uomo che costruisce male le proprie abitazioni, possiamo scrivere: non sarà probabilmente il clima ad uccidere ma il modo in cui la specie sapiens (per ora solo demens) saprà alterarlo o fronteggiarlo!
Scrive Mazzei nel suo terzo studio “tutta colpa della CO2?”
Tutti i geologi e climatologi, serristi o negazionisti, concordano sul fatto che ci troviamo in una fase interglaciale, che alcuni chiamano Olocene, altri più attendibili Antropocene (primo fra tutti il premio nobel che lo ha battezzato) [6] e che preluderà, tra qualche migliaio di anni, ad una nuova glaciazione. Se ciò è assunto come dato quasi incontrovertibile, Mazzei mi dovrebbe spiegare come mai nella serie ciclica del clima degli ultimi duemila anni, (vedi grafico sopra) invece di avere una tendenza al ribasso della temperatura media se ne ha una al rialzo! Con nuovi picchi in aumento da qui a 200 anni. Dopo che nei precedenti 4.000 la tendenza è stata al ribasso! Si va verso una nuova glaciazione o verso il suo contrario?
Insomma Mazzei non nega che ci sia il riscaldamento globale e che anche se in minima parte sia determinato da cause antropiche (sic) ma esclude che esso abbia effetti catastrofici a breve termine. Secondo lui le elitè dominanti si sono interamente votate al catastrofismo per sbloccare trilioni di dollari dormienti e per instaurare una dittatura mondiale delle elité.
Scrive Mazzei
Quanto alla paura di un governo mondiale esso esiste già e le politiche sono quelle neoliberiste, sovradeterminate dal FMI, dalla Banca Mondiale, dalla Ue in accordo con Russia e Cina!
Mazzei teme forse un’altra ipotesi: che l’eco-catastrofe planetaria ponga all’ordine del giorno misure globali che cozzano contro ipotesi sovraniste nazionali. Ma su questo non ci si può fare nulla. Come non si puo evitare la tendenza alla guerra connaturata al capitalismo! Negare il problema per scongiurare il globalismo è come chiudere gli occhi davanti all’adulterio della moglie per salvare il matrimonio!! Se un governo populista di sinistra prende piede in Italia e solo in Italia esso non potrà certo evitare la catastrofe ambientale alimentata da altri 100 paesi che seguono Trump. Come non può evitare le radiazioni se scoppia una centrale nucleare in Francia. Come marxisti o post marxisti, ma sempre rivoluzionari, non dovremmo edulcorare le contraddizioni catastrofiche del capitalismo ma semmai portarle alla luce, spingerle al paradosso, ed usarle come grimaldello per reclamarne l’archiviazione storica!
Potrei aggiungere altre dosi di critica come il fatto che Mazzei parla di Olocene e non di Antropocene o che non accenni mai alla questione fondamentale dell’impronta ecologica o del debito ecologico che l’umanità sta accumulando nei confronti di un pianeta allo stremo, malato terminale.
Potrei fare una lista lunghissima di disastri ambientali, di 100.000 specie di animali estinte per cause antropiche e che confermano la generale tendenza alla catastrofe e alla probabile sesta estinzione di massa.
Potrei citare eventi estremi come la strage di alberi dello scorso anno nel bellunese mai vista in migliaia di anni in Occidente, Tornado come quelli a Terracina di qualche mese fa, la crescita preoccupante di incendi boschivi, e che smentiscono le ipotesi “ tutto va bene madama la marchesa” ...non c’è legame tra inquinamento ed eventi estremi.
Potrei citare recenti studi che testimoniano la stabilità della temperatura negli altri pianeti del sistema solare.
Potrei portare a supporto delle mie tesi lo sconveniente: tutta la maleodorante destra sovranista mondiale da Trump ad Afd tedesca sostiene le tesi negazioniste. Marine le Pen addirittura scrive “La teoria del riscaldamento globale è un complotto comunista”.
Potrei soffermarmi a lungo sulla avanzante deforestazione in primis quella amazzonica: senza le piante, fine dell’ossigeno e iperproduzione di gas serra CO2 con incremento di temperatura ed effetto serra fuori controllo (new scientist B. Holmes 2013). [7]
Nel 2014 Stuart Primm della Duke university ha stimato il tasso di estinzione sulla terra pari a 0,1 specie estinte per milioni di specie per anno. Il tasso odierno sarebbe mille volte superiore, mentre i modelli per il prossimo futuro ne indicherebbero uno fino a 10.000 volte più alto del normale. Mai nella storia del pianeta, anche durante le più catastrofiche estinzioni di massa, sono stati raggiunti tassi così elevati.
Mi fermo qui per ragioni di spazio anche per non tediare ulteriormente il lettore!
Concludo come ho iniziato, con Karl Marx. Facendo osservare a Mazzei, e non me ne voglia, che il suo tentativo rimane prigioniero della gabbia feticistica evidenziata da Marx nel primo volume del capitale. In sostanza Mazzei fa passare per legge naturale (il riscaldamento climatico) ciò che ha una evidente fondamento sociale nell’anarchico e dissennato sistema di crescita infinita del capitale. Invece di assestare un nuovo colpo al capitale finisce, ahimé, per naturalizzarlo! Un neo-malthusianesimo alla rovescia in cui sembra dirci: il clima non soffre, venite avanti, riproducetevi, c’è posto per tutti nel caos infinito e nella crescita illimitata del capitalismo! Chi vivrà vedrà!
(2) K. Marx, il capitale vol 1, Einaudi 1978
(3) Mark Lynas sei gradi, allarme riscaldamento globale. Ed National Geographic.
“In alcuni casi sono state trovate prove di variazioni molto rapide, come alla fine del Permiano, quando si verificò la più devastante estinzione di massa registrata sul pianeta. Un cataclisma legato probabilmente ad alcuni fenomeni di retroazione positiva che potrebbero spiegare gli andamenti non lineari delle variazioni climatiche registrate in passato, aprendo scenari inquietanti per il nostro prossimo futuro”.
(4) Mark Lynas ibidem In questo libro l'autore raccoglie un'ampia documentazione scientifica per illustrare i possibili scenari relativi alle modifiche che il cambiamento climatico in atto potrebbe apportare alle varie zone del pianeta, il tutto diviso per intervalli crescenti di temperatura, rimanendo all'interno di quanto previsto da rapporti ufficiali dell'Intergovernmental Panel on Climate Change.
