[ 9 dicembre 2017 ]
Volentieri pubblichiamo questo contributo, non malgrado le critiche che ci rivolge, ma proprio grazie ad esse, poiché ci interrogano e ci obbligano a tirare un bilancio ed a indicare nuove prospettive.
UNA SITUAZIONE DI STALLO
Dopo diversi anni che Mpl/P.101/Sollevazione lavorano per una alternativa di massa all’ Euro e all’Unione Europea bisogna riconoscere che questo tentativo attraversa un punto morto. Quello che i compagni di Mpl/P.101 —che anch’io ho seguito e con i quali in varia misura ho collaborato— era il tentativo di costituire un fronte largo, del quale facessero parte movimenti di protesta sociali e assieme esperienze di critica della subordinazione all’ Unione Europea di provenienze larga, anche liberale. Questo tentativo non ha dato grandi risultati. I movimenti sociali hanno talvolta cercato sponde istituzionali più influenti (è il caso della maggioranza del movimento dei forconi) oppure sponde più semplici anche se illusorie, come l’appoggio del marciatore su Roma da operetta generale Pappalardo di un’altra corrente dei “forconi”, mentre altre esperienze di movimenti sociali legati al territorio hanno preferito limitarsi al loro terreno di mobilitazione specifico anziché fare il salto verso la politica e l’organizzazione di una resistenza generale all’ Unione Europea.
Il tentativo di costituire una lista con contenuti sovranisti in Sicilia ha comportato inizialmente la rottura con alcuni degli interlocutori sovranisti che diffidavano dell’alleanza e probabilmente anche con alcuni toni interclassisti dell’accordo con Sicilia Libera e sovrana. Quell’accordo elettorale non è andato in porto per una questione di regolarità delle firme, tuttavia anche quel fallimento di natura “tecnica” non può essere considerato un successo politico.
Il tentativo di dar forma ad una lista sovranista per il 2018, manifestato con l’assemblea dell’11 novembre a Roma non marcia con il vento in poppa. Il progetto di “Unione di scopo” ha limiti evidenti: l’idea è quella di mettere insieme “a prescindere” forze sovraniste molto diverse senza trovare un collante comune, tentando di aggirare l’ostacolo della formazione di un programma con accordi “tecnici” che hanno inevitabilmente le gambe corte. Si possono anche mettere insieme forze di provenienza molto diversa, ma sulla base di un ragionamento politico molto complesso e anche audace, obiettivo che non mi pare alla portata delle forze che sostengono quel tentativo.
Ma quello che mi preoccupa di più, non sono questi fallimenti pratici, ma il vuoto di risposte che mi sembra si stia verificando in P.101: una vera situazione di stallo. Mi sembra sia indicativo in questo senso il documento “Quali alleanze per salvare l’ Italia” di P.101 pubblicarto 18 novembre scorso [si tratta di un documento del dicembre 2016, NdR]. In tale documento si propone di formare un
Il problema è che mentre P.101 si pone al centro di questa serie di alleanze a cerchi concentrici, comincia a non essere più chiara l’identità del soggetto centrale dell’alleanza, senza la quale non si sa su quale base si possa pensare ad una politica di alleanze.
Per questo non è casuale la sconsolata conclusione dell’articolo di Moreno Pasquinelli su Marco Mori:
Nel progetto di Chiesa e Ingroia non mi sembra che manchino le ambiguità. Si cerca di proporre una rivolta popolare contro i tentativi di stravolgere la Costituzione che vengano dai partiti di governo o dall’ Unione Europea. Intento lodevole, ma al punto 8 del manifesto si legge:
e al punto 10:
Al punto 9:
Tale rifondazione deve iniziare da una analisi della situazione presente.
IL LIBERALISMO COME TENDENZA AUTORITARIA
Il capitalismo dell’epoca della globalizzazione finanziaria è basato sulla regola della “competizione assoluta”. Quando il capitale ha completa libertà di spostarsi in ogni parte del mondo e di speculare sulle differenze di costi del lavoro ed ogni altro genere di costi fra paesi diversi i costi espressi in valuta internazionale divengono l’unico parametro sulla base dei quali si manifesta la competizione fra paesi e sistemi economico-sociali diversi. Il movimento del capitale impone perciò di livellare le differenze culturali e di rendere la società “liquida” di fronte alle esigenze del profitto.
Questo modello di società ha bisogno di un supplemento di “anima” per funzionare. Questo supplemento è formato dall’ideologia dei “diritti civili” che si cerca di esportare dagli Stati Uniti in tutto il mondo.
Tuttavia la società di molti paesi tenta di resistere a questa omologazione forzata. Le resistenze non si manifestano solo sul piano strettamente economico, ma anche su quello dell’identità dei popoli, delle culture religiose, sessuali, culturali e così via.
Dato che queste resistenze tendono a diventare sempre più forti, il capitale neo-liberale è costretto a ricorrere in misura crescente alla censura. Chi frequenta Facebook si sarà probabilmente accorto della censura ormai insostenibile che vige su quel social media, che esclude generalmente per mesi dalla possibilità di comunicare esponenti cattolici o di altre tendenze che hanno il torto di esprimere opinioni in dissenso rispetto alla cultura pretesa dominante. Google ci informa in questi giorni che prossimamente un esercito di 10.000 “osservatori” controllerà i contenuti immessi su Youtube. In Italia il ministro Orlando ha preparato una lista di 51 associazioni, evidentemente vicine ai suoi valori, che “sorveglieranno” (cioè censureranno) il web, mentre sta passando in Parlamento una legge che autorizzerà l'Agcom (autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni) a "intervenire" nelle comunicazioni elettroniche di tutti i cittadini italiani, e cioè che si potrà impedire, in via amministrativa, ai cittadini, di fruire di questo o quel contenuto presente in Rete.
Renzi ha concluso il congresso del suo partito rilanciando la “lotta contro le “fake news”, e il suo consigliere Marco Carrai ci informa che:
IL LIBERALISMO COME TENDENZA TOTALITARIA
Le manifestazioni autoritarie di cui sopra non sono solo un fenomeno temporaneo di classi dirigenti in crisi, ma sono probabilmente manifestazioni di una più generale tendenza totalitaria del capitalismo neo-liberale.
La mercificazione del corpo della donna con la “gravidanza per altri (Sic…!), il bombardamento ormonale sui bambini per ritardare la pubertà o per far loro cambiare di sesso, le cliniche che praticano l’eutanasia (sui sani…!), l’aborto “ a nascita parziale” (ovvero praticato fino al 9° mese, quando il bambino potrebbe sopravvivere ad un eventuale parto cesareo, e dunque trattasi di infanticidio), senza arrivare alle fantasie di un paio di biologi italiani sul “post birth abortion… non hanno una strana somiglianza con pratiche naziste..? E la sperimentazione in Italia della vaccinazione di massa dei bambini, non ricorda la ossessione dei nazisti per la medicina…? E l’uso della immigrazione di massa, e le idee eugenetiche sul “meticciato” o sulla opportunità dell’arrivo di batteri dalle popolazioni immigrate come strumento per rafforzare la salute degli italiani, (la Stampa), non ricordano, anche se con segno contrario, le idee naziste e fasciste sulla “razza”…?
Molti di noi hanno riso con “La vita è bella” quando Benigni si sostituiva all’ispettore fascista in una scuola per fare “il discorso sulla razza”. Qualcuno vede qualche somiglianza quando oscuri burocrati (in genere donne) vengono spediti dagli enti locali nelle scuole per insegnare la masturbazione o l’omosessualità a bambini dell’asilo? E quanti di noi insegnano nella scuola pubblica si sono accorti quanto i libri di testo siano ormai pervasi dall’ideologia del politicamente corretto…?
In Svezia vige ormai da anni l’obbligo di inserire negli articoli scientifici una quota rilevante (40%) di citazioni di autrici femminili. Nel caso sollevato da un docente della università di Lund, che si è rifiutato di inserire nella bibliografia riferimenti alla scrittrice femminista americana Judith Butler, per fortuna la stessa Butler ha preso le difese del collega svedese, ma si sa, le istituzioni sono più ottuse degli autori a cui pensano di riferirsi…
La volontà “riformatrice” dei neoliberali si spinge fino alla lingua. Se non bastassero le pretese della Boldrini di innovazione del linguaggio, una proposta di legge del 28 febbraio 2017 propone la coniugazione obbligatoria al femminile dei nomi dei mestieri nella Pubblica Amministrazione (il che vuol dire per i 3,5 milioni di lavoratori pubblici). Si pretende cioè di modificare per legge quanto è nato dalla pratica delle relazioni sociali secondo la visione di turno.
