[ 3 dicembre 2017 ]
Cosa ha in comune la teoria del crollo di Marx con gli studi recenti sull’impronta ecologica? La storia economica degli ultimi 100 anni confuta le tesi del Moro sulla caduta tendenziale del saggio di profitto?
Cosa ha in comune la teoria del crollo di Marx con gli studi recenti sull’impronta ecologica? La storia economica degli ultimi 100 anni confuta le tesi del Moro sulla caduta tendenziale del saggio di profitto?
Iniziamo da una prima definizione.
Per impronta ecologica si intende un indicatore complesso capace di computare il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacita’ della terra di rigenerarle. Questo importante indicatore, scoperto da William Rees e Mathis Wackernagel nel 1996, ci indica che per sostenere l’attuale livello di produzione e di consumo mondiali ci vogliono le risorse di due pianeti. Non che manchino ancora le materie prime essenziali, perche’ altrimenti chiuderebbero le fabbriche e i loro prezzi salirebbero alle stelle, ma stiamo consumando porzioni di territorio e di risorse che corrispondono a quelli risparmiati e accumulati dalla terra nel corso dei millenni. Usando una metafora, se immaginiamo la terra come una enorme cipolla di risorse naturali, nelle societa’ pre-capitalistiche gli umani consumavano a malapena lo strato superiore, che aveva il tempo di rigenerarsi prima di essere esaurito completamente. Oggi invece ci siamo giocati i primi strati della cipolla e stiamo attingendo gradualmente e minacciosamente agli strati piu’ profondi.
Fissata pari ad uno l’impronta ecologica eco-sostenibile, risulta che la maggior parte dei paesi africani possiedono una impronta al di sotto di uno, mentre paesi come la Cina o il continente Europeo si avvicinano a due e zone come la Silicon Valley addirittura a 6. Cio’ significa che il mondo accumula ogni anno sei mesi di debito ecologico con il pianeta che non potra’ mai ripagare e che invece pagheranno le prossime generazioni, i nostri nipoti e pronipoti in termini di maggiore insicurezza e minor benessere. Si realizza sotto forma differente la famosa legge marxiana della pauperizzazione crescente a causa dell’entropia che in futuro spingera’ sempre piu’ in alto i prezzi delle materie prime, facendo lievitare il costo del capitale e abbassare ancora di piu’ il saggio di profitto!
Per la legge dei rendimenti marginali decrescenti quanto piu’ le risorse naturali si esauriscono, a causa della sfrenata caccia al profitto, tanto piu’ aumentano i loro prezzi e i loro costi! Tanto piu’ diminuira’ il surplus che servira’ alle comunita’ umane per vivere! Stiamo gia’ nella fase discendente della parabola storica di sviluppo del sistema capitalistico e se le vecchie generazioni guardavano al futuro come ad una possibilita’ di progresso oggi, inevitabilmente osserviamo il futuro come una pericolosa minaccia come un incubo che incombe sulle nostre vite!
Sara’ anche banale ma occorre ricordare che il restringimento della torta della ricchezza materiale in un contesto di inasprimento delle disuguaglianze, di sovraffollamento demografico e di riscaldamento globale scatena inevitabilmente migrazioni di massa, conflitti sociali e guerre civili per la sua spartizione. E’ la famosa legge dell’entropia calata in un sistema economico chiuso.
“Ogni processo economico inserito in un contesto eco-sistemico, scrive l’economista romeno, Georgescu Roegen incrementa inesorabilmente ed irreversibilmente l'entropia del sistema-Terra: tanta più energia si trasforma in uno stato indisponibile, tanta più sarà sottratta alle generazioni future e tanto più disordine proporzionale sarà riversato sull'ambiente.
Così, 'paradossalmente', vengono meno le ragioni tipiche dei sistemi economici attuali, che puntano ad una massimizzazione del numero di merci prodotte, ed una velocizzazione del loro processo produttivo. Una contabilità di tipo diverso, secondo Georgescu Roegen, basata sulla misura in output dell'entropia, e una efficienza energetica pensata in un nuovo paradigma, che vada a premiare non il processo massimamente redditizio, produttivo o veloce, ma entropicamente efficiente, è alla base di tutta la teoria bio-economica. Anche la concezione del tempo, in un meccanismo economico basato sulla legge dell'entropia, è differente. A tal proposito, ebbe a dire Georgescu Roegen: un guadagno di tempo si paga in energia”.
Continuando di questo passo l’homo sapiens-demens fara’ la fine degli indigeni polinesiani dell’Isola di Rapa Nui o isola di Pasqua, auto-estinti a causa del sovraffollamento e del
consumo sfrenato di legname, principale risorsa di sostentamento di quella comunita’. [1]
TEORIA DEL CROLLO
Qual’e’ il nesso tra l’entropia del sistema economico, l’impronta ecologica e la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto?