Partendo dall'ipotesi più favorevole, quella di un aumento di 1 °C, e passando a considerare scenari via via peggiori, fino ad un rialzo stabile di 6 C°, vengono mostrati i possibili effetti sui fragili equilibri che mantengono l'attuale aspetto del pianeta. Con le modifiche della circolazione marina ed atmosferica ci troveremmo a fronteggiare lo spostamento delle zone ad elevata piovosità sempre più a nord, con una progressiva espansione delle zone aride tropicali, ed una conseguente riduzione di aree adatte alle produzioni agricole su cui il genere umano conta per il proprio sostentamento. Piovosità che comunque, anche dove sufficiente per quantità, potrebbe assumere carattere più irregolare e presentarsi con fenomeni sempre più estremi, compromettendo così la regolarità dei raccolti. Fino alla comparsa di uragani in zone mai prima interessate da questi eventi, che comunque diverrebbero sempre più violenti dove già ora imperversano, superando le scale attuali. La riduzione in atto dei ghiacciai di tutto il mondo aumenterebbe i processi erosivi già osservati in Europa durante l'estate del 2003, con serie ripercussioni per gli animali che vivono in quei delicati ambienti. Con effetti simili a quelli che devono affrontare gli abitanti delle foreste equatoriali, i cui corrispondenti sottomarini, le barriere coralline, sono già da tempo interessate da crisi che si manifestano sotto forma di sbiancamenti massivi. E con la diminuzione del pH degli oceani dovuto all'aumento della CO2 la vita per questi ed altri organismi che posseggono gusci di carbonato di calcio diverrebbe impossibile, colpendo gravemente anche i componenti del fitoplancton, fonti di nutrimento essenziali per gli altri organismi marini. Un effetto, quello dell'alterazione di ambienti fondamentali per organismi impossibilitati ad adattarsi a variazioni troppo rapide, che accelererà inevitabilmente l'attuale tasso di estinzione di specie animali e vegetali, privandoci di una biodiversità preziosa ed insostituibile. La scomparsa definitiva dei ghiacciai d'alta quota eliminerebbe inoltre le riserve di acqua potabile per molte aree urbane situate in zone vulnerabili, portando ad una drastica riduzione della portata di corsi d'acqua e bacini naturali ed artificiali, il che condurrebbe ad una competizione tra esigenze d'uso civile, agricolo ed energetico. Un processo di scioglimento che per quanto riguarda le masse glaciali situate ai poli e nelle zone circumpolari richiederebbe - anche nello scenario più grave - parecchi secoli, comportando un lento ma progressivo innalzamento del livello dei mari, ma che già nelle fasi iniziali colpirebbe atolli di limitata estensione ed altezza come Tuvalu rendendoli inabitabili, costringendo le popolazioni che ci vivono all'esodo. Negli scenari peggiori, il livello degli oceani crescerebbe di molti metri sopra l'attuale, invadendo estese zone oggi densamente abitate, salinizzando terreni e falde acquifere, rendendoli inutilizzabili per l'uomo. Condizioni che la terra ha già affrontato in passato, durante ere in cui eventi naturali hanno prodotto fenomeni simili a quelle che prevedono gli attuali modelli, con una differenza fondamentale: i tempi molto più lunghi. L'ultimo capitolo cerca di individuare possibili strategie per sfuggire alle logiche attuali, che a dispetto di risoluzioni ed impegni di organizzazioni internazionali e Stati, vedono la produzione di CO2 aumentare invece che diminuire. Un trend che sembra rendere inutile qualsiasi scelta, facendo apparire inevitabili i peggiori scenari prospettati nel libro. L'autore ritiene sia ancora possibile agire, nell'ottica di limitare i danni, adottanto una serie di approcci certamente difficili da far accettare ad un mondo che ha fame di energia e risorse, ma che rischia di pagare a caro prezzo la miopia delle sue scelte.
(5) Elizabeth Kolbert la sesta estinzione, biblioteca editori associati tascabili 2014. La Kolbert scrive a pag 142 : “ Per via della quantità di CO2 in surplus, il PH della superficie oceanica ègiàprecipitato, da un valore medio di circa 8,2 a uno di 8,1. Come per la scala Richter usata per valutare l’entita’ di un sisma, la scala PH èlogaritmica, e quindi anche una differenza numerica cosi’ lieve rappresenta, nel mondo reale, un cambiamento davvero considerevole. Un calo dello 0,1 significa che adesso gli oceani hanno una acidita’ del 30% maggiore rispetto a quella del 1800. Dando per scontato che l’uomo continuera’ a bruciare combustibili fossili, gli oceani continueranno ad assorbire Diossido di Carbonio e diventeranno sempre più acidi. In uno scenario delle future emissioni definibile di “ordinaria amministrazione”, il ph della superficie oceanica sara’ pari a 8,0 giàa meta’ di questo secolo, e precipitera’ a 7,8 prima di fine secolo. A questo punto gli oceani saranno 150 volte più acidi di quanto non fossero all’inizio della rivoluzione industriale”.
(6) J.R. McNeill Peter Engelke, la grande accellerazione, una storia ambiental dell’antropocene dopo il 1945. L’antropocene ègiàcominciato e precisamente da quando l’uomo ha cominciato ad interferire con le sue azioni su alcuni dei sistemi fondamentali della terra, come il ciclo del carbonio e quello dell’azoto, e l’impatto umano sul pianeta e la sua biosfera ha raggiunto livelli mai toccati in precedenza. Sebbene sia inutile cercare di individuare un punto preciso, i dati in nostro possesso portano ad indicarlo con ogni probabilita’ intorno alla meta’ del xx secolo, tra il 1945 e il 1950.
(7) J.R. McNeill Peter Engelke, ibidem. Secondo una stima, ad esempio, la perdita totale di foresta tropicale nella seconda meta’ del novecento sarebbe pari a 555 milioni di ettari, un’area appena più grande di meta’ della Cina” pag 85
LA TEORIA DEL RISCALDAMENTO GLOBALECRITICA DEL NEGAZIONISMO in risposta a Leonardo Mazzei
Prima di iniziare vorrei inviare un caldo ringraziamento all’amico Maurizio Fratta che mi ha accompagnato in questo studio con preziosi suggerimenti. Invito altresì il lettore a non perdere la lettura delle note dove ho trasferito lunghe citazioni che avrebbero appesantito il testo.
Scriveva Marx nell’incipit alla critica del programma di Gotha:
«Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!) altrettanto quanto il lavoro, che, a sua volta, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza lavoro umana». [1]e nella sua opus magna fu categorico:
«Il capitale nel suo sviluppo mina le due sorgenti principali della ricchezza: la natura e l’uomo». [2]Voce del verbo minare, dal grande dizionario Utet: “costituire un elemento che determina il venir meno, la decadenza, la disgregazione di una determinata condizione”.
Basterebbero già queste due asserzioni per fare di Marx un ecologista ante-litteram. Ma il genio di Treviri, si spinse oltre: il capitale nel suo sviluppo provoca crisi sempre più catastrofiche, è la contraddizione in processo che cresce, avanza, ritorna su stessa, agisce come controtendenza ma alla fine non può eludere il suo esito finale funesto e tragico.
Chi non vede nella teoria marxista questa vena crollista e catastrofista è meglio che lasci perdere e si dedichi ad altre letture!
Nel novecento abbiamo sfiorato tre volte la discesa verso gli inferi, nella prima e nella seconda guerra mondiale, ma soprattutto nella guerra fredda che ci ha portato ad un passo dal catastrofe nucleare (Cernobyl, guerra di Corea, crisi dei missili a Cuba) ed ancora oggi è dislocato nel mondo un potenziale nucleare che potrebbe distruggere Gaia almeno 10 volte!
1 miliardo di persone vive sotto la soglia della sopravvivenza,
Milioni di civili uccisi nelle ultime guerre dal 1991 ad oggi,
Centinaia di migliaia di profughi e sfollati
Desertificazione e inquinamento che avanza
Centinaia di migliaia di specie di animali e vegetali si sono estinte per “cause antropiche”.
9 milioni di persone morte per malattie legate all’inquinamento nell’ultimo anno (dati Oms)
Chi dice che questi dati non configurino una catastrofe o non è in buona fede, o non li vede perché vive al riparo da tutto!
