[ 11 gennaio 2017 ]
Volentieri pubblichiamo questo saggio apparso sul sito del Campo Antimperialista, che lo fa precedere da questa premessa:
«L’autore svolge un’accurata indagine sulla Repubblica Islamica dell’Iran, quindi sulla natura delle diverse fazioni che si combattono al suo interno, in particolare sulla fazione guidata da M. Ahmadinejad. Qual è la sua natura? L’autore ritiene corretta la definizione di “destra tradizionalista”, insistendo però sul suo peculiare carattere nazionalista grande-persiano. Riteniamo questa qualificazione, che non a caso è quella utilizzata dalla maggior parte degli analisti occidentali, parziale, insufficiente. Arduo, se non addirittura aleatorio, voler definire il pensiero di Ahamadinejad usando criteri tassonomici propri dell’Occidente moderno. Difficile perché diverse, e contraddittorie, le fonti spirituali e politiche a cui si abbevera l'ex-Presidente. Esse politicamente congiungono il terzomondismo antimperialista ad un egualitarismo plebeo e antimodernista, il tutto innestato su un misticismo religioso a forti tinte gnostiche ed escatologiche, per nulla estraneo all’Islam rosso di Ali Shariati. Il discorso si farebbe lungo, vi lasciamo alla lettura».
Durante il ballottaggio presidenziale (2005), Rafsanjani-
Ahmadinejad, tutto il fronte definito superficialmente “ultraconservatore” dagli analisti
occidentali (in realtà come già specificato, ultra-Tradizionalista) si schierava, contro la gran parte del clero
“modernista” e ortodossamente khomeinista, con l’eccezione dell’ “ultradestra”
religiosa, di regime, rappresentata dall’Ayatollah Mesbah Yazdi, a favore di
Ahmadinejad, invitando a votarlo:
"Certamente sosterremo con fermezza Mahmoud Ahmadinejad, un candidato che rappresenta il simbolo della giustizia e dell'onestà, nelle parole e nelle azioni e che onorerà i nostri doveri nazionali e religiosi, onorerà la millenaria Nazione dell’Iran, i nostri martiri e la nostra storia…". Questo fu il messaggio comune di tali confraternite e di tali sodalizi, pochi giorni prima del ballottaggio.
Volentieri pubblichiamo questo saggio apparso sul sito del Campo Antimperialista, che lo fa precedere da questa premessa:
«L’autore svolge un’accurata indagine sulla Repubblica Islamica dell’Iran, quindi sulla natura delle diverse fazioni che si combattono al suo interno, in particolare sulla fazione guidata da M. Ahmadinejad. Qual è la sua natura? L’autore ritiene corretta la definizione di “destra tradizionalista”, insistendo però sul suo peculiare carattere nazionalista grande-persiano. Riteniamo questa qualificazione, che non a caso è quella utilizzata dalla maggior parte degli analisti occidentali, parziale, insufficiente. Arduo, se non addirittura aleatorio, voler definire il pensiero di Ahamadinejad usando criteri tassonomici propri dell’Occidente moderno. Difficile perché diverse, e contraddittorie, le fonti spirituali e politiche a cui si abbevera l'ex-Presidente. Esse politicamente congiungono il terzomondismo antimperialista ad un egualitarismo plebeo e antimodernista, il tutto innestato su un misticismo religioso a forti tinte gnostiche ed escatologiche, per nulla estraneo all’Islam rosso di Ali Shariati. Il discorso si farebbe lungo, vi lasciamo alla lettura».
LA CRISI
DEL KHOMEINISMO
“Un nuovo corso è stato
avviato….O raggiungeremo il nostro obiettivo o diventeremo martiri, feriti o
dispersi in azione. Così accadrà…”. [1]
La linea Ahmadinejad, qualora volessimo accettare il criterio
identificativo della struttura di potere vigente in Iran dato da osservatori
internazionali (in Italia tale ermeneutica è stata in parte ripresa da Guolo e
Negri), sarebbe la più influente rappresentante della destra Tradizionalista,
in antitesi al blocco riformista. Il termine “tradizionalista”, in riferimento
all’identità spirituale e popolare persiana, che non deve andar disperso nel
processo “sovversivo” e nichilistico del globalismo tecnocratico, è quello che
a mio avviso meglio identifica la visione della fazione Ahmadinejad-Mashaei.
Non si può comprendere però tale antagonismo interno se non
alla luce del piano “denghista”, modernista e neo-capitalista oligopolistico imposto
dal grande politico e mediatore iraniano, Rafsanjani (1934-2017).
Tehran 1979: i militari passano con Khomeini |
Nel momento in cui si percepiva che l’originario verbo
rivoluzionario khomeinista, in contemporanea con la tragica guerra Iran Iraq,
aveva fallito il suo appuntamento storico, finalizzato alla “rivoluzione sciita
internazionale” oltre i blocchi (né Est Comunista né Ovest Capitalista); nel
momento in cui si vide tragicamente, con l’immensa tristezza dei pasdaran e dei
soldati del fronte islamico iraniano, che gli sciiti iracheni preferivano continuar
a combattere per il laico Ba’as iracheno e per la gloria nazionale, piuttosto
che sollevarsi compatti nel devoto ricordo della “Battaglia di Kerbela” (680
d.C.) [2] ; solo allora, le varie
frazioni del khomeinismo che si erano date tregua dal settembre 1980,
iniziarono, dalla fine degli anni ’80, a darsi battaglia. Come l’originario
bolscevismo
leninista, puntando a Berlino, finì la sua brevissima parabola
storico-politica alle porte di Varsavia (estate 1920), così l’internazionalismo
rivoluzionario dell’ imam Khomeini crollò inesorabilmente sui campi minati
dell’Iraq, di nuovo invano bagnato dal sangue dei “martiri sciiti”.
La strategia khomeinista aveva infatti fatto dell’Iraq il
centro politico e religioso dello Sciismo di stato; la non sollevazione su base
religiosa delle masse sciite irachene sarà il grave impasse strategico della
rivoluzione islamica. La visione dell’imam Khomeini basata sul “governo
islamico” e la posizione occupata dal popolo in seno ad esso è effettivamente
l’esatto contrario del “nazionalismo persiano”, che non avrebbe alcun carattere
di specificità rispetto al nazionalismo panturchista o panarabo; l’ imam
Khomeini aveva, infatti, sempre sostenuto che “il nostro movimento è islamico
prima di essere iraniano” [3] ed in
tal senso il cuore pulsante della Shia non poteva essere che l’Iraq arabo.