Iniziamo dalla definizione della legge marxiana della caduta. Premesso che il saggio di profitto e’ il rapporto tra il plusvalore prodotto dalla forza lavoro e il capitale totale investito PL/C+V (dove c+v sta per capitale costante ossia macchine e materie prime + capitale variabile), per Marx ogni sviluppo delle forze produttive (che si risolve nella sostituzione di forza lavoro ad opera delle macchine e quindi nell’aumento della composizione organica del capitale, rapporto tra capitale costante investito in macchinari e capitale variabile investito in forza-lavoro) determina una tendenza di lungo periodo alla diminuzione del saggio di profitto!! Alcuni economisti di scuola neoclassica e neoricardiana hanno criticato aspramente questa legge, descritta nel terzo volume del Capitale, senza riuscire tuttavia ad invalidarla.
Io credo invece che proprio questa legge simboleggi il coronamento concettuale dell’intera opera marxiana, a partire dalla famosa teoria del valore-lavoro!! Vado ancora oltre! A causa della tendenza alla diminuzione del saggio di profitto il capitale e’ destinato storicamente a divorare se stesso e divorando se stesso a cannibalizzare la natura, il clima e la societa’ umana!
Se il saggio medio di profitto mondiale del capitale non e’ ancora crollato cio’ si deve ad un mero trucco contabile che esclude dal denominatore della formula tutti i costi, le esternalita’, gli effetti collaterali determinati dalla distruzione dell’ambiente, dall’esaurimento delle risorse e dalla perdita di miliardi di vite umane in guerre militari e economiche! Trucco contabile che permette altresi’ a Monsiuer le Capital di non contabilizzare al numeratore l’equivalente dei miliardi di dollari di valore estratti dal super-sfruttamento delle popolazioni semi-coloniali. In altri termini se nella formula PL/C+V sottraiamo al numeratore il super-plusvalore estorto agli operai del terzo e quarto mondo, pagati un dollaro al giorno, e sommiamo al denominatore il debito ecologico creato da questo modello di sviluppo, il sistema capitalistico sarebbe gia’ crollato, avrebbe dovuto gia’ dichiarare bancarotta!!
Lo stesso trucco contabile consente al capitale, attraverso la formula del PIL (prodotto interno lordo) di far passare per crescita l’annientamento dell’uomo e della natura!! Se non e’ chiaro quello che ho gia’ scritto nel mio articolo “o il PIL o la vita” faccio un ulteriore esempio: un incidente automobilistico che distrugge due macchine e provoca dei morti aumenta il PIL ma ha gettato nella disperazione piu’ nera due famiglie!! E’ giunto il momento di sottrarci all’imperialismo semantico della contabilita’ capitalistica, al lessico del potere che e’ una forma subliminale di colonizzazione dell’immaginario collettivo!!
Mi sento gia’ ronzare nelle orecchie la critica che questa mia analisi e’ moralistica e non scientifica! Cio’ mi costringe ad essere ancora piu’ preciso! Faccio un ulteriore esempio per chiarire cosa intendo per debito ecologico e caduta del saggio di profitto! Immaginiamo che una impresa capitalista usi meta’ dei suoi operai come schiavi a costo zero e l’altra meta’ come forza lavoro salariata. Supponiamo inoltre che questa impresa paghi meta’ del suo capitale costante e delle sue materie prime al suo valore, mentre l’altra meta’ se la procuri rubando. Poniamo uguale a 50 il capitale costante e le materie prime e 50 il costo della forza lavoro. Supponendo che il tasso di plusvalore pl/v e’ del 100% cioe’ 50/50 avremo come saggio del profitto 50/100 = 0,5 = 50%. Se l’impresa avesse pagato anche gli schiavi e le materie prime rubate il saggio di profitto sarebbe crollato a 50/200= 0,25=25%.
L’accumulo di debito ecologico nei confronti della natura, i milioni di morti causati dalla fame, dalle guerre, dall’inquinamento, dal super-sfruttamento rappresentano su scala aggregata e globale cio’ che nell’esempio precedente equivale a capitale rapinato + lavoro schiavistico, non contabilizzati nella odierna ragioneria truccata del saggio di profitto! E’ ovvio quindi che una riscrittura contabile del saggio medio di profitto mondiale (che oggi si aggira attorno al 7-12%) secondo criteri piu’ razionali di contabilita’ che tengano conto del concetto di bene comune, delle esternalita’ etc, produrrebbe il crollo istantaneo del sistema capitalistico! Detto in altri termini: se ci fosse uno Stato che facesse pagare al capitale sotto forma di tasse i suoi costi sociali e sistemici di riproduzione esso andrebbe immediatamente in rovina. Se riflettete bene e’ proprio qui la radice del trionfo del neoliberismo e dell’attacco portato dal capitalismo internazionale al welfare state e agli stati nazionali!
