[ 18 febbraio ]
La «pace cartaginese» che l'Europa vuole imporre alla Grecia
Ultimatum. Questa la parola più usata nei titoli dei giornali di stamattina per descrivere l'esito della riunione di ieri dell'Eurogruppo. A dispetto degli «euro-ottimisti» a prescindere, quelli che tanto «un'intesa si trova», perché «rompere non conviene a nessuno», al posto dell'accordo c'è stata la rottura. Ed, appunto, l'ultimatum europeo alla Grecia.
Questo significa che sia da escludere un qualsiasi accordo nei prossimi giorni? Non necessariamente, ma significa quel che abbiamo detto anche pochi giorni fa, proprio in vista della riunione di ieri:
«Cosa ne uscirà non lo possiamo sapere, ma di sicuro non cambieranno i termini generali del problema, neppure se dovesse uscirne un temporaneo compromesso. In quel caso, esso servirebbe solo a prender tempo, ma senza possibilità alcuna di composizione di un conflitto alla fine del quale ci saranno vinti e vincitori. Il pareggio, in questi casi, non è proprio contemplato».
Ma cosa ha proposto l'Eurogruppo al governo di Atene? Gli ha proposto semplicemente la resa senza condizioni. Evidentemente è questa la famosa "flessibilità" europea di cui straparla Renzi...
Sentiamo il parere di Krugman
Sul significato politico, prima ancora che economico, di quanto avvenuto diamo la parola a Paul Krugman, che sul suo blog sul New York Times ha scritto:
«OK, tutto ciò è incredibile, e non nel senso buono del termine. I colloqui dei Greci con i Ministri delle Finanze [dell’Eurozona] si sono interrotti su questo “progetto di dichiarazione”, che i Greci hanno descritto come "assurdo". E’ un’affermazione rimarchevole. Ecco, secondo me, la frase-chiave:
“Le autorità greche si impegnano a garantire degli adeguati avanzi primari di bilancio per finanziare il debito [pubblico] e quindi garantirne la sostenibilità, in linea con gli obiettivi concordati in occasione della dichiarazione dell'Eurogruppo del Novembre 2012. Tutte le nuove misure, inoltre, devono essere finanziate, senza mettere in pericolo la stabilità finanziaria”.
Traduzione (se date un’occhiata alla dichiarazione dell'Eurogruppo del 2012): non facciamo alcuna concessione riguardo l’avanzo primario, che dovrà essere del 4,5% del PIL.
Non c'era assolutamente alcun modo perché Tsipras e C. potessero firmare una tale dichiarazione, vicenda che ci fa chiedere se i Ministri dell'Eurogruppo siano consapevoli di quello che stanno facendo.
Credo che sia possibile che siano solo degli sciocchi – ovvero che non si rendano conto che la Grecia del 2015 non è l’Irlanda del 2010, e che questo tipo di bullismo non funzionerà.
In alternativa, e più probabilmente, credo che abbiano deciso di spingere la Grecia al di là del bordo. Invece di fornire un qualsivoglia motivo [alla loro decisione], preferiscono vedere la Grecia costretta al default e, probabilmente, fuori dall'euro, con il presumibile naufragio economico da considerare come una lezione impartita a chiunque altro stia pensando di chiedere aiuto.
Starebbero pensando d’imporre [alla Grecia], in altre parole, l'equivalente economico di quella "pace cartaginese" che la Francia cercò d’imporre alla Germania, dopo la Prima Guerra Mondiale.
In entrambi i casi la mancanza di saggezza è sia sorprendente che spaventosa». (traduzione di FRANCO per comedonchisciotte.org)
Una partita mortale
Il ragionamento di Krugman non fa una grinza. Specie laddove conclude sul fatto che il blocco eurista abbia ormai deciso di spingere la Grecia «al di là del bordo». Una decisione che punta dunque ad accelerare i tempi, in modo da rendere più difficile al governo Tsipras la gestione del necessario sganciamento dall'euro.
Palesemente, per costoro l'obiettivo è quello di «dare una lezione» ai greci, colpevoli di avere votato per un cambio politico vero, contro l'austerità e per la fine del commissariamento della troika. Per l'Europa l'austerità non può terminare perché quel che gli interessa è la tutela dei creditori. Ma soprattutto non può finire il commissariamento, vera garanzia della nullificazione del voto del 25 gennaio.
In ballo non è dunque soltanto la politica economica di un governo legittimamente eletto, in gioco è la stessa democrazia. Tutto ciò dovrebbe essere chiaro anche ai sassi, anche se temiamo che invece non lo sia affatto a molti degli tsiprioti italiani che ancora storcono il naso quando sentono parlare di «sovranità nazionale».