Le 5 riflessioni di Leonardo Mazzei sul Riscaldamento globale, a me che vengo da una tradizione di pensiero marxista, (e in essa vedo dei limiti filosofici che ho discusso QUI, QUI e QUI) mi hanno lasciato basito, con l’amaro in bocca perché, proprio nel punto più alto della crisi di civiltà di questo sistema, della contraddizione epocale capitalismo natura, Mazzei ci ricorda: attenzione non c’è nessuna catastrofe in corso! Il catastrofismo lo vede solo Greta Thumberg e la frazione globalista della elite che la manipola per sbloccare trilioni di dollari nel nucleare o nella “green economy”.
Qui ho semplificato facendo torto a Mazzei. So che Leonardo sviluppa un ragionamento più complesso sulla relazione Clima-catastrofe concludendo che uno 0, di crescita della temperatura da qui alla nostra dipartita in trenta anni non fa venire giù il mondo. Tuttavia dilungandosi in 5 puntate e concentrando il focus su questa relazione e mettendo tra parentesi in 4 o 5 righe gli eventi disastrosi, a volte affermando a volte negando, passa il messaggio che non c’è nessuna catastrofe in corso. Il capitalismo tutto sommato è compatibile con il clima, come se il clima non fosse parte della natura, il termometro della sua malattia terminale.
La sua è una bellissima relazione, corredata di dati e grafici, che poteva essere scritta ai piani alti di qualche università o centro studi di azienda multinazionale. Ma vedo in essa troppa presunzione scientista, troppa dotta imparzialità, troppo asettico distacco. Non vi leggo il mordente rivoluzionario, la critica marxiana dell’ecologia politica! È un caso che non affronta mai il discorso sull’antropocene o sull’impronta ecologica? No non è un caso perché altrimenti sarebbe passato automaticamente il messaggio che lui voleva evitare, il catastrofismo!
Critica metodologica e teoria del caos
Quindi, prima di passare alle questioni di merito e analitiche sollevate da Mazzei, gli sottopongo questa critica metodologica: vero è che le variazioni del clima non si misurano in anni ma in secoli e quindi risultano a noi impercettibili ma, come ci insegna la dialettica e la stessa geologia, mutamenti epocali non si giudicano in anni ma in decenni e secoli. La realtà non è a compartimenti stagni, ogni parte è legata al tutto da azioni, reazioni e controreazioni. Il clima non sta nell’iperuranio, è parte della natura e come dismostrerò subisce gli influssi negativi e positivi dell’azione dell’uomo sull’ambiente. Non solo: cambiamenti quantitativi anche di piccole proporzioni possono determinare salti qualitativi, eventi a catena e fenomeni di rapidizzazione o di accelerazione di cui Mazzei non ha assolutamente tenuto conto. [3]
Come insegna la recente teoria del caos (o delle catastrofi) quando la quantità si trasforma in qualità basta un battito di farfalla in Indonesia per scatenare un uragano negli Stati Uniti. Quando l’acqua arriva alla temperatura di 99 gradi è sufficente uno zero virgola per farla passare dallo stato liquido allo stato gassoso. Quando il terremoto si alza di 0,5 nella scala Richter può decidere della vita o della morte.
Lo abbiamo visto con il fallimento della Lehman Brothers che ha scatenato il ciclone della crisi finanziaria del 2007-2008. Tutto è partito da un evento locale circoscritto agli Stati Uniti, determinato dalla crisi dei mutui subprime, e alla fine abbiamo avuto il secondo grande crollo del sistema finanziario mondiale, trilioni di dollari andati in fumo e il sistema bancario mondiale salvato grazie all’iniezione di altri trilioni di dollari, con eventi a catena di cui siamo tutti vittime.
Questioni di zero virgola?
Il boccone grosso della tesi pronunciata da Mazzei, non si sa perché, lo ha scritto nella sezione 5. Eravamo tutti in attesa. Da semplici calcoli matematici egli giunge alle seguenti conclusioni:
«Cosa ne vien fuori da questo calcolo? Abbiamo visto come nell'aumento della temperatura il peso dell'attività solare è certamente superiore al 50%, ma noi prudentemente ci fermiamo al 50% esatto. Stabilito questo primo passaggio, non sta scritto da nessuna parte che il restante 50% sia interamente attribuibile all'effetto serra, ma noi generosamente lo concediamo. Abbiamo anche visto, però, che solo il 15% dell'effetto serra è riconducibile alla CO2. Sulla quota antropica della CO2 esistono davvero i pareri più distanti. Mentre i serristi vogliono far credere che esso sia pari al 100%, tra i critici si arriva a stimare percentuali dall'1 al 5%. Bene - giusto per le ragioni prudenziali che abbiamo detto - assumiamo qui che tutto l'aumento della CO2 degli ultimi due secoli e mezzo (125 ppm, pari al 31% del totale) sia interamente di natura antropica». Ora, dopo questa concessione decisamente esagerata ai teorici dell'AGW, qual è il risultato finale? Eccolo qui: 0,50 (percentuale aumento temperatura attribuita all'effetto serra) x 0,15 (quota dell'effetto serra riconducibile alla CO2) x 0,31 (quota antropica del 100% sull'aumento della CO2) = 0,023 = 2,3%. Avete capito bene: 2,3%. Dunque, tradotto in gradi centigradi, tenuto conto dell'aumento registrato di 0,8 °C nel periodo 1880-2018, abbiamo un'incidenza antropica sulla temperatura pari a 0,018 °C (2,3/100 x 0,8 = 0,018). Insomma, un dramma»
Rispondo si è un dramma!! E spiego perché
Intanto partiamo da questo grafico:
Andamento della temperatura negli ultimi 2000 anni secondo diversi studi: l'andamento degli ultimi 1000 anni è noto come hockey stick per via della somiglianza con la forma di un bastone da hockey.
In climatologia, nell'ambito dei mutamenti climatici, la controversia dell'hockey stick è un dibattito informale in seno alla comunità scientifica tra i sostenitori del riscaldamento globale di natura antropica e quelli del riscaldamento globale naturale (i cosiddetti "scettici") i quali prendono a riferimento il grafico dell'andamento globale della temperatura media globale negli ultimi 1000 anni per dimostrare la loro tesi.
Secondo questo grafico, dato per buono sia dai serristi che dai negazionisti, ricavato da studi paleoclimatici a partire da serie storiche, si evidenzia che l’andamento della temperatura negli ultimi 2000 anni subisce un andamento ciclico con la presenza del periodo caldo medievale, di un successivo raffreddamento durato fino alla rivoluzione industriale e del riscaldamento di fine millennio. Ma come tutti potete notare il picco del 2016 supera la serie ciclica dei duemila anni dello 0,6% di grado centigrado, che non sarà difficile far risalire a cause di natura antropica.
Non voglio tediarvi con calcoli matematici e vado al sodo. Intanto Mazzei, nel suo conteggio, ha inserito solo la CO2 e non ha incluso (surrettiziamente forse?) la crescita degli altri gas serra come metano e ossido di azoto, presenti in natura, ma la cui concentrazione è salita sensibilmente negli ultimi 200 anni non per generiche cause antropiche, ma a causa di un dissennato modello di crescita capitalistico. Sappiamo inoltre che il metano come gas serra è più potente della CO2 e che la sua presenza è cresciuta nell’ordine di un 20-25% a causa degli orribili allevamenti intensivi di animali, destinati a far crescere tumori agli uomini (Oms ci dice che la seconda causa di tumori al mondo dopo il fumo è il consumo di carne rossa).
