[ 6 dicembre 2017 ]
I nostri lettori hanno oramai dimestichezza sia con Carlo Formenti che con Manolo Monereo [nella foto]. Due pensatori e militanti che stimiamo assai. È appena uscito anche in Spagna uno dei lavori più importanti di Formenti, LA VARIANTE POPULISTA. Ne demmo appunto contezza, libro fresco di stampa, nell'ottobre 2016.
Qui sotto la presentazione di Monereo.
«Non è un fantasma, è qualcosa di più materiale, più molecolare, più coerente: l'emergere di una sinistra sovranista. Intendiamoci una sinistra che cerca di riconciliare l'emancipazione sociale, la sovranità popolare e la ricostruzione di uno stato democratico avanzato. Il tornare a conciliare ha a che fare con l'inversione della rotta che negli ultimi trenta anni ha opposto questi valori alla sinistra realmente esistente, considerandoli come reliquie di un passato che non tornerà, o peggio, gli ostacoli da superare per confrontarsi alle sfide di questa tarda modernità.
Lo viviamo ogni giorno, a volte, come qui e ora in Spagna, drammaticamente. In primo luogo, notiamo con grande allarme il risveglio di vecchi e nuovi nazionalismi e la tendenza in diversi Stati alla frammentazione ed alla rottura territoriale; in secondo luogo, si difende con veemenza la globalizzazione e la sua specifica modalità di concretizzarsi nel nostro continente, l'Unione europea, sempre intesa come qualcosa di irreversibile e inevitabile che andrebbe soltanto modulata, temperata, democratizzata; in terzo luogo, si propone di approfondire l'integrazione sovranazionale e la progressiva perdita della sovranità degli Stati nella prospettiva di un lontano momento in cui si andrebbe, più o meno, verso gli Stati Uniti d'Europa. Si capisce che la chiave di questa argomentazione è che queste tre ipotesi non sono correlate l'una all'altra.
Perché stupirsi se, davanti alla decostruzione pianificata vengono degli stati europei realmente esistenti, rinascono nuovi nazionalismi nuovi e quelli rinascono o si rivitalizzano? Come non capire che quando la democrazia come autogoverno dei cittadini perde peso e influenza davanti ai poteri economici oligarchici e non democratici (vedile istituzioni europee), risorgono richieste di sovranità, di identità e di protezione? Come non capire la disaffezione di fronte alle istituzioni tradizionali e ai partiti politici quando le regole di un patto implicito che collegava il capitalismo regolamentato alla democrazia politica e ai diritti sociali sono state infrante?
Alcuni di noi sostengono che l'Europa vive un "momento Polanyi". [1] Più di tre decenni di egemonia delle politiche neoliberiste hanno minato il potere dei lavoratori nella società, limitando i diritti sociali fondamentali e tagliando sostanzialmente lo stato sociale. Si può dire che, a più integrazione europea, hanno corrisposto meno democrazia reale e meno diritti effettivi per le maggioranze sociali. Il "mercato autoregolato" è andato molto avanti e, come ci ha insegnato il vecchio socialista austriaco Polanyi, le società reagiscono e lo fanno con i "materiali" disponibili e spesso seguendo strade politiche contrastanti. Comune ovunque è la richiesta di sovranità in un senso preciso: diritto di decidere il modello sociale, il modello politico, il modello territoriale; le popolazioni non sono nulla, non hanno potere, vedono peggiorare le loro condizioni di vita e di lavoro e vedono come l'orizzonte di senso sia bloccato, chiuso.
La reazione della società, quale che sia la sua direzione, non è qualcosa di pre-moderno, né un atavismo di un passato che rifiuta di scomparire. È la conseguenza di una modernizzazione capitalista in un momento di crisi della globalizzazione neoliberista realmente esistente. Le popolazioni ovunque richiedono la medesima cosa: sovranità, stato, ordine, protezione, sicurezza, futuro. Come la storia ha mostrato nella precedente globalizzazione e nelle varie crisi del capitalismo, la reazione della società si svolge entro correlazioni di forze date e può andare a destra, all'estrema destra o a sinistra nelle sue diverse varianti. Non è qui il caso di andare troppo oltre; basti dire che il crocevia in cui ci troviamo potrebbe essere definito come segue: la crisi di un capitalismo senza alternative.