En passant: in questo
contesto meriterebbe un’indagine accurata la politica seguita dall’Iran in Iraq
dopo l’occupazione anglo-americana del 2003. Nota è la divisione del fronte
shiita iracheno davanti agli occupanti, tra chi si è prestato al ruolo di gaulaiter e chi, come l’Esercito del Mahdi di Muqtada al-Sadr
che invece la combatté, fino a sostenere la rivolta sunnita della primavera del
2004, e forse proprio per questo Muqtada venne osteggiato da Tehran e fatto
sparire per anni dalla scena.
Lo gnosticismo khomeinista [4] trasformato in movimento islamico, rivoluzionario, mondiale,
rimase quindi sconfitto sul fronte iracheno, non per le traversie militari, ma
per l’impasse politico-strategico. L’attuale
politica estera del blocco riformista, per quanto apparentemente continui tale
linea khomeinista, in realtà essendo
strategicamente succube del capitale
occidentale, russo e cinese, viola apertamente il principio essenziale
dell’islam rivoluzionario khomeinista. Da quel momento, da quando lo
spirito rivoluzionario della Repubblica islamica andò a sbattere contro i sentimenti nazionalisti degli arabi
(che dopo la fase del panarabismo anti-safavide trasmigreranno nel sunnismo
radicale anti-shiita) inizieranno, nella grande ritirata strategica, a
delinearsi nuovi fronti interni.
Tehran 1979: anche i Mujahidin-i- khalq sfilano con le immagini di Ali Shariati (a sinistra) e Khomieni |
Due personalità emergeranno dalla successiva lotta politica
ed economica di fazioni: Rafsanjani, il quale sull’esempio della Cina
neo-capitalista e modernista di Deng, avrebbe voluto salvaguardare la sostanza
politica e giuridica del regime islamico aprendo su tutta la linea al capitalismo
mondiale ed al modernismo tecno-scientifico; Ahmadinejad, appunto, il quale,
come sarà evidente nelle differenti fasi della presidenza poi esercitata dal
Nostro, compirà, come più avanti si vedrà, una profonda svolta Tradizionalista,
antimodernista (in senso dottrinario, non di metodo) ed una evidente rottura di
paradigma con lo stesso khomeinismo ortodosso, alla luce della totalità storica
e religiosa della Persia millenaria e della sua spiritualità.
Tehran, 8 marzo 1979, manifestazione delle donne nella rivoluzione |
LA FASE
NAZIONAL-POPOLARE
Ahmadinejad era infatti esponente dell’elite militare che si
imponeva a Teheran durante gli anni di Khatami (1997-2005); quella elite
militare comprendente buona parte dei pasdaran, dei bassiji, dei reduci del
fronte e tutti coloro che ruotavano attorno alle varie corporazioni religiose
del regime islamico. Tale fazione propagandava all’interno del regime la
visione della necessaria opposizione “persiana”, nazional-popolare, alla fazione
“cinese” riformista ed anche, seppur timidamente allora, ai khomeinisti di
regime: l’oro nero era, a detta dei
seguaci del futuro presidente Ahmadinejad, lo strumento politico-finanziario
tramite il quale si rafforzava il ruolo dello Stato islamico come distributore
di assistenza e sussidi, finendo però, tale prassi, per distanziare le esigenze
e le necessità del popolo iraniano dai costumi e dalla poco morigerata prassi
di vita dell’oligarchia capitalistico-statale dominante sul “paese reale”.
Ahmadinejad è stato un autentico figlio della rivoluzione, ma
per la sua corrente la rivoluzione, prima di essere islamica, doveva essere
persiana, autenticamente fedele al motto “Né Est né Ovest”. Il giovane patriota,
allora ventitreenne, da autentico nazionalista persiano, fondò la “Società degli
studenti islamici”, militò quindi nel “Takhime Vahdat” ( in persiano Rafforzare l’Unità) e, con altri fedeli
si attivò così per l’occupazione dell’ambasciata sovietica [5] nei giorni
dell’autunno del ’79, mentre l’ala “nera” khomeinista [6], come visto anzitutto islamica e internazionale, portò a
termine l’occupazione dell’ambasciata americana [7]. Egli fu poi un volontario – nelle forze speciali dei pasdaran
– della guerra Iran Iraq, contraddistinguendosi ancora per patriottismo e
spirito di servizio. Consacrerà la sua vita alla carriera politica nazionalista
“grande persiana”, esclusivamente nel ricordo dei suoi amici e camerati caduti,
dunque per una sorta di “sacro giuramento” nato di fronte alla morte comune
incombente; va anche ricordato che la sua prima vittoria alle presidenziali
(2005) non era affatto prevista dagli organismi della Repubblica islamica e da
lì inizierà non una alleanza ma, come è diventato sempre più chiaro, un vero e
proprio braccio di ferro, talvolta sottile, talvolta manifesto, con la sfera
della Guida suprema.
Se è vero che l’Ayatollah Alì Khamenei tentò, in certi casi,
di usare la destra neo-tradizionalista, anticapitalista, per bilanciare
l’enorme influenza del blocco riformista rappresentato dal “fronte del 2 Khordad”
(che andava dalla sinistra clericale islamica, agli occidentalisti, per finire
alla destra pragmatica dello stesso Rafsanjani), è, d’altra parte, anche vero
che il fronte costituito dal futuro presidente Ahmadinejad, “Abadgaran Isargan”
(I sacrificati per la devota causa),
composto da mutilati di guerra, veterani dei fronti, familiari dei caduti nella
guerra Iran Iraq, era praticamente privo di sostegno ufficiale da parte del
regime e si reggeva su libere offerte dei simpatizzanti.
Ahmadinejad a Beirut, ottobre 2010 |
"Certamente sosterremo con fermezza Mahmoud Ahmadinejad, un candidato che rappresenta il simbolo della giustizia e dell'onestà, nelle parole e nelle azioni e che onorerà i nostri doveri nazionali e religiosi, onorerà la millenaria Nazione dell’Iran, i nostri martiri e la nostra storia…". Questo fu il messaggio comune di tali confraternite e di tali sodalizi, pochi giorni prima del ballottaggio.
Appena eletto, Ahmadinejad dichiarerà, riferendosi
ai martiri degli otto anni di guerra contro l’Iraq: “Non devono essere dimenticati. Il loro sangue non deve esser stato
versato invano. Ciò che abbiamo oggi lo dobbiamo al loro sacrificio”.
Eletto sindaco di Tehran (2003) aveva, in precedenza, lanciato la proposta –
lasciata poi cadere per l’opposizione della Guida suprema – di seppellire un
martire in ogni quartiere della capitale. Nei muri dei grattacieli della
capitale iniziavano a comparire i murales rappresentanti i volti malinconici
dei Caduti, con scritte religiose che commemoravano il loro martirio. Iniziava a farsi spazio un evidente
principio di sacralizzazione della tradizione religiosa e politica specificamente
persiana, che era del tutto estraneo al khomeinismo originario.
