lunedì 2 dicembre 2019

DOSSIER: PERCHÉ DIFENDERE IL CONTANTE di Liberiamo l'Italia

[ martedì 3 novembre 2019 ]


In vista della manifestazione sotto il Parlamento di venerdì prossimo 6 dicembre dalle ore 15:30 consegnamo ai lettori il Dossier "Perché difendere il contante" di LIBERIAMO L'ITALIA curato da Vadim Bottoni. Uno strumento a disposizione dei cittadini che svela le vere ragioni per cui si vuole favorire l'uso della moneta elettronica.

Alla manifestazione interverranno tra gli altri: Nino Galloni, Tiziana Alterio, Guido Grossi, Vadim Bottoni, Daniela Di Marco, Francesco Neri, Fabio Frati, Giancarlo D’Andrea, Moreno Pasquinelli...

*  *  *
L’attacco governativo e mediatico all’uso del contante, con misure che inizieremo a vedere
nel decreto fiscale 2020, rende necessaria una seria analisi sulle vere ragioni dell’imposizione relativa all’uso della moneta elettronica. Con il seguente documento, strutturato in termini di domande e risposte, prende avvio la campagna in difesa del contante da parte di “Liberiamo l’Italia”, nell’ambito della quale, e contro il MES, ci troveremo sotto il Parlamento, venerdì 6 dicembre, dalle ore 15:30
Il dossier è a cura di Vadim Bottoni, mettiamo a disposizione di tutti due versioni dello stesso per la circolazione via web e smatphone o per la stampa:

1. In cosa consiste la lotta al contante di cui si sente molto parlare ultimamente, in quali misure si concretizza e quali sono gli effetti economici?

Per contante intendiamo le banconote cartacee e le monete metalliche, che è la forma assunta dalla moneta legale. La lotta al contante è caratterizzata dall’attuazione di misure volte a limitarne progressivamente l’uso, così come previsto nel decreto fiscale 2020. Tali misure vanno dalle limitazioni all’uso di banconote previste nei pagamenti alle sanzioni per mancata accettazione di pagamenti con carta di debito o di credito, il tutto per ottenere una minore circolazione di contanti. Questa riduzione deve poi essere compensata da un aumento di strumenti alternativi offerti da intermediari autorizzati come le banche, ad esempio i bonifici e i bancomat, che per semplicità chiamiamo moneta elettronica.

Le finalità dichiarate di chi persegue questa operazione sono quelle di dover sostituire una moneta che circola in modo anonimo con una controllabile, in modo da poter meglio contrastare fenomeni illeciti quali l’evasione fiscale, il riciclaggio, fino al terrorismo. Se così fosse si capirebbe a fatica perché in paesi come la Germania e l’Austria non vi siano limitazioni all’uso di banconote, ma prima di affrontare questi temi vediamo il primo e rilevante effetto di questa operazione, ovvero cosa accade se nelle tasche dei cittadini viene sostituito il contante, quindi la moneta legale, con la moneta elettronica:
banalmente accade che la circolazione monetaria che prima era gratuita per i cittadini ora presenta un costo. Vediamo in che senso.
Le banconote cartacee vengono emesse dalle Banche centrali e poi iniziano a circolare di mano in mano senza costi per nessuno nei vari passaggi. La moneta elettronica invece è un servizio offerto dalle banche e circola con dei costi in un sistema di pagamento privato. Per ogni passaggio, ad esempio a mezzo bonifico o di carta di pagamento, vengono versate delle commissioni alle banche e istituti emittenti da parte di cittadini ed esercenti, sui quali gravano anche i costi di installazione e dei canoni per i terminali necessari al processo.
Nella condizione attuale di difficoltà in cui versano le imprese e di necessità per un rilancio dei consumi vista la bassa crescita, questi costi aggiuntivi sui passaggi di denaro e quindi sui consumi avrebbero un effetto recessivo oltre ad alimentare i livelli di esasperazione di chi vede caricarsi sulle spalle gli ennesimi costi per gestire attività sempre più a rischio di chiusura. 