Il libro di Carlo Formenti [2] entra pienamente in questa problematica che ho appena delineato. Carlo, è bene sottolinearlo, è un sociologo competente, militante sindacale da lungo tempo ed eminente esponente della cosiddetta cultura operaista italiana. Negli ultimi anni si è dedicato con passione e rigore a una critica delle ipotesi teoriche e politiche che hanno modellato l'immaginario di una parte considerevole della sinistra sociale italiana. Formenti è uno specialista delle nuove tecnologie e dei loro rapporti con la produzione, l'economia e la struttura sociale. Si potrebbe dire che ha sviluppato una critica all' "uso capitalista" delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Lo shock è stato difficile. Il dibattito con l'operaismo dominante è ancora aperto e Formenti ha dovuto sopportare critiche non molto eleganti e sgarbate squalifiche. La polemica è antica quanto la storia del marxismo tra coloro che sottolineano il rapido sviluppo delle forze produttive e di come cambiano le relazioni sociali e quelli che pongono l'accento sulla materialità della lotta di classe, su come certi mutamenti impattano sulla soggettività organizzata, sulla sostanzialità delle stesse forze produttive. Non è un caso che il libro di Formenti si concluda con un'appendice dedicata all'ontologia dell'essere sociale di Lukács.
Non intendo qui riassumere un libro e, molto meno, servire da strumento per discutere con l'autore. Non lo farò; indico solo alcuni nodi che lo rendono particolarmente rilevante per il nostro presente, sempre con l'intenzione di invitare ad una lettura critica. Il titolo, La variante populista, ha un sapore provocatorio. Quelli tra noi che usano il termine populismo o meglio, populismo di sinistra, lo fanno consapevolmente. Usare la provocazione come un pugno nello stomaco per svelare una realtà che si vuole negare squalificandola come populista. Formenti lo dice chiaramente: il populismo è la forma della lotta di classe oggi, qui e ora. Lanciata questa provocazione, carica di significato, iniziamo a discutere seriamente i problemi della nostra società dal punto di vista delle classi lavoratrici.
Carlo Formenti fa un'analisi molto seria di questo capitalismo finanziarizzato che, a quanto pare, non ha alternative. Sottopone ad una profonda critica le analisi dominanti, di quella che potremmo chiamare la "sinistra globalista" partendo da una valutazione ragionevole dei rapporti di forza esistenti, facendo un enorme sforzo per capire i cambiamenti che si sono verificati nelle classi lavoratrici, il vecchio ed il nuovo proletariato. Lo fa con molta forza, sapendo di cosa sta parlando e da un punto di vista anticapitalista e con una volontà socialista.
Inevitabilmente, parlare di populismo significa fare i conti con Ernesto Laclau e con Chantal Mouffe. Formenti lo fa con rispetto, ma con radicalità, cercando di andare oltre gli autori di cui sopra da una strategia nazionale-popolare che pone al suo centro Antonio Gramsci. Dei nodi a cui ho fatto riferimento in precedenza, voglio analizzarne uno che mi sembra sostanziale.
Mi riferisco al contrasto tra un'economia sociale e morale basata sui flussi, e quella dell'economia basata sul territorio. Questo contrasto mi sembra decisivo. Quella che potremmo definire la territorialità del potere, intesa come appropriazione collettiva di uno spazio che cerca l'armonia con l'ambiente di cui siamo parte e da lì, costruisce uno stile di vita in grado di integrare le nuove tecnologie, le competenze e l'emancipazione della forza lavoro e delle forme di organizzazione sociale che promuovono solidarietà, altruismo e il buon vivere delle persone. Per Formenti, la "arretratezza" può essere un anticipazione. In molti stiamo riflettendo con lui sulla necessità di un nuovo "meridionalismo" che trasforma il nostro Sud squalificato, denigrato e dipendente in una possibile alternativa che ci faccia reincontrare con il Nord in un cambiamento di civiltà, di stili di vita, in una logica socialista e fraterna».
