[9 luglio 2017]
Partito tedesco e partito americano nella direzione del Pd
Partito tedesco e partito americano nella direzione del Pd
I commenti alla direzione del Pd di ieri si sprecano: renziani ed antirenziani, il prevedibile (e previsto) smarcamento del furbetto di Ferrara (i sorci si preparano ad abbandonare la nave), l’eccitante discussione sulle future alleanze (nei bar non si parla d’altro). C’è invece un tema che viene alquanto rimosso, quello del rapporto con l’Unione Europea, esemplificato in due passaggi nodali del discorso di Renzi: il no all’incorporazione del Fiscal Compact nei Trattati europei, la necessità di una diversa regolamentazione dell’immigrazione.
Naturalmente Renzi va sempre preso con le molle, pronto com’è a dire una cosa e a fare l’esatto contrario. Ma i suoi critici nel Pd non sono certo migliori, anzi. Se non altro l’ex presidente del consiglio parla di questioni cruciali, mentre gli altri discettano di Pisapia…
Partiamo dai migranti che attraversano il Mediterraneo. Sul punto l’Italia ha preso in questi giorni (in ultimo ieri al vertice di Tallinn) le abituali bacchettate sui denti dagli altri paesi dell’Unione, nessuno dei quali si è detto disponibile ad aprire i propri porti o comunque a condividere, in qualche modo, l’onere dell’accoglienza. In sintesi: sul tema, come su tanti altri, non esiste una qualsivoglia solidarietà europea. E, a questo punto, chi si attarda a prenderne atto non ha più giustificazione alcuna. Amen.
Stando al resoconto de la Repubblica in direzione Renzi ha risposto così: «Se loro chiudono i porti, nella discussione di bilancio del 2018 noi chiudiamo i rubinetti dei soldi a chi non accetta i migranti». Una posizione che oggi è stata così precisata: «Chi dice che lo Ius soli rovina l’Italia non si rende conto che è una norma di civiltà, non c’entra con la sicurezza ma dobbiamo anche dire che ci deve essere un numero chiuso di arrivi, non ci dobbiamo sentire in colpa se non possiamo accogliere tutti».
«Numero chiuso» è dunque la nuova parola chiave che indica la presa d’atto della necessità di una regolamentazione dei flussi migratori. Una mera trovata elettorale? Può essere, ma almeno il tema è posto, assieme a quello dell’inaccettabilità del comportamento europeo.
Veniamo ora all’ancor più tosta questione del Fiscal Compact. Se, da un lato, le norme di questo trattato sono socialmente criminali, dall’altro esse sono palesemente inapplicabili (e tutti lo sanno). Tuttavia, come notano gli economisti mainstream, senza queste norme l’euro sarebbe destinato a morire. Ma siccome a lorsignori questo decesso spiacerebbe assai, ecco che non si sa come uscire dal circolo vizioso che essi stessi hanno creato.
Benché approvato nel 2012, il Fiscal Compact non è ancora parte integrante del quadro giuridico dell’Unione Europea. Data la mancanza dell’unanimità – cinque anni fa il trattato non venne sottoscritto dalla Gran Bretagna e dalla Repubblica Ceca, ai quali in seguito si è aggiunta la Croazia – il Fiscal Compact fu classificato infatti come trattato intergovernativo tra i 25 paesi aderenti e, come tale, non inserito nel corpus giuridico dell’UE. Passaggio che il trattato prevede venga fatto entro il 2017.
E’ questo il punto: dare corso all’incorporazione (potremmo dire alla “costituzionalizzazione”, se non fosse che l’UE è un mostro senza costituzione), oppure no? E’ chiaro che nel primo caso consegneremmo all’oligarchia eurista, ed in particolare al suo vertice berlinese, un potente strumento per appesantire ancor di più le politiche austeritarie, mentre nel secondo si avvierebbe di fatto il processo dissolutivo dell’euro.
Bene, nella direzione piddina Renzi ha detto che: «Va posto il veto sul Fiscal Compact nei Trattati». Solo parole? Conoscendo Renzi nessuno si stupirebbe, ma già un suo stretto collaboratore – quel Yoram Gutgeld che il fiorentino ha voluto alla spending review – aveva dichiarato il no al Fiscal Compact in un’intervista al Corriere della Sera del 21 giugno scorso.
Ovviamente la direzione del Pd non ha ritenuto questa materia troppo degna d’esser discussa, impegnata com’era ad ascoltare, tra un tweet e l’altro, personaggi della statura di Franceschini, Orfini, Orlando… Roba hard, bisogna capirli! Sul punto, un Renzi assai piccato ha chiosato che: «Porre il veto sul Fiscal Compact sarà molto più complicato che discutere della percentuale del Pd in un comune».