Cuba: gennaio 2012 |
TRE
DISCORDIE
Alla luce della ormai conclusa presidenza
Ahmadinejad si potrebbe dire, con un possibile tentativo di sguardo sintetico,
che tre elementi opporranno il
grande disegno di Ahmadinejad al “riformismo conservatore” (in tale orizzonte
va inserita la stessa corrente della Guida suprema) degli organismi dominanti del
regime.
1.
Giustizia sociale
L’ex presidente ha, più volte, in recenti
interventi pubblici post-presidenziali, puntato in modo sottile il dito contro
la Guida suprema stessa accusandola, (a) di aver sabotato il suo sforzo
strategico verso le fasce più umili ed indigenti della popolazione iraniana; di
aver esercitato opposizione al Piano di
sostegno popolare varato dal Governo Ahmadinejad (2010), che avrebbe enormemente
ridotto le disuguaglianze sociali; (b) di aver sabotato la sua rimozione dei
ministri corrotti, rimessi purtroppo al ministero dalla Guida suprema stessa, scavalcando
così arbitrariamente la decisione dell’ex presidente; (c) di non aver
appoggiato il piano di nazionalizzazione integrale del petrolio con una equa redistribuzione
dei profitti basata sulla pratica di una avanzata etica sociale solidaristica e
anticapitalistica; (d) di aver infine gonfiato artatamente l’inflazione interna
per emarginare e mettere al muro la fazione Ahmadinejad, di contro l’unica
risorsa interna per la sopravvivenza del regime, visto il consenso di cui
godeva il partito “populista” nazionalista di Ahmadinejad tra la piccola
borghesia iraniana, i rurali e le fasce più umili.
Nonostante tutto questo, la strategia nazionale
“interna” di Ahmadinejad ha concretizzato la più alta politica di incentivi,
per giovani coppie, diseredati, disoccupati, nella storia del regime islamico
grazie al “Fondo per l’Amore dell’imam Reza” istituito per volontà dell’ex
presidente come base di un autentico Stato
sociale persiano, che il regime islamico aveva sempre sabotato.
“La questione principale di Ahmadinejad in politica interna è stata la giustizia. Egli ha sempre cercato di favorire le classi disagiate, attraverso riforme strutturali…Una delle sue politiche più riuscite dal 2005 fu quella delle case popolari…Grazie a ciò, molte famiglie, soprattutto giovani, sono diventate proprietarie di immobili, cosa molto complessa in Iran, dove il sistema bancario non finanzia in modo adatto l’acquisto della casa” [8].
Esiste peraltro un eccezionale documentario,
realizzato da Petr Lom, “Letters to the President”; i più umili, sempre dimenticati, scrivevano al presidente e lui
interveniva direttamente, in prima persona. Dove nessuno era mai andato,
arrivava Ahmadinejad con i suoi. Lì, nella visione del documentario, emerge
l’amore di Ahmadinejad, il presidente “populista”, per la giustizia sociale e
la sua totale dedizione alla causa della Persia più profonda. Lom ci fa vedere,
senza veli, la vita quotidiana di Ahmadinejad presidente; quest’ultimo si
recava, come emerge dal documentario, ma anche da innumerevoli testimonianze
ormai raccolte da diversi ambiti, quotidianamente, in quegli angoli remoti dove
il contadino persiano era stato, da secoli, dimenticato da tutti. Lom tornerà a
trovare questi contadini e questi diseredati dopo che il “complotto di palazzo”
dei khomeinisti ortodossi e dei capitalisti “cinesi” avrebbe estromesso il
presidente dalla vita politica iraniana; pochi, tra loro, trovarono la forza di
rispondere alle domande del
regista cecoslovacco, ma tutti versarono lacrime amare pensando ai momenti
passati insieme con il figlio del fabbro
di Aradan.
2.
La nazione e il Vilayat al-Faqih
L’ex presidente, con la supervisione del suo più
fidato consigliere, Esfandiar Mashaei [9],
ha sviluppato il concetto di “Iran islamico ed universale” in una contrapposizione
di superamento, non di semplice negazione, sia rispetto allo Sciismo internazionalista rivoluzionario del partito nero
khomeinista e del governo islamico, sia rispetto al modernismo occidentalista
del partito “cinese” di Rafsanjani.
Come noto, l’identità iraniana deriva da un lato
dal manicheismo e dallo zoroastrismo dell’epoca pre-islamica e dall’altro
dall’elemento islamico introdotto circa 1.300 anni fa; anche nei primi secoli
dopo l’avvento dell’Islam, vi fu sempre una notevole tensione fra arabi e
persiani: ‘analfabeti ignoranti’ (Ajam) era il termine con cui i persiani identificavano allora gli arabi invasori. Se
nel corso del ‘900, la dinastia Pahlavi ha cercato di ridimensionare il peso dell’Islam e dell’ “arabismo”, accentuando il valore della grande civiltà persiana pre-islamica, arrivando a denominare ufficialmente la Persia
come terra centrale degli Ariani (Iran), [10] il regime islamico cercò invece di cancellare il passato pre-islamico ed enfatizzare
esclusivamente la sostanza sciita ed islamica della storia iraniana. Fu
coltivato anche il progetto di abbattere ogni spoglia visibile dell’antica
civiltà persiana [11]. Ciò finì per avere un impatto
notevole in una Nazione dove la popolazione parla ancora oggi con fierezza di
‘invasione araba’ per eventi che risalgono ad oltre un millennio fa ed utilizza
quotidianamente con orgoglio la lingua persiana, sopravvissuta all’ “imperialismo
arabo”: l’imam Khomeini attaccò anche le festività pre-islamiche, ad esempio il
Nowruz, il capodanno persiano che si celebrava ufficialmente il primo giorno di
primavera, tacciandolo di ‘paganesimo’.
Il Governo Ahmadinejad è stato invece il governo
del nazionalismo persiano e della Pura Tradizione, in tal senso dal 2010 più in continuità con la dinastia Pahlavi
che con il partito nero khomeinista; il Nostro ha reintrodotto in pompa magna
il Nowruz, ha definito “folle ed antipersiano” il giudizio di Khalkhali —giudice
khomeinista ortodosso, sulle presunte origini ebraiche (veramente ardue da mostrare..)
e sulla presunta omosessualità dell’imperatore Ciro—, ha consacrato Persepoli
come autentica capitale spirituale dell’Iran, ha fatto rientrare in patria il
Cilindro di Ciro [12].