Alle stesse conclusioni si potrebbe giungere se analizziamo il capitale globale dal punto di vista finanziario, computando i debiti totali del sistema-mondo e la ricchezza reale (PIL mondiale piu’ immobilizzazioni di capitali). I debiti totali (pubblici e privati) nel mondo si aggirano attorno ai 200.000 miliardi di dollari, mentre la ricchezza totale (Pil + immobilizzazioni di capitale) e’ circa 100.000 miliardi di dollari. Per ogni 100 di ricchezza abbiamo 200 di debito!!
Scrive Luciano Gallino “Se il sistema finanziario mondiale fosse una singola impresa, con tutte le attività e passività iscritte in bilancio con il loro vero valore, come prescrivono le norme contabili internazionali, sarebbe crollato da tempo, avrebbe cioè dovuto dichiarare bancarotta e portare i libri in tribunale”.
Allora la domanda che necessariamente scaturisce e’: come puo’ il capitalismo internazionale non dichiarare ancora bancarotta? Accentrandosi vertiginosamente (fino al punto che 8 persone oggi possiedono il reddito di 3 miliardi di persone) dirottando le sue enormi ricchezze nei forzieri dei paradisi fiscali e scaricando i costi della sua riproduzione sulla popolazione mondiale e sulla natura! Gia’ Marx aveva descritto brillantemente questo fenomeno: il capitale centralizzandosi riesce ad aumentare la massa complessiva di plusvalore in suo possesso compensando cosi la caduta del saggio di profitto. Una massa di plusvalore pari a mille con un saggio del 5% e’ migliore per il capitalista di una massa di 100 con un saggio del 30%! Ma cio’ che il genio di Treviri trascuro’ di analizzare (e non gliene si puo’ dare colpa per ragioni evidenti) e’ che i costi sociali ed ecologici dell’entropia capitalistica alla fine si riverberano sul saggio di profitto medio aggravando la sua tendenza al declino!
Fino a quando puo’ durare questo gioco al massacro del capitale? Se noi intrecciamo i dati macro sul debito ecologico, sul debito finanziario, sulla crescita della disoccupazione mondiale e delle disuguaglianze, possiamo concludere che la sopravvivenza del capitalismo diventa sempre piu’ insostenibile sia in termini sociali che ecologici e finanziari! E di nuovo aveva ragione Mister Karl: la permanenza del modo di produzione capitalistico e’ diventato un costo troppo oneroso per l’umanita’.
Di nuovo siamo tutti scaraventati difronte al dilemma storico: essere o non essere!! Il capitale o la vita!!
NOTE
[1] Allo sbarco dei primi colonizzatori polinesiani, che i più recenti studi fanno risalire attorno all'800-900 d.C., probabilmente l'isola si presentava come un'immensa foresta di palme. Fino al 1200 d.C. la popolazione rimase numericamente modesta e sostanzialmente in equilibrio con le risorse naturali presenti. In seguito, però, nacque da parte degli abitanti la necessità di realizzare i moai, il cui sistema di trasporto richiedeva notevoli quantità di legname. Cominciò pertanto un importante lavoro di disboscamento dell'isola che fu ulteriormente intensificato dopo il sensibile aumento della popolazione dovuto a nuovi sbarchi. Verso il 1400 d.C. la popolazione toccò i 15.000-20.000 abitanti e l'attività di abbattimento degli alberi raggiunse il picco massimo. La riduzione della risorsa forestale provocò, conseguentemente, un inasprimento dei rapporti sociali interni che sfociarono talora in violente guerre civili. Tra il 1600 e il 1700 d.C., in alternativa al legno divenuto sempre più scarso, gli abitanti iniziarono a utilizzare anche erbe e cespugli come combustibile. Le condizioni di vita sull'isola divennero pertanto proibitive per la poca popolazione rimasta, in gran parte decimata dagli scontri interni e dai flussi emigratori. Secondo i resoconti del primo occidentale a sbarcare sull'isola, Jakob Roggeveen, al tempo del suo arrivo l'isola si presentava brulla e priva di alberi ad alto fusto.
1 commento:
La risposta del kapitalismo alla caduta del saggio di profitto
creato essenzialmente dalla sovrapproduzione di merce
in un contesto autodistruttivo
di negazione dei diritti in specie quello della distribuzione reddittuale
dove la pazzia dei mercati finanziari
porta i produttori di niente
all'iper accumulo
la risposta dicevo
è stata, è, e sarà
la guerra interimperialistica
quale fattore distuttivo/rigeneratore
il capitalismo tenterà nuovamente
di risorgere dalle sue ceneri
cadranno quindi le sovrastrutture sovrannazionali
e si tornerà alle galere frontaliere
alla patria quale ultima frontiera della canaglie
sta a noi già ora e adesso
lottare per la pace
e per l'internazionalismo proletario
quale unica via per la rivoluzione mondiale
e per la nuova società
dei padroni di niente
schiavi di nessuno
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