[ 28 marzo ]
L’ennesima conferma di come ricchezza e disuguaglianza nella sua distribuzione crescano spesso insieme arriva dalla florida Germania dove fra il 2010 e il 2014 si è assistito all’aumento del reddito medio e al contempo all’aumento della quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco.
I dati sono contenuti nell’ultimo bollettino mensile della Bundesbank che dedica un articolo proprio alla circostanza che “la diseguaglianza nella ricchezza è ancora relativamente pronunciata in Germania”, ossia nell’economia che assai meglio di altre ha affrontato e vissuto la Grande Recessione.
L’approfondimento è costruito sui dati di una ricerca, “Households and their finances”, che aggiorna quella precedente, relativa al 2010, alla quale hanno partecipato 4.400 famiglie, 2.191 delle quali avevano già partecipato a quella di sei anni fa. Esibisce quindi una certa continuità nella rilevazione che consente di farsi un’idea più precisa di come siano cambiate le condizioni di vita delle famiglie tedesche nei quattro anni trascorsi fra le due ricerche.
I ricercatori rilevano che “la persistenza dei bassi tassi di interesse sui risparmi e l’aumento dei prezzi delle proprietà immobiliari e delle azioni non sembra aver avuto un grande impatto nella distribuzione della ricchezza fra il 2010 e il 2014”. Nel senso che l’aumento di ricchezza ha cambiato poco, se non lievemente peggiorandola, la distribuzione della ricchezza stessa, che rimane “non uniforme”. Nel 2014, infatti, il 10% più ricco della popolazione deteneva il 59,8% della ricchezza totale netta a fronte del 59,2% del 2010.
Se guardiamo al dato pro capite, emerge che la ricchezza netta, quindi tolti i debiti, è aumentata nel 2014 arrivando a 214.500 euro a cittadino, a fronte dei 195.000 del 2010. Con l’avvertenza però che la ricchezza netta del 74% dei tedeschi è al di sotto della media. Vale quindi la famosa regola del pollo di Trilussa: la media nasconde profonde differenza che persistono fra i redditi molto alti e quelli molto bassi.
Se guardiamo alla ricchezza mediana, ossia il valore centrale fra il reddito più alto e quello più basso, scopriamo che anch’essa è aumentata, arrivando a 60.400 euro nel 2014 a fronte dei 51.400 del 2010. Ricordo ai non appassionati di statistica che una grande differenza fra media e mediana è di per sé una prova empirica della diseguaglianza nella distribuzione. Il terzo indicatore universalmente utilizzato per misurare la diseguaglianza, ossia l’indice di Gini, misura per la Germania 0,76, o 76% se preferite, laddove zero significa massima uguaglianza nella distribuzione e 100 massima diseguaglianza. Quindi anche qui, sebbene l’indicatore sia rimasto immutato nei quattro anni, si ha la conferma di una situazione distributiva sperequata.
L’analisi inoltre individua una correlazione fra la disponibilità di asset non finanziari – tipo il mattone per intenderci – e la ricchezza. Poiché in Germania solo il 44% delle famiglie possiede un immobile di proprietà, ciò vuol dire che solo una minoranza della popolazione può giovarsi di tale correlazione. Per costoro la ricchezza media si colloca in linea con la media nazionale. Dal che si può dedurne che è proprio la disponibilità di una casa di proprietà a fare la differenza. Infine, la quota di tedeschi che possiede azioni è diminuita dall’11 al 10% nel tempo, mentre gli importi medi si aggirano intorno ai 40 mila euro. Anche qui però la media nasconde profonde differenze.
Se dagli asset passiamo ai debiti, scopriamo che il 45% delle famiglie è indebitato, il 21% delle quali ha un mutuo mentre la restante parte è titolare di prestiti non assicurati, come debiti studenteschi, carte di credito o credito al consumo. Nel 9% dei casi considerati, i debiti superano la ricchezza lorda.
Insomma, sia sul lato degli asset, che su quello dei debiti vale il vecchio adagio che piove sempre sul bagnato. Per chi sta in cima alla piramide sociale, però, si tratta di una pioggia piacevole.
L’ennesima conferma di come ricchezza e disuguaglianza nella sua distribuzione crescano spesso insieme arriva dalla florida Germania dove fra il 2010 e il 2014 si è assistito all’aumento del reddito medio e al contempo all’aumento della quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco.
