[17 gennaio 2018]
Com’è noto, secondo la teoria monetarista, l’inflazione,
ovvero l’aumento generale dei prezzi, sarebbe determinato anzitutto dall’aumento
della quantità di moneta in circolazione. Ergo: controllando la quantità della
moneta si tiene sotto controllo il suo valore. Sembra non solo intuitivo ma
logico se dico che la quantità d’acqua che esce dal tubo dipende da quanto apro
o chiudo il rubinetto.
In verità l’economia ha poco a che
fare con l’idraulica.
In polemica con Ricardo, che
monetarista lo era, Marx (e sulla sua scia, Keynes) rovesciò l’equazione
sostenendo proprio il contrario: è l’aumento dei prezzi (il quale può avere le
più diverse cause che non è qui il caso di rubricare), che determina e
giustifica l’aumento della massa monetaria circolante.
Tuttavia proprio il dogma monetarista
è quello su cui la Bce basa la sua politica monetaria.
Leggiamo infatti sul sito di Bankitalia:
«Nel perseguimento della stabilità dei prezzi, la BCE si prefigge lo scopo di mantenere il tasso d’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento su un orizzonte di medio periodo. Tale specificazione indica che si vuole evitare un’inflazione troppo vicina allo zero – che rischierebbe di tradursi in una situazione di deflazione (un decremento persistente dell’indice generale dei prezzi, anch’esso dannoso per l’economia)…»
Che questo dogma monetarista sia
sbagliato, è confermato da quanto accade oggigiorno nelle economie dell’Occidente capitalistico, anzitutto in seno all’Unione europea.
Dopo il collasso finanziario del
2007-2008 abbiamo avuto una recessione generale, la quale come conseguenza ha
avuto la deflazione e la stagnazione dei consumi (per molti ceti popolari una riduzione anche drastica).
Le banche centrali di Stati Uniti, Giappone e
Gran Bretagna per prime hanno aperto... i loro rubinetti, iniettando moneta a gogò,
più o meno 18mila miliardi di dollari. La Bce, seppur in ritardo, ha seguito a
ruota. Solo negli ultimi tre anni, in cambio dell’acquisto di titoli pubblici e
privati, Francoforte ha immesso nel sistema una cifra pari a 2.286 miliardi di
euro supplementari. Il famigerato Quantitative
Easing.
Malgrado queste potenti iniezioni di
denaro la Bce non riesce a portare l’inflazione al fatidico (e stupido!) 2%.
Particolarmente l’Italia non esce dalla sostanziale deflazione. Nel gennaio di
un anno fa il tasso dì inflazione era all’1%, a dicembre addirittura è sceso
allo 0,9% —sarebbe molto più bassa se non fossero aumentati i prezzi delle materie
prime energetiche. Si tenga conto che secondo le
statistiche l’area euro è da sei anni uscita dalla recessione (ovvero un +
davanti al Pil) e il nostro Paese da cinque.
Com’è dunque che i conti a
Lorsignori, Draghi in testa, non tornano? Dove sono finite queste
montagne di denaro?
Non nelle tasche della grande
maggioranza ma in quelle di un'esigua
minoranza: di quelli già ricchi e di chi ricco ci è diventato.
Lo si vede da due fenomeni
complementari. La crescita abnorme dei soldi giocati nelle borse, ovvero bische
in cui si fanno scommesse e si gioca d’azzardo. Un caso su tutti: gli utili delle
società quotate a Wall Street hanno toccato il record storico del +129% (dati
Goldman Sachs), mentre nell’area sono cresciuti euro del 30%.
Il secondo fenomeno è l’impennata, a
volte smisurata, dei prodotti di lusso, quelli quindi che solo l’esigua
minoranza può acquistare. Ci informa Federico Fubini sul Corriere della Sera
del 15 gennaio che, ad esempio, la borsa di Chanel (per la precisione il modello Reissue 2.55 taglia 277) nel 2009
costava 3.095 dollari. Cinque anni dopo era raddoppiata a 6.000 dollari, mentre
da novembre si vende a negozio a 6.400. Il che nel caso specifico equivale ad un’inflazione
dell’11,8% l’anno. Altro esempio: in Italia gli articoli di gioielleria, dal 2010, hanno conosciuto un aumentato dei prezzi del
41,7%.
Quindi, nota Fubini, “l’elettroshock”
delle banche centrali ha funzionato e come, ma solo per l’1% più ricco della
popolazione, dal che il nostro ne deduce (arguto!) che le diseguaglianze sociali,
contrariamente all’inflazione, hanno subito una colossale impennata.
E’ l’inflazione di classe signori
miei, della classe dei ricchi, rentier e capitalisti, che evidentemente quando è pro domo sua è una buona cosa, mentre se riguardasse tutti sarebbe la fine del mondo —vedi come terrorizzano i cittadini con lo spaventapasseri dell'inflazione galoppante se si uscisse dalla gabbia dell'euro.
Tornando all'inizio una cosa il Fubini si guarda bene dal dire, che la teoria monetarista della moneta (e dell'inflazione) è una colossale fregnaccia e delle due, l'una: o la Bce e Draghi hanno fallito, oppure ci prendono per il naso perché è proprio questo a cui puntavano con l'euro e i meccanismi ordoliberisti su cui si basa: arricchire i ricchi e impoverire i già poveri.
2 commenti:
Non solo. Quando in Italia l inflazione era alta, i salari crescevano ancora di più ( e viceversa)
https://thomasmuntzerblog.wordpress.com/2018/01/10/la-piu-iniqua-delle-tasse/
Ottimo articolo....che sbeffeggia i potenti come si meritano
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