Quindi la misura di 0,018% gradi centigradi, come quota “antropica” al surriscaldamento, è da rifare e sicuramente è molto più elevata.
Vogliamo dare una mano al capitalismo sminuendo i suoi effetti distruttivi solo per dimostrare che Greta è Gretina?
Qualche anno fa uscì uno studio dal titolo “6 gradi” di Mark Lynas. [4] In sostanza la tesi era che se la temperatura terrestre subisse un aumento di 6 gradi da qui a 100 anni (e sappiamo che dalla rivoluzione industriale ad oggi è cresciuta di circa due gradi) si avrebbe come risultato una catena di eventi catastrofici che porterebbero alla probabile estinzione della specie umana e della maggior parte di specie animali e vegetali. Il polmone del pianeta terra, la foresta amazzonica, già sotto attacco per via della massiccia deforestazione, subirebbe il colpo finale con una più che probabile estesa essicazione. Lo scioglimento dei ghiacciai farebbe aumentare il volume degli oceani e quindi la loro espansione termica. Massicce dosi di metano si libererebbero in atmosfera dai poli artici ed antartici. Le temperatura altissime della fasce tropicali spingerebbero centinaia di milioni di uomini ad emigrare nella fasce più temperate a sud e nord del pianeta (fenomeno già in corso). Sarebbe una catastrofe apocalittica. Saremmo alla accelerazione finale ed irreversibile della catastrofe, ciò che Mazzei non mette nel computo. [5]
Tutte le proiezioni — e su queste concordano sia serristi che negazionisti —danno come probabile aumento della temperatura quota 4 gradi da qui a 100 anni, stante l’attuale modello di crescita basata sul fossile. La preoccupazione che aleggia come uno spettro è che raggiunti i 4 gradi si inneschi un processo di accelerazione della crescita della temperatura (rapidizzazione) dovuto all’espansione termica degli oceani, al massiccio rilascio di metano dal Permafrost artico, etc. Allora lo 0,1 di quota antropica sul riscaldamento globale potrebbe essere il battito delle ali di farfalla che scatena l’uragano. Lo 0,1 che fa passare l’acqua dallo stato liquido a quello gassoso. È allora si che lo 0, di Mazzei sarebbe un dramma e un dramma di proporzioni inimmaginabili. Come lo 0, dei mutui sub prime sugli esiti della crisi finanziaria mondiale. Oppure lo 0, della scala Richter.
Glaciazioni ed estinzioni di massa
In epoche geologiche del passato questo pianeta ha assistito a 5 estinzioni di massa dovute al susseguirsi di eventi climatici catastrofici (glaciazioni, epoche interglaciali) esplosioni di vulcani, scontri con meteroiti. Quella dei dinosauri è stata la più clamorosa e quella che ha colpito di più l’immaginario collettivo. Ebbene sembra che i dinosauri siano scomparsi a causa della collisione del pianeta con un meteorite, che ha determinato un innalzamento della temperatura terrestre per molti anni e la distruzione del loro habitat naturale. Supponiamo di essere nel 2100 e di aver raggiunto quota 4 gradi di aumento della temperatura, molto vicini alla quota apocalittica di 6 gradi. Saremo alle soglie di una situazione irreversibile in cui lo 0, può far precipitare tutto verso una già incipiente sesta estinzione! Quale dovrebbe essere il ruolo del sapiens? Mettere in atto tutte le tecnologie possibili per abbassare la temperatura, e cambiare il modo di produzione e i rapporti sociali, se questo diventasse lo step necessario alla sopravvivenza della specie.
Anche se la quota antropica al riscaldamento globale fosse pari a zero la decisione umana di abbassare la temperatura di un grado potrebbe evitare l’irreparabile per la vita in questo pianeta. Come nel caso di un terremoto devastante costruire case antisismiche ci mette al riparo dalla morte sotto le macerie. Invece noi oggi cosa facciamo in relazione al Clima? Esattamente l’inverso: aiutiamo il terremoto ad accrescere le macerie, spingiamo in alto la temperatura fino al punto di non ritorno. Ecco perché ritengo che le riflessioni di Mazzei oltre ad essere un piatto ricco per i Trump che si ritirano dagli accordi di Kyoto, sortiscono l’effetto di deresponsabilizzarci, magari da Mazzei sicuramente non voluto.
Parafrasando Papa Bergoglio: non sono i terremoti ad uccidere ma l’uomo che costruisce male le proprie abitazioni, possiamo scrivere: non sarà probabilmente il clima ad uccidere ma il modo in cui la specie sapiens (per ora solo demens) saprà alterarlo o fronteggiarlo!
Scrive Mazzei nel suo terzo studio “tutta colpa della CO2?”
«E' lavorando su curve di questo tipo che si è arrivati ad individuare, nell'alternanza di fasi fredde e fasi calde, una generale tendenza al raffreddamento - cioè verso una probabile nuova glaciazione».
le temperature dall'ultima glaciazione ad oggi |
La ragione è politica?
Insomma Mazzei non nega che ci sia il riscaldamento globale e che anche se in minima parte sia determinato da cause antropiche (sic) ma esclude che esso abbia effetti catastrofici a breve termine. Secondo lui le elitè dominanti si sono interamente votate al catastrofismo per sbloccare trilioni di dollari dormienti e per instaurare una dittatura mondiale delle elité.
Scrive Mazzei
«Giustamente dici che mi preoccupo di una possibile "resurrezione" del nucleare. E' così, ma non è solo questo. Anche a voler prescindere dagli altri interessi economici (che ci sono e sono corposi), il problema più grande è politico: il possibile uso della cosiddetta "emergenza climatica" per arrivare a forme più stringenti - e di necessità profondamente ademocratiche, dunque fondamentalmente autoritarie se non proprio totalitarie - di un governo mondiale delle èlite globaliste. Elite evidentemente illuminate da...Greta Thunberg».Nella storia del capitalismo non si era mai verificato che per porre in atto innovazioni tecnologiche “rivoluzionarie” o nuovi cicli di accumulazione del capitale, quest’ultimo facesse ricorso ad armi di distrazione di massa. Tale espediente è stato utilizzato per giustificare le guerre agli occhi del popolino, come è stato nel caso delle torri gemelle (a proposito sto aspettando ancora uno studio accurato in 5 puntate sulla bufala delle torri abbattute da Bin Laden) e della guerra in Iraq o per la reductio ad Hitlerum di Milosevic e Gheddafi, ma mai per impiantare la macchina a vapore o introdurre su scala allargata l’elettrificazione o la new economy. L’Innovazione avanza e basta; e si diffonde se riesce a trovare finanziatori, a battere la concorrenza di mercato, a ridurre i costi di produzione e innalzare i profitti. Paesi come la Cina, gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e la Russia (solo per citare i più potenti) hanno già il nucleare. Non hanno bisogno di referendum per convincere il popolo. Se devono aggiornarlo e perfezionarlo, come chiede Bill Gates, lo fanno e basta!
Quanto alla paura di un governo mondiale esso esiste già e le politiche sono quelle neoliberiste, sovradeterminate dal FMI, dalla Banca Mondiale, dalla Ue in accordo con Russia e Cina!
