Francesco è un sacerdote legato alla prassi politica ed alla pratica pastorale più che alla pura teologia ma nonostante questo ha solide basi teologiche.
Il fondamento teorico che innerva la pratica del Pontefice è la teologia del popolo. Quest’ultima non va però identificata con la teologia della
liberazione latinoamericana.
La teologia del popolo si basa anzitutto sulla Rerum Novarum di Leone XIII (1891), consolidata poi in altri documenti, come la Gaudium et spes di Paolo VI, ma è una prassi teologico-politica specificamente argentina. Il popolo, in tale concezione, è concepito non come popolo-classe (concetto caro alla teologia della liberazione), bensì come popolo-nazione depositario di un’identità metafisica più che etno-naturale. La teologia del popolo si definisce tramite il documento di San Miguel (1969) elaborato dalla Conferenza Episcopale argentina, che rielabora in senso critico ed oppositivo le indicazioni di Medellin della teologia della liberazione. La teologia del popolo argentina è in rottura con Yalta in tutte le sue manifestazioni (compresa dunque la teologia della liberazione): lo spirito di Yalta è per i teologi populisti l'antispirito in atto, ovvero supercapitalismo, materialismo e marxismo. Ispiratori della teologia del popolo sono Lucio Gera, Gerardo Farrel ed il gesuita Juan Carlos Scannone, uno dei punti di riferimento di Francesco. Peraltro questo sito se ha giustamente rilevato l'errore interpretativo, assai semplicistico e fuorviante, di identificare la politica globale di Francesco con la teologia della liberazione, non ha preso in considerazione la teologia del popolo della scuola argentina.
La teologia del popolo argentina teorizza l’anadialettica in senso differente dal Dussel. Alla base di tale visione del mondo e dell’uomo vi è l’annullamento della dialettica hegeliana Servo-padrone e della concezione storico-politica schmittiana. Non è il Nemico a definire l’identità dell’oppresso, non è la contrapposizione socio-politica di sostanza economicistica a scegliere destinalmente o ontologicamente infine la via dell’oppresso, ma la prassi della conversione etica (B. Lonergan). La missione del popolo è caratterizzata dal deposito di una trascendenza mitica e pre-razionale. La spiritualità “populista” si esprime attraverso la mediazione di manifestazioni liturgiche collettive, di cerimonie legate ai sacramenti, di riti frutto di una rivelazione sapienziale originaria. Il metodo del discernimento scientifico-filosofico, caro alla scuola gesuita, è finalizzato alla nuova
supremazia di una cultura mitica ed organicistica, comunitaristica e rituale, che superi tanto i dogmi neo-marxisti della teologia della liberazione quanto il supercapitalismo atomista (più che individuale) liberista disumanizzante e agnostico d’occidente. La teologia del popolo postula una visione antagonista alla globalizzazione dei mercati e della tecnocrazia, in nome di un universalismo non capitalista e solidaristico, in cui oppressi e oppressori scelgano consapevolmente la ecumenicità organicistica, scartando la fallimentare ipotesi dello scontro frontale e della reciproca distruzione.
In questa linea, l’Argentina presenta caratteristiche significative. Juan Domingo Peròn, presidente della Nazione dal 1946 al 1955, sviluppò, ben prima di Nasser e Gheddafi, la concezione della Terza Via universale oltre capitalismo e marxismo, vedendo in Yalta la tomba sionista mondiale dell'autodeterminazione popolare e democratica, Terza via la cui eco è tuttora profonda nel paese. Peròn aveva fondato la sua politica con il contatto mistico e “sovrannaturale” con il popolo, identificato con i ceti oppressi più poveri. La teologia del popolo rispetta essenzialmente l’adesione di gran parte del popolo argentino a tale movimento, senza per questo identificarsi totalmente con la teologia politica e sociale peronista. Sarebbe anche interessante considerare quanta mistica politica e civile di azione evitista (da Evita Peròn) vi sia nella teologia del popolo, ma questo non può essere qui e ora approfondito. Tale concezione è tuttora presente nella vita politica e culturale latinoamericana: il bolivarismo venezuelano, ad esempio, non sarebbe concepibile altrimenti. Più volte Chavez si definì Peronista.