2. Se si abbassassero questi costi non si potrebbero superare i problemi più rilevanti?

Si stanno valutando sistemi di deduzioni e detrazioni fiscali, nel senso che i costi sostenuti per le commissioni si recuperano parzialmente in un secondo momento pagando meno tasse.
Però, a parità di commissioni bancarie applicate, del mancato introito per l’erario dovuto allo sgravio se ne farà carico la fiscalità generale, ovvero ci saranno tasse pagate da tutti noi che dovranno sostenere il costo delle commissioni bancarie.
Visto che l’operatività delle banche non può esimersi dalle entrate delle commissioni, la parte dei costi tolti al diretto interessato si scaricherebbe su tutti i contribuenti e quindi su tutti noi.
Ma facciamo una ulteriore ipotesi francamente inverosimile, ovvero che per consentire il processo di eliminazione del contante si acconsentisse miracolosamente ad azzerare le commissioni. Questo inizialmente ammorbidirebbe le resistenze alla eliminazione del contante favorendone l’obiettivo che però, una volta raggiunto, determinerebbe
l’instaurazione di una sorta di monopolio privato del sistema di pagamento, quello bancario. Così se iniziassero da quel momento a salire esponenzialmente i costi delle transazioni le persone non avrebbero più l’alternativa del contante e quindi sarebbero costrette a caricarsi di quei costi non appena venisse effettuato un pagamento. Una vota eliminato il contante il potere di far aumentare i costi delle transazioni diverrebbe così praticamente arbitrario.

3. Per rifuggire da questi costi allora tante persone terrebbero i soldi al sicuro sotto forma di depositi limitando la circolazione, o no?

Sui soldi al “sicuro” meglio non soffermarsi vista la corrente normativa del bail-in per la quale il salvataggio di un istituto finanziario sull’orlo del fallimento ricadrebbe su obbligazionisti e correntisti. A parte ciò, l’eliminazione del contante inciderebbe negativamente anche sulla possibilità di preservare il valore dei nostri risparmi in banca. Infatti i tassi d’interesse attuali sono prossimi allo zero e probabilmente resteranno tali per lungo tempo come effetto della bassa crescita. L’esistenza del contante però è un argine allo sconfinamento in territorio negativo dei tassi d’interesse, ovvero è un argine all’ipotesi che se oggi ho cento euro in banca domani potrei averne meno senza averli toccati. Pensiamo al seguente scenario.  Poniamo che il costo per tenere 100 euro affittando una cassetta di sicurezza o depositandoli in banca fosse lo stesso. Ragionando al netto di questo costo, se tenessi la banconota ferma e al sicuro nella cassetta non troveri cancellato il numero 100, che è il suo valore nominale, e non vedrei riscritto un nuovo numero più basso. Se invece la tenessi sotto forma di deposito bancario e vi fossero i cosiddetti tassi di interesse negativi, dopo un certo tempo visualizzando il conto vedrei che il valore 100 è diminuito.
L’immutabilità del valore scritto sulla banconota, invece, equipara la moneta cartacea a una obbligazione a tasso zero, il cui possesso garantisce il risparmiatore proprio dai tassi negativi.
L’importanza dell’esistenza del contante per preservare i risparmi appare così evidente, perché finché c’è la possibilità di prelevare e conservare i contanti altrove i tassi d’interesse bancari rimarranno prossimi allo zero, mentre senza il contante non vi sarebbe una alternativa sicura rispetto ai depositi bancari e quindi i risparmi sarebbero intrappolati nei depositi ed esposti all’erosione nel tempo.
Riassumendo, dovrebbe a questo punto essere chiaro che senza l’esistenza del contante se la moneta circola paga un costo, se sta ferma paga un altro costo.

4. Certo che così non si scappa! C’è la possibilità di superare le banconote cartacee senza incorrere in tutti questi problemi?  

Per realizzare un sistema dei pagamenti elettronico senza incorrere in questi problemi basterebbe partire dalla consapevolezza che la moneta, cartacea o elettronica che sia, è un bene pubblico e quindi deve essere gestito tramite banche pubbliche in cui aprire gratuitamente dei conti correnti e sviluppare così un circuito dei pagamenti interno. In questo caso il servizio dovrebbe essere reso gratuitamente. La banca pubblica non dovrebbe fare profitti ma tutelare il risparmio. A chi affermasse la necessità assoluta di realizzare un sistema di pagamenti totalmente elettronico, perché visto come trasparente e controllabile, occorrerebbe obiettare che solo a condizione di un sistema di pagamento pubblico ciò sarebbe pensabile, in assenza del quale il contante svolge tutt’ora una funzione di difesa dei livelli di attività economica e della tutela dei risparmi. Quindi prima si crea un sistema di pagamento pubblico, poi si può ragionare sulla funzione del contante. Il prima e il dopo in politica fanno tutta la differenza del mondo.