Mazzei teme forse un’altra ipotesi: che l’eco-catastrofe planetaria ponga all’ordine del giorno misure globali che cozzano contro ipotesi sovraniste nazionali. Ma su questo non ci si può fare nulla. Come non si puo evitare la tendenza alla guerra connaturata al capitalismo! Negare il problema per scongiurare il globalismo è come chiudere gli occhi davanti all’adulterio della moglie per salvare il matrimonio!! Se un governo populista di sinistra prende piede in Italia e solo in Italia esso non potrà certo evitare la catastrofe ambientale alimentata da altri 100 paesi che seguono Trump. Come non può evitare le radiazioni se scoppia una centrale nucleare in Francia. Come marxisti o post marxisti, ma sempre rivoluzionari, non dovremmo edulcorare le contraddizioni catastrofiche del capitalismo ma semmai portarle alla luce, spingerle al paradosso, ed usarle come grimaldello per reclamarne l’archiviazione storica!
Conclusioni
Potrei aggiungere altre dosi di critica come il fatto che Mazzei parla di Olocene e non di Antropocene o che non accenni mai alla questione fondamentale dell’impronta ecologica o del debito ecologico che l’umanità sta accumulando nei confronti di un pianeta allo stremo, malato terminale.
Potrei fare una lista lunghissima di disastri ambientali, di 100.000 specie di animali estinte per cause antropiche e che confermano la generale tendenza alla catastrofe e alla probabile sesta estinzione di massa.
Potrei citare eventi estremi come la strage di alberi dello scorso anno nel bellunese mai vista in migliaia di anni in Occidente, Tornado come quelli a Terracina di qualche mese fa, la crescita preoccupante di incendi boschivi, e che smentiscono le ipotesi “ tutto va bene madama la marchesa” ...non c’è legame tra inquinamento ed eventi estremi.
Potrei citare recenti studi che testimoniano la stabilità della temperatura negli altri pianeti del sistema solare.
Potrei portare a supporto delle mie tesi lo sconveniente: tutta la maleodorante destra sovranista mondiale da Trump ad Afd tedesca sostiene le tesi negazioniste. Marine le Pen addirittura scrive “La teoria del riscaldamento globale è un complotto comunista”.
Potrei soffermarmi a lungo sulla avanzante deforestazione in primis quella amazzonica: senza le piante, fine dell’ossigeno e iperproduzione di gas serra CO2 con incremento di temperatura ed effetto serra fuori controllo (new scientist B. Holmes 2013). [7]
Nel 2014 Stuart Primm della Duke university ha stimato il tasso di estinzione sulla terra pari a 0,1 specie estinte per milioni di specie per anno. Il tasso odierno sarebbe mille volte superiore, mentre i modelli per il prossimo futuro ne indicherebbero uno fino a 10.000 volte più alto del normale. Mai nella storia del pianeta, anche durante le più catastrofiche estinzioni di massa, sono stati raggiunti tassi così elevati.
Mi fermo qui per ragioni di spazio anche per non tediare ulteriormente il lettore!
Concludo come ho iniziato, con Karl Marx. Facendo osservare a Mazzei, e non me ne voglia, che il suo tentativo rimane prigioniero della gabbia feticistica evidenziata da Marx nel primo volume del capitale. In sostanza Mazzei fa passare per legge naturale (il riscaldamento climatico) ciò che ha una evidente fondamento sociale nell’anarchico e dissennato sistema di crescita infinita del capitale. Invece di assestare un nuovo colpo al capitale finisce, ahimé, per naturalizzarlo! Un neo-malthusianesimo alla rovescia in cui sembra dirci: il clima non soffre, venite avanti, riproducetevi, c’è posto per tutti nel caos infinito e nella crescita illimitata del capitalismo! Chi vivrà vedrà!
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(1) K. Marx critica del programma di Gotha 1875. opere scelte editori riuniti 1974 (2) K. Marx, il capitale vol 1, Einaudi 1978
(3) Mark Lynas sei gradi, allarme riscaldamento globale. Ed National Geographic.
“In alcuni casi sono state trovate prove di variazioni molto rapide, come alla fine del Permiano, quando si verificò la più devastante estinzione di massa registrata sul pianeta. Un cataclisma legato probabilmente ad alcuni fenomeni di retroazione positiva che potrebbero spiegare gli andamenti non lineari delle variazioni climatiche registrate in passato, aprendo scenari inquietanti per il nostro prossimo futuro”.
(4) Mark Lynas ibidem In questo libro l'autore raccoglie un'ampia documentazione scientifica per illustrare i possibili scenari relativi alle modifiche che il cambiamento climatico in atto potrebbe apportare alle varie zone del pianeta, il tutto diviso per intervalli crescenti di temperatura, rimanendo all'interno di quanto previsto da rapporti ufficiali dell'Intergovernmental Panel on Climate Change.
Partendo dall'ipotesi più favorevole, quella di un aumento di 1 °C, e passando a considerare scenari via via peggiori, fino ad un rialzo stabile di 6 C°, vengono mostrati i possibili effetti sui fragili equilibri che mantengono l'attuale aspetto del pianeta. Con le modifiche della circolazione marina ed atmosferica ci troveremmo a fronteggiare lo spostamento delle zone ad elevata piovosità sempre più a nord, con una progressiva espansione delle zone aride tropicali, ed una conseguente riduzione di aree adatte alle produzioni agricole su cui il genere umano conta per il proprio sostentamento. Piovosità che comunque, anche dove sufficiente per quantità, potrebbe assumere carattere più irregolare e presentarsi con fenomeni sempre più estremi, compromettendo così la regolarità dei raccolti. Fino alla comparsa di uragani in zone mai prima interessate da questi eventi, che comunque diverrebbero sempre più violenti dove già ora imperversano, superando le scale attuali. La riduzione in atto dei ghiacciai di tutto il mondo aumenterebbe i processi erosivi già osservati in Europa durante l'estate del 2003, con serie ripercussioni per gli animali che vivono in quei delicati ambienti. Con effetti simili a quelli che devono affrontare gli abitanti delle foreste equatoriali, i cui corrispondenti sottomarini, le barriere coralline, sono già da tempo interessate da crisi che si manifestano sotto forma di sbiancamenti massivi. E con la diminuzione del pH degli oceani dovuto all'aumento della CO2 la vita per questi ed altri organismi che posseggono gusci di carbonato di calcio diverrebbe impossibile, colpendo gravemente anche i componenti del fitoplancton, fonti di nutrimento essenziali per gli altri organismi marini. Un effetto, quello dell'alterazione di ambienti fondamentali per organismi impossibilitati ad adattarsi a variazioni troppo rapide, che accelererà inevitabilmente l'attuale tasso di estinzione di specie animali e vegetali, privandoci di una biodiversità preziosa ed insostituibile. La scomparsa definitiva dei ghiacciai d'alta quota eliminerebbe inoltre le riserve di acqua potabile per molte aree urbane situate in zone vulnerabili, portando ad una drastica riduzione della portata di corsi d'acqua e bacini naturali ed artificiali, il che condurrebbe ad una competizione tra esigenze d'uso civile, agricolo ed energetico. Un processo di scioglimento che per quanto riguarda le masse glaciali situate ai poli e nelle zone circumpolari richiederebbe - anche nello scenario più grave - parecchi secoli, comportando un lento ma progressivo innalzamento del livello dei mari, ma che già nelle fasi iniziali colpirebbe atolli di limitata estensione ed altezza come Tuvalu rendendoli inabitabili, costringendo le popolazioni che ci vivono all'esodo. Negli scenari peggiori, il livello degli oceani crescerebbe di molti metri sopra l'attuale, invadendo estese zone oggi densamente abitate, salinizzando terreni e falde acquifere, rendendoli inutilizzabili per l'uomo. Condizioni che la terra ha già affrontato in passato, durante ere in cui eventi naturali hanno prodotto fenomeni simili a quelle che prevedono gli attuali modelli, con una differenza fondamentale: i tempi molto più lunghi. L'ultimo capitolo cerca di individuare possibili strategie per sfuggire alle logiche attuali, che a dispetto di risoluzioni ed impegni di organizzazioni internazionali e Stati, vedono la produzione di CO2 aumentare invece che diminuire. Un trend che sembra rendere inutile qualsiasi scelta, facendo apparire inevitabili i peggiori scenari prospettati nel libro. L'autore ritiene sia ancora possibile agire, nell'ottica di limitare i danni, adottanto una serie di approcci certamente difficili da far accettare ad un mondo che ha fame di energia e risorse, ma che rischia di pagare a caro prezzo la miopia delle sue scelte.
