[ 3 luglio ]
Di seguito il contributo scritto di Ugo Boghetta all'assemblea seminariale di P101 conclusasi poche ore fa.
«Il tema del CLN, come ovvio, mi ha sempre interessato. Ora, il tema si inserisce in eventi di grande portata.
Il riferimento al CLN è innanzitutto simbolico: la guerra di liberazione dallo stato di colonizzazione in cui versano gran parte dei paesi sotto l'Unione. La Grecia ne è l'esempio più lampante.
C'è tuttavia ancora un duro lavoro da fare per far capire che siamo una semicolonia pur essendo anche un subimperialismo.
In secondo luogo, il CLN rimanda al suo risultato: la ricostruzione del nostro Paese e l'elaborazione della Costituzione repubblicana. Contiene dunque un richiamo forte alla Carta. È già questo un'indicazione programmatica. Infatti si può voler uscire dalla moneta unica senza porre il tema del superamento delle politiche liberiste. In questo senso la Carta è un discrimine verso la destra. La Carta, inoltre, pone l'obiettivo di una società diversa: la centralità del lavoro, un forte intervento pubblico, l'orientamento all'interesse collettivo della stessa impresa privata. È questo il tema che dobbiamo porre nella battaglia sul referendum costituzionale. Il tema non sta in modifiche parziali ma è uno scontro fra due modelli di società. In particolare è l'Unione che mette in mora la prima parte, quella che conta. Non a caso J.P. Morgan stigmatizza questo tipo di Costituzioni e auspica il loro “superamento”.
Dobbiamo infatti chiederci: un movimento di liberazione dall'Unione Europea, dall'euro e dall’impostazione neoliberista deve condurre alla costruzione un programma ex novo o invece riferirsi a qualcosa di già esistente?
La stesura di un nuovo programma, se avvenisse completamente ex nihilo, comporterebbe probabilmente una discussione estenuante e dall'esito incerto, mentre la Carta è già un riferimento forte, conosciuto e che contiene principi condivisi da gran parte della popolazione.
Del resto, qualsiasi cambiamento fa quasi sempre riferimento ad una passaggio storico importante da cui allontanarsi o a cui riferirsi positivamente pur con i dovuti e necessari aggiornamenti.
Proprio a questo fine la Carta sembra un punto di riferimento ancora valido; uno dei punti massimi raggiunti dal nostro paese. Un punto di arrivo tanto elevato, pur raggiunto in un momento particolare, la cui realizzazione è sempre stata osteggiata.
Questo tema acquista ancor più rilievo dopo la Brexit. Brexit su cui si è scatenato un pandemonio ma che dimostra due cose rilevanti. La prima è che la rottura dell'Unione può avvenire per rotture puntuali senza aspettare che arrivino i “nostri”. È l'alternativa a Tsipras.
In secondo luogo si è palesato ancora una volta come i settori popolari siano contro l'Unione seppur in modo confuso. Mentre la sinistra politica, in genere, è sempre dall'altra parte della questione di classe.
Quale forma dovrà o potrà assumere un Comitato di Liberazione Nazionale?
Qui entriamo nel campo dell'attualità.
Non c'è dubbio che ormai il M5S è stato investito del cambiamento: un cambiamento generico e diverso a seconda dei ceti e delle classi che su questi hanno investito. Appaiono evidenti gli aspetti contraddittori. La vicenda della Brexit ne è l'ultimo esempio. I programmi delle amministrative erano sostanzialmente di sinistra. Ma con il sistema dei ballottaggi i 5stelle sono stati votati anche dalla destra. Per non parlare della Casaleggio che gestisce le scelte politiche con la logica del marketing. Oppure Di Maio che cerca di accreditarsi con i poteri forti. Del resto, i 5stelle in questi anni hanno operato come un tappo verso la mobilitazione dei cittadini. Si sono presi la delega; e questo non è una cosa buona in prospettiva. Ma è un fatto che l'auspicio di un cambiamento passa dai 5stelle.
Si dice che il M5s é postideologico. Non è vero. È un movimento del tutto ideologico interno al postmodernismo e, dunque, una variante del liberismo.
L'onestà, la meritocrazia, come soluzione dei problemi sono un'ideologia.