Il tribunale civile di Milano ha condannato la Lega Nord per l’uso in alcuni manifesti della parola “clandestini”, in quanto si trattava di “richiedenti asilo”. Ora, salvo prova contraria, coloro che sono immigrati illegalmente, finché non ottengono asilo, sono a tutti gli effetti “clandestini”.
La Corte Costituzionale tedesca ha chiesto al legislatore di introdurre il “terzo sesso” (siamo tutti curiosi di scoprire cos’è ) negli atti di nascita.
Il Regno Unito e la Danimarca si sono di recente opposte ad un documento dell’ Onu sul diritto alla vita perché usava la dizione “donna incinta”, anziché quella, secondo loro più corretta, di “persona incinta”. L’uso di “donna incinta” danneggerebbe i diritti di coloro che all’anagrafe sono uomini ma hanno conservato l’apparato riproduttivo femminile. Dunque, secondo i governi di Regno Unito e Danimarca, vi sono uomini che partoriscono.
Il sistema neoliberale non ha alcuna possibilità di autolimitarsi. Essendo il prodotto di una tendenza assolutistica (il costo- e dunque il profitto- come unico termine di valore) non può fermarsi fino alla completa sottomissione della società al suo progetto.
IL LIBERALISMO COME TENDENZA ANTI UMANA
Il caso Weinstein (quello delle “molestie sessuali”) ha certamente scoperchiato un vaso di Pandora dei rapporti fra potere e mercificazione del sesso in un ambiente, quello del cinema americano, che si voleva avanguardia dei valori democratici e occidentali nel mondo. Tuttavia appare un po’ strana la scoperta con decenni di ritardo delle molestie o di vere e proprie violenze sessuali da parte di chi per decenni ha usufruito di quel sistema di scambi di “favori”.
In ogni caso la questione delle molestie subite dalle attrici americane è diventata una campagna sul web, quella dell’hashtag “metoo” (anch’io), e si è trasformata in una campagna di criminalizzazione del maschio che ha portato alle scuse, “a nome degli uomini”, del presidente del Senato Grasso. Di conseguenza in Italia la bozza del contratto nazionale della Pubblica Amministrazione in discussione ha immediatamente previsto il licenziamento per molestie sessuali se queste si ripetono nell’arco di due anni oppure se sono di particolare gravità. Bel modo di difendere i lavoratori…! Ma evidentemente ci sono reati di così ripugnante gravità che tutte le precauzioni normalmente previste in caso di licenziamento vanno lasciate cadere. Quindi, un dipendente della P.A. che non va al lavoro per mesi avrà qualche tutela sindacale, ma se prova due approcci non graditi nei confronti di una collega (e poi, chi lo dice che non era gradito? Si fanno tante cose per avanzare di carriera…!) nell’arco di due anni verrà licenziato.
La criminalizzazione del maschio a mio avviso è un aspetto caratteristico di questo sistema sociale. In ogni società (non solo in quelle umane, ma anche in quelle dei mammiferi) il maschio ha il compito di proteggere il gruppo sociale, la comunità, i confini. Una società che vuole demolire identità, confini, culture, resistenze, deve forzatamente mettere in crisi il ruolo del maschio.
Un discorso analogo va a mio avviso fatto per l’ossessione della sicurezza.
La ministra Fedeli ha recentemente stabilito che per i minori di 14 anni non sia possibile l’uscita dalla scuola se non accompagnati dai genitori, poi sostituita da una dichiarazione di responsabilità. Io, come molti altri della mia generazione, ho fatto l’intero percorso delle scuole elementari andando e tornando a scuola da solo. Ho rischiato…? Oppure, pensiamo a tutte le tutele che i genitori oggi reclamano per i figli, rivendicando come “disturbi specifici dell’apprendimento” disturbi “che nemmeno esistono” (Orizzonte scuola del 29 novembre scorso). Leggo anche di un genitore che ha impedito la lezione di educazione fisica perché nella palestra mancava un defibrillatore. Oppure tutte le campagne sull’uso dell’alcool alla guida o sul sesso sicuro.
L’ossessione della sicurezza, come la criminalizzazione del maschio nel suo ruolo di “aggressore sessuale” (ruolo che è comune a tutti gli animali a riproduzione sessuale) mi sembrano manifestazioni preoccupanti dell’odio della vita. Che il liberalismo stia mettendo in pericolo la vita?
In realtà a mio avviso il rifiuto della sessualità- perché sessualità è relazione, mentre l’individualismo liberale punta alla soddisfazione personale, cioè alla soddisfazione onanistica assistita (c’è un bellissimo articolo del filosofo francese Fabrice Hadjadi sull’argomento) - è una caratteristica del liberalismo. Il liberalismo, a differenza delle società precedenti, non reprime la sessualità con l’astinenza, la reprime con il sesso condomato. Inoltre, il liberalismo ipostatizza l’individuo e la sua libertà. Immagina che, al disotto di tutte le convenzioni sociali, la storia e la cultura, esista un nucleo atomico di bisogni e desideri che vanno liberati, e punta a liberare quel nucleo. Questo tentativo è destinato al fallimento. L’uomo, come ci insegnava Aristotele, nasce fin dall’inizio come animale sociale. Il tentativo di distruggere le sovrastrutture storiche e sociali non può che concludersi con la distruzione della specie umana.
Se quanto ho scritto sopra ha un qualche fondamento di verità, occorre che chi vuole combattere l’esistente, per un mondo più libero, più giusto e soprattutto vitale, si ponga il fine di combattere il liberalismo.
Per far questo bisogna cominciare a mettere in discussione il nostro modo di pensare, di organizzarci, di intervenire sul sociale per eliminare gli aspetti liberali che ci condizionano.
UNA RIVOLUZIONE EPISTEMOLOGICA
Quello della presunta divisione fra destra e sinistra, o fra fascismo-antifascismo è il principale blocco culturale che ci ferma. Sono ormai quasi 25 anni che Rifondazione, che aveva inizialmente una linea corretta di opposizione a Maastricht, vi rinunciò per allearsi con il centro sinistra “contro le destre” . Fece così passare le politiche di Maastricht, l’adesione all’ Euro, il pacchetto Treu, la guerra in Kosovo…
Dunque, se parliamo oggi della necessità di una “rottura epistemologica” non stiamo parlando di una stravagante novità, ma di una necessità per la quale siamo in ritardo di un quarto di secolo. Una necessità esiziale.
Se quanto ho scritto sopra sulle tendenze autoritarie e totalitarie del neoliberalismo è vero, è evidente che non possiamo più ragionare sulla base delle categorie di fascismo/antifascismo e di sinistra/destra (liberali). Quei termini non sono più delle categorie significative (per questo ho scritto “Rivoluzione epistemologica”), e dobbiamo abbandonarle.
Il fascismo c’è, è ben vivo nella nostra società e non ha niente a che vedere con i militanti di Casapound, che al di là delle legittime e discutibili idee sulle realizzazioni sociali del ventennio fascista non hanno niente a che vedere con le tendenze autoritarie attuali.
Né ha senso la distinzione sinistra-destra quando, non solo sul piano economico le differenze sono inesistenti, ma soprattutto la sinistra liberale è la forza propulsiva più importante- perché adeguata culturalmente - del totalitarismo liberale. Il capitalismo globalizzato ha bisogno dell’ideologia dei “diritti civili”; per l’ impero americano è l’ingrediente fondamentale dello “Smart power” come definito dagli studi del Center for Strategic and International Studies degli Stati Uniti, cosa che evidentemente rende inadatto Trump come capo dell’ Impero.
Sia chiaro che parlando di sinistra non sto parlando di socialisti e comunisti: dovremmo in tal caso parlare di sinistra socialista o comunista. Ma dato che io propongo di espungere gli aspetti liberali dalla nostra cultura, non è affatto il caso di usare un termine, come quello di “sinistra”, che ci potrebbe accomunare a Renzi, Beppe Grillo o Pisapia. Parliamo se volete di comunisti/socialisti e di resto del mondo.
Ancora, devo precisare che non intendo in questo discorso avviare un discorso interclassista. Niente da fare, le classi esistono e la loro rilevanza è oggi ancora più forte che nel passato. Niente interclassismo.
Questo discorso ha però un significato pratico: mentre dobbiamo prendere le distanze da ogni campagna “antifascista” come quelle oggi agitate dai media, e dalle buffonate mediatiche costruite su Casapound e Roberto Spada, o sui naziskin di Como, dobbiamo usare un approccio “laico” nei confronti degli esponenti di tutte le culture politiche.