(5) Elizabeth Kolbert la sesta estinzione, biblioteca editori associati tascabili 2014. La Kolbert scrive a pag 142 : “ Per via della quantità di CO2 in surplus, il PH della superficie oceanica ègiàprecipitato, da un valore medio di circa 8,2 a uno di 8,1. Come per la scala Richter usata per valutare l’entita’ di un sisma, la scala PH èlogaritmica, e quindi anche una differenza numerica cosi’ lieve rappresenta, nel mondo reale, un cambiamento davvero considerevole. Un calo dello 0,1 significa che adesso gli oceani hanno una acidita’ del 30% maggiore rispetto a quella del 1800. Dando per scontato che l’uomo continuera’ a bruciare combustibili fossili, gli oceani continueranno ad assorbire Diossido di Carbonio e diventeranno sempre più acidi. In uno scenario delle future emissioni definibile di “ordinaria amministrazione”, il ph della superficie oceanica sara’ pari a 8,0 giàa meta’ di questo secolo, e precipitera’ a 7,8 prima di fine secolo. A questo punto gli oceani saranno 150 volte più acidi di quanto non fossero all’inizio della rivoluzione industriale”.
(6) J.R. McNeill Peter Engelke, la grande accellerazione, una storia ambiental dell’antropocene dopo il 1945. L’antropocene ègiàcominciato e precisamente da quando l’uomo ha cominciato ad interferire con le sue azioni su alcuni dei sistemi fondamentali della terra, come il ciclo del carbonio e quello dell’azoto, e l’impatto umano sul pianeta e la sua biosfera ha raggiunto livelli mai toccati in precedenza. Sebbene sia inutile cercare di individuare un punto preciso, i dati in nostro possesso portano ad indicarlo con ogni probabilita’ intorno alla meta’ del xx secolo, tra il 1945 e il 1950.
(7) J.R. McNeill Peter Engelke, ibidem. Secondo una stima, ad esempio, la perdita totale di foresta tropicale nella seconda meta’ del novecento sarebbe pari a 555 milioni di ettari, un’area appena più grande di meta’ della Cina” pag 85
10 commenti:
Finalmente un articolo che fa chiarezza.
Questo blog ormai è in preda al più becero complottismo e riduzionismo semplicista: se le oligarchie dicono che il cielo è azzurro, allora dobbiamo dire che è viola.
è evidente il ruolo delle attività umane sui cambiamenti climatici (e non solo in termini di co2).
Complimenti anche per le citazioni marxiane, in particolare per aver messo in evidenza che gli articoli di Mazzei sono funzionali ad un certo giusnaturalismo per cui se così vanno le cose così è naturale che vadano. Al contrario, come Mauro spiega benissimo, Marx indica nella natura la fonte primaria di disponibilità di beni, di valori d'uso, quindi la base da cui partire per ogni attività umana. Quella capitalistica, non può che essere una attività basata sullo sfruttamento, per definizione, di tali risorse.
E' corretto dire che invece le teorie di Mazzei vanno d'accordissimo con uno pseudo naturalismo sovranista di destra: lo Stato, detentore del monopolio della violenza, del controllo, di ogni bene presente nella sua regione di influenza del globo (un Sovrano del periodo monarchico assolutista quasi), non deve essere limitato dalla sua libera e sovrana potenza da alcuna forza esterna (che sia il proletariato, una borghesia dalla coscienza verde, o i padroni transazionali della finanza) nella sua libera espressione di dominio in quanto espressione del popolo tutto costituito in soggetto collettivo.
Come ogni negazionismo, Mazzei ha bisogno del paradosso di alcuni sostenitori della tesi affermativa per suggestionare l'interlocutore: così come i neo-nazisti negano l'esistenza delle camere a gas perché Israele fa una politica imperialista, così Mazzei nega l'esistenza dei cambiamenti climatici perché il gretinismo ambientalista è evidentemente un'operazione mediatica prodotta a tavolino.
In fondo, per metterla in filosofia, c'è una visione a-dialettica del mondo. Se il mio nemico ha questa posizione, l'altra è di certo quella corretta. Se così vanno le cose, così è naturale che vadano. Le attività umane, essendo un prodotto della natura, non possono rivoltarsi contro la natura stessa. Questi tre sono tutti e tre principi a-dialettici, che non hanno niente a che vedere con Marx (e nemmeno con Hegel), ma con Locke o se preferisci con Aristotele (gli schiavi sono strumenti animati e tali devono rimanere).
Grazie a Mauro Pasquinelli
L’intervento appena pubblicato, critico nei riguardi delle tesi sostenute su questo blog da Mazzei , è certamente interessante perché indica lo stato di interesse per questa discussione, e l’autore (per ora sconosciuto) lo fa anche con argomentazioni scientifiche contrastanti in parte con quelle di Mazzei che non possono che portare ad un approfondimento/chiarimento utile per tutti gli interessati. Ho detto anche, perché sono rimasto interdetto dal fatto che esso apra e chiuda con due riferimenti al pensiero di Marx chiamato in causa per affermazioni di verità scientifica (se non ne ho travisato il significato). Benvenuto questo dibattito, ripeto, purché avvenga nello spirito di una ricerca serena e obiettiva di dati su cui potenziare una denuncia pubblica del grave stato di salute del pianeta, denuncia che monta da più parti ma che non riesce ancora, a mio parere, a raggiungere il livello di globalità di cui necessita, frazionandosi in aspetti particolari a seconda delle competenze o degli interessi dei singoli intervenuti. Solo di sfuggita, un’altra osservazione sul presente intervento. Non sempre mi sembra che il discorso di Mazzei sia stato letto correttamente.
Certo, il rischio che le tesi fin qui esposte da Mazzei possono venire interpretate come un invito ad abbassare la guardia sul problema climatico esiste. Ma non si può affermare che Mazzei sia ignaro dei gravi e reali problemi ambientali, a parte quelli climatici, del pianeta. In realtà egli afferma che questi ci sono, ma non sono riducibili alla questione del riscaldamento globale, che a suo parere non è il più grave o almeno il più urgente, e al ruolo in questo attribuito all’anidride carbonica. Nel V° intervento egli ha scritto:
“Ancora una volta - repetita iuvant - bisogna perciò distinguere radicalmente tra la doverosa lotta per la tutela dell'ambiente (da promuovere e sostenere con ogni forza), e la narrazione dominante sul clima. Il rovesciamento del rango di queste due questioni, ottenuto attraverso un'informazione quanto mai inquinata, dovrebbe insospettire qualunque persone onesta minimamente informata dei fatti”.
