[ 14 novembre ]
Faceva impressione, ieri sera, lo stadio di San Siro, gremito di 75mila persone a sostenere la loro nazionale di calcio. Non avevo mai visto tanta gente tutta assieme intonare l'Inno di Mameli. "Nazionalismo straccione", diranno certi intellettuali snob. Era invece, io penso, la metafora di chi affidava agli undici calciatori la missione di riscattare le sorti di un popolo-paria in questa Europa germanizzata, marginalizzato dalla globalizzazione.
"L'esclusione dai mondiali di Russia sarebbe un'Apocalisse", disse il grande capo (il che la dice lunga) Tavecchio. In effetti lo è, ma non nel senso di una rivelazione che precede la salvezza, ma dell'ecatombe, della rovina totale. E questo è accaduto ieri sera a San Siro.
L'espertone Mario Sconcerti si spiega così la sconfitta:
Ha detto quindi bene Buffon, "la nostra è una sconfitta sociale".
Non penso di sbagliarmi se dico che il disastro annunciato della nazionale di calcio simboleggia quello che sta davanti al nostro Paese, quello di una nazione smarrita, allo sbando, eviscerata, rassegnata, che corre verso il baratro, che va incontro ad un nuovo inesorabile 8 settembre 1943 —allo sfaldamento nazionale segnato dall'ignobile tradimento di una monarchia che lasciò il Paese in mano ai nazisti.
Ecco, le undici mezze tacche in campo, prive di idee, talento, strategia, condotte da un mister in stato confusionale, simboleggiano il modus essendi et operandi delle italiche classi dominanti le quali, arresesi da tempo al loro destino vassallo, sono già pronte a tradire ed a darsela a gambe nel momento decisivo.
Scriveva Giuliano Procacci introducendo la sua STORIA DEGLI ITALIANI
E se, come penso, ci imbatteremo in un nuovo 8 settembre, non sarà da chi sta sopra che verrà la salvezza ma, come allora, da chi sta sotto. Fu grazie a chi stava sotto, costretto ad imbracciare il fucile per cacciare i nazisti e i suoi lacchè, che nacque la Repubblica, che "la vicenda della vita", non si interruppe.
Sarà così un'altra volta. Un'altra volta l'Italia dovrà toccare il fondo per risorgere.
Faceva impressione, ieri sera, lo stadio di San Siro, gremito di 75mila persone a sostenere la loro nazionale di calcio. Non avevo mai visto tanta gente tutta assieme intonare l'Inno di Mameli. "Nazionalismo straccione", diranno certi intellettuali snob. Era invece, io penso, la metafora di chi affidava agli undici calciatori la missione di riscattare le sorti di un popolo-paria in questa Europa germanizzata, marginalizzato dalla globalizzazione.
"L'esclusione dai mondiali di Russia sarebbe un'Apocalisse", disse il grande capo (il che la dice lunga) Tavecchio. In effetti lo è, ma non nel senso di una rivelazione che precede la salvezza, ma dell'ecatombe, della rovina totale. E questo è accaduto ieri sera a San Siro.
L'espertone Mario Sconcerti si spiega così la sconfitta:
«Il problema è che non siamo più in grado di trovare un solo giocatore di classe da vent’anni, da quando Pirlo, Totti e Del Piero ne avevano già venti. (...) Dov’è la selezione? Davvero il socialismo poteva riemergere dal calcio?».Sì, il problema del calcio italiano è proprio un "problema di classe". Ma non nel senso che indica Sconcerti. Si affrontavano infatti ieri due "squadre operaie", entrambi prive di stelle. La domanda è dunque perché abbia vinto la Svezia malgrado giocasse davanti ad un pubblico ostile. Perché erano un collettivo affiatato, disciplinato, "socialista", consapevole e orgoglioso di avere sulle proprie spalle la responsabilità di rappresentare un'intera comunità.
Ha detto quindi bene Buffon, "la nostra è una sconfitta sociale".
Non penso di sbagliarmi se dico che il disastro annunciato della nazionale di calcio simboleggia quello che sta davanti al nostro Paese, quello di una nazione smarrita, allo sbando, eviscerata, rassegnata, che corre verso il baratro, che va incontro ad un nuovo inesorabile 8 settembre 1943 —allo sfaldamento nazionale segnato dall'ignobile tradimento di una monarchia che lasciò il Paese in mano ai nazisti.
Ecco, le undici mezze tacche in campo, prive di idee, talento, strategia, condotte da un mister in stato confusionale, simboleggiano il modus essendi et operandi delle italiche classi dominanti le quali, arresesi da tempo al loro destino vassallo, sono già pronte a tradire ed a darsela a gambe nel momento decisivo.