Ma prima o poi si scontreranno con i rapporti produzione, con chi dà le carte: la finanza, le multinazionali, l'Unione e l'euro, la Nato, il TTIP.
Per altro verso la sinistra nelle sue varianti, anche comuniste, appare sempre più fuori gioco. Non sa leggere la società, non la sa interpretare. Non sta nemmeno cercando il bandolo della matassa.
Chi, al contrario, si pone certe problematiche è frammentato, minoritario. Rinchiuso nei rispettivi blog.
Quello che è necessario per rispondere alla domanda precedente è un analisi delle classi stressate dalla crisi, dall'Unione e dall'euro. Un'analisi dei corpi intermedi cui fanno riferimento. Un'analisi che ci porta anche a dividere le classi lavoratrici e le loro organizzazioni.
Ed è in questo senso che si dovrebbe costruire un programma politico di attuazione della Carta che ponga l'uscita dall'euro come condizione del cambiamento medesimo. E a formulare un'altra idea d'Europa e di collocazione geopolitica del paese.
Si tratta, dunque, di porre le basi della costruzione di un fronte popolare costituzionale di liberazione nazionale.
Questo può avvenire, mi sembra, discutiamone, in una rapporto tattico di “unità e critica” con il M5S. Movimento che sotto la pressione dal basso può fare cose buone. Mentre le può fare pessime con le pressioni dall'alto. Investiamo su potenzialità e contraddizioni.
In questo percorso sarebbe necessario unificare le forze sovraniste costituzionali. Ma non siamo ancora riusciti a trovare la modalità. La volontà egemonica o la sua paura tiene ognuno nella sua sigla. In questo caso sarebbe necessario incontri coconvocati, assetti organizzativi confederali. Forse non tutti credono che il nostro momento può arrivare. E, forse, in un certo senso, ha già fatto un salto in avanti.
Non voglio qui parlare del socialismo come terreno di lavoro per creare una prospettiva per non continuare ad andare alla cieca. Con Porcaro abbiamo fondato il sito: socialismo 2017 che ha proprio lo scopo di riproporne l'attualità.
In questo senso l'unificazione dei comunisti appare ancora lontana. Comunque, tutto quello che è possibile fare, facciamolo.
I frutti arriveranno. A volte la storia va veloce.
E buon lavoro».
Il riferimento al CLN è innanzitutto simbolico: la guerra di liberazione dallo stato di colonizzazione in cui versano gran parte dei paesi sotto l'Unione. La Grecia ne è l'esempio più lampante.
C'è tuttavia ancora un duro lavoro da fare per far capire che siamo una semicolonia pur essendo anche un subimperialismo.
In secondo luogo, il CLN rimanda al suo risultato: la ricostruzione del nostro Paese e l'elaborazione della Costituzione repubblicana. Contiene dunque un richiamo forte alla Carta. È già questo un'indicazione programmatica. Infatti si può voler uscire dalla moneta unica senza porre il tema del superamento delle politiche liberiste. In questo senso la Carta è un discrimine verso la destra. La Carta, inoltre, pone l'obiettivo di una società diversa: la centralità del lavoro, un forte intervento pubblico, l'orientamento all'interesse collettivo della stessa impresa privata. È questo il tema che dobbiamo porre nella battaglia sul referendum costituzionale. Il tema non sta in modifiche parziali ma è uno scontro fra due modelli di società. In particolare è l'Unione che mette in mora la prima parte, quella che conta. Non a caso J.P. Morgan stigmatizza questo tipo di Costituzioni e auspica il loro “superamento”.
Dobbiamo infatti chiederci: un movimento di liberazione dall'Unione Europea, dall'euro e dall’impostazione neoliberista deve condurre alla costruzione un programma ex novo o invece riferirsi a qualcosa di già esistente?
La stesura di un nuovo programma, se avvenisse completamente ex nihilo, comporterebbe probabilmente una discussione estenuante e dall'esito incerto, mentre la Carta è già un riferimento forte, conosciuto e che contiene principi condivisi da gran parte della popolazione.
Del resto, qualsiasi cambiamento fa quasi sempre riferimento ad una passaggio storico importante da cui allontanarsi o a cui riferirsi positivamente pur con i dovuti e necessari aggiornamenti.