Inoltre, l’ex presidente Ahmadinejad, dal 2010, non
prima (elemento da considerare con attenzione), ha riabilitato pubblicamente,
con grave scandalo della cerchia della Guida suprema e del partito modernista
“cinese” di Rafsanjani-Onda Verde [13]
- Rohani, la monarchia Pahlavi come regime popolare patriottico il quale, con
la Rivoluzione Bianca, avrebbe sviluppato, nella seconda metà del Novecento,
una dottrina politica ed economica universale antagonista sia all’Occidente
(capitalista) sia all’Oriente (comunista) [14].
Mossadeq (1882-1967), viceversa, in antitesi al
giudizio comune occidentale, è considerato dalla cerchia nazionalista di
Ahmadinejad, inizialmente un agente britannico, e successivamante un
avventuriero megalomane privo di una coerente strategia nazionale
[15]. Nell’estate 2010 Ahmadinejad
propose la creazione dell’Unione delle Nazioni di lingua persiana (Iran, Afghanistan, Tagikistan). Il suo braccio
destro Mashaei, nello stesso periodo, invitando a Tehran alcuni vecchi iraniani
che vivevano all’estero, tra cui, da quanto trapelò da alcune agenzie, monarchici
vicini al deposto Shah, dichiarò che “la Persia è una grande Nazione, una civiltà con un messaggio universale e aspirazioni di leadership globale”.
La stessa visione del Mahdi – il Redentore finale
degli ultimi giorni – è stata declinata dalla cerchia nazionalista di
Ahmadinejad come tramite del modello universalistico religioso, specificamente
persiano.
Qui c’è la rottura più radicale che si possa
concepire con il pensiero filosofico-politico di derivazione khomeinista.
L’imam Khomeini aveva stabilito che il governo islamico sarebbe stato la
filosofia pratica di tutto il “fiqh” (il diritto islamico) concernente tutti
gli ambiti della vita dell’uomo; il governo avrebbe rappresentato gli aspetti
pratici giurisprudenziali nel confronto con l’intera gamma dei problemi
sociali, politici, militari e culturali. Il “fiqh” sarebbe dunque stata la
scienza totale e autentica che guida l’uomo dalla nascita alla tomba. Partendo
da questo presupposto, l’imam Khomeini esponeva la teoria della formazione,
durante l’occultamento dell’imam del
Tempo, del governo islamico sulla base dell’autorità del giuriconsulto, e
per anni tentò di attuarla. La teoria khomeinista dell’autorità del giuriconsulto
(Vilayat al-Faqih), ebbe come
conseguenza una forte scissione nel mondo giurisprudenziale sciita, sino a
provocare verso la stessa accuse di eterodossia, ma non è ciò che qui
interessa, anche perchè l’imam rispose a queste accuse che per il bene della
comunità islamica era anche possibile rinunciare ad un pilastro della fede come
il viaggio a Medina ed alla Mecca.
Tehran, maggio 2010: Ahmadinejad riceve Lula |
Viceversa, Ahmadinejad non ha mai condiviso
l’interpretazione che i “turbanti” hanno dato del rapporto tra religione e
politica dopo che Khomeini istituzionalizzò il “governo islamico” che assegna,
sotto forma di delega, il potere politico al clero in sostituzione dell’imam
del Tempo. Ahmadinejad ha invece teorizzato che suo compito sarebbe quello di
preparare attivamente il ritorno del Dodicesimo Imam nelle vesti di Mahdi, con
il quale fa capire di essere in contatto. Il reggente politico altro non deve essere,
in tale logica, che “un vicario” (wakil)
dello “spirito del Tempo”.
Tale visione dell’imam del Tempo ha notevoli
implicazioni sul piano politico; prepararne il ritorno significa sia tenere
lontana “l’Oppressione sulla terra”, la corruzione (materialismo,
secolarizzazione relativista, nichilismo), ma anche dare per scontato che l’era
del ritorno sarà contraddistinta da gravi doglie e tribolazioni. Dunque
l’accesso al Sacro invisibile sarebbe adombrato dalla straordinarietà
dell’esperienza e dell’azione più che dalla legittimità istituzionale del clero
khomeinista. Da ciò, come è chiaro, discende la necessità di una differente
organizzazione della comunità, fondata su presupposti gerarchici, di valori e
modelli, contrapposti: rispetto al khomeinismo teocratico [16] ed al riformismo modernista e secolaristico dell’attuale regime
islamico, la pratica di governo neo-tradizionalista di Ahmadinejad, per
ricorrere ad un’analogia con la storia italiana e occidentale, può essere senza
dubbio assimilata alla Repubblica monistica cristiana, “neo-tomistica”, del
Savonarola, anche quella tutta fondata sull’imminenza del ritorno sociale della
giustizia del Cristo che il sacrificio del devoto vicario avrebbe dovuto, con
ogni mezzo, propiziare.
3. Terzomondismo e missione universale dell’Iran
infine, l’ex presidente ha condannato la politica
estera del partito “cinese” in quanto fondata sul permanente sacrificio interno
dei più utili e puri elementi della patria, a vantaggio degli imperialismi
stranieri (fazione Obama statunitense e Russia sugli altri). Nonostante la
crescita del Pil, in Iran sono aumentate in modo impressionante, a causa della
politica estera bellicista dei riformisti “cinesi, le disuguaglianze sociali
mentre il prestigio internazionale persiano sarebbe ai minimi storici, a
vantaggio di un nuovo “fronte islamico” sciita che il Nostro già da anni ha
denunciato come foriero di tragedie ed ingiustizie, e non lineare rispetto alla
tradizione popolare persiana.
Durante la reggenza
Ahmadinejad, il nazionalismo persiano si è espresso con un respiro universale,
attaccando su tutta la linea la tecnocrazia capitalista mondialista,
soprattutto all’interno ma anche all’esterno, laddove ciò gli competeva. Il
Nostro non perdeva occasione per ridicolizzare europei e anglosassoni (es.
Giugno 2006, Aprile 2007) laddove attaccavano l’Iran, ma non per questo
avviando avventure che avrebbero dissanguato le già esangui casse delle più
indigenti famiglie persiane, allargando un gap sociale già rilevante.
