[ 20 aprile 2019 ]
E’ uscito, per i tipi della Bocconi, il saggio di Aberto Bradanini — ambasciatore italiano prima in Iran, poi in Cina —, sui fini e la strategia della Repubblica popolare cinese. Bradanini, che ebbe anni fa una controversia con Clini, mostra di essere un buon conoscitore sia di filosofia cinese, sia di storia del movimento comunista internazionale che delle vicende interne del Partito Comunista Cinese.
Il Nostro riporta così, nel corso della sua analisi, le tesi degli ideologi marxisti cinesi come di quelli non cinesi, tra cui spicca Samir Amin. Il giudizio sui marxisti cinesi è per lo più critico, in quanto il regime cinese non sarebbe una forma di socialismo, ma un regime diversamente capitalista. Per Amin, viceversa, la Cina popolare sarebbe socialista in quanto il possesso della terra non risponde a criteri privatistici, di conseguenza il proletariato inurbato che non fa fortuna nella metropoli può tornare ad una vita rurale dignitosa: tale carattere, che distingue lo sviluppo cinese da quello degli altri paesi del Terzo Mondo per non parlare dei regimi a capitalismo avanzato occidentale, farebbe ancora della Cina il faro del Socialismo globale. Purtroppo Bradanini non cita H. Jaffe, economista sudafricano di spessore il quale, di contro al marxismo eurocentrico, ritiene essere il denghismo il paradigma del socialismo del ventesimo secolo. La Repubblica popolare postmaoista, per Jaffe, non sarebbe stato capitalista di stato, ma autentico stato socialista, in quanto a differenza del populismo protosocialista maoista, gli elementi diversamente capitalistici e privatistici presenti non hanno il potere strategico di intaccare, sovvertire e destabilizzare il primato strategico, politico del Partito comunista, che sarebbe, nell’analisi del Jaffe, l’avanguardia del socialismo mondiale, teso al superamento della grande divergenza Nord-Sud o Occidente-Oriente. La non conoscenza del pensiero economico e politico di Jaffe è forse il più grande limite nello studio, peraltro ottimo, del Nostro.
Le tesi principali dell’autore sono
1) L’ascesa globale cinese è certa ed irreversibile, ma non tale da impensierire il primato della superpotenza americana — al massimo si arriverà ad un multipolarismo se Cina-Russia-Iran continueranno a convergere su minimi obiettivi tattici in funzione antioccidentale; 2) La Cina, secondo l’ambasciatore italiano, non è socialista né liberista — in sostanza diversamente capitalista — esperimento positivo di uno Stato anzitutto orientato al benessere del popolo piuttosto che al dominio socio-politico di oligarchie plutocratiche, come sta, di contro, avvenendo in occidente; 3) La Cina non diventerà una democrazia rappresentativa borghese liberista, in quanto il pragmatismo Confuciano, quintessenza della "linea Socialista" di Liu Sao Chi (1898-1969) e Deng Xiaoping (1904-1997) di contro al Taoismo materialista assoluto e maoista, è antitetico al relativismo del metodo scientifico sperimentale galileiano e illuministico.
“Cercare la Verità nei fatti” significa che per il Confucianesimo socialista cinese esiste una verità morale e ideologico-politica, a differenza dell’illuminismo borghese politico occidentale, per il quale realismo totale empiristico corrisponde esplicitamente a dominio dell’inessenziale del Non Veridico. Qual è la Verità della fazione Confuciana dominante? Il principio dell’Armonia politica, simbolo di etica, sia sul piano politico interno che su quello geopolitico globale. In questo senso, l’élite Confuciana “rossa” si sta dimostrando in grado di dominare politicamente e sul piano sociale la tecnica e il modernismo — secondo il pensiero del Nostro, viceversa, il relativismo illuministico occidentale sta conducendo a società fuori controllo, come già intuì profeticamente il professor Gaetano Calabrò decenni fa nel suo celebre volumetto dedicato al tema;
4) La Cina sta affrontando problemi tragici che uno sviluppo così veloce che non ha paragone nella storia umana ha inevitabilmente portato con sé, ma proprio lo sperimentalismo pragmatistico Confuciano è il criterio che permette all’élite politica “rossa” di sviluppare e consolidare un metodo concreto di veloce risoluzione di altrimenti irresolubili problemi strategici interni.Consiglio dunque la lettura del libro, assai ricco di aneddoti cinesi frutto dell’esperienza dell’ambasciatore e di preziose precisazioni geopolitiche, ai lettori di SOLLEVAZIONE.
Divergo però sul punto 1. La Cina popolare e Confuciana, entro il 2049, primo anniversario della Rivoluzione nazionale e "nazionalista" del 1949, dovrà estendere a livello universale il principio dell’Armonia sotto il Cielo, realizzazione definitiva del grande sogno cinese. Ciò evidentemente non è conciliabile con il protrarsi del primato della superpotenza americana. Questo significa che sotto il Cielo non vi è spazio per due superpotenze a trazione globale.
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