Papa Francesco è venuto per liberare gli ultimi esaltando la dignità della persona; egli ha guidato i lavori di redazione del documento finale della Conferenza di Aparecida (2007), momento significativo per l’affermazione della teologia del popolo. Lui stesso viene dal popolo ed ha sempre considerato il popolo al centro della pastorale, integrando la teologia di Blondel e Guardini, di cui egli è particolarmente debitore, con la visione spirituale del popolo e della comunità di Dostoevskij. Il pontefice considera centrale l’azione e la testimonianza personale, sviluppando la teoria del maestro Ismael Quiles. Il concetto di liberazione integrale dell’uomo, compreso il capitalista o il magnate di banca, è un pugno al cuore dell’individualismo e del materialismo delle società civili occidentali o occidentalizzate.
Papa Francesco non è un continuatore del precedente pontefice Ratzinger, che fu ancora fermo all’euroccidentalismo strategico di fronte ad una selvaggia globalizzazione, né tantomeno il papa di Soros, come predicano i sovranisti di destra. Egli ha scelto la via strategica Sud del mondo verso Sud del mondo, possibilmente con il Nord, a meno che nel Nord non prevalga la logica ipercapitalista dell’egoismo e della chiusura al mondo. Non è considerabile eretico, come sostengono taluni vaticanisti della destra conservatrice filoisraeliana islamofoba, a meno si voglia considerare eretico il Concilio Vaticano II o addirittura non si vogliano rimettere in discussione gli ultimi due secoli e mezzo di storia politica cattolica.
Nonostante Francesco abbia dato dimostrazione di essere l’unico statista “occidentale” che fustighi la demonia alienante e disumanizzante del capitalismo e del mercato che non fa che produrre “schiavitù spirituale….insoddisfazione e soprattutto tristezza….tristezza individualista che rende tutti schiavi” — Cfr. Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti del II incontro mondiale dei movimenti popolari; nonostante abbia dato in più casi dimostrazione di uno stile antiretorico e secco fondato sulla parresia, sul coraggio di essere piccoli di fronte alla logica plutocratica dei G8 o G7 e dei grandi della terra ; nonostante abbia ridicolizzato sul campo i vari leader europei od europeisti, come nel caso del 25 marzo 2017 quando il milione di fedeli di Bergoglio a Milano oscurarò e silenziò l’incontro della cupola europeista a Roma e Francesco, di recente, si sia saggiamente ben guardato dal condannare la Brexit fornendole un significativo avvallo; noi non crediamo, nonostante tutto questo, si possa parlare, almeno sino ad ora, di un Governo rivoluzionario a Roma.
Francesco, eccelso statista globale, sicuramente il più saggio e equilibrato in Occidente, non ha saputo adeguatamente opporsi al genocidio di umili e oppressi in Medio Oriente; il connubio, per quanto fortuito e tattico, tra fanatici terroristi takfiriti [1] anticristiani e Sionisti ha prodotto macerie e sangue cristiano come all’epoca dei martiri protocristiani. Francesco ha fatto l’apologia del migrante, arrivando su questo tema all’ossessione ed alla nausea ma si è ben guardato dal fare concretamente e simbolicamente degli oppressi cristiani di Gaza o di Maalula il cuore e l’asse della Resistenza globale all’oppressione imperialista e capitalista del Nord plutocratico del pianeta. Viceversa, come nel recente indirizzo dato ai fedeli nel corso della santa giornata del santo Stefano, egli continua a indicare nel martire protocristiano il simbolo e il prototipo stesso, l'alfa e l'omega del cristianesimo.
Questo lo scacco del bergoglismo. Lo scacco di una linea rossa che nell'intero occidente sionista non si può superare e trascendere anche quando innervati e animati dalla più pura e alitante volontà morale.