Costoro, credendo magari di pensare in grande, vendono ancora la panzana del «cambiamento dell'Europa», un'ipotesi meno realistica della riforma della CIA. Una cattiva utopia che i fatti si incaricano di smentire un giorno sì e l'altro pure. Dimostrando in maniera lampante che l'unica prospettiva percorribile è quella dello sganciamento dal regime dell'euro, da realizzare per scelta e non per costrizione, accompagnata da un pacchetto di misure economiche e sociali che pongano fine al liberismo, alla disoccupazione ed all'impoverimento crescente.
«Cosa ne uscirà non lo possiamo sapere, ma di sicuro non cambieranno i termini generali del problema, neppure se dovesse uscirne un temporaneo compromesso. In quel caso, esso servirebbe solo a prender tempo, ma senza possibilità alcuna di composizione di un conflitto alla fine del quale ci saranno vinti e vincitori. Il pareggio, in questi casi, non è proprio contemplato».
Ma cosa ha proposto l'Eurogruppo al governo di Atene? Gli ha proposto semplicemente la resa senza condizioni. Evidentemente è questa la famosa "flessibilità" europea di cui straparla Renzi...
Sentiamo il parere di Krugman
Sul significato politico, prima ancora che economico, di quanto avvenuto diamo la parola a Paul Krugman, che sul suo blog sul New York Times ha scritto:
«OK, tutto ciò è incredibile, e non nel senso buono del termine. I colloqui dei Greci con i Ministri delle Finanze [dell’Eurozona] si sono interrotti su questo “progetto di dichiarazione”, che i Greci hanno descritto come "assurdo". E’ un’affermazione rimarchevole. Ecco, secondo me, la frase-chiave:
“Le autorità greche si impegnano a garantire degli adeguati avanzi primari di bilancio per finanziare il debito [pubblico] e quindi garantirne la sostenibilità, in linea con gli obiettivi concordati in occasione della dichiarazione dell'Eurogruppo del Novembre 2012. Tutte le nuove misure, inoltre, devono essere finanziate, senza mettere in pericolo la stabilità finanziaria”.
Traduzione (se date un’occhiata alla dichiarazione dell'Eurogruppo del 2012): non facciamo alcuna concessione riguardo l’avanzo primario, che dovrà essere del 4,5% del PIL.
Non c'era assolutamente alcun modo perché Tsipras e C. potessero firmare una tale dichiarazione, vicenda che ci fa chiedere se i Ministri dell'Eurogruppo siano consapevoli di quello che stanno facendo.
Credo che sia possibile che siano solo degli sciocchi – ovvero che non si rendano conto che la Grecia del 2015 non è l’Irlanda del 2010, e che questo tipo di bullismo non funzionerà.
In alternativa, e più probabilmente, credo che abbiano deciso di spingere la Grecia al di là del bordo. Invece di fornire un qualsivoglia motivo [alla loro decisione], preferiscono vedere la Grecia costretta al default e, probabilmente, fuori dall'euro, con il presumibile naufragio economico da considerare come una lezione impartita a chiunque altro stia pensando di chiedere aiuto.
Starebbero pensando d’imporre [alla Grecia], in altre parole, l'equivalente economico di quella "pace cartaginese" che la Francia cercò d’imporre alla Germania, dopo la Prima Guerra Mondiale.
In entrambi i casi la mancanza di saggezza è sia sorprendente che spaventosa». (traduzione di FRANCO per comedonchisciotte.org)
Una partita mortale
Il ragionamento di Krugman non fa una grinza. Specie laddove conclude sul fatto che il blocco eurista abbia ormai deciso di spingere la Grecia «al di là del bordo». Una decisione che punta dunque ad accelerare i tempi, in modo da rendere più difficile al governo Tsipras la gestione del necessario sganciamento dall'euro.
Palesemente, per costoro l'obiettivo è quello di «dare una lezione» ai greci, colpevoli di avere votato per un cambio politico vero, contro l'austerità e per la fine del commissariamento della troika. Per l'Europa l'austerità non può terminare perché quel che gli interessa è la tutela dei creditori. Ma soprattutto non può finire il commissariamento, vera garanzia della nullificazione del voto del 25 gennaio.
In ballo non è dunque soltanto la politica economica di un governo legittimamente eletto, in gioco è la stessa democrazia. Tutto ciò dovrebbe essere chiaro anche ai sassi, anche se temiamo che invece non lo sia affatto a molti degli tsiprioti italiani che ancora storcono il naso quando sentono parlare di «sovranità nazionale».