Qui si spiega non solo la stretta amicizia con Cuba
e la Corea del Nord ma pure la “illuminata” partnership strategica con il
nazionalismo bolivarista anti-occidentale — Ahmadinejad si recò nel marzo 2013
al funerale di Chavez, il cui caloroso abbraccio alla madre fu oggetto di
scandalo e dure accuse da parte dei “turbanti”, visto che sarebbe proibito ad
un musulmano abbracciare una donna che non sia una familiare [17]. (vedi foto sotto)
Caracas, marzo 2013, Ahmadinejad la madre di Chavez |
Meno noto ma non per questo meno rilevante che
Ahmadinejad, nell’ottica di una politica di buone relazioni con i vicini paesi
arabi, abbia tentato di evitare la fitna con
i sunniti ed in questo quadro la dura critica a Gheddafi che doveva cessare di
“bombardare il suo stesso popolo” [18]
evitato di trascinare l’Iran nel macello siriano chiedendo ad Assad di compiere
le necessarie riforme sociale e politiche e di negoziare con le opposizioni [19], mentre l’attuale regime ha impugnato
senza esitazione la fitna col
sunnismo in nome del miraggio dell’egemonia nel mondo islamico, entrando quindi
con tutti e due i piedi (e lasciando sul terreno perdite ingenti) nel conflitto
siriano; per non parlare dell’Iraq dove in nome della lotta ai takfiri dell’ISIS non ha esitato a
collaborare strettamente col Pentagono, spalleggiando una “pulizia
etnico-religiosa” su larga scala [20].
Tehran, novembre 2006: Ahmadinejad riceve ilpresidente del Parlamento Repubblica Popolare Democratica di Corea |
Per la Guida suprema e il partito “cinese”
dominante, la vita di un libanese, di un iracheno, di un palestinese, di uno yemenita,
di un siriano, sembra invece più importante e di valore di quella di milioni e
milioni di iraniani abbandonati da decenni alla fame ed alla neo-colonizzazione
capitalistica interna. Si è avuta la grande flessibilità, da parte del partito
“cinese” e dei neo-khomeinisti, di sviluppare un piano ormai chiaramente
strategico con una fazione mondialista dell’Occidente, di intavolare relazioni
di più o meno aperta amicizia con Obama, con la grande massoneria francese di Attali-Macron,
con la massoneria di Renzi o di Merkel, ed, oltre la finta retorica, anche con
Israele [21] quando ognuno di
costoro, in un modo o nell’altro, ha sulla coscienza la vita di qualche
migliaio di “mussulmani” (a cui il regime islamico dovrebbe tenere sopra ogni
cosa); ma ci si è allontanati ancora di più, all’interno, dai diritti nel mondo
che la grande Nazione persiana, la più giovane e la più colta nell’universo, a
ragione rivendica ed è certa di possedere.
Si è portata gloria al tavolo dei grandi, da Obama
a Putin, dall’Eni al capitalismo francese, ed anche per questo, si è andati a
togliere le castagne dal fuoco a Assad e agli sciiti di Baghdad, ma mai come
oggi la gran parte della gioventù popolare patriottica persiana, sente e
percepisce questo regime come “ostile”, mai come oggi tale gioventù, che è
intimamente persiana, sente il paese legale “nemico” del paese reale. E non può stupire, di conseguenza, a
tal punto il tono semi-trionfalistico con cui la stessa agenzia di stampa italiana ha dato la notizia, una
settimana fa, della “fine della rivolta” e delle proteste (Ansa, 7 Gennaio
2017); come non dovrebbe, a tal punto, stupire la notizia, data dalla stampa
statunitense, che Soros stesso sia intervenuto per bloccare le fonti ed i siti
internet dello Shah in esilio, Ciro Pahlavi, affinché la fazione neo-monarchica
non si saldi con l’ala nazionalista e “populista” della rivolta, che obbedirebbe
al presidente Ahmadinejad, portando al crollo dell’ormai affidabile regime
“cinese” islamico.
Conclusioni
La Persia fu la prima superpotenza della storia e proprio
per la sua vocazione terzomondista, la dirigenza Ahmadinejad ha avuto come
permanente presupposto una fortissima autostima nazionale. Il modello del
regime islamico, borghese e modernista all’interno, per quanto venga
considerato “antimperialista” all’esterno —occorrerebbe aprire una lunga
disquisizione sulla natura di questo antiamericanismo sub-imperialista che nulla ha più a che vedere con lo spirito
originario impresso al paese dall’imam Khomeini—, e quello di Ahmadinejad sono
chiaramente differenti; anni fa, nel 2009, R. Guolo scrisse una pagina, con la
quale concludo, che ben evidenzia la differente sostanza politica e morale del
progetto “persiano” di Ahmadinejad da quello dominante:
«Rilanciando la retorica rivoluzionaria e la dura polemica nei confronti di Israele e Stati Uniti, il presidente ex pasdaran sembra coltivare l’obiettivo di riproporre l’Iran non tanto come potenza islamica, quanto come potenza nazionale e nazionalista; una potenza che mira a ridefinire l’assetto del mondo. Di questo nuovo corso fa parte anche la rivendicazione del “diritto al nucleare”. (Si noti, però, che tale diritto non doveva concretizzarsi con il semaforo verde di Obama e l’umiliazione di secoli di storia persiana, ndc). Una mobilitazione, quella a difesa del nucleare, che ha anche importanti risvolti interni. In campagna elettorale egli si è rivolto ai mostafazin, puntando l’indice contro la corruzione dilagante e promettendo un nuovo patto sociale fondato su una diversa redistribuzione del reddito e su massicci investimenti finanziati con i proventi delle esportazioni di petrolio e gas. Per realizzare questi obiettivi, che tante attese hanno suscitato tra i “diseredati”, Ahmadinejad crede che i crescenti consumi energetici interni debbano essere sostenuti dal nucleare e non dai profitti derivanti dall’esportazione di oro nero. (…) Le ambizioni di potenza nazionale dell’Iran e il patto sociale con i “diseredati” spingono da un lato Ahmadinejad alla mobilitazione contro il Nemico, dall’altro ad adottare populistiche misure di redistribuzione del reddito destinate a ottenere il consenso dei meno abbienti. Di tale progetto si alimenta il partito dei militari e dei nazionalisti di Ahmadinejad». [22]
L’arresto o l’eventuale persecuzione di Ahmadinejad
o dei suoi a poco porterà. La missione persiana, nel caso, non potrà che esser
raccolta da altre mani, altrettanto devote e pure e, finalmente, l’Iran, oltre
guerriglie settarie intestine tribali o regionali, potrà lottare per avere uno
spazio centrale nell’universo e portare pace ed amore tra i popoli del mondo,
illuminando di sostanza spirituale il nuovo universalismo, antitetico al
globalismo nichilista della tecnocrazia imperialista e massonica.
Come disse il presidente Ahmadinejad in sede Onu
nel settembre 2012, in un discorso vibrante che intrecciava un umanesimo integrale
sul piano etico con antimperialismo radicale su quello politico:
“A noi
persiani, per il bene dell’umanità, compete una funzione di leadership globale:
solo in Iran vive contemporaneamente lo spirito di Zarathustra, di Gesù e del
Mahdi”. [23]
* Fonte: Campo Antimperialista
NOTE
[1] M.
Ahmadinejad, Tehran Dicembre 2006, Elezioni municipali, presentazione della
Lista Ahmadinejad, “Il buon profumo del
servire”.