Ci dobbiamo semplicemente confrontare sui contenuti, senza pregiudizi. Questo significa perciò che Marine Le Pen è meglio di Macron, per esempio. La sinistra di Melenchon che non ha scelto è co-responsabile della stabilizzazione del polo franco-tedesco in europa, del nuovo imperialismo francese nel mediterraneo e del più pesante attacco al salario indiretto dei lavoratori francesi della storia, secondo le parole di un importante dirigente sindacale comunista francese. Poi, che la Le Pen non avrebbe distrutto l’ Unione Europea e fatto la rivoluzione socialista in Francia lo sappiamo tutti, grazie.
UNA RIVOLUZIONE ORGANIZZATIVA.
Il movimentismo è uno degli aspetti più deleteri del liberalismo. I movimentisti immaginano che lo spontaneo esprimersi delle aspirazioni della gente nei movimenti sociali possa condurre spontaneamente ad una sintesi armonica successiva. Non ha senso. Non ha senso perché è una idea religiosa. E’ l’idea smithiana della mano invisibile. Adam Smith si chiedeva come lo spontaneo e anarchico muoversi dei consumatori e delle imprese potesse generare un risultato positivo per la società. Si rispondeva: è la Mano Invisibile. E questa mano invisibile, in sostanza, era Dio. Ciò derivava dalla visione luterana (ognuno può leggere da solo la Bibbia-cioè: ognuno può cercare da solo il Bene- cioè: cercando il mio bene sto servendo Dio) che derivava ancor prima dalla visione di Guglielmo di Occam: gli “Universali sono inconoscibili” e “Dio potrebbe agire anche contro il principio di non-contraddizione” e dunque ogni ricerca della verità, cioè del Bene Comune è vana.
La caratteristica comune a protestantesimo e capitalismo liberale è infatti IL RIFIUTO DI PERSEGUIRE COSCIENTEMENTE IL BENE. Il bene deve essere perseguito indirettamente, cercando il proprio utile o creando movimenti sociali che hanno alla base il perseguimento dei propri bisogni. La favola delle Api di Mandeville è in proposito esemplare. Nell’alveare ricco, prospero e godurioso, dove ognuno persegue il proprio interesse, tutti si avvantaggiano della opulenza comune. Quando avviene la rivoluzione degli onesti, che vorrebbero una riforma morale e altruistica dell’alveare, il risultato è catastrofico.
Quindi: poiché noi non condividiamo il messaggio di Mandeville, il liberismo di Smith, la predestinazione di Lutero, se vogliamo agire dobbiamo organizzarci. E’ necessario che qualcuno (immagino possa essere Moreno, non saprei chi altro) si assuma la responsabilità del ruolo del “Capo”. Il Capo (ok, chiamiamolo segretario nazionale) ha il compito di creare una organizzazione che riconosca la gerarchia, di raccogliere le tessere, rappresentare l’organizzazione, contattare i possibili alleati e anche gli avversari, costruire una rete di relazioni anche internazionali, prendere posizioni pubbliche, sottoporre alla discussione collettiva le proprie posizioni e il proprio ruolo. Se Moreno (o qualche altro che io non riesco ad individuare) si assume la responsabilità di fare questo, diamoci una mossa, altrimenti lasciamo perdere e dedichiamoci ad altre esperienze.
UNA RIVOLUZIONE METODOLOGICA. CONTRO IL SINDACALISMO
Da anni ormai i compagni di P.101 cercano di coinvolgere movimenti sociali e spezzoni sindacali per portarli ad una consapevolezza anti europeista. Questo progetto non è possibile. Perché se i lavoratori sono organizzati sul piano sindacale centrano la loro coscienza sul conflitto con il datore di lavoro: sono organizzati sulla base del riconoscimento della dipendenza. Perciò ogni elemento estraneo al loro conflitto con il datore di lavoro risulta estraneo alla formazione della loro coscienza.
Che il piano dell’organizzazione sindacale e quello della lotta socialista fossero del tutto incompatibili era perfettamente noto a Gramsci fin dai tempi dell’ Ordine Nuovo, tanto che sostenne la creazione dei consigli operai, strutture organizzate sulla base dei reparti con il fine di porsi alla direzione del processo produttivo anziché delle Commissioni Interne costruite per meri compiti sindacali.
Il disprezzo di Lenin per i sindacati, che dovevano al massimo essere strumenti di agitazione sotto il capitalismo, e cinghie di trasmissione del partito durante il socialismo, è nota.
Ma non molti, per quanto a me noto, si sono posti il problema del perché sotto un regime socialista i sindacati liberi siano stati sempre inesorabilmente schiacciati. Il motivo è semplice: perché sindacati e socialismo sono incompatibili. Non si tratta, cioè, del risultato di scelte burocratiche di direzioni politiche autoritarie, ma di una necessità insita nella stessa idea di socialismo. Perché il socialismo è costruito sulla base della NECESSITA’: cioè della comprensione del legame che ogni scelta ha con l’ambiente sociale circostante, mentre il sindacalismo sulla base dei “bisogni”. Non c’è relazione fra le due cose. Infatti, non solo ogni regime socialista ha inesorabilmente schiacciato i sindacati liberi, ma l’emersione del primo sindacato libero della storia dei paesi socialisti (Solidarnosc) ha schiacciato il socialismo.
Quindi, visto che non siamo nel socialismo e dei sindacati c’è ovviamente bisogno, lasciamo i sindacati ai sindacalisti e occupiamoci di altre cose. Una organizzazione di massa, possibilmente radicata nei luoghi di lavoro, è necessaria. Cominciamo dai Comuni, e cominciamo a discutere del bilancio comunale (senza le scorciatoie di chi dice “Ma tanto potremmo espandere la spesa pubblica…”) Se siamo dipendenti dello Stato, cominciamo ad agire secondo il nostro ruolo, che è quello di funzionari del Bene Comune. Se lavoriamo in una fabbrica poniamoci il problema della gestione.
UNA RIVOLUZIONE DESTINALE
In un piccolo saggio del 1998 (“Il crepuscolo della profezia comunista”) Costanzo Preve discuteva della coppia entro il pensiero socialista di Utopia e Scienza. Un piccolo saggio molto indigesto, sia perché sembrava abbandonare l’appartenenza comunista (cosa non vera), sia perché, una volta letto il contenuto, questo si rivelava ancora più indigesto. “Poiché- Preve in sostanza diceva- la coppia utopia-scienza è inesorabilmente legata ed entrambi i poli sono malamente fondati, conviene abbandonare ogni idea di padronanza e trasparenza del futuro”. Ma allora perché militare?, ciascuno dei lettori si sarà chiesto.
Io oggi do una mia personale lettura di quella tesi. I comunisti non sono i seguaci di una particolare dottrina politica. Sono i testimoni della distanza fra essere e dover essere dell’uomo. In questo senso, si pongono un fine infinito. “Sono un marxista e il mio punto di vista è, NATURALMENTE, l’eternità”, diceva uno psichiatra ad un’assemblea di un partito di estrema sinistra. Noi, perciò, in definitiva, non vinceremo mai. Non siamo qui su questa terra per vincere, ma per combattere. “La verità rende liberi” disse un altro.
Volentieri pubblichiamo questo contributo, non malgrado le critiche che ci rivolge, ma proprio grazie ad esse, poiché ci interrogano e ci obbligano a tirare un bilancio ed a indicare nuove prospettive.
UNA SITUAZIONE DI STALLO
Dopo diversi anni che Mpl/P.101/Sollevazione lavorano per una alternativa di massa all’ Euro e all’Unione Europea bisogna riconoscere che questo tentativo attraversa un punto morto. Quello che i compagni di Mpl/P.101 —che anch’io ho seguito e con i quali in varia misura ho collaborato— era il tentativo di costituire un fronte largo, del quale facessero parte movimenti di protesta sociali e assieme esperienze di critica della subordinazione all’ Unione Europea di provenienze larga, anche liberale. Questo tentativo non ha dato grandi risultati. I movimenti sociali hanno talvolta cercato sponde istituzionali più influenti (è il caso della maggioranza del movimento dei forconi) oppure sponde più semplici anche se illusorie, come l’appoggio del marciatore su Roma da operetta generale Pappalardo di un’altra corrente dei “forconi”, mentre altre esperienze di movimenti sociali legati al territorio hanno preferito limitarsi al loro terreno di mobilitazione specifico anziché fare il salto verso la politica e l’organizzazione di una resistenza generale all’ Unione Europea.