NOTE
[1] Il takfirismo è la "accusa di miscredenza" (sorta tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo) che alcuni musulmani puritani e intrasingenti rivolgono anzitutto ad altri musulmani. Il termine si basa sulla pretesa di bollare un musulmano sunnita o sciita di "empietà massima" e "apostasia". Il takfirismo viene spesso, a torto, equiparato al jihadismo. In verità non tutti i musulmani che seguono il Jihad possono essere definiti takfiriti (ad esempio al-Qaida). Non c'è dubbio che il takfirismo è l'elemento ideologico e identitario caratterizza oggi giorno lo Stato Islamico.
Il fondamento teorico che innerva la pratica del Pontefice è la teologia del popolo. Quest’ultima non va però identificata con la teologia della
liberazione latinoamericana.
La teologia del popolo si basa anzitutto sulla Rerum Novarum di Leone XIII (1891), consolidata poi in altri documenti, come la Gaudium et spes di Paolo VI, ma è una prassi teologico-politica specificamente argentina. Il popolo, in tale concezione, è concepito non come popolo-classe (concetto caro alla teologia della liberazione), bensì come popolo-nazione depositario di un’identità metafisica più che etno-naturale. La teologia del popolo si definisce tramite il documento di San Miguel (1969) elaborato dalla Conferenza Episcopale argentina, che rielabora in senso critico ed oppositivo le indicazioni di Medellin della teologia della liberazione. La teologia del popolo argentina è in rottura con Yalta in tutte le sue manifestazioni (compresa dunque la teologia della liberazione): lo spirito di Yalta è per i teologi populisti l'antispirito in atto, ovvero supercapitalismo, materialismo e marxismo. Ispiratori della teologia del popolo sono Lucio Gera, Gerardo Farrel ed il gesuita Juan Carlos Scannone, uno dei punti di riferimento di Francesco. Peraltro questo sito se ha giustamente rilevato l'errore interpretativo, assai semplicistico e fuorviante, di identificare la politica globale di Francesco con la teologia della liberazione, non ha preso in considerazione la teologia del popolo della scuola argentina.
La teologia del popolo argentina teorizza l’anadialettica in senso differente dal Dussel. Alla base di tale visione del mondo e dell’uomo vi è l’annullamento della dialettica hegeliana Servo-padrone e della concezione storico-politica schmittiana. Non è il Nemico a definire l’identità dell’oppresso, non è la contrapposizione socio-politica di sostanza economicistica a scegliere destinalmente o ontologicamente infine la via dell’oppresso, ma la prassi della conversione etica (B. Lonergan). La missione del popolo è caratterizzata dal deposito di una trascendenza mitica e pre-razionale. La spiritualità “populista” si esprime attraverso la mediazione di manifestazioni liturgiche collettive, di cerimonie legate ai sacramenti, di riti frutto di una rivelazione sapienziale originaria. Il metodo del discernimento scientifico-filosofico, caro alla scuola gesuita, è finalizzato alla nuova
supremazia di una cultura mitica ed organicistica, comunitaristica e rituale, che superi tanto i dogmi neo-marxisti della teologia della liberazione quanto il supercapitalismo atomista (più che individuale) liberista disumanizzante e agnostico d’occidente. La teologia del popolo postula una visione antagonista alla globalizzazione dei mercati e della tecnocrazia, in nome di un universalismo non capitalista e solidaristico, in cui oppressi e oppressori scelgano consapevolmente la ecumenicità organicistica, scartando la fallimentare ipotesi dello scontro frontale e della reciproca distruzione.