[2] “Khalamate
Qesar”, p. 127
[3] Scrive
V. Strika, “La guerra Iran Iraq”, Liguori editore 1993, p. 92, che “lungi dall’aderire
alle aspettative di Tehran gli sciiti iracheni, …tutti arabi, si mantennero
fedeli al governo, trasformando il conflitto da religioso, come avrebbe voluto
Tehran,…. in una questione
nazionale tra arabi e persiani, nel quale fu dato ampio spazio ai fatti del
passato”.
[4] Cfr. Y.C. Bonaud, “L’Imam Khomeini. Uno
gnostico sconosciuto del XX secolo”, Il Cerchio 2010
[5] L’occupazione
anglo-sovietica del 1941 non è mai stata dimenticata dai nazionalisti persiani;
brutali e ingiustificati furono i bombardamenti sui civili, particolarmente
quelli sovietici, ma anche quelli anglosassoni. Solo il presidente Ahmadinejad,
negli anni del regime islamico, durante colloqui pubblici con Putin e Medvedev,
ha rivendicato legittime riparazioni per il popolo di Persia e la doverosa
restituzioni di territori contesi. L’imam Khomeini, che scrisse come noto una
lettera a Gorbachev, talmente preso dalla volontà di convertirlo, non notò
nemmeno, nel corso della dotta dissertazione, questa grave ingiustizia russa
verso i diritti e il naturale territorio, violato, della Nazione iraniana.
Parecchie fonti, incluso l’allora ufficiale della sicurezza Hajjarian,
riferiscono che Ahmadinejad credeva che, “per motivi di nazionalismo persiano”,
dovesse essere presa d’assalto l’ambasciata sovietica, non quella americana.
Ahmadinejad credeva che – alla luce della storia persiana – “il grande Satana
fossero soprattutto l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna, poi gli Stati Uniti,
ma in seconda posizione”, riferisce Hajjarian. L’altro leader studentesco che,
come Ahmadinejad, si oppose all’occupazione dell’ambasciata statunitense nella
riunione in cui l’impresa fu progettata, in quanto avrebbe imposto nell’agenda
del governo, in linea definitiva e irriducibile, la linea di un Islam internazionale
su quello nazionale persiano, fu Mahammad Ali Seyyedinejad. Quanto al fatto che
Ahmadinejad fosse favorevole all’occupazione dell’ambasciata sovietica,
Seyyedinejad precisò: “Bisogna avere a mente che Ahmadinejad era all’università
Elm-o-Sanat, fortemente nazionalista, dunque avversa alla sinistra e per motivi
storici iraniani accesamente antisovietica ed antianglosassone”; Cfr. M.
Bowden, “Guests of Ayatollah. The Iran Hostage Crisis”, Paperback 2007, pp. 10
e ss.
[6] La
differenza dialettica tra una ala “nera” ed una “rossa” dell’islam
rivoluzionario nasce attorno alla visione islamica-radicale di Alì Shariati
(1933-1977), intellettuale della rivoluzione sociale e del classismo
nell’utopia islamica. Se il partito nero, khomeinista ortodosso, utilizzerà
certamente talune categorie dello Shariati ma stravolgendole a vantaggio del
neoplatonismo islamico e dello gnosticismo politico khomeinista, il partito
nazionalista grande-persiano di Ahmadinejad e Esfandiar Mashaei presenta
effettivamente talune impostazioni mutuate dalla visione di Shariati, ma
l’occidentalismo marxista di fondo di una consistente fazione dell’Islam rosso,
come il progressismo escatologico, è assai lontano dall’Ahmadinejad pensiero,
che ha definito in più casi il marxismo occidentale una forma di “nichilismo”
come il relativismo e la tecnocrazia scientista ed ha sempre espresso giudizi
negativi sul ruolo del partito comunista iraniano, il Tudeh, nella storia del
Paese; Cfr. M. Emiliani, M. Ranuzzi, E. Atzori, “Nel nome di Omar”, Odoya 2008,
pp. 205 e ss.
[7] Gli studenti
nazionalisti “grande-persiani”, raccogliendosi attorno alla proposta di
Ahmadinejad, puntavano all’occupazione dell’ambasciata sovietica o di quella
britannica poichè ciò avrebbe rappresentato una volontà di continuità nazionale
e popolare con la storia iraniana del ‘900 ed un chiaro messaggio al mondo,
indicante il fatto che la rivoluzione persiana superava in patriottismo il
regime monarchico decaduto. La linea dei compagni d’università di Ahmadinejad
dell’OCU (“Ufficio di Consolidamento dell’Unità”) avrebbe invece imposto la
linea islamica, non persiana, con l’occupazione dell’ambasciata americana,
peraltro anche in omaggio ad una logica meramente interna, ossia sotto
l’ispirazione della volontà di far figurare gli studenti islamici non meno
anti-imperialisti della sinistra rivoluzionaria; Cfr. K. Naji, “Ahmadinejad.
Storia segreta del leader fondamentalista”, EC 2009, p. 46; peraltro già
allora, nella visione di Ahmadinejad, il pericolo, per il popolo persiano, non
era rappresentato tanto dal “materialismo comunista” che difficilmente avrebbe
attecchito in Iran, quanto dalla possibilità che il popolo avesse obliato la
sacra Tradizione primordiale, “il fuoco delle origini…” (Ibidem), che doveva
invece esser trasmesso alle future generazioni.
[8] (S.
Hekmat, Ali Reza Jalali, “Giustizia e spiritualità. Il pensiero politico di
Ahmadinejad”, Anteo 2013, p. 81).
[9] La
centrale controversia tra la visione di Mashaei, consuocero di Ahmadinejad, e
la concezione giuridico-politica dei vertici della Repubblica islamica ha
riguardato soprattutto la concezione dell’Imam occulto o Mahdi in connessione
al ruolo salvifico universale della Nazione persiana. L’ “ideologia persiana” e
nazionalista del Mashaei, fondatore della “Nuova scuola iraniana”, è stata
accusata di “eresia” da parte dei vertici giuridici e politici del regime
islamico. In più casi, Ahmadinejad ha detto che, nella sua vita, è “stato uno dei più grandi favori di Dio poter
conoscere Rahim Mashaei…Rahmin è come una pura fonte d’acqua. Uno dei motivi
per cui mi piace è che quando ti siedi con lui e parli, non c’è distanza con
lui, è come uno specchio trasparente, purtroppo molti non lo conoscono e lo
giudicano…”; Cfr. “Alef”, 11 aprile 2010; Mashaei inoltre avrebbe apertamente
dichiarato che l’era dell’Islam e dell’ “islamismo di stato” sarebbe finita e,
al suo posto, starebbe prendendo piede l’era della “luce persiana”, dello spirito
di Gesù e Zoroastro che soppianterà l’idolatria tecno-scientifica
dell’Occidente; Cfr. “Alef”, 17 febbraio 2013 o “Alef” 11 novembre 2012.
