[ 8 marzo ]
Giorni addietro pubblicavamo un comunicato di P101 dal titolo Prima che sia troppo tardi.
Esso segnalava il rischio di una nuova tempesta finanziaria globale che avrebbe avuto ripercussioni sociali ancor più devastanti di quella che partì dagli Usa nel 2007-2008:
Giorni addietro pubblicavamo un comunicato di P101 dal titolo Prima che sia troppo tardi.
Esso segnalava il rischio di una nuova tempesta finanziaria globale che avrebbe avuto ripercussioni sociali ancor più devastanti di quella che partì dagli Usa nel 2007-2008:
«Il 2016 è iniziato con una nuova tempesta sui mercati finanziari. Solo nelle borse europee, epicentro della tempesta, banche e grandi aziende hanno perso gran parte del loro valore —quelle italiane sono state quelle più colpite.Chi comanda si sforza di tranquillizzarci, che si tratterebbe solo di un temporale passeggero. Mente! Questa bufera ne annuncia altre, che avranno effetti letali sull’economia italiana, già impantanata in una recessione distruttiva. Nuovi fallimenti a catena di aziende e banche, aumento della già endemica disoccupazione, impoverimento del popolo lavoratore, degrado sociale crescente, crescita della precarietà, definitivo sprofondamento del Mezzogiorno nel terzo mondo».
Proprio ieri la minaccia di una nuova "tempesta perfetta" veniva confermata niente meno che dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bri).
Per la prima volta la fiducia dei mercati nelle capacità curative delle Banche centrali sta venendo meno. Un segnale preoccupante che - nonostante l’assestamento delle Borse nelle ultime tre settimane - potrebbe preludere in futuro a nuove turbolenze. Il monito viene lanciato dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bri), l’organizzazione con sede a Basilea che promuove la cooperazione tra le banche centrali.
«Quelli che vediamo potrebbero non essere fulmini isolati,ma i segnali di una tempesta vicina, che si sta preparando da molto tempo - avverte Claudio Borio, capo del dipartimento monetario della Bri, illustrando il rapporto trimestrale - Malgrado condizioni monetarie eccezionalmente espansive, la crescita nelle aree più importanti è stata deludente e l'inflazione è rimasta bassa. Gli operatori di mercato ne hanno preso atto e la loro fiducia nei poteri curativi delle banche centrali - forse per la prima volta - vacilla. Anche i policymaker farebbero bene a prenderne atto».
La Bri cita anche dei dati a conferma delle tensioni in atto sui mercati: nell’ultimo trimestre del 2015 l’ammontare dei titoli di debito internazionali ha accusato la maggior flessione da tre anni, con i rimborsi che hanno superato le nuove emissioni di 47 miliardi. La flessione è imputabile soprattutto alla scarsità di nuove emissioni obbligazionarie da parte delle banche nelle economie avanzate. Una spia che potrebbe preludere a un progressivo inaridirsi delle fonti di finanziamento.
Era «inevitabile che le tensioni fra la tranquillità dei mercati e le vulnerabilità economiche sottostanti dovessero arrivare a un punto di risoluzione. Nel recente trimestre potremmo avere assistito all'inizio di questa fase di risoluzione - osserva Claudio Borio - l'apprensione è cresciuta e si è propagata in seguito alla decisione della Bank of Japan di adottare tassi ufficiali negativi. Nel punto di apice, sono stati negoziati a rendimenti negativi oltre 6.500 miliardi di dollari di titoli di Stato, estendendo ancora una volta i confini dell'impensabile. A fronte di un calo prolungato della crescita della produttività, aggravato dalla crisi, i livelli globali di indebitamento hanno continuato a salire e i margini di intervento delle politiche sono diventati sempre più stretti: un insieme di fattori che - conclude l'economista - potremmo definire le tre mine vaganti» che gravano sul futuro dei mercati.
Il monito arriva pochi giorni prima dell’atteso Consiglio direttivo della Banca centrale europea che deve varare nuove misure di stimolo per l’economia in funzione anti-deflazione. Tra queste, gli operatori si attendono un nuovo taglio dei tassi di interesse sui depositi che le banche commerciali dell’Eurozona “parcheggiano” quotidianamente alla Bce. Attualmente il tasso è già negativo (-0,30%) e potrebbe scendere a -0,40 per cento.Anche questa cura, se protratta nel tempo, secondo la Bri potrebbe rivelarsi rischiosa. «C’è una grande incertezza - avverte la Bri - sul comportamento di privati e istituzioni se i tassi dovessero ulteriormente scendere in territorio negativo o se dovessero restare negativi a lungo».