In questa linea, l’Argentina presenta caratteristiche significative. Juan Domingo Peròn, presidente della Nazione dal 1946 al 1955, sviluppò, ben prima di Nasser e Gheddafi, la concezione della Terza Via universale oltre capitalismo e marxismo, vedendo in Yalta la tomba sionista mondiale dell'autodeterminazione popolare e democratica, Terza via la cui eco è tuttora profonda nel paese. Peròn aveva fondato la sua politica con il contatto mistico e “sovrannaturale” con il popolo, identificato con i ceti oppressi più poveri. La teologia del popolo rispetta essenzialmente l’adesione di gran parte del popolo argentino a tale movimento, senza per questo identificarsi totalmente con la teologia politica e sociale peronista. Sarebbe anche interessante considerare quanta mistica politica e civile di azione evitista (da Evita Peròn) vi sia nella teologia del popolo, ma questo non può essere qui e ora approfondito. Tale concezione è tuttora presente nella vita politica e culturale latinoamericana: il bolivarismo venezuelano, ad esempio, non sarebbe concepibile altrimenti. Più volte Chavez si definì Peronista.
Papa Francesco è venuto per liberare gli ultimi esaltando la dignità della persona; egli ha guidato i lavori di redazione del documento finale della Conferenza di Aparecida (2007), momento significativo per l’affermazione della teologia del popolo. Lui stesso viene dal popolo ed ha sempre considerato il popolo al centro della pastorale, integrando la teologia di Blondel e Guardini, di cui egli è particolarmente debitore, con la visione spirituale del popolo e della comunità di Dostoevskij. Il pontefice considera centrale l’azione e la testimonianza personale, sviluppando la teoria del maestro Ismael Quiles. Il concetto di liberazione integrale dell’uomo, compreso il capitalista o il magnate di banca, è un pugno al cuore dell’individualismo e del materialismo delle società civili occidentali o occidentalizzate.
Papa Francesco non è un continuatore del precedente pontefice Ratzinger, che fu ancora fermo all’euroccidentalismo strategico di fronte ad una selvaggia globalizzazione, né tantomeno il papa di Soros, come predicano i sovranisti di destra. Egli ha scelto la via strategica Sud del mondo verso Sud del mondo, possibilmente con il Nord, a meno che nel Nord non prevalga la logica ipercapitalista dell’egoismo e della chiusura al mondo. Non è considerabile eretico, come sostengono taluni vaticanisti della destra conservatrice filoisraeliana islamofoba, a meno si voglia considerare eretico il Concilio Vaticano II o addirittura non si vogliano rimettere in discussione gli ultimi due secoli e mezzo di storia politica cattolica.
Nonostante Francesco abbia dato dimostrazione di essere l’unico statista “occidentale” che fustighi la demonia alienante e disumanizzante del capitalismo e del mercato che non fa che produrre “schiavitù spirituale….insoddisfazione e soprattutto tristezza….tristezza individualista che rende tutti schiavi” — Cfr. Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti del II incontro mondiale dei movimenti popolari; nonostante abbia dato in più casi dimostrazione di uno stile antiretorico e secco fondato sulla parresia, sul coraggio di essere piccoli di fronte alla logica plutocratica dei G8 o G7 e dei grandi della terra ; nonostante abbia ridicolizzato sul campo i vari leader europei od europeisti, come nel caso del 25 marzo 2017 quando il milione di fedeli di Bergoglio a Milano oscurarò e silenziò l’incontro della cupola europeista a Roma e Francesco, di recente, si sia saggiamente ben guardato dal condannare la Brexit fornendole un significativo avvallo; noi non crediamo, nonostante tutto questo, si possa parlare, almeno sino ad ora, di un Governo rivoluzionario a Roma.
Francesco, eccelso statista globale, sicuramente il più saggio e equilibrato in Occidente, non ha saputo adeguatamente opporsi al genocidio di umili e oppressi in Medio Oriente; il connubio, per quanto fortuito e tattico, tra fanatici terroristi takfiriti [1] anticristiani e Sionisti ha prodotto macerie e sangue cristiano come all’epoca dei martiri protocristiani. Francesco ha fatto l’apologia del migrante, arrivando su questo tema all’ossessione ed alla nausea ma si è ben guardato dal fare concretamente e simbolicamente degli oppressi cristiani di Gaza o di Maalula il cuore e l’asse della Resistenza globale all’oppressione imperialista e capitalista del Nord plutocratico del pianeta. Viceversa, come nel recente indirizzo dato ai fedeli nel corso della santa giornata del santo Stefano, egli continua a indicare nel martire protocristiano il simbolo e il prototipo stesso, l'alfa e l'omega del cristianesimo.