* Fonte: el diario
** Traduzione di SOLLEVAZIONE - Corsivi nostri
NOTE
[1] IL TRIONFO DI TRUMP E IL "MOMENTO POLANYI" di Manolo Monereo
[2] Carlo Formenti, La variante populista. Lucha de clases en el neoliberalismo. El Viejo Topo 2017 - In Italia: La Variante populista, Derive e Approdi
I nostri lettori hanno oramai dimestichezza sia con Carlo Formenti che con Manolo Monereo [nella foto]. Due pensatori e militanti che stimiamo assai. È appena uscito anche in Spagna uno dei lavori più importanti di Formenti, LA VARIANTE POPULISTA. Ne demmo appunto contezza, libro fresco di stampa, nell'ottobre 2016.
Qui sotto la presentazione di Monereo.
«Non è un fantasma, è qualcosa di più materiale, più molecolare, più coerente: l'emergere di una sinistra sovranista. Intendiamoci una sinistra che cerca di riconciliare l'emancipazione sociale, la sovranità popolare e la ricostruzione di uno stato democratico avanzato. Il tornare a conciliare ha a che fare con l'inversione della rotta che negli ultimi trenta anni ha opposto questi valori alla sinistra realmente esistente, considerandoli come reliquie di un passato che non tornerà, o peggio, gli ostacoli da superare per confrontarsi alle sfide di questa tarda modernità.
Lo viviamo ogni giorno, a volte, come qui e ora in Spagna, drammaticamente. In primo luogo, notiamo con grande allarme il risveglio di vecchi e nuovi nazionalismi e la tendenza in diversi Stati alla frammentazione ed alla rottura territoriale; in secondo luogo, si difende con veemenza la globalizzazione e la sua specifica modalità di concretizzarsi nel nostro continente, l'Unione europea, sempre intesa come qualcosa di irreversibile e inevitabile che andrebbe soltanto modulata, temperata, democratizzata; in terzo luogo, si propone di approfondire l'integrazione sovranazionale e la progressiva perdita della sovranità degli Stati nella prospettiva di un lontano momento in cui si andrebbe, più o meno, verso gli Stati Uniti d'Europa. Si capisce che la chiave di questa argomentazione è che queste tre ipotesi non sono correlate l'una all'altra.
Perché stupirsi se, davanti alla decostruzione pianificata vengono degli stati europei realmente esistenti, rinascono nuovi nazionalismi nuovi e quelli rinascono o si rivitalizzano? Come non capire che quando la democrazia come autogoverno dei cittadini perde peso e influenza davanti ai poteri economici oligarchici e non democratici (vedile istituzioni europee), risorgono richieste di sovranità, di identità e di protezione? Come non capire la disaffezione di fronte alle istituzioni tradizionali e ai partiti politici quando le regole di un patto implicito che collegava il capitalismo regolamentato alla democrazia politica e ai diritti sociali sono state infrante?
Alcuni di noi sostengono che l'Europa vive un "momento Polanyi". [1] Più di tre decenni di egemonia delle politiche neoliberiste hanno minato il potere dei lavoratori nella società, limitando i diritti sociali fondamentali e tagliando sostanzialmente lo stato sociale. Si può dire che, a più integrazione europea, hanno corrisposto meno democrazia reale e meno diritti effettivi per le maggioranze sociali. Il "mercato autoregolato" è andato molto avanti e, come ci ha insegnato il vecchio socialista austriaco Polanyi, le società reagiscono e lo fanno con i "materiali" disponibili e spesso seguendo strade politiche contrastanti. Comune ovunque è la richiesta di sovranità in un senso preciso: diritto di decidere il modello sociale, il modello politico, il modello territoriale; le popolazioni non sono nulla, non hanno potere, vedono peggiorare le loro condizioni di vita e di lavoro e vedono come l'orizzonte di senso sia bloccato, chiuso.
La reazione della società, quale che sia la sua direzione, non è qualcosa di pre-moderno, né un atavismo di un passato che rifiuta di scomparire. È la conseguenza di una modernizzazione capitalista in un momento di crisi della globalizzazione neoliberista realmente esistente. Le popolazioni ovunque richiedono la medesima cosa: sovranità, stato, ordine, protezione, sicurezza, futuro. Come la storia ha mostrato nella precedente globalizzazione e nelle varie crisi del capitalismo, la reazione della società si svolge entro correlazioni di forze date e può andare a destra, all'estrema destra o a sinistra nelle sue diverse varianti. Non è qui il caso di andare troppo oltre; basti dire che il crocevia in cui ci troviamo potrebbe essere definito come segue: la crisi di un capitalismo senza alternative.