Invece stiamo assistendo a un processo esattamente inverso, in cui il drastico ridimensionamento del contante è divenuto obiettivo prioritario nell’agenda politica attuale. La forzatura del processo di marginalizzazione del contante a favore della moneta elettronica risulta evidente in tutta una serie di misure presenti nella manovra finanziaria 2020.  Nella manovra i bonus fiscali risultano a rischio se si usa il contante, infatti su 51 bonus fiscali (tra detrazioni e deduzioni) inseriti in 1,3 milioni di dichiarazioni dei redditi presentate quest’anno, dieci non ammettono il cash mentre per altre 23 usare la moneta di carta è di fatto impossibile.

5. Ma se c’è una urgenza che richiede di anticipare i tempi? Va bene l’aspetto economico ma qui i media ci avvertono che è in gioco la nostra sicurezza, bisogna sconfiggere il terrorismo, possiamo aspettare?

Premesso che i tempi per realizzare un sistema di pagamento pubblico, coinvolgendo soggetti già esistenti come le banche pubbliche e Banco posta, sarebbero ben inferiori rispetto a quelli necessari per una ordinata eliminazione del contante, vediamo però nel merito l’aspetto della sicurezza partendo da quello avvertito in modo più forte, la lotta al terrorismo.
Una questione così delicata richiede innanzitutto l’individuazione di uno studio accreditato in materia. Facciamo allora riferimento alla Relazione al Parlamento Europeo e al Consiglio sulle restrizioni ai pagamenti in contanti, prodotto dalla Commissione Europea nel 2018, che ha esaminato il tema sulla base della principale analisi in materia di limitazione ai pagamenti in contante: “Study on an EU initiative for a restriction on payments in cash”.
Questo studio ha evidenziato, tra le altre cose, che le restrizioni ai pagamenti in contanti non darebbero un contributo tangibile al contrasto del finanziamento al terrorismo.

Il motivo riguarda i costi degli attentati terroristici che oggi sono molto spesso bassi, così i limiti al trasferimento di contante inciderebbero ben poco sulla capacità di realizzare tali attentati. Ma ancor più di questo motivo la Commissione sottolinea un aspetto di assoluta evidenza per chi abbia un minimo di buon senso, quello che chi ha deciso di commettere un reato associato a sanzioni pesantissime, come quello di un attentato, non si curerebbe minimamente delle sanzioni associabili ai limiti di trasferimento di contante.

6. Se sostituiamo il contante con la moneta elettronica non abbiamo più trasparenza e quindi maggiori possibilità di intercettare i trasferimenti illeciti di denaro?

Non proprio, in quanto la moneta elettronica può addirittura facilitare i trasferimenti illeciti di denaro perché è strumento più veloce ed agile per aggirare i canali ufficiali e più sorvegliati.
Basta seguire le cronache per vedere come la classica “valigia di contanti” può essere meglio individuata e quindi sequestrata.  Questo è tanto più vero da quando il consiglio direttivo della BCE ha deciso di interrompere la produzione delle banconote da 500 euro che erano le maggiori indiziate per le attività illegali, decisione avversata dai tedeschi la cui banca centrale ha ottenuto una proroga nel periodo di emissione. Il fatto da considerare è che oggi la politica dell’Eurosistema è neutrale rispetto ai diversi mezzi di pagamento e viene lasciata ai consumatori la scelta in funzione della convenienza.