Proprio a questo fine la Carta sembra un punto di riferimento ancora valido; uno dei punti massimi raggiunti dal nostro paese. Un punto di arrivo tanto elevato, pur raggiunto in un momento particolare, la cui realizzazione è sempre stata osteggiata.
Questo tema acquista ancor più rilievo dopo la Brexit. Brexit su cui si è scatenato un pandemonio ma che dimostra due cose rilevanti. La prima è che la rottura dell'Unione può avvenire per rotture puntuali senza aspettare che arrivino i “nostri”. È l'alternativa a Tsipras.
In secondo luogo si è palesato ancora una volta come i settori popolari siano contro l'Unione seppur in modo confuso. Mentre la sinistra politica, in genere, è sempre dall'altra parte della questione di classe.
Quale forma dovrà o potrà assumere un Comitato di Liberazione Nazionale?
Qui entriamo nel campo dell'attualità.
Non c'è dubbio che ormai il M5S è stato investito del cambiamento: un cambiamento generico e diverso a seconda dei ceti e delle classi che su questi hanno investito. Appaiono evidenti gli aspetti contraddittori. La vicenda della Brexit ne è l'ultimo esempio. I programmi delle amministrative erano sostanzialmente di sinistra. Ma con il sistema dei ballottaggi i 5stelle sono stati votati anche dalla destra. Per non parlare della Casaleggio che gestisce le scelte politiche con la logica del marketing. Oppure Di Maio che cerca di accreditarsi con i poteri forti. Del resto, i 5stelle in questi anni hanno operato come un tappo verso la mobilitazione dei cittadini. Si sono presi la delega; e questo non è una cosa buona in prospettiva. Ma è un fatto che l'auspicio di un cambiamento passa dai 5stelle.
Si dice che il M5s é postideologico. Non è vero. È un movimento del tutto ideologico interno al postmodernismo e, dunque, una variante del liberismo.
L'onestà, la meritocrazia, come soluzione dei problemi sono un'ideologia.
Ma prima o poi si scontreranno con i rapporti produzione, con chi dà le carte: la finanza, le multinazionali, l'Unione e l'euro, la Nato, il TTIP.
Per altro verso la sinistra nelle sue varianti, anche comuniste, appare sempre più fuori gioco. Non sa leggere la società, non la sa interpretare. Non sta nemmeno cercando il bandolo della matassa.
Chi, al contrario, si pone certe problematiche è frammentato, minoritario. Rinchiuso nei rispettivi blog.
Quello che è necessario per rispondere alla domanda precedente è un analisi delle classi stressate dalla crisi, dall'Unione e dall'euro. Un'analisi dei corpi intermedi cui fanno riferimento. Un'analisi che ci porta anche a dividere le classi lavoratrici e le loro organizzazioni.
Ed è in questo senso che si dovrebbe costruire un programma politico di attuazione della Carta che ponga l'uscita dall'euro come condizione del cambiamento medesimo. E a formulare un'altra idea d'Europa e di collocazione geopolitica del paese.
Si tratta, dunque, di porre le basi della costruzione di un fronte popolare costituzionale di liberazione nazionale.
Questo può avvenire, mi sembra, discutiamone, in una rapporto tattico di “unità e critica” con il M5S. Movimento che sotto la pressione dal basso può fare cose buone. Mentre le può fare pessime con le pressioni dall'alto. Investiamo su potenzialità e contraddizioni.
In questo percorso sarebbe necessario unificare le forze sovraniste costituzionali. Ma non siamo ancora riusciti a trovare la modalità. La volontà egemonica o la sua paura tiene ognuno nella sua sigla. In questo caso sarebbe necessario incontri coconvocati, assetti organizzativi confederali. Forse non tutti credono che il nostro momento può arrivare. E, forse, in un certo senso, ha già fatto un salto in avanti.
Non voglio qui parlare del socialismo come terreno di lavoro per creare una prospettiva per non continuare ad andare alla cieca. Con Porcaro abbiamo fondato il sito: socialismo 2017 che ha proprio lo scopo di riproporne l'attualità.
In questo senso l'unificazione dei comunisti appare ancora lontana. Comunque, tutto quello che è possibile fare, facciamolo.
I frutti arriveranno. A volte la storia va veloce.
E buon lavoro».
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