[ 12 dicembre 2017 ]
Alle porte di importanti elezioni il rischio è che la questione delle questioni, ovvero l'euro e la gabbia dell'Unione europea, venga fatta sparire dal dibattito pubblico, trasformando la contesa politica in un chiacchiericcio tra europeisti e diversamente europeisti.
Ma gli italiani vogliono tenersi l'euro o sbarazzarsene? Quanti sono i cittadini che vorrebbero uscire dall'Unione europea? E a quali aree politiche appartengono?
«Cade la fiducia nell’Unione Europea ma prevale ancora il sì all’euro. L’«exit» vince tra chi vota centrodestra e Cinque Stelle.
Il rapporto con l’Europa sta diventando uno dei principali argomenti del dibattito politico. È un tema molto cavalcato per accrescere il consenso nell’elettorato, facendo leva sul progressivo calo di popolarità dell’Unione tra i cittadini.
Oggi, infatti, la maggioranza assoluta (59%) dichiara di non avere fiducia nell’Ue mentre solamente un italiano su tre (36%) manifesta un’opinione positiva. Dal 2008 l’indice di fiducia si è dimezzato, passando da 75 a 38. Analizzando la serie storica dei dati si osservano due momenti in cui il calo è risultato particolarmente brusco: nel 2002, dopo l’introduzione della moneta unica e la disillusione rispetto all’attesa di un miglioramento delle condizioni di vita, e nel 2012, dopo la prima crisi greca e l’affermarsi di un’Europa considerata poco indulgente nei confronti degli stati membri in difficoltà.
La fiducia prevale soprattutto tra gli elettori del Pd (77%) mentre gli atteggiamenti negativi sono largamente diffusi tra quelli di Forza Italia (77%), del M5S (75%) e, soprattutto, della Lega (89%).
Il clima mutato
Nel volgere di tre lustri l’opinione pubblica è passata dall’entusiasmo allo scetticismo per l’Europa. Prima si guardava ad essa come fattore di modernizzazione dell’Italia e la fiducia elevata rappresentava spesso un riflesso della sfiducia per la politica e le istituzioni italiane. Negli ultimi tempi le opinioni si sono rovesciate: laddove il vincolo esterno era considerato un’opportunità di cambiamento per il nostro Paese oggi è vissuto come un limite, un freno alla crescita imposto da un’Europa considerata arcigna, tecnocratica e sempre più distante dalla vita dei cittadini e dai loro bisogni.
I più recenti dati dell’Eurobarometro offrono molti spunti di riflessione sulle cause dell’appannamento dell’immagine dell’Europa, a partire dal senso di esclusione dei cittadini: solo il 21% degli italiani ritiene che la propria voce sia ascoltata in Europa, collocando l’Italia al 25° posto tra i 29 paesi in cui viene realizzata l’indagine.
La netta sfiducia manifestata dagli italiani non significa tuttavia la volontà di uscita dall’Unione Europea o l’abbandono dell’euro: infatti un cittadino su due (49%) considera l’ipotesi di «Italexit» uno svantaggio, mentre il 36% si mostra non particolarmente preoccupato, anzi, intravede possibili vantaggi.
Nonostante l’articolo 75 della nostra Costituzione precluda la possibilità di indire un referendum per abrogare leggi di ratifica di trattati internazionali, nel sondaggio odierno abbiamo voluto verificare gli orientamenti di voto nel caso di una consultazione sulla moneta unica e la nostra permanenza nell’Unione.
In entrambi i casi prevale il mantenimento dello status quo: il 41% voterebbe per conservare l’euro (mentre il 33% vorrebbe tornare alla lira) e il 49% opterebbe per restare nell’Ue (contro il 25% che preferirebbe uscire).
Gli orientamenti
Le opinioni sono fortemente influenzate dall’orientamento politico: infatti solo gli elettori del Pd e i centristi si mostrano eurofili, mentre a favore dello «strappo» risultano in misura molto netta i leghisti e i pentastellati e in misura più contenuta gli elettori di Forza Italia.
Ciò spiega il crescente innalzamento dei toni contro i leader e le istituzioni europee da parte degli esponenti dei partiti di opposizione, alcuni dei quali sono stati definiti «sovranisti»: attaccare l’Europa rende molto, compatta l’elettorato e consente di individuare un bersaglio comune su cui riversare l’insoddisfazione per le condizioni economiche e occupazionali in cui versa il nostro Paese e le responsabilità della gestione dei flussi migratori. Per costoro da tempo si è rotto un tabù e l’uscita dall’Europa non rappresenta motivo di preoccupazione, probabilmente anche a causa delle conseguenze meno drammatiche del previsto subite dalla Gran Bretagna a seguito della Brexit.