La Bri offre infine una interessante interpretazione sulla massiccia uscita di capitali subìta dalla Cina negli ultimi trimestri. Solo nel periodo luglio-settembre del 2015 c’è stato un deflusso netto di 175 miliardi di dollari, di cui soltanto 12 miliardi sono frutto di operazioni della Banca centrale cinese sulle riserve. Cosa è successo? «Ci sono due diverse interpretazioni - spiega la Bri - Una parla di vendite massicce di asset cinesi da parte degli investitori, l’altra invece di rimborso dei debiti in dollari da parte delle imprese cinesi. La nostra analisi propende per la seconda ipotesi. C’è inoltre un dato che entrambe le tesi non considerano: la flessione dei depositi offshore in renminbi».
Allarme della Bri: vacilla la fiducia dei mercati nelle banche centrali, tempesta vicina
di Vito Lops*
Per la prima volta la fiducia dei mercati nelle capacità curative delle Banche centrali sta venendo meno. Un segnale preoccupante che - nonostante l’assestamento delle Borse nelle ultime tre settimane - potrebbe preludere in futuro a nuove turbolenze. Il monito viene lanciato dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bri), l’organizzazione con sede a Basilea che promuove la cooperazione tra le banche centrali.
«Quelli che vediamo potrebbero non essere fulmini isolati,ma i segnali di una tempesta vicina, che si sta preparando da molto tempo - avverte Claudio Borio, capo del dipartimento monetario della Bri, illustrando il rapporto trimestrale - Malgrado condizioni monetarie eccezionalmente espansive, la crescita nelle aree più importanti è stata deludente e l'inflazione è rimasta bassa. Gli operatori di mercato ne hanno preso atto e la loro fiducia nei poteri curativi delle banche centrali - forse per la prima volta - vacilla. Anche i policymaker farebbero bene a prenderne atto».
La Bri cita anche dei dati a conferma delle tensioni in atto sui mercati: nell’ultimo trimestre del 2015 l’ammontare dei titoli di debito internazionali ha accusato la maggior flessione da tre anni, con i rimborsi che hanno superato le nuove emissioni di 47 miliardi. La flessione è imputabile soprattutto alla scarsità di nuove emissioni obbligazionarie da parte delle banche nelle economie avanzate. Una spia che potrebbe preludere a un progressivo inaridirsi delle fonti di finanziamento.
Era «inevitabile che le tensioni fra la tranquillità dei mercati e le vulnerabilità economiche sottostanti dovessero arrivare a un punto di risoluzione. Nel recente trimestre potremmo avere assistito all'inizio di questa fase di risoluzione - osserva Claudio Borio - l'apprensione è cresciuta e si è propagata in seguito alla decisione della Bank of Japan di adottare tassi ufficiali negativi. Nel punto di apice, sono stati negoziati a rendimenti negativi oltre 6.500 miliardi di dollari di titoli di Stato, estendendo ancora una volta i confini dell'impensabile. A fronte di un calo prolungato della crescita della produttività, aggravato dalla crisi, i livelli globali di indebitamento hanno continuato a salire e i margini di intervento delle politiche sono diventati sempre più stretti: un insieme di fattori che - conclude l'economista - potremmo definire le tre mine vaganti» che gravano sul futuro dei mercati.
Il monito arriva pochi giorni prima dell’atteso Consiglio direttivo della Banca centrale europea che deve varare nuove misure di stimolo per l’economia in funzione anti-deflazione. Tra queste, gli operatori si attendono un nuovo taglio dei tassi di interesse sui depositi che le banche commerciali dell’Eurozona “parcheggiano” quotidianamente alla Bce. Attualmente il tasso è già negativo (-0,30%) e potrebbe scendere a -0,40 per cento.Anche questa cura, se protratta nel tempo, secondo la Bri potrebbe rivelarsi rischiosa. «C’è una grande incertezza - avverte la Bri - sul comportamento di privati e istituzioni se i tassi dovessero ulteriormente scendere in territorio negativo o se dovessero restare negativi a lungo».
La Bri offre infine una interessante interpretazione sulla massiccia uscita di capitali subìta dalla Cina negli ultimi trimestri. Solo nel periodo luglio-settembre del 2015 c’è stato un deflusso netto di 175 miliardi di dollari, di cui soltanto 12 miliardi sono frutto di operazioni della Banca centrale cinese sulle riserve. Cosa è successo? «Ci sono due diverse interpretazioni - spiega la Bri - Una parla di vendite massicce di asset cinesi da parte degli investitori, l’altra invece di rimborso dei debiti in dollari da parte delle imprese cinesi. La nostra analisi propende per la seconda ipotesi. C’è inoltre un dato che entrambe le tesi non considerano: la flessione dei depositi offshore in renminbi».
* Fonte: Il Sole 24 Ore del 6 marzo
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