Costoro, credendo magari di pensare in grande, vendono ancora la panzana del «cambiamento dell'Europa», un'ipotesi meno realistica della riforma della CIA. Una cattiva utopia che i fatti si incaricano di smentire un giorno sì e l'altro pure. Dimostrando in maniera lampante che l'unica prospettiva percorribile è quella dello sganciamento dal regime dell'euro, da realizzare per scelta e non per costrizione, accompagnata da un pacchetto di misure economiche e sociali che pongano fine al liberismo, alla disoccupazione ed all'impoverimento crescente.
9 commenti:
Cito l'articolo:
"tsiprioti italiani che ancora storcono il naso quando sentono parlare di «sovranità nazionale"
A una riunione di PRC la gente interveniva lamentandosi del fatto che alle manifestazioni veniva gente con la bandiera italiana.
Ora sono d'accordo anch'io che esiste un nazionalismo becero fascistoide che andrebbe evitato ma è altrettanto ovvio che se oggi vai dalla gente e gli dici della coscienza di classe quelli non capiscono nemmeno di che diavolo stai parlando mentre se gli dici "Patria" un effetto di adesione lo ottieni quasi sempre.
E allora dobbiamo pensare che la maggioranza del popolo è fatto da una massa di idioti tutti troppo sensibili alle lusinghe destrorse?
O forse dovremmo cominciare a considerare che la sinistra sul tema dell'appartenenza nazionale o patriottica è stata colpevolmente latitante per decenni e che comunque sia, ogni concetto o idea è interpretabile in vari modi per cui deve necessariamente esistere anche una declinazione di sinistra di "Patria"?
A Sollevazione lo hanno capito da tempo ma fra la redazione e i lettori siamo quattro gatti; il resto della sinistra comunista sta ancorata saldamente al 1848 e guai se gli dici che sarebbe ora di disfarsi di qualche orpello ereditato da nonni e bisnonni (che poi i nonni e bisnonni erano prontissimi a sfruttare qualsiasi proposta possibile per riuscire a formare un embrione di coscienza rivoluzionaria nel popolo. Ma erano altri tempi e altre persone...).
MGP
«E allora dobbiamo pensare che la maggioranza del popolo è fatto da una massa di idioti tutti troppo sensibili alle lusinghe destrorse?»
No.
E' che il popolo, lentamente, ha capito cosa ha significato l'ingresso nell'unione e l'euro. Il cosiddetto popolo si è impoverito, ha paura e fame. Anni di sogno berlusconiano, globalizzazione, delocalizzazioni, ecc, inutile continuare.
Il "popolo" vuole d'istinto la salvaguardia del suo Paese, quindi delsuo benessere, ovvero, lavoro.
La sinistra è colpevole. Di miopia, di settarismo, di essersi lasciata imbrigliare nelle maglie del sistema, fino alle midolla, tanto da esserne diventata un perno essenziale.
La sinistra da decenni non è più rivoluzionaria.
Mi auguro che i 4 gatti di cui parla l'anonimo sopra, abbiano il coraggio di osare e dirigere la sollevazione che verrà.
G.P.
MGP come ti capisco.
Io per primo non ho tutto questo amore per il tricolore e la retorica del risorgimento, ma questi "palati fini" hanno di sicuro contribuito all'isolamento di RC e affini in una nicchia intellettualoide, che dalle mie parti serve solo come passatempo per gli universitari.
Però non credo che questa sinistra sia rimasta al 1848, tutt'altro, perchè quella del popolo non aveva paura a differenza di questa.
Personalmente, per non cadere in equivoci provocati dal loro pregiudizio, preferisco parlare di sovranità popolare più che nazionale.
Il fine ultimo deve essere quello, in questo momento ci possiamo rendere conto che esercitarla in ambiti diversi da quello nazionale è quasi impossibile, nè auspicabile nel mondo del capitale globalizzato, tutto qui.
Pigghi
"Personalmente, per non cadere in equivoci provocati dal loro pregiudizio, preferisco parlare di sovranità popolare più che nazionale."
Si è fatto di tutto da parte di tanti per annientare la dignità e la "sovranità dell'etnos ed ora non è rimasto più nulla a cui il Popolo possa aggrapparsi per non scivolare nell'abisso dell'indifferenziato gregge del bestiame da consumo.