Quello che la questione climatica sta offuscando è il discorso dell’inquinamento ambientale, che è certamente un grande responsabile dell’ecatombe nel campo della biodiversità che giustamente l’autore di questo intervento denuncia.
I mali del pianeta non sono riducibili al solo (e serio) cambiamento climatico, addebitandone la maggior parte della colpa all’incremento della CO2. Non si parla ad esempio della manipolazione del clima a fini militari. Su questo ci fornisce un’ampia sorprendente documentazione, citando documenti ufficiali, il libro della scienziata Rosalie Bertelll Pianeta terra. L’ultima arma di guerra. Come del resto in Italia denuncia da tempo anche il generale della riserva Fabio Mini, il clima e i terremoti sono ormai manipolabili e gestibili a fini militari, per cui, come sostiene la Bertell, le prossime grandi guerre potranno essere “guerre climatiche”.
Afferma in un’intervista la Bertell (pagg.241/242):
“Io non dico che l‘inquinamento da CO2 faccia bene alla terra. Ciò che dico però è che anche se si potesse mettere fine al rilascio di CO2, non torneremmo ad avere il tempo o il clima che avevamo prima. Poiché son stati fatti gravi danni e profondi cambiamenti al sistema della terra. E tutto ciò non si potrà nascondere dietro il paravento della CO2”.
Aldo Zanchetta
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Quello che è certo è che da almeno il 1960, oltre ai sopra ricordati esperimenti militari (basati soprattutto sugli studi del famoso Tesla sull’energia delle onde elettromagnetiche) si conducono esperimenti di geoingegneria, ovvero di tentativi di ridurre la quantità di calore solare assorbita dalla terra. Si tratta di progetti brevettati di cui, ci dice la Bertell, la grande maggioranza oggi appartiene a potenti multinazionali petrolifere. Di che si tratta? Uno di questi progetti, realizzati nell’ignoranza più totale da parte della maggioranza della gente, è stata l’immissione di milioni di aghi di rame nell’alta atmosfera, per riflettere indietro parte della radiazione solare. Effetto voluto: 0. Effetti non voluti:? E questi aghi di rame sono ancora lì che girano attorno alla terra. E ancora (cito):
“Ad esempio imbiancando le nubi esistenti, cioè spruzzando piccole gocce di acqua di mare nella parte bassa dell’atmosfera per modificare l’albedo delle nuvole, cioè la loro capacità di riflettere la luce solare. Oppure “fertilizzando” gli oceani con polvere di ferro, con iniezioni di azoto o con il rimescolamento delle acque profonde per far proliferare le alghe e catturare, grazie alla loro crescita, anidride carbonica. O ancora sparando grandi quantità di zolfo nell’atmosfera per simulare l’effetto di un’eruzione vulcanica che crea una nube di particelle in grado di schermare la radiazione solare”.
Non entro (ora) nel campo della bioingegneria, altro settore denso di rischi, ma cito solo la nuova tecnologia CRISPR-Cas, nuovo strumento per l’editing genomico che consente, in poche generazioni, di poter far scomparire un genere animale la cui riproduzione avvenga per via sessuale (per inciso, l’uomo ne è uno). Uno dei suoi scopritori ha avvertito: una tecnologia che male usata ha la stessa pericolosità dell’energia atomica. A proposito, il Pentagono sta spendendo somme ingenti per capire di più sul CRISPR-Cas. Pessimo segnale.
Siamo di fronte a problemi enormi, frutto di un “progresso scientifico” enorme, incontrollato e privo di etica. Il dibattito, fortunatamente iniziato anche su un blog eminentemente politico come questo, è più che benvenuto. Per essere fruttuoso per una più ampia presa di coscienza, mi auguro che sia privo di faziosità, che abbia un orizzonte ampio e che venga sviluppato in termini chiari e comprensibili per tutti.
Aldo Zanchetta
Rispondo a Rosso Nera che seppur con un giudizio filosofico molto interessante ma eccessivamente e immeritatamente drastico nei confronti di Mazzei coglie un punto fondamentale che ci rimanda al concetto di sovranita' politica di Carl Schmith. Sovrano e' chi comanda nello stato di eccezione! Allora la domanda la rivolgo a te e a Mazzei: Se in Italia ci fosse un governo sovranista di sinistra che si sgancia dall'euro, si dovrebbe ritirare anche dagli accordi di Parigi sulle emissioni o da quelli di kyoto? Magari ritornando al carbone e al nucleare in nome della lotta all'imperialismo? E chi lo dovrebbe decidere? Il popolo con lo strumento elettivo-referendario o il "sovrano-governo" che legifera in nome del popolo?
Mauro Pasquinelli
Rispondo al Dottor ingegnere Aldo Zanchetta
Che ha memoria corta. E al quale da oggi daro' del lei nonostante fino a ieri ci siamo dati del tu. Zanchetta dice di non conoscermi, nonostante abbiamo parlato vis a vis 12 anni fa a Trevi su Ivan Illich, e ci siamo scambiati email dopo il suo elogio del mio contributo postato su Sollevazione su "metafisica occidentale ed antispecismo". Dopo avermi anche invitato ad una sua iniziativa a Lucca dello scorso luglio. Comunque Dottor Zanchetta come professione sono libero pensatore e come hobby faccio il fratello di Moreno e scrivo qualche libro banale che puo' trovare on-line, con il quale spesso sono in disaccordo, come questa volta sul clima. Scherzi a parte rimango dell'opinione che non esista un preziario del valore di ogni contributo culturale in base alla notorieta' di chi lo scrive, anche se questo non era il suo intento. Insomma non facciamo rivoltare nella tomba il grande Guy Debord il quale denunciava nel 1975 che oggi, per esprimere un pensiero nel teatrino mediatico e spettacolare, bisogna essere conosciuti, altrimenti il pensiero non esiste.
Caro Signor Zanchetta quanto al suo apprezzamento del mio "interessante contributo" la ringrazio di cuore. Ma non capisco il suo essere interdetto per aver io citato Marx nel prologo e nelle conclusioni del mio studio. Che forse Marx non centra nulla col Clima? O entra meno della sedicenne Greta Thumberg? Io penso invece che c' entri eccome, e molto di piu' della ragazzina, per essere stato il primo vero ecologista della storia e per aver denunciato, erga omnes, gli esiti catastrofici dell'attuale modo di produzione.
Ma Carletto entra nel discorso Clima anche per un altro motivo che lei e Mazzei forse non vedete: per una questione ermeneutica. Insomma io criticavo in Mazzei il suo vedere la questione ambientale per compartimenti stagno, il non vedere la connessione delle parti nel tutto, la a-dialetticita' della sua interpretazione!
Quanto alle cose interessanti da lei scritte sulla geoingegneria e sul legame tra clima e guerra confermano il sostanziale catastrofismo della mia interpretazione. Gli Usa hanno gia' messo in atto contro Cuba alterazioni indotte del clima sopra i cieli dell'isola per provocare danni irreparabili alla sua agricoltura ed ai suoi allevamenti.
mauro Pasquinelli
A me invece questa critica in alcuni tratti mi pare quasi un po' pelosa.
Perché mettere Mazzei in contrapposizione con Marx?
Dov'è che il Mazzei nega l'impatto che il capitalismo attua nella natura?
