[ 7 novembre ]
Italicum: la pagliacciata di un
accordo che non vale niente, ma dice già troppo
Ragazzi,
è arrivata l'arma finale. Quella decisiva. Un missile atomico. A testata
multipla? No a testa di Cuperlo.
Il
4 dicembre si avvicina ed il Bomba deve
spararne una al giorno. Ieri, in occasione della settima edizione della Leopolda, il grande annuncio: abbiamo
spaccato la minoranza Pd! Ammazzate! Ma non erano questi tutti concentrati sul
governo del Paese? E invece la notizia è stata quella di aver colpito Bersani,
come se uccidere un uomo (politicamente) morto potesse essere motivo di gran
vanto.
Tutto
per il tradimento di Cuperlo. Cuperlo, capite! Ma Cuperlo chi? Certo, per una
volta il grigio triestino ha avuto il suo giorno di notorietà, ma ventiquattrore
sono davvero brevi. Gli resterà probabilmente la consolazione di un posto di
parlamentare in quota "riserva indiana". Quel posto che aveva detto
di voler abbandonare se fosse stato costretto a votare no al referendum.
Chissà, forse sarà per evitare questa "costrizione" che si è
affrettato a sottoscrivere un accordo che non vale neppure l'inchiostro con cui
è stato scritto...
Nel
nostro piccolo gli resterà anche qualcos'altro, un nomignolo guadagnato sul
campo che vale più di mille discorsi: testa di Cuperlo.
Ma
cosa ha firmato il transfugo di una minoranza la cui maggioranza voterà
comunque no?
Comico
ma rivelatore il titolo della solita Repubblica:
«PD riforma l'Italicum. Cuperlo firma».
Avete capito? Il PD, che si era fatto l'Italicum a proprio uso e consumo, oggi
lo "riformerebbe". Il bello è che lo farebbe con un accordo interno.
La legge elettorale è tutta roba piddina? E il parlamento? Chi se ne frega,
pensano i piddini, tanto con il 25% dei voti abbiamo la maggioranza dei seggi
alla Camera e qualche mercenario al Senato lo raccattiamo sempre.
Ma
quanto vale l'accordo che - immaginiamo sofferente come sempre - Cuperlo ha
sottoscritto?
Dalla
lettura del testo, scritto in un italiano traballante come il futuro politico
dell'ex segretario della Fgci, ben poco si capisce. Quel che conta per i
renziani è fare finta di essere disponibili al cambiamento, in modo di poter
dire che il 4 dicembre non si vota sulla legge elettorale.
Ma
leggiamo il passo centrale dello storico accordicchio di ieri:
«Sul piano dei contenuti si è riaffermato il
perno di un sistema elettorale fondato sull'equilibrio tra i due principi della
governabilità e della rappresentanza.
A tale scopo le verifiche
realizzate rendono possibile: * La preferenza per un sistema di collegi inteso
come il più adatto a ricostruire un rapporto di conoscenza e fiducia tra eletti
ed elettori.
* la definizione di un premio di governabilità (di lista o di coalizione) che
consenta ai cittadini, oltre alla scelta su chi li deve rappresentare, la
chiara indicazione su chi avrà la responsabilità di garantire il governo del
Paese attraverso il superamento del meccanismo di ballottaggio».
Proviamo
a tradurre dal politichese particolarmente degenerato di questa banda di
imbroglioni:
Primo,
essi ci dicono che il premio di maggioranza dovrà comunque esserci. Sai che
novità! C'era nel Porcellum e c'è nell'Italicum. La Corte Costituzionale l'ha
bocciato? E chissenefrega!
Secondo,
essi ci dicono che forse il ballottaggio va superato e che magari si può
tornare alle coalizioni. Eh già, in caso contrario il M5S potrebbe vincere le
elezioni e questo va impedito in tutti i modi. E così - con un meccanismo
elettorale contra partitum - avremmo
sistemato per sempre il principio dell'astrattezza della legge.
Terzo,
essi ci dicono (meglio, lasciano intendere) che forse bisognerebbe adottare un
sistema a collegi uninominali del tipo di quelli delle vecchie elezioni
provinciali. Buffo! Dopo aver abolito l'elettività dei consigli provinciali (le
province, invece, esistono ancora!), essi ci propongono di riesumare il sistema
elettorale con il quale venivano eletti. Lo fanno per due motivi: per
danneggiare anche per questa via M5S (visto che quel sistema favorirebbe i vari
boss locali), per aggirare la sentenza della Consulta sulle preferenze. Ma su
questi dettagli torneremo magari più avanti.
Adesso
il punto è un altro: quanto vale questo accordo?
Su
questo dobbiamo tornare a quanto abbiamo sempre scritto in materia. Decisivo
sarà solo il referendum. Se vincerà il SI', Renzi se ne infischierà delle
prudenze dei suoi. Consulta permettendo si terrà l'Italicum ed andrà di fretta
alle elezioni. Ce lo vedete un Renzi vincitore il 4 dicembre, che perde invece
il ballottaggio con un Di Maio?
Se
invece vincerà il NO, l'Italicum decadrà di fatto e si aprirà uno scenario del
tutto inedito. Una situazione nella quale il PD (lasciamo qui perdere la
questione del futuro personale di Renzi) sarà fortemente indebolito. A quel
punto servirà a qualcosa l'accordicchio di ieri? Nelle speranze del notabilato
piddino certamente sì, ma dubitarne è più che lecito: i terremoti (anche quelli
politici) mutano tante cose del paesaggio preesistente.
L'unica
cosa certa è dunque la porcata cuperliana. Un aiutino a colui che tanto lo
disprezza contro i suoi stessi compagni di corrente. Quelli che l'avevano
contrapposto a Renzi alle primarie, tanto la partita era persa in partenza.
Chiudiamo
con una domanda: quanto peserà nelle urne la mossa renziana, messa a segno
grazie alla insuperabile genialità di testa di Cuperlo? La mia personale
risposta è che peserà un rotondissimo zero. Non è su questi trucchi di bassa
lega che si disporranno i due eserciti elettorali del SI' e del NO.
Renzi,
lo sappiamo, le prova di tutte. Ma se è già alla carta Cuperlo, tanto bene non
è messo.
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