7. Sono veramente efficaci i limiti all’uso del contante per combattere l’evasione fiscale?

Sulla base dello studio citato prima utilizzato dalla Commissione europea viene rilevato che le restrizioni ai pagamenti in contanti non incidono particolarmente sulle frodi fiscali, perché quelle davvero rilevanti non sono perpetrate tramite l’uso di contanti, ma
attraverso strutture giuridiche complesse e operazioni transnazionali che coinvolgono più Stati.
I casi in cui la frode ed evasione fiscale sono basate sui contanti sono molto meno significative innanzitutto perché riguardano bassi importi e proprio perché riguardano generalmente operazioni di basso importo normalmente le stesse non rientrerebbero nei limiti fissati.
Oggi la Guardia di Finanza ci avvisa che in cima alle operazioni di evasione fiscale non ci sono le operazioni in contanti, ma alte operazioni di triangolazioni finalizzate alla creazione di società fittizie, o anche dette cartiere, il cui compito è produrre fatture false per delle operazioni inesistenti. I pagamenti delle fatture sono ovviamente effettuati tramite bonifici, pertanto la frode fiscale e la maxi evasione sono perpetrate soprattutto attraverso l’uso del bonifico.
Quanto detto sembra coerente anche con l’analisi dell’Ufficio studi della CGIA nel 2015 in merito agli effetti della limitazione sull’uso del contante nel nostro Paese. Secondo l’analisi c’è bassissima correlazione tra la soglia limite all’uso di cartamoneta imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile Iva non dichiarata e il Pil, ovvero con l’evasione fiscale. La conclusione è quindi che non si rileva una stretta correlazione tra l’uso della carta moneta e l’evasione fiscale.

8. In quale dimensione, nazionale o internazionale, deve concretizzarsi il contrasto all’evasione fiscale e alle attività illecite in generale e su quale evoluzione di strumenti queste si basano?

 La Guardia di Finanza ci avverte che le aree prioritarie di intervento, ovvero quelle che necessitano di ulteriore rafforzamento della lotta all’evasione e all’elusione fiscale, riguardano i fenomeni di rilievo internazionale. Le strategie di contrasto all’evasione fiscale sono sempre più orientate alla crescente interazione dei mercati.
Questo fenomeno ha progressivamente ampliato il divario tra dimensione economica globalizzata e sovranità impositiva degli stati che è nazionale. Questa asimmetria viene sfruttata dalla criminalità per creare imprese multinazionali ed utilizzare i paradisi fiscali determinando una riduzione di tutela, in virtù della ridotta efficacia delle misure adottate a livello domestico sulle dinamiche del mercato globale.
La massima attenzione in materia dovrebbe essere orientata alle criptovalute, strumenti digitali impiegati per effettuare acquisti e vendite tramite la crittografia, che stanno consentendo la creazione nel web di paradisi fiscali virtuali. La Dna, direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ha recentemente lanciato un allarme senza precedenti sulle criptovalute. Mentre, come visto, i grandi giri di affari loschi non possono avvalersi significativamente dei contanti per la lentezza delle operazioni e l’esposizione ai sequestri, trovano nelle criptovalute uno strumento digitale velocissimo e agile nell’aggirare i vincoli, che al contempo fornisce un sostanziale anonimato nelle transazioni. La Dna rileva grandi difficoltà investigative per identificare gli indagati, acquisire le movimentazioni di valuta virtuale e soprattutto l’impossibilità di sequestrare le valute virtuali. Insomma le organizzazioni criminali si internazionalizzano e digitalizzano abbandonando il fardello del contante e l’attenzione dell’opinione pubblica viene indirizzata verso tutt’altro.

9. La questione delle criptovalute complica il quadro, ma al di là di queste non ci sono accordi internazionali per i quali i bonifici nei paradisi fiscali sono soggetti a elevata tassazione? Questo non scoraggerebbe la connessa attività di evasione e riciclaggio?