Dunque la maggioranza degli italiani è insoddisfatta ma non vede vie d’uscita e si mostra rassegnata ad una sorta di appartenenza «forzata»: insomma, in Europa non possiamo non esserci se vogliamo evitare il peggio.
Il peso degli indecisi
Ma una convivenza priva di entusiasmo rischia di non durare a lungo e, a questo proposito, non va sottovalutata la quota di cittadini (il 26%, circa 12,5 milioni) che oggi sta alla finestra e tra la permanenza e l’uscita sceglie di non scegliere. E il silenzio generalizzato nel dibattito pubblico sul significato dell’Europa e le ragioni della nostra appartenenza, a poco più di un mese dal 60° anniversario dei Trattati di Roma, non contribuisce a cambiare le opinioni».
Alle porte di importanti elezioni il rischio è che la questione delle questioni, ovvero l'euro e la gabbia dell'Unione europea, venga fatta sparire dal dibattito pubblico, trasformando la contesa politica in un chiacchiericcio tra europeisti e diversamente europeisti.
Ma gli italiani vogliono tenersi l'euro o sbarazzarsene? Quanti sono i cittadini che vorrebbero uscire dall'Unione europea? E a quali aree politiche appartengono?
Stiamo ai sondaggi più seri.
Ce ne fu uno elaborato da Alessandro Amadori, Università Cattolica e vice-presidente di Istituto Piepoli e datato 2016, il quale diceva che in un eventuale referendum in stile Brexit, il 40% degli italiani avrebbe votato per l'Italexit.
L'ultimo sondaggio autorevole è quello elaborato nel febbraio scorso da Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera, che pubblichiamo qui sotto. Ebbene, solo il 38 % ha ancora fiducia nell'Unione europea mentre il 36% sostiene che l'uscita dall'euro sarebbe un vantaggio.
Visto che sia la Lega salviniana che i Cinque Stelle han deciso di derubricare la rottura della Ue, sorge la domanda: chi, in vista delle elezioni, darà voce a più di un terzo di italiani eurocritici?
Italiani e Ue, amore in crisi
di Nando Pagnoncelli
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«Cade la fiducia nell’Unione Europea ma prevale ancora il sì all’euro. L’«exit» vince tra chi vota centrodestra e Cinque Stelle.
Il rapporto con l’Europa sta diventando uno dei principali argomenti del dibattito politico. È un tema molto cavalcato per accrescere il consenso nell’elettorato, facendo leva sul progressivo calo di popolarità dell’Unione tra i cittadini.
Oggi, infatti, la maggioranza assoluta (59%) dichiara di non avere fiducia nell’Ue mentre solamente un italiano su tre (36%) manifesta un’opinione positiva. Dal 2008 l’indice di fiducia si è dimezzato, passando da 75 a 38. Analizzando la serie storica dei dati si osservano due momenti in cui il calo è risultato particolarmente brusco: nel 2002, dopo l’introduzione della moneta unica e la disillusione rispetto all’attesa di un miglioramento delle condizioni di vita, e nel 2012, dopo la prima crisi greca e l’affermarsi di un’Europa considerata poco indulgente nei confronti degli stati membri in difficoltà.
La fiducia prevale soprattutto tra gli elettori del Pd (77%) mentre gli atteggiamenti negativi sono largamente diffusi tra quelli di Forza Italia (77%), del M5S (75%) e, soprattutto, della Lega (89%).
Il clima mutato
Nel volgere di tre lustri l’opinione pubblica è passata dall’entusiasmo allo scetticismo per l’Europa. Prima si guardava ad essa come fattore di modernizzazione dell’Italia e la fiducia elevata rappresentava spesso un riflesso della sfiducia per la politica e le istituzioni italiane. Negli ultimi tempi le opinioni si sono rovesciate: laddove il vincolo esterno era considerato un’opportunità di cambiamento per il nostro Paese oggi è vissuto come un limite, un freno alla crescita imposto da un’Europa considerata arcigna, tecnocratica e sempre più distante dalla vita dei cittadini e dai loro bisogni.
I più recenti dati dell’Eurobarometro offrono molti spunti di riflessione sulle cause dell’appannamento dell’immagine dell’Europa, a partire dal senso di esclusione dei cittadini: solo il 21% degli italiani ritiene che la propria voce sia ascoltata in Europa, collocando l’Italia al 25° posto tra i 29 paesi in cui viene realizzata l’indagine.
La netta sfiducia manifestata dagli italiani non significa tuttavia la volontà di uscita dall’Unione Europea o l’abbandono dell’euro: infatti un cittadino su due (49%) considera l’ipotesi di «Italexit» uno svantaggio, mentre il 36% si mostra non particolarmente preoccupato, anzi, intravede possibili vantaggi.