Il libro di Carlo Formenti [2] entra pienamente in questa problematica che ho appena delineato. Carlo, è bene sottolinearlo, è un sociologo competente, militante sindacale da lungo tempo ed eminente esponente della cosiddetta cultura operaista italiana. Negli ultimi anni si è dedicato con passione e rigore a una critica delle ipotesi teoriche e politiche che hanno modellato l'immaginario di una parte considerevole della sinistra sociale italiana. Formenti è uno specialista delle nuove tecnologie e dei loro rapporti con la produzione, l'economia e la struttura sociale. Si potrebbe dire che ha sviluppato una critica all' "uso capitalista" delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Lo shock è stato difficile. Il dibattito con l'operaismo dominante è ancora aperto e Formenti ha dovuto sopportare critiche non molto eleganti e sgarbate squalifiche. La polemica è antica quanto la storia del marxismo tra coloro che sottolineano il rapido sviluppo delle forze produttive e di come cambiano le relazioni sociali e quelli che pongono l'accento sulla materialità della lotta di classe, su come certi mutamenti impattano sulla soggettività organizzata, sulla sostanzialità delle stesse forze produttive. Non è un caso che il libro di Formenti si concluda con un'appendice dedicata all'ontologia dell'essere sociale di Lukács.
Non intendo qui riassumere un libro e, molto meno, servire da strumento per discutere con l'autore. Non lo farò; indico solo alcuni nodi che lo rendono particolarmente rilevante per il nostro presente, sempre con l'intenzione di invitare ad una lettura critica. Il titolo, La variante populista, ha un sapore provocatorio. Quelli tra noi che usano il termine populismo o meglio, populismo di sinistra, lo fanno consapevolmente. Usare la provocazione come un pugno nello stomaco per svelare una realtà che si vuole negare squalificandola come populista. Formenti lo dice chiaramente: il populismo è la forma della lotta di classe oggi, qui e ora. Lanciata questa provocazione, carica di significato, iniziamo a discutere seriamente i problemi della nostra società dal punto di vista delle classi lavoratrici.
Carlo Formenti fa un'analisi molto seria di questo capitalismo finanziarizzato che, a quanto pare, non ha alternative. Sottopone ad una profonda critica le analisi dominanti, di quella che potremmo chiamare la "sinistra globalista" partendo da una valutazione ragionevole dei rapporti di forza esistenti, facendo un enorme sforzo per capire i cambiamenti che si sono verificati nelle classi lavoratrici, il vecchio ed il nuovo proletariato. Lo fa con molta forza, sapendo di cosa sta parlando e da un punto di vista anticapitalista e con una volontà socialista.
Inevitabilmente, parlare di populismo significa fare i conti con Ernesto Laclau e con Chantal Mouffe. Formenti lo fa con rispetto, ma con radicalità, cercando di andare oltre gli autori di cui sopra da una strategia nazionale-popolare che pone al suo centro Antonio Gramsci. Dei nodi a cui ho fatto riferimento in precedenza, voglio analizzarne uno che mi sembra sostanziale.
Mi riferisco al contrasto tra un'economia sociale e morale basata sui flussi, e quella dell'economia basata sul territorio. Questo contrasto mi sembra decisivo. Quella che potremmo definire la territorialità del potere, intesa come appropriazione collettiva di uno spazio che cerca l'armonia con l'ambiente di cui siamo parte e da lì, costruisce uno stile di vita in grado di integrare le nuove tecnologie, le competenze e l'emancipazione della forza lavoro e delle forme di organizzazione sociale che promuovono solidarietà, altruismo e il buon vivere delle persone. Per Formenti, la "arretratezza" può essere un anticipazione. In molti stiamo riflettendo con lui sulla necessità di un nuovo "meridionalismo" che trasforma il nostro Sud squalificato, denigrato e dipendente in una possibile alternativa che ci faccia reincontrare con il Nord in un cambiamento di civiltà, di stili di vita, in una logica socialista e fraterna».
* Fonte: el diario
** Traduzione di SOLLEVAZIONE - Corsivi nostri
NOTE
[1] IL TRIONFO DI TRUMP E IL "MOMENTO POLANYI" di Manolo Monereo
[2] Carlo Formenti, La variante populista. Lucha de clases en el neoliberalismo. El Viejo Topo 2017 - In Italia: La Variante populista, Derive e Approdi
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