[ giovedì 19 dicembre 2019 ]
Nel sanguinoso conflitto siriano convergono moltepli fattori: sociali, geopolitici (regionali e internazionali) ed anche religiosi. Una certa vulgata tende a far credere che il regime di Assad sia un esempio di laicità in stile occidentale. Vero è invece — vedi anche la Cosituzione del 2012 — che esso si considera islamico a pieno titolo. Nulla si può capire del conflitto siriano ove di sottovalutasse la centralità dell'aspetto religioso, lo scontro fratricida tra frazioni dell'Islam (quella che gli stessi musulmani chiamano Fitna). Pur non condividendo tutto quanto sostiene l'autore — che in questo caso polemizza con una testata web della comunità sunnita italiana —, volentieri pubblichiamo.
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La storia del movimento baathista non si può riassumere in questo articolo, che ha in realtà tutt’altra finalità, non possiamo però, quantomeno, ignorare la complessiva milizia politica dei due fondatori del primo nucleo del Ba’th. Ebbene, entrambi, sia Din al-Bitar, sia Michel ‘Aflaq sconfessarono sia la sinistra filomarxista di Salah Jadid come non realmente baathista, sia il Governo di Hafiz al-Asad quale figlio illegittimo dell’ideologia baathista panaraba. Viceversa, il giudizio di entrambi, soprattutto del secondo, verso il Ba’th irakeno guidato da Sadam Husayn fu assai positivo; in occasione della morte di ‘Aflaq, nel 1989, fu celebrata per ordine del presidente irakeno una solenne cerimonia di stato e venne appositamente progettata una tomba per colui, appunto ‘Aflaq, che Saddam Husayn definì in più casi il suo maestro spirituale e politico.
Chiunque abbia un poco frequentato la storia e la letteratura politica del Grande Medio Oriente degli ultimi decenni sa bene che dietro alla prima fase dell’ideologia saddamista vi è una certa ideologia medio-sovietica, potremmo dire kruscioviana, piuttosto che fascista. Non sappiamo se sia vero quanto scrisse il New York Times del 7 dicembre 2005 [1], sappiamo però, come sostiene del resto Hamid Majid Moussa, segretario generale del Partito Comunista irakeno, che la lotta di frazione tra saddamisti baathisti e comunisti iracheni fu una sorta di lotta interna tra fazioni regionali e “confessionali” in seno ad uno stesso organismo ideologico. Ed infatti, se l’alleanza tra il Governo siriano di Hafiz al-Asad e l’Urss fu improntata all’abile tatticismo del primo che seguì sempre un modello geopolitico tercerista (come mostrerà la sua attiva posizione filoTehran, dunque antisovietica, nella guerra Ira-Irak), quella tra l’Irak e l’Urss presentò a nostro parere caratteri strategici anche alla luce della struttura sociale del Governo saddamista. In più casi, alla presenza di dirigenti sovietici, Saddam Husayn si vantò di possedere le Opere complete di Lenin e di non ignorare i fondamentali dell’economia marxista. Ciò per affermare che l’identificazione tra baathismo statale e fascismo è quantomeno una forzatura.
Premesso che, con Trotsky [2], in caso di guerra conrro l’imperialismo sionista-americano dovremmo sostenere la Siria anche ove il regime fosse fascista, riteniamo che non sia un buon metodo giudicare la struttura sociale e la natura ideologica di uno Stato solamente in base al sostegno internazionale di cui gode. Possiamo portare l’esempio del conflitto delle Malvinas (1982) o quello dei Troubles nordirlandesi o anche quello dell’Intifada del 1987: in tutti questi casi le fazioni maggioritarie di destra radicale e sinistra radicale si trovarono più o meno nelle medesime posizioni geopolitiche. Da ciò cosa ne deriva? Che queste guerre antimperialiste fossero tutte ideologicamente fasciste? Certo che no.
Inoltre, il Partito Comunista siriano di Ammar Baghdash, presente nel parlamento con diversi rappresentanti assieme al Partito Comunista unificato, sostiene attivamente, per quanto criticamente, la Siria di Assad considerandola una forza progressista e semi-rivoluzionaria contro un blocco globale reazionario e supercapitalista. Dunque: fascista anche il Partito Comunista siriano? Fascista il noto sostegno che migliaia di Comunisti da tutto il mondo, dalla Svezia all’America Latina, hanno pubblicamente e culturalmente dato al Presidente Bashar al Asad?