Rimanendo all’interno dei paesi dell’UE facciamo il seguente esempio. Per il diritto tributario italiano se una società è costituita in Italia essa ha l’oggetto principale della sua attività in Italia, mentre in Olanda è sufficiente l’atto notarile di costituzione (ovvero che vi abbia sede) a prescindere che la società abbia l’attività operativa in Olanda o in un altro paese. Pertanto da qualsiasi parte del mondo una società può costituire la propria sede in Olanda. Detto questo, occorre considerare che grazie al suo passato colonialista l’Olanda può oggi fungere da via d’uscita (gateway) verso i paradisi fiscali per i Paesi Ue. Infatti se generalmente un bonifico che parte da uno degli altri paesi UE va, ad esempio, verso il paradiso fiscale delle British Virgin Islands viene tassato al 30%. Ma se il bonifico parte dall’Olanda ed è diretto verso uno dei Paesi ex possedimenti coloniali olandesi, questa tassazione non si applica. Pertanto a prescindere da dove svolge l’attività una società transnazionale che si costituisce in Olanda può sfruttare questo ponte a tassazione azzerata. Non stupisce che l’incredibile cifra di 15 trilioni di dollari (non scriviamo per esteso il numero per problemi di spazio) di fondi “fantasma” accumulati dalle multinazionali negli ultimi vent’anni per limitare al minimo le tasse, sono collocati per la metà nelle sole Olanda e Lussemburgo quindi nel cuore dell’UE, ma invece ci dicono che il problema è il contante per la colazione al bar.

10. Se è vero che attraverso le tecnologie informatiche tutti questi miliardi viaggiano indisturbati per non pagare le tasse dove si svolge l’attività, in che misura i limiti ai pagamenti in contanti inciderebbero sul riciclaggio di denaro e sull’economia sommersa?

Sempre in base al citato studio utilizzato dalla Commissione europea i pagamenti a mezzo di contante non incidono significativamente, infatti constatiamo che il riciclaggio avviene spesso tramite l’acquisto di beni di valore elevato, per cui sarebbe più utile vagliare delle misure che prevedono un obbligo di raccolta dati e dichiarazioni in capo ai rivenditori. Come dimostrano le evidenze investigativei riciclatori e gli stessi evasori professionali non usano il contante, procedendo sostanzialmente in due modi: o occultano del tutto i propri redditi, oppure pagano false fatture con bonifici e assegni non trasferibili.
Ad esempio, per i malavitosi, riciclatori ed evasori fiscali è più facile fare un bel bonifico a fronte di una fattura falsa, canalizzata per il tramite una impresa all’estero.
In merito alla questione del rapporto tra contante ed economia sommersa, ovvero se vi sia stato negli ultimi anni un ampliamento delle transazioni che hanno luogo nell’economia sommersa o illegale tale da contribuire all’incremento delle banconote, occorre rifarsi alle evidenze disponibili.


Così, pur nella difficoltà di misurare quelle transazioni, l’evidenza disponibile indica che negli anni più recenti a fronte di un aumento di domanda di contante non vi sia stata una espansione dell’economia sommersa e illegale.
La domanda di circolante è cresciuta in corrispondenza di tensioni finanziarie e incertezza economica. D’altronde secondo Keynes la spinta a domandare moneta per trattenerla come riserva di ricchezza è un barometro del nostro grado di sfiducia nel futuro.

11. Non si potrebbe allora sostituire la cartamoneta classica con il cosiddetto contante digitale, ovvero i bitcoin? Non coniugheremmo così il rispetto della privacy proprio del contante con la modernità tecnologica della moneta elettronica?

Il bitcoin è la più nota criptovaluta, i cui effetti ambigui in termini di sicurezza sono stati trattati in precedenza. Uno degli aspetti spesso evidenziati è che l’architettura del bitcoin non richiede la necessità di passare attraverso il sistema bancario perché consentirebbe il trasferimento di moneta elettronica direttamente tra utenti. D’altro canto non trae valore da una copertura di riserve e differisce dalla moneta legale (tipicamente sotto forma di banconote) che ha un valore conferito dall’autorità dello Stato. I bitcoin traggono valore dal fatto che sono programmati per essere scarsi, e questo li rende più simili all’oro digitale che a una moneta digitale, e l’incredibile volatilità del loro valore conferma la tesi che siano utilizzati con finalità speculative. Il fatto che non possano assumere in alcun modo un ruolo sostitutivo del contante nella funzione di mezzo di pagamento è dato da un ulteriore motivo evidenziato da un recente studio messo a punto dall’università di Cambridge: il sistema utilizzato per emettere bitcoin oggi, tramite la potenza di calcolo di tantissimi computer sparsi in tutto il mondo, richiede una quantità di energia elettrica addirittura superiore ai consumi elettrici dell’intera Svizzera. Per una singola transazione il bitcoin richiede tanta energia quanto almeno un appartamento in una settimana, pertanto una estensione dell’utilizzo dei bitcoin che dovesse coprire le innumerevoli, ed ecologiche, transazioni effettuate tramite contante sarebbe semplicemente impensabile.
La descrizione dei limiti di questo contante digitale rafforza la tesi per cui il contante è attualmente il vero baluardo a difesa della privacy. Infatti l’obbligo all’uso della moneta elettronica implica la tracciabilità minuziosa e sistematica di ogni transazione economica compiuta dal singolo cittadino. Anzitutto da parte dello Stato, ma anche delle banche e dei loro fornitori di servizi internet — che già ora posseggono e conservano (per sei anni in base alle direttive europee adottate dal governo Gentiloni) ogni possibile informazione sulla vita, le abitudini e le preferenze dei cittadini.
Si tratta quindi di un altro passo verso uno Stato di polizia tributaria, di un rafforzamento di un regime di “sorveglianza di massa”. Ogni cittadino verrà spiato e la sua privacy violata, senza che ciò sia motivato dall’autorità giudiziaria, quindi in aperto contrasto con l’articolo 13 della Costituzione.