Questo lo scacco del bergoglismo. Lo scacco di una linea rossa che nell'intero occidente sionista non si può superare e trascendere anche quando innervati e animati dalla più pura e alitante volontà morale.
NOTE
[1] Il takfirismo è la "accusa di miscredenza" (sorta tra la fine del XX e l'inizio del XXI secolo) che alcuni musulmani puritani e intrasingenti rivolgono anzitutto ad altri musulmani. Il termine si basa sulla pretesa di bollare un musulmano sunnita o sciita di "empietà massima" e "apostasia". Il takfirismo viene spesso, a torto, equiparato al jihadismo. In verità non tutti i musulmani che seguono il Jihad possono essere definiti takfiriti (ad esempio al-Qaida). Non c'è dubbio che il takfirismo è l'elemento ideologico e identitario caratterizza oggi giorno lo Stato Islamico.
5 commenti:
Sebbene abbia una grande potenza di fuoco ,rimane muto sulla salvezza del uomo dal inganno dei padroni banchieri
https://www.aldomariavalli.it/2019/12/03/un-papa-peronista-e-le-sue-contraddizioni/
Che pensa Eos di questa teoria di Aldo Valli?
Niente è più infondato, ambiguo e paradossale che fondare la conversione sull'intervento di dio, vista l'infinità di crimini consumati in suo nome dai convertiti.
Per me le autentiche conversioni accadono quando le circostanze della vita costringono l'uomo a guardare le cose da una prospettiva diversa, magari quella di un suo simile, incominciando ad avere dubbi sulla unicità della realtà, interna ed esterna dell'osservatore;
L'etica della responsabilità è l'effetto secondario della resa alla molteplice bellezza del mistero che ci circonda, in definitiva la conversione e questa capacità di rispondere con urgenza/totalità (come se dopo non ci fosse una vita eterna) al bisogno di amore e celebrazione.
A volte il disinteresse del tiranno per il punto di vista degli oppressi è così radicato nel tempo che egli ne avrà solo un bagliore quando penzolerà per i piedi in una piazza.
In situazioni meno estreme la conversione dell'oppressore può accadere nell'incontro con un oppresso che manifesti una inattesa integrità/dignità da una posizione di inferiorità.francesco
Non condivido assolutamente il commento di francesco 1 gennaio 15.10 frutto di una educazione basata sulla falsità religione oppio dei popoli. Per certo cose Marx fu pure un grande ma non significa seguirlo in tutto ciò che dice e ha detto. Anzi, il martirio, gli oppressi, la rivoluzione senza una FEDE sono impossibili. Dopo una vita di militante proletario agnostico pervengo a tali conclusioni!!!! aldo
Errata corrige:
"interna ed esterna dell'osservatore" suona meglio: "all'osservatore";
"in definitiva la conversione e questa capacità" la "e" (congiunzione) voleva essere "è" (verbo).
@Aldo
Ho letto poco Marx, un po' più "di" Marx, da aver proposto e contrapposto al suo "materialismo storico" un interlocutorio "spiritualismo storico", senza scomodare alcun libro sacro che racconti favole.
Ho parlato di dio e non di religione, praticando yoga e meditazione.
La differenza tra la fede in dio e la fiducia negli uomimi è che la prima non richiede senso critico.
Per questo non ho nemmeno fiducia negli uomini che credono in dio ostentando rosari.
Il sillogismo che suggerisce certa propaganda è che se uno obbedisce a un dio infallibile non sbaglierà.
Per quanto mi riguarda a volte non sono d'accordo nemmeno con quanto mi suggerisce la coscienza, ti dirò di più: ho votato Pd e M5s!
Se quello del mentitore è un paradosso allora lo è anche per quello del credente:
"io dico sempre la verità (divina)".francesco
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