"non è rimasto più nulla a cui il
UOMO MEDIO
"Popolo possa aggrapparsi per non scivolare nell'abisso dell'indifferenziato gregge del bestiame da consumo"
Ma se uno non ha pù manco i soldi per mangiare dove lo vedete tutto sto consumo? Ah, vero le foto dei tipi con lo smartphone, mi volete far credere che voi non abbiate un cellulare o un televisore o un computer a casa?
Leggete il significativo post di Uomo Medio delle 9:21
Ecco, il popolo sta mediamente esattamente al livello di Uomo Medio. E vorreste parlargli di coscienza di classe? O magari di teoria del valore?
Bisogna imparare che esistono diversi livelli di comunicazione e a quella parte del popolo che non ha nemmeno fatto il primo passo verso il risveglio politico si deve parlare in un modo che sia accettabile e comprensibile anche se sarà a scapito della esattezza e verità del concetto che vorremmo veicolare.
I preti quando vanno dal popolo non gli cominciano a propinare i testi di S.Tommaso o di qualche altro difficilissimo filosofo cristiano ma, giustamente, gli danno il santino del Sacro Cuore di Gesú e gli dicono di metterselo in tasca che forse gli farà la grazia.
Poi una piccola parte di quel popolo crescerà e prenderà coscienza realmente ma se non si fosse messo in atto questo tipo di primo approccio oggi del Cattolicesimo non resterebbe nulla.
Ora il corrispondente politico odierno di quel santino del Sacro Cuore è appunto il nazionalismo.
Vediamo se la sinistra riesce a perdere anche questa occasione.
MGP
UOMO MEDIO
a MGP
Il mio commento non partiva dai sunti filosofici esplicitati in alcuni commenti, ma da una considerazione di fatto.
Non è una questione di santini.
Sento sempre in giro critiche al consumismo, ma cos'è sto consumismo?
Io vedo in siti come il presente una finestrella in cui si parla di Keynes e di Marx, ho anche letto spesso che innanziatutto per uscire dalla crisi bisogna effettuare politiche espansive per far ripartire la spesa, e cos'è la spesa se non sinonimo di consumo?
Prima ho fatto l'esempio delle file per lo smartphone, se uno fosse sinceramente keynesiano non avrebbe dovuto indignarsi ma rallegrarsi (il riferimento non è rivolto ai curatori di questo sito, sia chiaro ma a tanti altri). Si sarebbe dovuto rallegrare perchè c'è qualcuno che domanda un bene e qualcuno lo acquista, questo provocherebbe un effetto moltiplicatore, ecc..ec....
Questa è una delle contraddizioni che vedo nel dibattito politico-economico. Come si fa ad essere favorevoli contemporaneamente alla piena occupazione e contrari al consumismo? E' materialmente una contraddizione.
Se andiamo a leggere certe teorie ultraliberiste (tipo scuola austriaca), e le confrontassimo con le teorie favorevoli allo stato paradossalmente scoprire
che le prime sono dieci volte più anticonsumiste delle seconde.
E comunque, per quanto riguarda i santini, mi spiace, ma in Chiesa non ci vado più da una vita. Capisco che per alcuni (non tu, ma certi filosofisti avezzi al filosofare)questo è attegiamento consumista, individualista, capitalista e liberista. Peccato che il mondo non sia bianco e nero e così come ci sono cristiani anti-capitalisti ci sono anche cristiani ultraliberisti.
ma questo è un altro discorso.
Ma la "Sinistra" è internazionalista per costituzione "teoretica". Non può rinnegare la propria natura. E' stata creata per agire contro i nazionalismi e chi le ha dato vita sapeva quali scopi si prefiggeva: annientare i "vecchio ordine" che si fondava sugli "orgogli nazionali" per sostituirlo con il N.W.O, coè con un impero governato con "scettro di ferro" come profetizza la Bibbia.
Non ci si rende conto che "Natura non facit saltus" e proprio per questo ha dato vita ad organismi multipli, differenziati, individualizzati e persino individualisti . Altrimenti si sarebbe ancora al "brodo primordiale".
"Graecia delenda est". Non è ben chiaro quali peccati mortali debba scontare la Grecia a meno che non le si addebitino da parte dei revanscisti ante Christum natum il disastro persiano e la dominazione di Antioco Epifane avversato dai fratelli Maccabei.
Siamo in un'epoca di "ritorni storici" e tutto è possibile.
Con pochi dubbi intanto si addebitano al governo Tsipras il fatto di aver tentato una resurrezione di Sinistra ed anche - orribile a dirsi - l' esperimento inquietante di coagulare assieme nella "Resistenza" all'Impero anche forze "di destra". Azione questa dotata di un potenziale di pericolosità temutissimo dal medesimo imperante e trionfante impero.
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