[10] Nel 1976 Mohammed Reza Shah celebrò i 2500 anni della Monarchia
persiana in una città-tenda appositamente eretta fuori Persepoli, la capitale
dell’antica Persia; al calendario in uso fu sovrapposto quello di Ciro, il Re
“solare” della tradizione persiana.
[11] Il khomeinismo, peraltro, fu una sorta di settarismo
eterodosso che si impose, grazie al genio carismatico e profetico dell’imam
Khomeini, nella storia contemporanea della Shia; per quanto il paragone sia
chiaramente forzato e poco rispondente, l’impatto dello gnosticismo khomeinista
nella storia del Vicino oriente potrebbe essere accostato a quello
dell’ascetismo teocratico, calvinista puritano, del Cromwell nella storia
politica occidentale.
[12] Cfr. N.
Baheli,“In Iran è scontro tra Ahmadinejad e Khamenei”, in “Limes” 2010.
Vedi sulla vicenda quanto dichiarò Ahmadinejad il 29
settembre del 2010 al Museo nazionale di tehran:
“A proposito del Cilindro di Ciro lasciate
che vi racconti la storia: 2500 anni fa c’era dittatura in Iraq che
imprigionava la gente, la mutilava, la torturava….La religione di questa gente
è quella divina di Mosè. I discepoli di questa fede erano una minoranza e
questa minoranza fu incarcerata dalla dittatura apostata. Erano sul punto di
esser sterminati. Arrivo il nostro Re e rimpiazzò questa dittatura con un
regime giusto. Il suo nome era Ciro. Lui era Persiano. Il popolo Oppresso di Babilonia
richiedeva il suo aiuto. Gli dissero: predichi la Buona Religione e la Giustizia:
vieni ad aiutarci allora. Il dittatore non si fa pregare. Interviene. Ciro ha
liberato Babilonia, ha liberato la gente oppressa….Non ha torto un capello a
nessuno, non ha fatto violenza. Che differenza con i liberatori inglesi! Che
differenza con i satrapi delle democrazie occidentali europee! Noi Persiani,
discendenti di Ciro, il Re dei Re, promulgammo allora la Dichiarazione dei veri
Diritti Umani, non i diritti atei e nichilisti del falso uomo dell’Occidente
odierno! Il Cilindro di Ciro è un incoraggiamento a lottare contro la Tenebra,
l’Oppressione, il Nichilismo”.
[13] L’Onda Verde fu un movimento
riformista di ispirazione effettivamente liberal-borghese, materialista ed
occidentalista, ispirato dal partito “cinese” di Rafsanjani; Cfr. N. Baheli, “Rafsanjani
ha perso il posto”, in “Limes” 2011; “Alef” 23 aprile 2010.
[14] S. Shaidsaless, The rise of nationalist fervour
in Iran, in “Middle East Eye”, 7/2016.
[15]
Al riguardo, si consulti anche S. Beltrame, Mossadeq, Rubbettino 2009, pp.
149-175)
[16]
Un teocraticismo che con una forzatura storica, può essere accostato a quello
del Cromwell,
[17] https://www.youtube.com/watch?v=0AYHG8G3Dzw
[18] Vedi
il discorso ufficiale del febbraio 2011http://tv.liberoquotidiano.it/video/libero-tv-copertina/1545134/ahmadinejad-contro-gheddafi.html
[19] Vedi
il discorso solenne di Ahamadinejad alla riunione dell’Organizzazione per la
Cooperazione Islamica, svoltasi in Egitto nel febbraio 2013. http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/9856045/Irans-Mahmoud-Ahmadinejad-urges-Syria-to-negotiate-with-opposition.html
[20] https://www.nytimes.com/2017/10/18/world/middleeast/iraq-kurds-kirkuk-iran.html
[21] “Iran e Israele sfruttano insieme
l’oleodotto Eilat Ashkelon” 3.01.2018, in http://www.voltairenet.org/article199270.html
[22] Renzo Guolo. La via dell'Imam. L'Iran da Khomeini e Ahmadinejad
[22] Renzo Guolo. La via dell'Imam. L'Iran da Khomeini e Ahmadinejad
[23] https://www.youtube.com/watch?v=RKaBayz0r2I
7 commenti:
Convincente dettagliato articolo specializzato. Magari avesse l'Italia uno cosi come l'ex presidente iraniano
Molto molto interessante tutto lo scritto, continua del resto la rivolta, qui non se parla più e che non sia il complotto della Cia che si crede è un fatto che in Iran la chiamano la "ribellione dei senza scarpe", milioni di barboni e gente senza casa, come si può difendere uno stato così?
Articolo interessantissimo e ben documentato (a parte l’incomprensibile condanna dell’intervento in Siria, senza il quale avrebbe l’isis alle porte di casa). Non è la prima volta che sento abbinare Sciismo e gnosticismo, evidentemente le radici del Mazdeismo e del Manicheismo non sono scomparse dopo secoli.
Due Domande
1) L'autore dell'articolo, con cui mi complimento, è iraniano? E' veramente dettagliato e ben fatto.
2) Mi sfugge solo il paragone storico e religioso Savonarola Ahmadinejad. Comprendo invece quello tra Khomeini e i puritani militanti britannici. E' possibile avere deluicidazioni invece sul primo di cui parla l'autore? ed anche se è vero questo paragone, non è esatto quello tra gnosticismo e nazionalismo persiano di Ahmadinejad.
Ringrazio anticipatamente.
Ringrazio il lettore per l'attenzione e le belle parole di incitamento.
Riguardo il nesso teorico-politico, la questione è ardua e complessa, cerco perciò di semplificarla in tre punti.
1) Savonarola era il "vicario" del Cristo in terra, scrisse al riguardo una canzone per la Confraternita della Purificazione - i bambini ed adolescenti, che, rigorosamente vestiti di bianco, attaccavano i costumi modernisti e neo-pagani infiltratisti nel Cristianesimo cattolico-, che tra le altre parole, diceva: "Viva Cristo Re di Firenze che splende in nostro core...Viva Cristo Re duce e signore di Firenze...Serviamo il suo santo vicario guida di Firenze...", Ahmadinejad si è rappresentato come il "wakil", il vicario-luogotenente del Mahdi. I seguaci di Savonarola spesso chiamarono la nuova sala del Consiglio grande "la sala del Cristo" e parlavano comunemente di Firenza come della Città della nuova libertà e della nuova rivelazione del Cristo; il capo politico iraniano, appena eletto presidente definì, l'Iran la nazione della nuova rivelazione universale e il parlamento iraniano un luogo da purificare per appromissare l'avvento del Mahdi che sconfiggerà l'anticristo. Sia Savonarola sia Ahmadinejad entrano in conflitto con la gerarchia ecclesiastica in quanto "paganizzata" (certo, va anche onestamente detto che la Guida suprema Khamenei non è comunque papa Borgia...).