Certo, non siamo noi a negare che verso alcuni comunisti siriani vi sono state, da parte di Assad padre e figlio, fasi di durissima persecuzione [3], ma anche questo non sarebbe sufficiente per dare del fascista ad Assad. Se volessimo usare il suddetto criterio, dovremmo considerare fascisti anche Putin e Xi Jinping.
Varie correnti del “neofascismo” mondiale sono arrivate a considerare Putin non solo il salvatore della Russia ma addirittura il potenziale restauratore della rinascita morale occidentale e, nel recente conflitto del Donbass, abbiamo non a caso visto accorrere volontari fascisti anche a fianco della comunità russofona aggredita, non solo di Kiev. Quanto alla Cina “rossa”, vari quotidiani e riviste americane — subito riprese immancabilmente da L’Espresso — QUI e QUI — hanno ben veduto di caratterizzare la strategia cinese in Italia come salvaguardata da una presunta rete eurasiatica filofascista.
Ciò che viceversa siamo portati a pensare è che La Luce abbia finito per abboccare o peggio voglia propagare una certa mendace propaganda dei sostenitori occidentali del Ba’th siriano, ossia che quest’ultimo sarebbe laico, progressista nel senso che gli occidentali danno ai termini e dunque quasi o completamente anti-islamico e islamofobo.
Ebbene, ciò, come sanno bene gli amici de La Luce, non corrisponde affatto al vero. Non bastasse la piena ed ortodossa appartenenza dell’alawismo al puro Islam [4], riconosciuta nel 1985 anche da Imam Khomeyni (pace su di Lui), o ancora prima dall’eroe arabo Hajj Amin al-Husayni — noto come il Gran Muftì di Gerusalemme — negli anni Trenta dello scorso secolo, non possiamo né vogliamo sorvolare sul fatto che a fianco delle Forze armate arabe siriane non vi sono solo un gruppuscolo di fascisti europei volontari ma anche fedeli mussulmani provenienti da Afghanistan, Pakistan, Indonesia, Turchia, Niger, Iran, Palestina: in prima linea contro il terrorismo, il sionismo e il takfirismo.
Tutto questo ci permette di negare alla radice le fatwa dei vari teologi hanbaliti che invitano allo sterminio degli alawiti come peggiori, quanto ad eresia, di cristiani e ebrei; la spiritualità nusairita-alawita, su cui eventualmente torneremo con uno articolo specifico, è invece connessa alla gnoseologia sciita e la sua stessa visione cosmologica, chiarisce Henry Corbin, è decisamente affine a quella tradizionale dell’Iran zoroastriano ed islamico. L’accusa di eresia all’alawismo, l’invito alla pulizia religiosa mediante sterminio di alawiti smaschera la logica frontale annientamento politico degli islamici antimperialisti che varie frazioni dell’Islam reazionario, alleato con il Sionismo e con gli imperialisti occidentali, stanno portando avanti dal 2010 ad ora.
Vorremmo ricordare che da quasi dieci anni Israele bombarda postazioni militari dell’Esercito siriano un giorno sì e l’altro pure. Del resto, identificare lo Stato sociale siriano con la setta alawita è scorretto, in quanto lo Stato siriano è alawita in quanto islamico, islamico in quanto alawita. Nella Costituzione baathista, approvata il 27 febbraio 2012 con Referendum Popolare, il che conferma del resto l’essenza democratico plebiscitaria e presidenzialistica del Governo di Bashar, nell’articolo 3 è stabilito tra i principi fondamentali che il Presidente deve appartenere alla religione islamica, che la dottrina giuridica islamica è fonte principale della legislazione, che i culti sono tutti rispettati e legittimi purché non contravvengano o sovvertano la centralità della dottrina islamica. Lo stesso si può dire riguardo all’orientamento centrale dell’ideologia statalista del precedente Governo di Hafiz.