Scriveva Giuliano Procacci introducendo la sua STORIA DEGLI ITALIANI
«Eppure la storia che ci accingiamo ad illustrare è ben lungi dall’essere una storia povera di varietà e di vitalità e il suo ritmo è sempre rapido e ricco di imprevisti.Il fatto è che la rassegnazione, nella sua forma italiana, non è mai, o assai raramente, disperazione, o, anche, passività, ma piuttosto consapevolezza che la vita va comunque accettata e continuata e che vi sono momenti e occasioni in cui occorre fare appello a tutte le proprie risorse perché la vicenda della vita non si interrompa.Ci imbatteremo più volte nel corso della nostra storia in siffatti momenti e occasioni, dai suoi inizi sino all’8 settembre 1943»Sembra proprio destino che solo nell'abisso il popolo italiano riesca a "fare appello a tutte le proprie risorse perché la vicenda della vita non si interrompa".
E se, come penso, ci imbatteremo in un nuovo 8 settembre, non sarà da chi sta sopra che verrà la salvezza ma, come allora, da chi sta sotto. Fu grazie a chi stava sotto, costretto ad imbracciare il fucile per cacciare i nazisti e i suoi lacchè, che nacque la Repubblica, che "la vicenda della vita", non si interruppe.
Sarà così un'altra volta. Un'altra volta l'Italia dovrà toccare il fondo per risorgere.
5 commenti:
Questo commento non c'entra con l'articolo ma volevo informare la redazione di questo evento preoccupante.
Il Pesco, difesa europea.
Per adesso sono passi formali, il problema è quanto tutto questo troverà realizzazione pratica.
http://www.affarinternazionali.it/2017/11/ue-difesa-pesco-parte/
Ieri guardavo alla tv il tendone del Circensens bruciare, il Panem scarseggia già da un po'...
Ma c'è il Pil in crescita e Lotti ha detto che non bisogna rassegnarsi ma rifondare.
Di questi tempi il Pd è l'unica cosa che mi mette di buon umore.francesco
L’8 settembre del 1943 non è la data dell’inizio della riscossa di un popolo (troppa acqua doveva scorrere ancora sotto i ponti prima che questa si concretizzasse e si realizzasse) ma invece fu oggettivamente la scintilla dell’inizio della fine del dominio sociale, politico e militare di un progetto politico voluto e sostenuto dalla borghesia liberal-capitalista dell’epoca contro e a discapito del proprio popolo. Non credo che la sconfitta dell’Italia calcistica possa essere, nemmeno come paradosso, considerata come un 8 settembre non del 1943 ma del 2017. Ammesso e non concesso che in questa partita si siano scontrate due “squadre operaie” viene omesso o dimenticato che comunque tutti questi “operai” condividono e sostengono la medesima visione e prospettiva sociale e politica del sistema dominante per cui non vi è stata, perché non poteva esserci, nessuna sconfitta sociale; al massimo si può affermare che vi è stato, dentro lo stesso mondo, un riposizionamento gerarchico tra le sue componenti. Credo che questa sconfitta si dovrebbe leggere e salutare come un evento positivo perché dalla delusione o disillusione dovute all’ennesimo fallimento di un altro dei feticci posti a simbolo e a sostegno del sistema può ulteriormente diffondersi un sentire antagonista e alternativo, indispensabile affinché una narrazione e una prospettiva di cambiamento e di rottura radicale possa operare, avendo le condizioni necessarie e idonee per potersi affermare.
P.S. non sarebbe cambiato nulla ma certamente sarebbe stato assai meglio se Gino Bartali non avesse vinto il Tour de France.
Pasquino55
Quando una tua idea esposta trova condivisione e diffusione è un bene assai superiore alla esposizione personale della stessa. Il problema del nostro amato Paese sono da sempre le sue classi pseudo-dirigenti, ovvero "dirigibili", nel senso del dirigibile diretto nelle chiappe dei ceti produttivi e sfruttati e nel senso della direzione di Multinazionali, imperialisti, potenze economiche teutoniche e vincoli esterni ammessi. La parabola di San Siro è la simbolica umiliazione "perfetta" : l'8 settembre dei corsi e ricorsi. Solo dal SOTTO, da chi speriamo che se la cavi, dal puntello mimpugnato da oneste e fortissime mani, dai giovani intellettuali non da salotto, intelligenti, che risaliranno in montagne nuove simboliche, rinascerà la Patria e l'Ordine Nuovo Sovrano e Costituzionale.
"E QUELLA FEDE CHE C'ACOMPAGNA.....SARA' LA LEGGE DELL'AVVENIR "
Sconfitta simbolo di un paese devastato.
Affidati a politici ladri e corrotti, invasi da stranieri parassiti e delinquenti, distrutti economicamente da massonerie sioniste internazionali, siamo al collasso totale.
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