I dati sono contenuti nell’ultimo bollettino mensile della Bundesbank che dedica un articolo proprio alla circostanza che “la diseguaglianza nella ricchezza è ancora relativamente pronunciata in Germania”, ossia nell’economia che assai meglio di altre ha affrontato e vissuto la Grande Recessione.
L’approfondimento è costruito sui dati di una ricerca, “Households and their finances”, che aggiorna quella precedente, relativa al 2010, alla quale hanno partecipato 4.400 famiglie, 2.191 delle quali avevano già partecipato a quella di sei anni fa. Esibisce quindi una certa continuità nella rilevazione che consente di farsi un’idea più precisa di come siano cambiate le condizioni di vita delle famiglie tedesche nei quattro anni trascorsi fra le due ricerche.
I ricercatori rilevano che “la persistenza dei bassi tassi di interesse sui risparmi e l’aumento dei prezzi delle proprietà immobiliari e delle azioni non sembra aver avuto un grande impatto nella distribuzione della ricchezza fra il 2010 e il 2014”. Nel senso che l’aumento di ricchezza ha cambiato poco, se non lievemente peggiorandola, la distribuzione della ricchezza stessa, che rimane “non uniforme”. Nel 2014, infatti, il 10% più ricco della popolazione deteneva il 59,8% della ricchezza totale netta a fronte del 59,2% del 2010.
Se guardiamo al dato pro capite, emerge che la ricchezza netta, quindi tolti i debiti, è aumentata nel 2014 arrivando a 214.500 euro a cittadino, a fronte dei 195.000 del 2010. Con l’avvertenza però che la ricchezza netta del 74% dei tedeschi è al di sotto della media. Vale quindi la famosa regola del pollo di Trilussa: la media nasconde profonde differenza che persistono fra i redditi molto alti e quelli molto bassi.
Se guardiamo alla ricchezza mediana, ossia il valore centrale fra il reddito più alto e quello più basso, scopriamo che anch’essa è aumentata, arrivando a 60.400 euro nel 2014 a fronte dei 51.400 del 2010. Ricordo ai non appassionati di statistica che una grande differenza fra media e mediana è di per sé una prova empirica della diseguaglianza nella distribuzione. Il terzo indicatore universalmente utilizzato per misurare la diseguaglianza, ossia l’indice di Gini, misura per la Germania 0,76, o 76% se preferite, laddove zero significa massima uguaglianza nella distribuzione e 100 massima diseguaglianza. Quindi anche qui, sebbene l’indicatore sia rimasto immutato nei quattro anni, si ha la conferma di una situazione distributiva sperequata.
L’analisi inoltre individua una correlazione fra la disponibilità di asset non finanziari – tipo il mattone per intenderci – e la ricchezza. Poiché in Germania solo il 44% delle famiglie possiede un immobile di proprietà, ciò vuol dire che solo una minoranza della popolazione può giovarsi di tale correlazione. Per costoro la ricchezza media si colloca in linea con la media nazionale. Dal che si può dedurne che è proprio la disponibilità di una casa di proprietà a fare la differenza. Infine, la quota di tedeschi che possiede azioni è diminuita dall’11 al 10% nel tempo, mentre gli importi medi si aggirano intorno ai 40 mila euro. Anche qui però la media nasconde profonde differenze.
Se dagli asset passiamo ai debiti, scopriamo che il 45% delle famiglie è indebitato, il 21% delle quali ha un mutuo mentre la restante parte è titolare di prestiti non assicurati, come debiti studenteschi, carte di credito o credito al consumo. Nel 9% dei casi considerati, i debiti superano la ricchezza lorda.
Insomma, sia sul lato degli asset, che su quello dei debiti vale il vecchio adagio che piove sempre sul bagnato. Per chi sta in cima alla piramide sociale, però, si tratta di una pioggia piacevole.
* Fonte: Econopoly
3 commenti:
Sí, ma vale lo stesso discorso della sicurezza in cambio della privacy: sento gente sia di persona che nei media affermare categoricamente che sono disposti a cedere la loro privacy in cambio della protezione dello Stato dal terrorismo islamico. La cosa sorprendente è che se uno guarda i grafici, le morti per terrorismo in Europa sono molto diminuite dagli anni '70 ad oggi.
Eppure si è pronti a farsi sorvegliare come potenziali criminali dicendo (e questo è incredibile): "Tanto non ho niente da nascondere".