12. A questo punto c’è da chiedersi se la lotta al contante è effettivamente dovuta a tutte queste ragioni, o riguarda un aspetto sistemico dell’economia e delle politiche economiche. E’ possibile ciò?

A livello accademico iniziano a levarsi nuove e ulteriori critiche ai modelli keynesiani, poiché in questi il ruolo del contante non viene messo alla berlina. Queste tesi stanno incominciando ad interessare le Banche centrali perché hanno ricadute sulla politica monetaria e quindi sulla loro operatività.
Il modello operativo della politica monetaria è, in estrema sintesi, il seguente. Se, come registriamo oggi, la crescita è in declino allora bisogna stimolare gli investimenti per far riprendere la crescita. Secondo il suddetto modello gli investimenti si stimolano abbassando il tasso d’interesse. Ma se a forza di abbassare si arriva al punto che bisognerebbe scendere sotto lo zero, ovvero attuare tassi negativi? Fino a che esiste il contante tassi significativamente negativi non possono essere applicati perché, come già visto, le persone per salvare i propri risparmi dalla diminuzione di valore li
preleverebbero dai depositi e li terrebbero sotto forma di contante. Grazie all’esistenza del contante i tassi d’interesse non possono divenire significativamente negativi, così i risparmi possono essere meglio preservati e l’instabilità finanziaria, connessa a una accelerazione dei tassi negativi, arginata.
Posto che si è arrivati alla necessità di tassi negativi proprio perché lo schema di politica monetaria non ha funzionato, e non ha funzionato in quanto si può anche offrire liquidità senza applicare interessi ma se le prospettive di profitto sono fosche i privati non accettano comunque i rischi dell’investimento, rimane allora aperto il punto che riteniamo centrale: come riavviare gli investimenti e quindi la crescita? La risposta è attraverso la politica fiscale, avviando un piano di investimenti pubblici che garantisca un incremento di occupazione e maggiori livelli di attività, quindi una ripresa della crescita.
 Arrivati a questo punto abbiamo davanti solo due soluzioni, non ulteriormente procrastinabili, con conseguenza socio-economiche opposte:
o si elimina il denaro contante adottando tassi d’interesse negativi, così che la politica monetaria delle Banche centrali riacquisti margine d’azione con tutte le conseguenze negative viste finora per le classi medie e popolari, come aumento dei costi economici, riduzione dei risparmi e instabilità finanziaria;
o, senza bisogno di eliminare il denaro contante, entra in gioco lo Stato attraverso investimenti pubblici con rilancio dell’occupazione.
Chi alle condizioni attuali promuove l’eliminazione del contante rischia seriamente di affossare la possibilità di rilanciare oggi il progetto di un modello socio-economico basato sulla centralità del ruolo dello Stato nell’economia, di ostacolare l’istituzione di un sistema di pagamenti pubblico in cui canalizzare il credito, nonché impedire la salvaguardia le fasce popolari da una pesante misura regressiva.
Per tutte queste ragioni oggi noi di Liberiamo l’Italia riteniamo prioritaria la lotta in difesa del contante.
a cura di Vadim Bottoni

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