Il tentativo di costituire una lista con contenuti sovranisti in Sicilia ha comportato inizialmente la rottura con alcuni degli interlocutori sovranisti che diffidavano dell’alleanza e probabilmente anche con alcuni toni interclassisti dell’accordo con Sicilia Libera e sovrana. Quell’accordo elettorale non è andato in porto per una questione di regolarità delle firme, tuttavia anche quel fallimento di natura “tecnica” non può essere considerato un successo politico.
Il tentativo di dar forma ad una lista sovranista per il 2018, manifestato con l’assemblea dell’11 novembre a Roma non marcia con il vento in poppa. Il progetto di “Unione di scopo” ha limiti evidenti: l’idea è quella di mettere insieme “a prescindere” forze sovraniste molto diverse senza trovare un collante comune, tentando di aggirare l’ostacolo della formazione di un programma con accordi “tecnici” che hanno inevitabilmente le gambe corte. Si possono anche mettere insieme forze di provenienza molto diversa, ma sulla base di un ragionamento politico molto complesso e anche audace, obiettivo che non mi pare alla portata delle forze che sostengono quel tentativo.
Ma quello che mi preoccupa di più, non sono questi fallimenti pratici, ma il vuoto di risposte che mi sembra si stia verificando in P.101: una vera situazione di stallo. Mi sembra sia indicativo in questo senso il documento “Quali alleanze per salvare l’ Italia” di P.101 pubblicarto 18 novembre scorso [si tratta di un documento del dicembre 2016, NdR]. In tale documento si propone di formare un
«FRONTE DI UNITÀ POPOLARE. […] Di esso dovranno farne parte non solo i partiti politici, ma pure i diversi organismi sociali e sindacali, le diverse associazioni della società civile che già oggi vedono impegnati nel nostro Paese decine di migliaia di cittadini nella difesa dei diritti sociali, della democrazia come dell’ambiente….»Ma siccome tale fronte può non essere sufficiente si aggiunge:
«Unificare in un fronte di unità popolare il poliverso sociale e politico antiliberista non sarà tuttavia sufficiente per rovesciare il regime neoliberista. Per vincere e salvare il popolo ed il Paese che abita sarà necessario il più largo e inclusivo BLOCCO DEMOCRATICO E COSTITUZIONALE….»Insomma, ci si propone di creare, attorno a P.101 un insieme di alleanze “a cerchi concentrici” al cui centro si pone la parte più cosciente individuata in P.101.
Il problema è che mentre P.101 si pone al centro di questa serie di alleanze a cerchi concentrici, comincia a non essere più chiara l’identità del soggetto centrale dell’alleanza, senza la quale non si sa su quale base si possa pensare ad una politica di alleanze.
Per questo non è casuale la sconsolata conclusione dell’articolo di Moreno Pasquinelli su Marco Mori:
«Dopo il 4 dicembre occorreva scendere in campo, unire le forze, fare fronte, quindi proporre un'alternativa di società. Aver fallito la prova elettorale ci dice che un ciclo si è chiuso, che il "campo sovranista" chiuderà i battenti. Staremo a vedere cosa esso avrà davvero concimato».Anche la più recente adesione di massima di P.101 al progetto di Chiesa e Ingroia, la “Lista del Popolo”, mi sembra più un tentativo di cercare una scorciatoia per riaffermare la propria esistenza che l’inizio di una seria riflessione.
Nel progetto di Chiesa e Ingroia non mi sembra che manchino le ambiguità. Si cerca di proporre una rivolta popolare contro i tentativi di stravolgere la Costituzione che vengano dai partiti di governo o dall’ Unione Europea. Intento lodevole, ma al punto 8 del manifesto si legge:
«Noi non siamo antieuropeisti. Al contrario intendiamo fare in modo che l’Italia contribuisca al processo di un’entità comune europea che svolga un cruciale ruolo nel mondo multipolare… La rinuncia a parti della sovranità nazionale dovrà essere condizionata alla assoluta parità di tutti i contraenti… »
e al punto 10:
«Occorre una nuova Costituzione Europea (!!!) Il futuro governo italiano dovrà farsi promotore di eleggere una Assemblea Costituente Europea» (Anche no, grazie)
Al punto 9:
«Noi riteniamo che il modello economico imposto dalla grande finanza internazionale attraverso la Troika…» (il modello economico? Non la stessa struttura? Ecco Varoufakis e Fassina…!)E al punto 13:
«Avviare finalmente una radicale riforma della giustizia” (cioè niente). Su Magistratura Democratica che ha assunto il terreno dell’ Unione Europea e quello della globalizzazione come decisivo vogliamo dire qualcosa…? Tutta qui l’analisi della giustizia in Italia…?E al punto 14:
«Il degrado della cultura comincia con il degrado della scuola». In che senso? Bastano un po’ di risorse in più o si tratta di criticare gli esiti di una cultura liberale che sta devastando la scuola…?E al punto 16:
«Una profonda riforma dovrà investire il sistema dell’informazione e della comunicazione» (ah beh, finalmente si mette in discussione le crescenti censure di media, governo e social media sull’informazione…) E invece il testo aggiunge: «Le frequenze televisive sono un bene pubblico e non possono essere subordinate a interessi privati» (e vai con Berlusconi e il conflitto di interessi…!)E in conclusione:
«L’unica esclusione indispensabile è quella delle forze eversive che stanno emergendo nuovamente, guidate ed evocate dalle classi dominanti» (e vai con l’antifascismo e le fake news…!)Insomma, siccome questo progetto mi sembra avere molte carenze, propongo ai compagni di P. 101 e ai lettori di Sollevazione, prima di gettarsi in questa avventura elettorale, di prendersi un momento di riflessione. Il movimento sovranista, o meglio, quell’area di provenienza marxista di cui facciamo parte, ha bisogno di una “rifondazione”.
Tale rifondazione deve iniziare da una analisi della situazione presente.
IL LIBERALISMO COME TENDENZA AUTORITARIA
Il capitalismo dell’epoca della globalizzazione finanziaria è basato sulla regola della “competizione assoluta”. Quando il capitale ha completa libertà di spostarsi in ogni parte del mondo e di speculare sulle differenze di costi del lavoro ed ogni altro genere di costi fra paesi diversi i costi espressi in valuta internazionale divengono l’unico parametro sulla base dei quali si manifesta la competizione fra paesi e sistemi economico-sociali diversi. Il movimento del capitale impone perciò di livellare le differenze culturali e di rendere la società “liquida” di fronte alle esigenze del profitto.
Questo modello di società ha bisogno di un supplemento di “anima” per funzionare. Questo supplemento è formato dall’ideologia dei “diritti civili” che si cerca di esportare dagli Stati Uniti in tutto il mondo.
Tuttavia la società di molti paesi tenta di resistere a questa omologazione forzata. Le resistenze non si manifestano solo sul piano strettamente economico, ma anche su quello dell’identità dei popoli, delle culture religiose, sessuali, culturali e così via.
Dato che queste resistenze tendono a diventare sempre più forti, il capitale neo-liberale è costretto a ricorrere in misura crescente alla censura. Chi frequenta Facebook si sarà probabilmente accorto della censura ormai insostenibile che vige su quel social media, che esclude generalmente per mesi dalla possibilità di comunicare esponenti cattolici o di altre tendenze che hanno il torto di esprimere opinioni in dissenso rispetto alla cultura pretesa dominante. Google ci informa in questi giorni che prossimamente un esercito di 10.000 “osservatori” controllerà i contenuti immessi su Youtube. In Italia il ministro Orlando ha preparato una lista di 51 associazioni, evidentemente vicine ai suoi valori, che “sorveglieranno” (cioè censureranno) il web, mentre sta passando in Parlamento una legge che autorizzerà l'Agcom (autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni) a "intervenire" nelle comunicazioni elettroniche di tutti i cittadini italiani, e cioè che si potrà impedire, in via amministrativa, ai cittadini, di fruire di questo o quel contenuto presente in Rete.
Renzi ha concluso il congresso del suo partito rilanciando la “lotta contro le “fake news”, e il suo consigliere Marco Carrai ci informa che:
«Stiamo lavorando con uno scienziato di fama internazionale alla creazione di un “algoritmo verità”, che tramite artificial intelligence riesca a capire se una notizia è falsa. L’altra idea è creare una piattaforma di natural language processing che analizzi le fonti giornalistiche e gli articoli correlandoli e, attraverso un grafico, segnali le anomalie».D’altronde lo stesso Di Maio ha invocato l’intervento dell’ Osce per controllare le fake news e la regolarità delle nostre elezioni politiche (!)