Allo stesso modo si ragiona sull'aumento delle disparità sociali: se questo incremento di diseguaglianza fosse bilanciato da un maggiore aiuto (paternalistico) di Stato come il reddito di cittadinanza lo si accetterebbe per di più con la segreta speranza di riuscire a passare un giorno dall'altra parte della barricata insieme ai privilegiati.
Cioè il contrario esatto della lotta di classe...
Francamente comincio a pensare che quelli che sbagliano siamo noi. Siamo solo delle minoritarie anomalie sociali destinate alla darviniana fine che evidentemente ci meritiamo.
Da ex-italiano divenuto cittadino tedesco dopo 41 anni di residenza in Germania confermo che l'analisi è esatta ed è stata anche riportata in termini analoghi sulle principali testate giornalistiche tedesche. Va aggiunto però che la corda a forza di tirarla finisce per strapprsi: è esattamente quello che è successo col clamoroso successo dell'AfD (Alternative für Deutschland) il nuovo/vecchio partito che era nato anni or sono come "antieuro" ma che poi è divenuto preda della destra fascistoide e razzista, rappresentando l'unica via di uscita dalla politica neoliberista che è responsabile dellostato di cose ben descritto nell'analisi in oggetto. La destra AfD ha raggiunto il massimo successo nella Sassonia, regione della ex-RDT che è rimasta una "zona salariale a basso reddito" ed alta disoccupazione, col 24,2 % contro i socialdemocratici SPD ridotti al 10 % ed i cristiano-domocratici CDU appena al di sopra col 29,8 %. Ma anche nella Renania-Palatinato la AfD ha raggiunto il 12,6 % al primo colpo elettorale, e addirittura nel ricco Baden-Württemberg (una delle sole tre regioni che sono obbligate a trasferire surplus di tasse a tutte le rimanenti regioni a basso reddito) AfD ha ottenuto il 15,1 dei voti surclassando la socialdemocratica SPD ferma al 12,7 %.
Un programma sensato contro la politica neoliberale che continua a trasferire ricchezza dal basso verso l'alto è si disponibile, da parte di quella che è rimasta l'unica sinistra degna di questo nome, il partito "Die Linke" che tuttavia soltanto in Sassonia è riuscito ad entrare in parlamento col 16,3 % dei voti.
Per motivi storici facilmente comprensibili (anticomunismo sfrenato di marca maccartista durante il periodo della Guerra Fredda) un partito come "Die Linke" non può avere successo popolare almeno per la presente e probabilmente per la prossima generazione. Nell'opinione popolare (o nell'inconscio collettivo) questo partito è visto come successore della stalinista SED della RDT, e comunque come unqualcosa dal quale mentenere prudentemente le distanze, cosa facilmente spiegabile se si pensa che fino agli anni '80 il solo sospetto di filocomunismo comportava l'esclusione dagli impieghi pubblici ("Berufsverbot").
Dunque la forbice che continuerà ad allargarsi fra indigenti (questo è il termine giusto) e benestanti è destinata ad allargarsi, e con essa però non sarà la sinistra socialdemocratica che dai tempi del cancelliere Schroöder si è venduta all'ideologia neoliberista ed ai gruppi di potere finanziari ed industriali (comprese quelle belliche) a soppiantare le destre ma piuttosto l'estrema desta ad imporsi.
Postilla: qualcuno potrà chiedere: e i Verdi? Il partito "Die Grünen" ha infatti ottenuto il 30 % dei voti nel Baden-Württemberg, spiazzando CDU ridotta al 27 % ed SPD.
IL successo dei verdi in questa regione è soprattutto dovuto alla grande popolarità del Presidente Winfried Kretschmann, e alla estrema impopolarità del precedente ministro finito sotto processo per aver causato alla regione un danno ingente con l'aquisto di un pacchetto azionario a prezzi esorbitanti aggirando la procedura parlamentare. Il candidato CDU alle elezioni del 13 marzo scorso inoltre era privo di qualunque statura (sia politica che fisica !) comparabile a quella del presidente in carica che ha invece ricevuto un'approvazione quasi plebiscitaria.
Posso sollevare qualche dubbio sui dati?
Oltre al reddito spagnolo medio di 1800 euro e rotti al mese che è assolutamente irrealistico direi che anche il reddito medio greco superiore a quello italiano le batte tutte.
Posta un commento