2) Dietro al successo profetico-politico del Savonarola vi fu la sensazione forte, almeno per il suo esercito di seguaci e militanti, che avesse portato Firenze al centro dell'universo cristiano. Il Cristo aveva scelto Firenze, per un destino straordinario. I fiorentini rappresentavano in quell'eccezionale momento storico il fulcro di tutto l'universo, in quanto l'universo, secondo quanto pensava il frate, esiste per gli eletti di Dio. La grande missione di purificare e rinnovare la chiesa, era quindi, per il frate, quella di Firenze repubblicana e popolare; la città toscana avrebbe dovuto svolgere la funzione capitale da cui sferrare una guerra santa contro corrotti,"tiepidi", malvagi, pagani, turchi, ebrei, modernizzatori, usurai e tutti gli infedeli. Questa capitale toscana, tuttavia, doveva essere una autentica di Cristo, un vero Katekon e mostrare una virtù così grande che nessun'altra città potesse nemmeno pensare di competere con essa. Savonarola giustificava e teorizzava, del resto, l'imperialismo territoriale fiorentino. Non le sembra il programma nazionalista grande-persiano del presidente Ahmadinejad?
3) Sono d'accordo con lei; il programma politico di Ahmadinejad fondato sull'imminenza dell'avvento del Mahdi di fronte all'imperversare del nichilismo anticristiano e laicista non è tanto gnostico quanto escatologico e realmente cristiano, ben più che islamico o gnostico-sciita. non si comprenderebbe altrimenti l'apertà ostilità manifestata dal clero sciita verso questo figlio del popolo persiano; non si comprenderebbe il riferimento al Mahdi e a Gesù (altrimenti assurdo e fuori luogo...) durante il funerale di Chavez, a Caracas. Ha ben compreso l'articolo, se questo intendeva, come mi pare.
Il riferimento a Savonarola, proprio per la sostanza intimamente cristiana del messaggio persiano della linea Ahmadinejad, mi pareva perciò obbligato.
Grazie ancora
Salve, devo dire che questo saggio è davvero eccezionale, una lettura estremamente utile su cui è bene riflettere profondamente. Detto questo, avrei bisogno d'una spiegazione e mi spiego. C'è questa parte dell'articolo (sono soltanto poche righe) che mi hanno lasciato un po' perplesso:
''Inoltre, l’ex presidente Ahmadinejad, dal 2010, non prima (elemento da considerare con attenzione), ha riabilitato pubblicamente, con grave scandalo della cerchia della Guida suprema e del partito modernista “cinese” di Rafsanjani-Onda Verde [13] - Rohani, la monarchia Pahlavi come regime popolare patriottico il quale, con la Rivoluzione Bianca, avrebbe sviluppato, nella seconda metà del Novecento, una dottrina politica ed economica universale antagonista sia all’Occidente (capitalista) sia all’Oriente (comunista)''
La mia domanda è questa: in che modo il rivoluzionario Ahmadinejad è riuscito a tenere insieme la rivalutazione della monarchia dei Pahlevi con l'adesione alla Rivoluzione antimperialista del 1979? Le due cose sembrano in forte contraddizione, dato che la Rivoluzione avrebbe rovesciato un ''regime popolare e patriottico''?
Chiarito ciò è possibile avere qualche informazione in più sulla critica dell'ex presidente al Tudeh? Vi ringrazio, in anticipo, per la cortese attenzione.
Grazie delle belle parole.
Purtroppo in Occidente hanno prevalso sempre schemi fasulli e fuorvianti su Ahmadinejad dal 2005. Si pensi che Alberto Negri, che viene accreditato come uno specialista, ha sempre dato per certa l'appartenenza dell'ex presidente a una "società segreta" di cui mai ha fatto parte.
La rivalutazione della monarchia dello Shah rientra in una logica nazionalista e complottista tipicamente iraniana: lo Shah aveva costruito l'Iran moderno come più grande potenza mediorientale, in molti settori strategici aveva superato Israele, aveva saputo integrare mazdeismo e shia (obbiettivo fallito dell'ultimo esecutivo Ahmadinejad), stava tentando una rivoluzione bianca anticapitalista e anticomunista, principi politici nei quali l'ex presidente si riconosceva. Qui arriva il complottismo della cerchia nazionalista di Ahmadinejad: l'Iran aveva buoni rapporti con Russia e Cina, aveva alzato il prezzo del petrolio dal '73 contro l'Occidente (fu oggettivamente decisione Nazionalista dello Shah Pahlavi quella portandosi dietro tutti i paesi arabi), non andava però d'accordo (affatto)con i sionisti e con settori liberal Usa (CFR e Trilateral, Brzezinski). Qui, secondo il consuocero di Ahmadinejad, il Tudeh giocò un ruolo sporco e antipersiano, alleandosi con la borghesia dei bazar, che iniziò la rivolta spinta, secondo la tesi grandepersiana, da agenti MOSSAD e dai giudei di Tehran contro la volontà di russi sovietici ormai alleati dello Shah: obiettivo era portare il Tudeh al potere soprattutto contro Mosca. Rahmin Mashaei nella sua ricerca porta a prova di questo fatto documenti dove si mostra che l'ambasciata sovietica di Tehran non si fidava del Tudeh, li considerava elementi pericolosi, non voleva il crollo del regime Monarchico bianco, causato originariamente dalla Borghesia filokhomeinista del bazar e dal Tudeh. C'era un contratto energetico ultramilionario russoiraniano da lì a 40 anni, stavano arrivando ingegneri e lavoratori sovietici qui in Iran, rapporti strategici che aveva bruciato Usa e Israele.Arrivò comunque l'uomo del destino, imam Khomeini che impedì la saldatura tra borghesia mercantile e Tudeh e spostò la borghesia su posizioni nere, non del tutto coincidenti con il Nazionalismo grandepersiano terzaforzista dell'universitario Ahmadinejad. E' molto complesso il quadro, tipicamente iraniano, arrivò la guerra afgano sovietica e arrivararono volontari iraniani anche là, poi la guerra iranoiraqena ridisegnò ancora il quadro. In Italia parlò solo il FOGLIO di questa Conferenza storica di Ahmadinejad in corrispondenza del rientro del Cilindro di Ciro in Iran, ma facendo confusione, sosteneva che aveva abbandonato con ciò il concetto del Mahdi, invece nulla di più falso.
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