Nonostante l’articolo 75 della nostra Costituzione precluda la possibilità di indire un referendum per abrogare leggi di ratifica di trattati internazionali, nel sondaggio odierno abbiamo voluto verificare gli orientamenti di voto nel caso di una consultazione sulla moneta unica e la nostra permanenza nell’Unione.
In entrambi i casi prevale il mantenimento dello status quo: il 41% voterebbe per conservare l’euro (mentre il 33% vorrebbe tornare alla lira) e il 49% opterebbe per restare nell’Ue (contro il 25% che preferirebbe uscire).
Gli orientamenti
Le opinioni sono fortemente influenzate dall’orientamento politico: infatti solo gli elettori del Pd e i centristi si mostrano eurofili, mentre a favore dello «strappo» risultano in misura molto netta i leghisti e i pentastellati e in misura più contenuta gli elettori di Forza Italia.
Ciò spiega il crescente innalzamento dei toni contro i leader e le istituzioni europee da parte degli esponenti dei partiti di opposizione, alcuni dei quali sono stati definiti «sovranisti»: attaccare l’Europa rende molto, compatta l’elettorato e consente di individuare un bersaglio comune su cui riversare l’insoddisfazione per le condizioni economiche e occupazionali in cui versa il nostro Paese e le responsabilità della gestione dei flussi migratori. Per costoro da tempo si è rotto un tabù e l’uscita dall’Europa non rappresenta motivo di preoccupazione, probabilmente anche a causa delle conseguenze meno drammatiche del previsto subite dalla Gran Bretagna a seguito della Brexit.
Dunque la maggioranza degli italiani è insoddisfatta ma non vede vie d’uscita e si mostra rassegnata ad una sorta di appartenenza «forzata»: insomma, in Europa non possiamo non esserci se vogliamo evitare il peggio.
Il peso degli indecisi
Ma una convivenza priva di entusiasmo rischia di non durare a lungo e, a questo proposito, non va sottovalutata la quota di cittadini (il 26%, circa 12,5 milioni) che oggi sta alla finestra e tra la permanenza e l’uscita sceglie di non scegliere. E il silenzio generalizzato nel dibattito pubblico sul significato dell’Europa e le ragioni della nostra appartenenza, a poco più di un mese dal 60° anniversario dei Trattati di Roma, non contribuisce a cambiare le opinioni».
* Fonte: CORRIERE DELLA SERA del 12 febbraio 2017
2 commenti:
Cito
“il rischio è che la questione delle questioni, ovvero l'euro e la gabbia dell'Unione europe“
Non è la questione delle questioni, lo credete voi, per questo siete da molto tempo completamente fuori dai giochi e per questo il fronte anti euro dopo ormai dieci anni dall'inizio della crisi non si è mai creato.
Lo dico da anti euro, esistono situazioni da affrontare in maniera diretta e altre in maniera indiretta, arrivandoci per gradi in momenti successivi.
Non avete visione strategica e mancate di elasticità.
Caro Anonimo
1°) comincia ad avere un minimo di coraggio e firma i tuoi discutibili post con il nome. Anzi colgo l’occasione per proporre alla redazione di “Sollevazione” di togliere la possibilità di scrivere sul blog in forma anonima.
2°) L'Europa e l'Euro, per come sono state congegnati, sono la più colossale truffa del secolo in grave danno di tutti i popoli europei e in particolare quelli Eurozona (con la perdita della sovranità monetaria) e a grande vantaggio delle élite finanziarie.
3°) In una situazione del genere ce la prendiamo comoda? Magari ne riparliamo tra 50 anni?
4°) Se la linea anti euro non ha ancora sfondato, come sarebbe logico, e la gente non è scesa in piazza con i forconi è soltanto perché queste élite sono talmente potenti da controllare tutta l'informazione. Per cui vengono dette le menzogne e le balle più colossali spacciandole per situazione positive: che è un bene che la BCE e le banche emettano moneta, che è un male che gli Stati gestiscano la moneta, che Draghi è un salvatore della patria (mentre invece con il QE ha dato centinaia di miliardi soltanto alle banche), che il debito pubblico è una cosa terribile (mentre sarebbe la salvezza degli Stati e dei popoli), che la precarietà va bene, che bisogna andare in pensione a 70 anni, ecc. ecc. Accanto a ciò c’è l’inadeguatezza dei leader politici, tutti allineati coi potenti, che per la visibilità che hanno potrebbero fare molto, ma non lo fanno (tranne un paio di casi sporadicamente).
Quindi, caro Anonimo, se sei veramente anti euro (e non filo élite) inizia a darti da fare e fai informazione con tutti quelli che conosci.
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