IL LIBERALISMO COME TENDENZA TOTALITARIA
Le manifestazioni autoritarie di cui sopra non sono solo un fenomeno temporaneo di classi dirigenti in crisi, ma sono probabilmente manifestazioni di una più generale tendenza totalitaria del capitalismo neo-liberale.
La mercificazione del corpo della donna con la “gravidanza per altri (Sic…!), il bombardamento ormonale sui bambini per ritardare la pubertà o per far loro cambiare di sesso, le cliniche che praticano l’eutanasia (sui sani…!), l’aborto “ a nascita parziale” (ovvero praticato fino al 9° mese, quando il bambino potrebbe sopravvivere ad un eventuale parto cesareo, e dunque trattasi di infanticidio), senza arrivare alle fantasie di un paio di biologi italiani sul “post birth abortion… non hanno una strana somiglianza con pratiche naziste..? E la sperimentazione in Italia della vaccinazione di massa dei bambini, non ricorda la ossessione dei nazisti per la medicina…? E l’uso della immigrazione di massa, e le idee eugenetiche sul “meticciato” o sulla opportunità dell’arrivo di batteri dalle popolazioni immigrate come strumento per rafforzare la salute degli italiani, (la Stampa), non ricordano, anche se con segno contrario, le idee naziste e fasciste sulla “razza”…?
Molti di noi hanno riso con “La vita è bella” quando Benigni si sostituiva all’ispettore fascista in una scuola per fare “il discorso sulla razza”. Qualcuno vede qualche somiglianza quando oscuri burocrati (in genere donne) vengono spediti dagli enti locali nelle scuole per insegnare la masturbazione o l’omosessualità a bambini dell’asilo? E quanti di noi insegnano nella scuola pubblica si sono accorti quanto i libri di testo siano ormai pervasi dall’ideologia del politicamente corretto…?
In Svezia vige ormai da anni l’obbligo di inserire negli articoli scientifici una quota rilevante (40%) di citazioni di autrici femminili. Nel caso sollevato da un docente della università di Lund, che si è rifiutato di inserire nella bibliografia riferimenti alla scrittrice femminista americana Judith Butler, per fortuna la stessa Butler ha preso le difese del collega svedese, ma si sa, le istituzioni sono più ottuse degli autori a cui pensano di riferirsi…
La volontà “riformatrice” dei neoliberali si spinge fino alla lingua. Se non bastassero le pretese della Boldrini di innovazione del linguaggio, una proposta di legge del 28 febbraio 2017 propone la coniugazione obbligatoria al femminile dei nomi dei mestieri nella Pubblica Amministrazione (il che vuol dire per i 3,5 milioni di lavoratori pubblici). Si pretende cioè di modificare per legge quanto è nato dalla pratica delle relazioni sociali secondo la visione di turno.
Il tribunale civile di Milano ha condannato la Lega Nord per l’uso in alcuni manifesti della parola “clandestini”, in quanto si trattava di “richiedenti asilo”. Ora, salvo prova contraria, coloro che sono immigrati illegalmente, finché non ottengono asilo, sono a tutti gli effetti “clandestini”.
La Corte Costituzionale tedesca ha chiesto al legislatore di introdurre il “terzo sesso” (siamo tutti curiosi di scoprire cos’è ) negli atti di nascita.
Il Regno Unito e la Danimarca si sono di recente opposte ad un documento dell’ Onu sul diritto alla vita perché usava la dizione “donna incinta”, anziché quella, secondo loro più corretta, di “persona incinta”. L’uso di “donna incinta” danneggerebbe i diritti di coloro che all’anagrafe sono uomini ma hanno conservato l’apparato riproduttivo femminile. Dunque, secondo i governi di Regno Unito e Danimarca, vi sono uomini che partoriscono.
Il sistema neoliberale non ha alcuna possibilità di autolimitarsi. Essendo il prodotto di una tendenza assolutistica (il costo- e dunque il profitto- come unico termine di valore) non può fermarsi fino alla completa sottomissione della società al suo progetto.
IL LIBERALISMO COME TENDENZA ANTI UMANA
Il caso Weinstein (quello delle “molestie sessuali”) ha certamente scoperchiato un vaso di Pandora dei rapporti fra potere e mercificazione del sesso in un ambiente, quello del cinema americano, che si voleva avanguardia dei valori democratici e occidentali nel mondo. Tuttavia appare un po’ strana la scoperta con decenni di ritardo delle molestie o di vere e proprie violenze sessuali da parte di chi per decenni ha usufruito di quel sistema di scambi di “favori”.
In ogni caso la questione delle molestie subite dalle attrici americane è diventata una campagna sul web, quella dell’hashtag “metoo” (anch’io), e si è trasformata in una campagna di criminalizzazione del maschio che ha portato alle scuse, “a nome degli uomini”, del presidente del Senato Grasso. Di conseguenza in Italia la bozza del contratto nazionale della Pubblica Amministrazione in discussione ha immediatamente previsto il licenziamento per molestie sessuali se queste si ripetono nell’arco di due anni oppure se sono di particolare gravità. Bel modo di difendere i lavoratori…! Ma evidentemente ci sono reati di così ripugnante gravità che tutte le precauzioni normalmente previste in caso di licenziamento vanno lasciate cadere. Quindi, un dipendente della P.A. che non va al lavoro per mesi avrà qualche tutela sindacale, ma se prova due approcci non graditi nei confronti di una collega (e poi, chi lo dice che non era gradito? Si fanno tante cose per avanzare di carriera…!) nell’arco di due anni verrà licenziato.
La criminalizzazione del maschio a mio avviso è un aspetto caratteristico di questo sistema sociale. In ogni società (non solo in quelle umane, ma anche in quelle dei mammiferi) il maschio ha il compito di proteggere il gruppo sociale, la comunità, i confini. Una società che vuole demolire identità, confini, culture, resistenze, deve forzatamente mettere in crisi il ruolo del maschio.
Un discorso analogo va a mio avviso fatto per l’ossessione della sicurezza.
La ministra Fedeli ha recentemente stabilito che per i minori di 14 anni non sia possibile l’uscita dalla scuola se non accompagnati dai genitori, poi sostituita da una dichiarazione di responsabilità. Io, come molti altri della mia generazione, ho fatto l’intero percorso delle scuole elementari andando e tornando a scuola da solo. Ho rischiato…? Oppure, pensiamo a tutte le tutele che i genitori oggi reclamano per i figli, rivendicando come “disturbi specifici dell’apprendimento” disturbi “che nemmeno esistono” (Orizzonte scuola del 29 novembre scorso). Leggo anche di un genitore che ha impedito la lezione di educazione fisica perché nella palestra mancava un defibrillatore. Oppure tutte le campagne sull’uso dell’alcool alla guida o sul sesso sicuro.
L’ossessione della sicurezza, come la criminalizzazione del maschio nel suo ruolo di “aggressore sessuale” (ruolo che è comune a tutti gli animali a riproduzione sessuale) mi sembrano manifestazioni preoccupanti dell’odio della vita. Che il liberalismo stia mettendo in pericolo la vita?
In realtà a mio avviso il rifiuto della sessualità- perché sessualità è relazione, mentre l’individualismo liberale punta alla soddisfazione personale, cioè alla soddisfazione onanistica assistita (c’è un bellissimo articolo del filosofo francese Fabrice Hadjadi sull’argomento) - è una caratteristica del liberalismo. Il liberalismo, a differenza delle società precedenti, non reprime la sessualità con l’astinenza, la reprime con il sesso condomato. Inoltre, il liberalismo ipostatizza l’individuo e la sua libertà. Immagina che, al disotto di tutte le convenzioni sociali, la storia e la cultura, esista un nucleo atomico di bisogni e desideri che vanno liberati, e punta a liberare quel nucleo. Questo tentativo è destinato al fallimento. L’uomo, come ci insegnava Aristotele, nasce fin dall’inizio come animale sociale. Il tentativo di distruggere le sovrastrutture storiche e sociali non può che concludersi con la distruzione della specie umana.
Se quanto ho scritto sopra ha un qualche fondamento di verità, occorre che chi vuole combattere l’esistente, per un mondo più libero, più giusto e soprattutto vitale, si ponga il fine di combattere il liberalismo.
Per far questo bisogna cominciare a mettere in discussione il nostro modo di pensare, di organizzarci, di intervenire sul sociale per eliminare gli aspetti liberali che ci condizionano.