La guerra di Stato contro la Fratellanza Musulmana — vero che la Costituzizone siriana condanna a morte l'appartenenza a questa organizzazione [5]—, che puntava alla conquista della Siria e all’eliminazione del Ba’th, può essere a nostro parere già letta come una guerra politica di fazione e geopolitica contro le monarchie arabe reazionarie, ma non come lotta neokemalista islamofoba. Inoltre, essendo anche qui fedeli al metodo di Trotsky, noi giudichiamo la sostanza di uno Stato dalla sua politica estera: per quanto non riteniamo l’assadismo un che di rivoluzionario, non lo possiamo nemmeno considerare controrivoluzionario. La linea totalmente e assolutamente filoiraniana, di fiera fraternità geopolitica con la Rivoluzionaria islamica dell’Iran prima, con l’Hezbollah libanese e la palestinese Jihad islamica poi, ci induce a considerare comunque con una certa serietà il Governo baathista siriano, ben oltre gli stereotipi propagandistici dei marxisti dogmatici o neofascisti d’occidente, tutti intenti a riempirsi la bocca di parole come laicité o secolarismo ogni istante che ai nostri giorni non significano più nulla. Esiste il fronte degli oppressi e il fronte degli oppressori come sostiene la Guida Suprema Seyyed Alì Khamenei, esiste il "Grande Medio Oriente allargato" quale frontiera centrale di civiltà e di lotta politica; partire da qui, per tentare di capire da quale parte si situa Damasco con la sua dirigenza è la condizione necessaria e primaria di ogni analisi che voglia realmente essere antioccidentale e antimperialista.
Dove sono gli Oppressi? Dove sono gli Oppressori? Questo il grande insegnamento rivoluzionario di Imam Khomeyni, il rivoluzionario del ‘900. Non ci interessa dove sono i fascisti o gli antifascisti, gli islamici americani e gli antislamici. Oppressi e oppressori. Bashar al Assad e Asma Assad, in trincea dal 2010, bombardati quasi quotidianamente da anni dall’entità sionista, vittime dell’isteria razzista e arabofoba di Obama e Trump, sono il fronte degli Oppressi o degli oppressori globali?
NOTE
[1] Il rais iracheno brandendo il Corano di fronte agli inquisitori americani che lo stavano processando, avrebbe affermato: “Io sono Sadam Husayn. Sulla scia di Mussolini, resisterò all’occupazione americana sino alla fine, poiché questo è Sadam Husayn, l’uomo che seguirà il percorso di Mussolini”
[2] «Ne abbiamo un esempio semplice ed evidente. Il Brasile regna oggi un regime semifascista che qualunque rivoluzionario può solo odiare. Supponiamo, però che domani l’Inghilterra entri in conflitto militare con il Brasile. Da che parte si schiererà la classe operaia in questo conflitto? In tal caso, io personalmente, starei con il Brasile “fascista” contro la “democratica” Gran Bretagna. Perché? Perché non si tratterebbe di un conflitto tra democrazia e fascismo. Se l’Inghilterra vincesse si installerebbe un altro fascista a Rio de Janeiro che incatenerebbe doppiamente il Brasile. Se al contrario trionfasse il Brasile, la coscienza nazionale e democratica di questo paese e condurre al rovesciamento della dittatura di Vargas. Allo stesso tempo, la sconfitta dell’Inghilterra assesterebbe un colpo all’imperialismo britannico e darebbe impulso al movimento rivoluzionario del proletariato inglese. Bisogna proprio aver la testa vuota per ridurre gli antagonismi e i conflitti militari mondiali alla lotta tra fascismo e democrazia. Bisogna imparare a saper distinguere sotto tutte le loro maschere gli sfruttatori, gli schiavisti e i ladroni!»
Lev Trotsky
La lotta antimperialista è la chiave di volta della liberazione
Socialist Appeal, 5 novembre 1938.
[3] In particolare verso il'estrema sinistra marxista organizzata nel Partito d'Azione Comunista
[4] Sull'alawismo vedi “KITAB AL MAJMU” – UN FALSO LIBRO PER FAR ODIARE GLI ALAWITI
[5] Nota della Redazione: La Fratellanza Musulmana, che aveva avviato una lotta armata contro il regime, organizzando attacchi, ecc., è stata oggetto di una repressione molto forte (vedi il massacro di Hama durante il quale il centro della città fu raso al suolo), in particolare nel 1981-82 (tra 10.000 e 25.000 morti). L'appartenenza al movimento rimane punita con la morte ancora oggi
3 commenti:
Occorre dire che il direttore del sito La Luce è Davide Piccardo, figlio di un ex trotskista da anni vicino alla fratellanza musulmana, ed istigatore all'odio verso gli ebrei. Chiamare "eroe" a Hajj Amin al-Huseyni, alleato di Hitler contro gli ebrei, dice già molto sui pregiudizzi di questo articolo.
Hajji Amin al Huseyn fu alleato degli arabi e degli ebrei (gli orientali Mizhraim ad esempio o Ortodossi haredi) contro il razzismo sionista. Vi furono forti divergenze con la politica anglofila di Adolf Hitler.
Anonimo le sardine sono più antisemite di qualsiasi altro esponente politico.
Ferdinando
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