Chissà se pesce lesso Gentiloni ha preso nota. Visti i tempi, è lui che dovrebbe porre il veto, ma ce lo vedete il conte marchigiano mettersi contro l’intera oligarchia eurista? Chi vivrà vedrà, e forse ne vedremo delle belle.
Quel che è certa è invece un’altra cosa, che la direzione piddina ha solo confermato: lo scontro interno al blocco dominante del nostro paese, tra il partito tedesco e quello americano, è ormai alla luce del sole. E’ uno scontro al quale abbiamo accennato più volte su questo sito, che adesso si manifesta in forme più chiare.
Volete un esempio? Ma è semplice, basti pensare alla cocciutaggine con la quale tre importanti esponenti dell’establishment (Romano Prodi, Giorgio Napolitano, Enrico Letta) si sono opposti alla nuova legge elettorale che solo un mese fa pareva destinata ad andare in porto. Legge pessima, come abbiamo scritto con chiarezza, ma non pessima abbastanza come il trio di cui sopra avrebbe voluto. I tre – infischiandosene bellamente sia delle sentenze della Consulta che del voto referendario del 4 dicembre – vorrebbero infatti una nuova legge ultra-maggioritaria. Lo scopo? Assicurarsi (i tre, non dimentichiamolo, sono stati sponsor sfegatati di Monti) un governo Berlino-dipendente per la prossima legislatura. Cioè l’esatto contrario di un esecutivo Renzi-Berlusconi, per sua natura più vicino a Washington che alla Germania.
Chiaro allora cosa ci sia dietro alle tante manovre in corso. Chiaro chi e cosa muove nullità assolute come Franceschini e Pisapia. Bisogna allora rivalutare Renzi ed il suo accordo con Berlusconi per un governo di coalizione dopo il voto? No, ma bisogna capire la partita in corso. E bisogna capire che il nostro nemico principale, l’avversario più pericoloso per gli interessi ed i diritti del popolo lavoratore è oggi (sottolineo, oggi – che domani non si sa) proprio quel partito tedesco che va da Monti a Prodi, da Napolitano ai transfughi ed ai malpancisti del Pd.
Contro Renzi, ed il renzismo, abbiamo scritto in questi anni tonnellate di articoli. Contro il Pd (dalle sue origini in poi), contro le forze e la cultura che l’hanno partorito, non arriveremo mai a scrivere abbastanza. Troppi i danni fatti al Paese, alle classi popolari, alle conquiste di un trentennio di lotte. A suo modo Renzi è almeno portatore di contraddizioni (e di sconfitte del suo partito, il che non guasta), mentre i suoi attuali avversari dentro l’establishment vorrebbero solo iniettare per decreto all’intero popolo italiano il virus della letargia. Penso che stavolta non gli riuscirà.
2 commenti:
Ma che cosa cambierà per gli italiani disoccupati, inoccupati, in cassa integrazione, senza tetto, senza soldi per curarsi e per arrivare a fine mese, per i tanti giovani senza alcuna prospettiva futura, per i disperati emigrati, ecc., ecc., ecc. se dentro il PD prevarrà il gruppo filo-americano o filo-tedesco?
Ho letto l'articolo almeno tre volte in questi ultimi giorni per vedere se davvero mi sfuggiva qualcosa.
In sostanza, non mi è sfuggito nulla e il succo del discorso è che Renzi e i suoi, in un eventuale nuovo "patto del Nazareno" con Berlusconi, non sarebbero il nemico principale, ruolo invece rivestito dal partito tedesco, vale a dire i rivali di Matteo da Rignano in gran parte da identificare con la vecchia guardia "ulivista" del Piddì.
Ora, se Renzi e Berlusca e relativi codazzi di nani e ballerine (sia dell'uno che dell'altro) non si fossero distinti in brillanti opere di macelleria sociale, chi di recente, chi qualche anno fa... Beh, allora allora un minimo di credito glielo si potrebbe pure dare.
Ma, per quanto sia pur vero che Renzi possa essere portatore di contraddizioni (ma mi sia permesso di dire che simili uscite hanno solo valore propagandistico ed elettorale), c'è qualcosa che non mi quadra. Lo esprimerò con alcune pittoresche metafore: è meglio la manganellata di un poliziotto o di un carabiniere? È meglio la guerra d'aggressione contro un paese mediorientale scatenata da un president repubblicano, conservatore, fondamentalista biblico o è meglio la guerra d'aggressione contro un paese mediorientale scatenata da un president democratico, progressista, liberal? È meglio farsi estorcere il pizzo dalla 'ndrangheta di San Luca o dalla camorra di Scampia?
Morale della favola: il Piddì equivale a La Notte dei Morti Viventi e chi si fa acchiappare da loro è perduto!
Vostro
Barbaro D'Urso
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