UNA RIVOLUZIONE EPISTEMOLOGICA
Quello della presunta divisione fra destra e sinistra, o fra fascismo-antifascismo è il principale blocco culturale che ci ferma. Sono ormai quasi 25 anni che Rifondazione, che aveva inizialmente una linea corretta di opposizione a Maastricht, vi rinunciò per allearsi con il centro sinistra “contro le destre” . Fece così passare le politiche di Maastricht, l’adesione all’ Euro, il pacchetto Treu, la guerra in Kosovo…
Dunque, se parliamo oggi della necessità di una “rottura epistemologica” non stiamo parlando di una stravagante novità, ma di una necessità per la quale siamo in ritardo di un quarto di secolo. Una necessità esiziale.
Se quanto ho scritto sopra sulle tendenze autoritarie e totalitarie del neoliberalismo è vero, è evidente che non possiamo più ragionare sulla base delle categorie di fascismo/antifascismo e di sinistra/destra (liberali). Quei termini non sono più delle categorie significative (per questo ho scritto “Rivoluzione epistemologica”), e dobbiamo abbandonarle.
Il fascismo c’è, è ben vivo nella nostra società e non ha niente a che vedere con i militanti di Casapound, che al di là delle legittime e discutibili idee sulle realizzazioni sociali del ventennio fascista non hanno niente a che vedere con le tendenze autoritarie attuali.
Né ha senso la distinzione sinistra-destra quando, non solo sul piano economico le differenze sono inesistenti, ma soprattutto la sinistra liberale è la forza propulsiva più importante- perché adeguata culturalmente - del totalitarismo liberale. Il capitalismo globalizzato ha bisogno dell’ideologia dei “diritti civili”; per l’ impero americano è l’ingrediente fondamentale dello “Smart power” come definito dagli studi del Center for Strategic and International Studies degli Stati Uniti, cosa che evidentemente rende inadatto Trump come capo dell’ Impero.
Sia chiaro che parlando di sinistra non sto parlando di socialisti e comunisti: dovremmo in tal caso parlare di sinistra socialista o comunista. Ma dato che io propongo di espungere gli aspetti liberali dalla nostra cultura, non è affatto il caso di usare un termine, come quello di “sinistra”, che ci potrebbe accomunare a Renzi, Beppe Grillo o Pisapia. Parliamo se volete di comunisti/socialisti e di resto del mondo.
Ancora, devo precisare che non intendo in questo discorso avviare un discorso interclassista. Niente da fare, le classi esistono e la loro rilevanza è oggi ancora più forte che nel passato. Niente interclassismo.
Questo discorso ha però un significato pratico: mentre dobbiamo prendere le distanze da ogni campagna “antifascista” come quelle oggi agitate dai media, e dalle buffonate mediatiche costruite su Casapound e Roberto Spada, o sui naziskin di Como, dobbiamo usare un approccio “laico” nei confronti degli esponenti di tutte le culture politiche.
Ci dobbiamo semplicemente confrontare sui contenuti, senza pregiudizi. Questo significa perciò che Marine Le Pen è meglio di Macron, per esempio. La sinistra di Melenchon che non ha scelto è co-responsabile della stabilizzazione del polo franco-tedesco in europa, del nuovo imperialismo francese nel mediterraneo e del più pesante attacco al salario indiretto dei lavoratori francesi della storia, secondo le parole di un importante dirigente sindacale comunista francese. Poi, che la Le Pen non avrebbe distrutto l’ Unione Europea e fatto la rivoluzione socialista in Francia lo sappiamo tutti, grazie.
UNA RIVOLUZIONE ORGANIZZATIVA.
Il movimentismo è uno degli aspetti più deleteri del liberalismo. I movimentisti immaginano che lo spontaneo esprimersi delle aspirazioni della gente nei movimenti sociali possa condurre spontaneamente ad una sintesi armonica successiva. Non ha senso. Non ha senso perché è una idea religiosa. E’ l’idea smithiana della mano invisibile. Adam Smith si chiedeva come lo spontaneo e anarchico muoversi dei consumatori e delle imprese potesse generare un risultato positivo per la società. Si rispondeva: è la Mano Invisibile. E questa mano invisibile, in sostanza, era Dio. Ciò derivava dalla visione luterana (ognuno può leggere da solo la Bibbia-cioè: ognuno può cercare da solo il Bene- cioè: cercando il mio bene sto servendo Dio) che derivava ancor prima dalla visione di Guglielmo di Occam: gli “Universali sono inconoscibili” e “Dio potrebbe agire anche contro il principio di non-contraddizione” e dunque ogni ricerca della verità, cioè del Bene Comune è vana.
La caratteristica comune a protestantesimo e capitalismo liberale è infatti IL RIFIUTO DI PERSEGUIRE COSCIENTEMENTE IL BENE. Il bene deve essere perseguito indirettamente, cercando il proprio utile o creando movimenti sociali che hanno alla base il perseguimento dei propri bisogni. La favola delle Api di Mandeville è in proposito esemplare. Nell’alveare ricco, prospero e godurioso, dove ognuno persegue il proprio interesse, tutti si avvantaggiano della opulenza comune. Quando avviene la rivoluzione degli onesti, che vorrebbero una riforma morale e altruistica dell’alveare, il risultato è catastrofico.
Quindi: poiché noi non condividiamo il messaggio di Mandeville, il liberismo di Smith, la predestinazione di Lutero, se vogliamo agire dobbiamo organizzarci. E’ necessario che qualcuno (immagino possa essere Moreno, non saprei chi altro) si assuma la responsabilità del ruolo del “Capo”. Il Capo (ok, chiamiamolo segretario nazionale) ha il compito di creare una organizzazione che riconosca la gerarchia, di raccogliere le tessere, rappresentare l’organizzazione, contattare i possibili alleati e anche gli avversari, costruire una rete di relazioni anche internazionali, prendere posizioni pubbliche, sottoporre alla discussione collettiva le proprie posizioni e il proprio ruolo. Se Moreno (o qualche altro che io non riesco ad individuare) si assume la responsabilità di fare questo, diamoci una mossa, altrimenti lasciamo perdere e dedichiamoci ad altre esperienze.
UNA RIVOLUZIONE METODOLOGICA. CONTRO IL SINDACALISMO
Da anni ormai i compagni di P.101 cercano di coinvolgere movimenti sociali e spezzoni sindacali per portarli ad una consapevolezza anti europeista. Questo progetto non è possibile. Perché se i lavoratori sono organizzati sul piano sindacale centrano la loro coscienza sul conflitto con il datore di lavoro: sono organizzati sulla base del riconoscimento della dipendenza. Perciò ogni elemento estraneo al loro conflitto con il datore di lavoro risulta estraneo alla formazione della loro coscienza.
Che il piano dell’organizzazione sindacale e quello della lotta socialista fossero del tutto incompatibili era perfettamente noto a Gramsci fin dai tempi dell’ Ordine Nuovo, tanto che sostenne la creazione dei consigli operai, strutture organizzate sulla base dei reparti con il fine di porsi alla direzione del processo produttivo anziché delle Commissioni Interne costruite per meri compiti sindacali.
Il disprezzo di Lenin per i sindacati, che dovevano al massimo essere strumenti di agitazione sotto il capitalismo, e cinghie di trasmissione del partito durante il socialismo, è nota.
Ma non molti, per quanto a me noto, si sono posti il problema del perché sotto un regime socialista i sindacati liberi siano stati sempre inesorabilmente schiacciati. Il motivo è semplice: perché sindacati e socialismo sono incompatibili. Non si tratta, cioè, del risultato di scelte burocratiche di direzioni politiche autoritarie, ma di una necessità insita nella stessa idea di socialismo. Perché il socialismo è costruito sulla base della NECESSITA’: cioè della comprensione del legame che ogni scelta ha con l’ambiente sociale circostante, mentre il sindacalismo sulla base dei “bisogni”. Non c’è relazione fra le due cose. Infatti, non solo ogni regime socialista ha inesorabilmente schiacciato i sindacati liberi, ma l’emersione del primo sindacato libero della storia dei paesi socialisti (Solidarnosc) ha schiacciato il socialismo.