Anzi, l'idea di partenza mi sembra proprio l'opposta; attenzione al rinnovato catastrofismo delle élite (da sottolineare) sul CO2 che rischia invece di nascondere tutto il resto, e anche a riaprire il discorso sul nucleare (pericolossissimo sotto tutti i punti di vista, in primis ambientale).
Anche poi supporre che le sue argomentazioni siano in realtà dovute alla volontà di portar acqua al mulino del "sovranismo" e e alla paura delle risposte globbbali (tra l'altro facendo trasparire un certo "insomma, sei come Trump"), mi sembra un'affermazione campata totalmente in aria ma soprattutto il vero obbiettivo (volente o nolente) di fondo della critica.
Insomma: come sempre, sovranismo nazionalista brutto, autarchico e filo-Trump-Putin etc.
Francamente, che c'azzecca?
Perché un governo socialista che riacquista la sovranità popolare, che riprende in mano qualcche leva del potere, dovrebbe essere inutile nel combattere il capitalismo brucia-natura?
O addirittura quasi dannoso perché allontanerebbe dalle scelte globali, ma stiamo scherzando?
Che provocazione inutile è chiedere se un governo sovranista starebbe ancora negli accordi di Parigi (letto ora nei commenti)?
Perché (qui provoco io) quelli non-sovranisti e governati direttamente da Davos sono affidabili?
Qui passa quasi il pensiero che sia sbagliato che vi siano troppi attori in gioco, a questo punto pare che si preferisca un'unica testa ambientalista a decidere (che a questo punto della storia dubito che sia socialista).
Che poi è proprio il messaggio che passa in questi giorni, con gli articoli che inneggiano al governo di un'intelligenza artificiale che sarebbe meno dannoso per l'ambiente.
Insomma: controbattere la posizione del Mazzei sui cambiamenti climatici ci sta, sottolineare il rischio da parte della sua posizione di lasciar passare l'idea che si possa continuare nello sfruttamento indiscriminato del pianeta pure, anzi probabilmente sono pure aspetti condivisibili, ma portare la discussione sul
dibattito della sovranità nazionale mi pare fuorviante.
Qui si parlava della questione ambientale in sé, non di come si abbatte il capitalismo e quindi le sue cause.
Pigghi
per alcuni errori di battitura dovuti alla cattiva abitudine di scrivere col cellulare reinvio, corretti, le mie due risposte a Rosso nera e Zanchetta.
mauro P.
Rispondo a Rosso Nera che, con un giudizio filosofico molto interessante, seppur eccessivamente e immeritatamente drastico nei confronti di Mazzei coglie un punto fondamentale che ci rimanda al concetto di sovranita' politica di Carl Schmith. Sovrano e' chi comanda nello stato di eccezione! Allora la domanda la rivolgo a te e a Mazzei: Se in Italia ci fosse un governo sovranista di sinistra che si sgancia dall'euro, si dovrebbe ritirare anche dagli accordi di Parigi sulle emissioni o da quelli di kyoto? Magari ritornando al carbone e al nucleare in nome della lotta all'imperialismo? E chi lo dovrebbe decidere? Il popolo con lo strumento elettivo-referendario o il "sovrano-governo" che legifera in nome del popolo?
Mauro Pasquinelli
Rispondo al Dottor ingegnere Aldo Zanchetta
Che ha memoria corta. E al quale da oggi daro' del lei nonostante fino a ieri ci siamo dati del tu. Zanchetta dice di non conoscermi, nonostante abbiamo parlato vis a vis 12 anni fa a Trevi su Ivan Illich, e ci siamo scambiati email dopo il suo elogio del mio contributo postato su Sollevazione su "metafisica occidentale ed antispecismo". Dopo avermi anche invitato ad una sua iniziativa a Lucca dello scorso luglio. Comunque Dottor Zanchetta come professione sono libero pensatore e come hobby faccio il fratello di Moreno (e scrivo qualche libro banale che puo' trovare on-line), con il quale spesso sono in disaccordo, come questa volta sul clima. Scherzi a parte rimango dell'opinione che non esista un preziario del valore di ogni contributo culturale in base alla notorieta' di chi lo scrive, anche se questo non era il suo intento. Insomma non facciamo rivoltare nella tomba il grande Guy Debord il quale denunciava nel 1975 che oggi, per esprimere un pensiero nel teatrino mediatico e spettacolare, bisogna essere conosciuti, altrimenti il pensiero non esiste.
Caro Signor Zanchetta quanto al suo apprezzamento del mio "interessante contributo" la ringrazio di cuore. Ma non capisco il suo essere interdetto per aver io citato Marx nel prologo e nelle conclusioni del mio studio. Che forse Marx non c’entra nulla col Clima? O entra meno della sedicenne Greta Thumberg? Io penso invece che c' entri eccome, e molto di piu' della ragazzina, per essere stato il primo vero ecologista della storia e per aver denunciato, erga omnes, gli esiti catastrofici dell'attuale modo di produzione.
Ma Carletto entra nel discorso Clima anche per un altro motivo che lei e Mazzei forse non vedete: per una questione ermeneutica. Insomma io criticavo in Mazzei il suo vedere la questione ambientale per compartimenti stagno, il non vedere la connessione delle parti nel tutto, la a-dialetticita' della sua interpretazione!
Quanto alle cose interessanti da lei scritte sulla geoingegneria e sul legame tra clima e guerra confermano il sostanziale catastrofismo della mia interpretazione. Gli Usa, come e’ arcinoto, hanno gia' messo in atto contro Cuba alterazioni indotte del clima sopra i cieli dell'isola per provocare danni irreparabili alla sua agricoltura ed ai suoi allevamenti.
01/05/2019
Mauro Pasquinelli
Rispondo a Pigghy
Perche' non ti chiami per nome e per cognome? Questo finto anonimato e' come volersi nascondere dietro un dito. Affrontiamo la critica a viso aperto please! Di cosa hai paura?
Quanto alla critica che mi fai di pelosita' vorrei ricordarti il significato del termine. Dal dizionario treccani, peloso: in senso fig., proprio di chi mira soltanto al proprio interesse, comportandosi in modo ipocrita e senza scrupoli morali: avere il cuore, lo stomaco p.; in partic., e più com., carità p., carità interessata.
Sinceramente non capisco il senso di questa attribuzione appiccicata addosso alle mie tesi! Non ho interessi materiali da custodire per di piu' esercitati senza scrupoli morali. Punto.
Catastrofismo delle elite'? Ci puo' stare! Ma forse perche' anche loro percepiscono di aver imboccato una strada senza via di uscita e dei trilioni di euro in loro possesso sanno di non farci piu' nulla se il pianeta diventa invivibile, ammenoche, da super-complottista caro Pigghy, non stai gia' immaginando che hanno il piano B di atterrare su Marte nel XXII secolo.
Clima e sovranismo! Hai letto da qualche parte che auspico un governo mondiale per la salvezza della terra? Ovviamente no. Rimango un sovranista democratico e socialista! Penso che invece lei abbia messo tutti i sovranismi sullo stesso calderone e se ho sottolineato l'adesione di tutti i sovranismi di destra alle tesi negazioniste un motivo ci sara'.
Tuttavia un dubbio mi viene: Se il Titanic affonda, appartarsi nella sala convegni della nave a suonare il violino e dire qui comandiamo noi, potrebbe anche non avere piu' un senso logico e razionale!!
Mauro Pasquinelli
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