Quindi, visto che non siamo nel socialismo e dei sindacati c’è ovviamente bisogno, lasciamo i sindacati ai sindacalisti e occupiamoci di altre cose. Una organizzazione di massa, possibilmente radicata nei luoghi di lavoro, è necessaria. Cominciamo dai Comuni, e cominciamo a discutere del bilancio comunale (senza le scorciatoie di chi dice “Ma tanto potremmo espandere la spesa pubblica…”) Se siamo dipendenti dello Stato, cominciamo ad agire secondo il nostro ruolo, che è quello di funzionari del Bene Comune. Se lavoriamo in una fabbrica poniamoci il problema della gestione.
UNA RIVOLUZIONE DESTINALE
In un piccolo saggio del 1998 (“Il crepuscolo della profezia comunista”) Costanzo Preve discuteva della coppia entro il pensiero socialista di Utopia e Scienza. Un piccolo saggio molto indigesto, sia perché sembrava abbandonare l’appartenenza comunista (cosa non vera), sia perché, una volta letto il contenuto, questo si rivelava ancora più indigesto. “Poiché- Preve in sostanza diceva- la coppia utopia-scienza è inesorabilmente legata ed entrambi i poli sono malamente fondati, conviene abbandonare ogni idea di padronanza e trasparenza del futuro”. Ma allora perché militare?, ciascuno dei lettori si sarà chiesto.
Io oggi do una mia personale lettura di quella tesi. I comunisti non sono i seguaci di una particolare dottrina politica. Sono i testimoni della distanza fra essere e dover essere dell’uomo. In questo senso, si pongono un fine infinito. “Sono un marxista e il mio punto di vista è, NATURALMENTE, l’eternità”, diceva uno psichiatra ad un’assemblea di un partito di estrema sinistra. Noi, perciò, in definitiva, non vinceremo mai. Non siamo qui su questa terra per vincere, ma per combattere. “La verità rende liberi” disse un altro.
13 commenti:
Mi stavo appassionando alla lettura, fino alla "news" dei cattolici censurati su Facebook.
Non ho finito di leggere, sconcertato dall'idea che i cattolici possano dare un contributo in materia di educazione sessuale-aborto o eutanasia.
Prefiguare nei cattolici, o nei credenti nei libri sacri in generale, i prestatori di ultima istanza dei valori con i quali combattere l'ordoliberismo significa evocare la clava, usata da quelli che hanno sostituito lo Scià di Persia o lo zio di Ruby (ho amici che hanno fatto la rivoluzione e poi sono dovuti fuggire dall'Iran).
Non so niente di Facebook ma se almeno lì i baciapile alla Di Maio, Giovanardi o Adinolfi non trovano spazio non farò lo sciopero della fame, sospettando un diversivo orchestrato da chi censura e da chi è felice di farsi censurare sul Web per poi dilagare alla Tv.
Metto la mistica fascista di Casapound (cattolici?) sullo stesso piano della teologia cristiana, il procedimento è lo stesso, prima di combattere due semplici ma fondamentali passaggi.
Allora sarebbe molto più semplice che invece di sfregarci le meningi, scrivendo costituzioni o vademecum della sollevazione, aprissimo la bibbia o il corano e amen, o insciallah.francesco
Bravo.
“rottura epistemologica”
Proprio così: una metanoia.
L'antifascismo è un boomerang, perché i parafascismi sono una forma di liberalismo: una modifica in senso totalitario delle sovrastrutture per rafforzare la struttura libero-mercatista sussidiata dallo Stato. (Il liberismo non è "contro" lo Stato: è contro lo Stato sociale e vuole il controllo - appunto, totalitario - dello Stato apparato)
E lo Stato sociale è ciò che progressivamente trasforma una democrazia borghese in socialismo.
Chi lotta per la democrazia e per il socialismo deve mollare l'antifascismo che dialetticamente resuscita anacronistici nostalgici diversamente colti, e unirsi nell'antiliberalismo e nell'identitarismo, nazionale e di classe. (Togliendo questa battaglia al gatekeeping neofascista).
Il liberalismo, stando con Schmitt, è la religione del privato.
Una battaglia per il ruolo del pubblico non può che essere una lotta antiliberale.
Invito, su questo punto, ad abbandonare l'uso della locuzione "bene comune": si parla di interesse pubblico, di interessi generali, poiché i "beni comuni" possono essere sia pubblici che privati.
La lingua, per questa fase coscienziale propedutica alla lotta politica vera e propria, è fondamentale.
Combattere il liberalismo significa combattere per la sovranità popolare che, in primis, passa dalla sovranità nazionale.
Inoltre, da un punto di vista della storia universale, il profitto è solo un "drive", ma l'inumanità sta nella alienazione, nel feticismo, nella spersonalizzazione dell'uomo a favore dell'inumano. Segnatamente del cibernetico.
Il totalitarismo è connaturato al capitalismo liberale in quanto tendente al massimo grado di alienazione.
Per chiudere "in bruttezza", sottolineo pure che quelli che vengono chiamati "diritti civili", oltre ad avere il noto effetto di sezionalizzare e segmentare il conflitto tra classi dominanti e subordinate, paludandolo definitivamente, sono propedeutici al controllo demografico secondo il paradigma malthusiano che si innesta su quello economicistico liberista di volontaria distruzione della ricchezza al fine di garantire il controllo sociale ed i privilegi della classe egemone. (Gold-standard, politiche deflattive, ecc.)
Complimenti.
Non avendo aderito perché in contrasto con il gruppo dirigente prima di “ORA” poi di “P101” che ritenevano questo tipo di analisi da te espressa inadeguata e un pericoloso salto nel buio, saluto con piacere e soddisfazione quanto scrivi e non posso che esprimere la mia più convinta e completa adesione a quanto sostenuto e proposto dove poni come base la ricostruzione e la realizzazione di una organizzazione politica veramente antagonista e alternativa che non si dia come priorità un indistinto (e per questo effimero) risultato elettorale ma si ponga il fine di creare i presupposti sociali, economici e politici imprescindibili per la distruzione della società liberale e la costruzione di una vera società comunista antiliberale.
Pasquino55
Molta carne al fuoco è quella messa da Alessandro nel suo bel post.
Senza potere qui entrare nel merito dei tanti aspetti lì affrontati, mi limito a sottoscrivere totalmente il lucido commento di Baazar.
Tuttavia, il fatto di sottolineare l'esigenza di costruire un vero partito ideologicamente attrezzato, considerazione che condivido, non mi pare debba necessariamente entrare in concorrenza con la costituzione di una vasta alleanza finalizzata alle prossime elezioni.
Al contrario, sono convinto che l'unica scommessa politica che possa oggi avere un senso è riuscire a condurre questi due progetti in parallelo.
Bisogna quindi trovare questo impegnativo equilibrio che ci permetta di crescere come nucleo forte di profondo cambiamento innanzitutto culturale, e praticare progetti basati su faticosi compromessi, ma che ci permettono di ottenere due obiettivi.
Un primo obiettivo è quello di contribuire fortemente a mantenere un clima politico che garantisca anche le condizioni democratiche minime per la stessa esistenza e crescita del partito di cui Alessandro parla, il secondo obiettivo è quello di mantenere attraverso un'organizzazione con persone con le quali si condivide solo una parte della visione politica complessiva, canali di accesso e comunicazione con una comunità più vasta di persone che possano fungere da potenziali militanti.
Alla base di questa mia opinione, ci stanno due motivazioni, l'una la convinzione che ci troviamo in un momento di grande svolta storica, e quindi che la scelta di altri, tipicamente di FSI, di badare alla propria crescita senza un impegno elettorale diretto, ignora l'evoluzione storica pretendendo di capovolgere il rapporto: non è lo sviluppo storico a determinare il ruolo che dobbiamo svolgere, ma siamo noi che decidiamo i tempi della storia in base alle nostre particolaristiche esigenze di crescita.
L'altra motivazione è che la costruzione di un partito alternativo che possa guidare una trasformazione rivoluzionaria esercitando un'efficace egemonia sulla società, trova il suo ostacolo maggiore nell'assenza di quadri intermedi, la carenza più forte dei tre ingredienti richiesti per questo progetto, rispetto a uno sviluppo teorico che già in gran parte esiste, e rispetto alla possibilità di coinvolgimento popolare che ritengo anch'esso un traguardo non così difficile. Ciò che nella mia esperienza politica, soprattutto quella più recente, ho dovuto verificare, è la sostanziale passività di persone, soprattutto giovani, rispetto alla loro stessa capacità di elaborazione. Sembra insomma che alla fine il messaggio più di successo e più deleterio del pensiero dominante sia quello che non ci sia nulla da fare (TINA).
Malgrado lo sviluppo delle tecnologie telematiche, del fatto che io stesso svolgo quasi la mia intera attività politica in rete, sono più che mai convinto che solo il lavoro gomito a gomito crei davvero comunità e capacità quindi di condividere progetti così impegnativi.
@francesco. Vedo che non ti scandalizza l'idea che i liberali possano dare un contributo in materia di educazione sessuale-aborto-eutanasia. Io invece ho forti dubbi., In ogni caso, se rutieni che sia giusto che sia esclusa la possibilità di comunicare sui social media a Mario Adinolfi o a molti altri cattolici perché non condividono il tuo modo di vedere, siamo da parti opposte della barricata, prendiamone atto.
@bazaar Mi fa piacere il tuo accordo. anche se forse potresti usare un linguaggio più semplice, che mi viene il mal di testa a leggerti... Io non ho parlato di "beni comuni", ma di Bene Comune, nel senso di Tommaso d' Aquino e il cui perseguimento come contrapposto alla dialettica anarchica dei singoli "beni individuali" origina, a mio modo di vedere, l'idea stessa di socialismo.
@pasquino55 Ti ringrazio per il tuo apprezzamento. Nel momento però in cui noi ci poniamo un fine socialista o comunista dobbiamo però porci dei fini intermedi, e per questi sono necessarie alleanze sociali e politiche. Anche per questo ho scritto la parte sulla "rivoluzione epistemologica", perché altrimenti degli integralisti della propria fede incapaci di alleanze fanno il gioco di chi ci vuole in gabbia.
A.C.
errata corrige:
intendevo "Espiazione" con "Redenzione" e "Boldrini" con "Bordini".francesco
@A.C.
Per una prassi rigorosa è necessaria una teoria rigorosa che richiede un linguaggio rigoroso.
@vincenzo cucinotta Sono del tutto d'accordo con il tuo commento. L'esigenza di costruire un partito solidamente organizzato non solo non è in conflitto, ma è la precondizione per quella politica di larghe alleanze che tu giustamente sostieni.
A.C.
Un commento precedente è andato perduto o non è stato pubblicato, la "errata corrige" si riferiva a quello.
@A.C.
Il tuo riferimento all'ammiratore di Blair, Clinton e Renzi, quello che vuole Più Croce nell'Europa mi ha mandato in dissonanza cognitiva.
Ho detto che non farò lo sciopero della fame per M.A. censurato su Facebook non perché non abbia argomenti da contrapporre alle sue tesi e quindi si debba ricorrere alla censura ma perché ipotizzavo un diversivo, visto che le sue posizioni cattoliche nei media mainstream sono ancora dominanti, purtroppo.
Non so da quale parte della barricata sei stato negli ultimi 50 anni tra una guerra santa ai comunisti, al divorzio, ai Mori, allo spinello o agli Englaro, ma so che spesso i temi etici sono stati la cortina fumogena che hanno impedito una analisi più lucida e approfondita di quello che stava accadendo.
https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Adinolfi
Se la globalizzazione è riuscita a far sì che miliardi di persone sono diventati schiavi di una esigua minoranza è proprio grazie al fatto che la coscienza dell'uomo è stata addormentata con la preghiera e piegata con la guerra, a tutte la latitudini.
Un fenomeno globale quello dei preti e dei politici di tenere per le palle il loro popolo.
Non è affatto una differenza culturale se il tuo dio comanda l'infibulazione o il brit milah, se condanna l'omosessualità o la poligamia, non è questo che rallenterà la globalizzazione, anzi rischia di favorirla.
Come chiede Orizzonte48 "le Istituzioni" (insieme a partiti e sindacati ci metto pure quelle religiose) "riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura?"
Forse sbaglio nel vedere una continuità epistemologica nel credere in dio e nei suoi ministri così come al dogma del TINA.
Ma a me sembra che la fede non vada molto d'accordo con l'epistemologia.
Diversamente facciamo una analisi teologica della crisi e concludiamo che l'euro è una buona occasione di espiazione decisa da "un dio rotto in culo" o meno.francesco
@francesco
La visione religiosa è sempre la nemica della presa di coscienza delle persone, e dunque in ultima analisi è una nemica. Specialmente quando il suo carattere religioso è nascosto, come nel neo paganesimo della concorrenza "tutti contro tutti" del capitalismo neoliberale o nel protestantesimo (su queste definizioni immagino ci sarebbe da discutere, ma che vogliamo fare...? ) del liberalismo.
Mario Adinolfi non è la mia "cup of tea" (anglicizziamoci per un momento) e non condivido le sue opinioni su divorzio e aborto. ma che lui ponga in discussione l'eutanasia, l'educazione gender, l'utero in affitto, l'aborto "a nascita parziale" e metta in discussione le conseguenze dell'adozione da parte di coppie di omosessuali mi sta bene. Su diverse di queste posizioni (per esempio sulla "maternità surrogata") ci sono anche diversi laici e marxisti che lo fanno. Ma la differenza è che i laici o marxisti che mettono in discussione queste battaglie liberali sono 4 gatti, mentre i cattolici sono "uno o due miliardi". Per questo il potere non ha alcuna paura di queste infime minoranze, e censura Adinolfi e molti altri cattolici. Sottovalutare queste censure è da autolesionisti. Non è che permettendo la loro censura si crei maggiore spazio per citiche più fondate o serie. Dopo c'è meno libertà per tutti.
A.C.
@A.C.
A me sembra ormai di dominio pubblico che aver offerto diritti civili sottraendo diritti sociali ai nostri governanti euro-peisti non ha portato bene, gli stanno presentando il conto.
Questa è la cornice che ho pensato di suggerire con il mio commento.
Ho pensato che se Facebook e il Web sono funzionali al mercato globalizzato e appartengono ad esso allora se lì censurano un euro-peista blairiano-clintoniano come M.A. il minimo che posso ipotizzare è che lo facciano strumentalmente, un modo di accreditarlo in qualche modo, e parlarne qui mi appare un tentativo di entrismo nel fronte sovranista, infatti il tuo riflesso è stato di buttare me, sovranista, dall'altra parte della barricata per scegliere di stare con il giocatore di porker.
Per me i temi etici dei quali parli sono supercazzole per irretire o irritare le coscienze, create di proposito per dividerci su aspetti che mentre manca il pane dovrebbero essere al fondo della lista delle cose da fare, insomma un LORO tentativo di buttarla in caciara.
Penso che il problema di fondo che ci fa dividere su quelle supercazzole è credere che senza dio non ci possa essere vita spirituale, etica, amore...o al limite semplice buon senso.
Non è così, emblematico il diritto all'utero in affitto per il cattolico Vendola, o il diritto alla vacanza gratis per il Celeste di CL.
Spero che due miliardi di cattolici non siano tali sepolcri imbiancati, da ex cattolico dubito che lo siano a patto che si distingua l'innocenza dalla ingenuità.
Se ti ho ferito chiedo scusa.francesco
@francesco
Caro Francesco, l'idea che la censura a Adinolfi sia un tentativo di accreditarlo mi sembra abbastanza fantascientifica. Bisogna considerare che il capitalismo non è solo un sistema economico, ma un sistema di relazioni sociali, come d'altra parte tutti i marxisti sanno da Marx a gramsci e a molti altri. Limitarsi al solo aspetto economico è fare dell'economicismo. Per questo io ho scritto questo articolo che, buono o cattivo che sia, cerca di connettere i vari aspetti. Ce l'ho con i liberali, non con quelli che si chiamano Francesco... Saluti
@A.C.
Cazzo, più liberale di Adinolfi?!...ahahah.
Scherzi a parte, per me la gerarchia in oggetto è chiara visto che i vincoli alla nostra sovranità sono strutturali, economici.
Se un liberale dice cose di buon senso su un tema etico ma è per il più euro-pa per me resta un avversario, e non si deve usare l'economicismo per denunciarne il moralismo.
A me non sembra fantascientifico che i nostri nemici dispongano di tali mezzi da potersi permettere incursioni nel nostro campo fino a rallentare la nostra agenda o addirittura in modo subdolo a riscriverla, con tutte le tattiche possibili e immaginabili, usando false flags e altri dispositivi coercitivi, corruttivi o subliminali.
Con i media possono cambiare la realtà percepita da chi non ha gli strumenti per difendersi, propinando alternativamente cronaca nera a cronaca rosa preparano le coscienze ad assorbire il dogma TINA e relativa neolingua.
I media ci hanno indicato allusivamente prima come complottisti, poi populisti ora sovranisti, pensi che la disonestà intellettuale generalizzata della categoria sia fantascienza? Magari, ma non credo. Saluti.francesco
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