[ 28 luglio 2017 ]
Il 12 dicembre 2012 a Vigonza, nel Padovano, si uccise Giovanni Schiavon [nella foto]. Si tolse la vita per i debiti con le banche, invece era in credito. Leggi sotto l'incredibile storia.
Sono passati più di quattro anni da quando Giovanni Schiavon, allora titolare dell'azienda edile Eurostrade 90, si uccise nel proprio ufficio sparandosi un colpo di pistola alla testa. Fu la figlia, Flavia, a trovarne il cadavere in una pozza di sangue. La tragedia si consumò il 12 dicembre 2012 a Vigonza, nel Padovano. Schiavon si suicidò perché, a causa dei continui ritardi nei pagamenti da parte dei clienti - tra cui più di un ente pubblico - e di uno Stato che non l'aveva tutelato, non riusciva più a pagare i dipendenti. Vantava crediti per circa 200 mila euro. Ma c'era anche dell'altro. L'imprenditore era disperato perché le banche gli chiedevano con insistenza di rientrare di una serie di prestiti ricevuti. Oggi però, stando alla relazione del consulente tecnico nominato dal tribunale di Padova a cui la vedova e la figlia si sono rivolte, si scopre che non soltanto probabilmente non doveva nulla alle banche, ma anzi erano queste a dovere all'imprenditore una somma notevole, tra i 60 e i 200 mila euro.
«Dipende da quando vengono fatti scattare i termini della prescrizione» conferma a Libero l'avvocato Fabio Greggio, che tutela gli interessi della famiglia. Ma com'è possibile che si sia arrivati a un simile e tragico paradosso? I due istituti di credito con cui Schiavon aveva i conti correnti avrebbero capitalizzato gli interessi accrescendoli oltre misura e per la restituzione dei prestiti avrebbero preteso tassi da usura. Insomma, Schiavon sarebbe stato vittima di anatocismo bancario e usura.
Questo è quanto è stato scritto in tre perizie diverse consegnate dal perito tecnico al giudice, il quale dovrà decidere se gli istituti di credito dovranno risarcire o meno la famiglia. Una delle due banche, per chiudere la questione, ha proposto una transazione, che però la controparte ha rifiutato. «Al momento non la riteniamo soddisfacente» sottolinea il legale.
Flavia Schiavon ricorda il padre come «un uomo onesto che avrebbe potuto fare come fanno tanti, chiudere la società, aprirne un' altra e lasciare i debiti in quella vecchia, mandando a casa i dipendenti. Ma non l' ha fatto». L'azienda è in liquidazione. La figlia dice che riesce a pagare le cartelle di Equitalia solo grazie all' aiuto dei parenti, e che non passa giorno senza che i fornitori si facciano vivi per chiedere soldi.
Avevano bussato alle porte della ditta già due settimane dopo il suicidio del titolare. Allora avevamo scritto dello sfogo della figlia e della vedova, la signora Daniela Franchin, distrutte dal dolore e amareggiate perché molti dei fornitori che pretendevano di essere pagati, negli anni erano diventati amici e tutti erano sempre stati remunerati puntualmente.
Alla Eurostrade 90, pochi mesi dopo la morte di Schiavon, era stata notificata un'ingiunzione di pagamento da 180 mila euro. La figlia aveva anche ricevuto una lettera anonima in cui veniva accusata di sfruttare la morte del genitore per andare sui giornali e in cui le si consigliava di fare la stessa fine. Fu dopo aver letto quella lettera vergata con infamia che Flavia Schiavon rinunciò alla presidenza dell' associazione ideata per riunire le famiglie vittime di suicidi dovuti alla crisi sul lavoro. Durante quelle maledette ultime settimane del 2012, nel Padovano, oltre all'imprenditore edile di Vigonza si suicidarono altri tre titolari d' azienda stritolati dai crediti, non dai debiti. Il Veneto, con un centinaio di suicidi, negli ultimi cinque anni è stata la regione che ha pagato più a caro prezzo la crisi e il totale menefreghismo dimostrato dallo Stato nei confronti di una terra che ogni anno regala più di 20 miliardi di residuo fiscale a Roma. Ora si scopre che probabilmente uno degli imprenditori simbolo di quella lunga scia di sangue si è tolto la vita angosciato da debiti che in realtà non aveva. E se non fosse stato l' unico ad ammazzarsi per colpa di banche che chiedono indietro soldi che non solo non gli spettano e che anzi devono restituire ai clienti?
* Fonte: Libero quotidiano
Il 12 dicembre 2012 a Vigonza, nel Padovano, si uccise Giovanni Schiavon [nella foto]. Si tolse la vita per i debiti con le banche, invece era in credito. Leggi sotto l'incredibile storia.
Quella tragica vicenda apriva uno squarcio su quello che sarà lo scandalo delle banche venete, vendute per un euro a banca Intesa, con lo Stato che si è accollato tutti i debiti.
Ci segnalano e volentieri pubblichiamo questa denuncia.
Gentile vice ministro Pier Paolo Baretta;
Gentile vice ministro Pier Paolo Baretta;
Come ho avuto modo di esporti qualche giorno fa, ho chiesto l'arresto di PIER CARLO PADOAN, che ha firmato a Bruxelles, in aperto contrasto con gli articoli1-3-47 della Costituzione, per la BAD BANK NAZIONALE e ho detto che siete "impazziti" per un semplice motivo.
Come fate a caricare su tutto il popolo italiano 10 milioni di sofferenze bancarie, crediti deteriorati NPL pari a 349 miliardi di euro??? Non ci sono solo questi, ma anche centinaia di miliardi di euro di rientri e rapporti illeciti, truffe contrattuali, anatocismo, commissioni e spese non dovute o non lecitamente pattuite e quindi illegittimamente addebitate e incassate, che portano in usura, che devono essere restituiti. Alla BANCA POPOLARE DI VERONA, TRUFFA, ESTORSIONE, USURA, PREDONA E LADRONA, LI POSSIAMO CONTESTARE PRATICAMENTE TUTTI.
Il dramma sono le esecuzioni immobiliari.
SOLO A PADOVA E PROVINCIA SONO CIRCA 18 MILA. Noi abbiamo in corso circa 3.200 contenziosi su 4 mila casi analizzati e ne chiudiamo in continuazione. Il caso più eclatante è quello del povero martire suicida Giovanni Schiavon, che nel dicembre 2011 si è sparato un colpo di pistola alla testa, per debiti. Aveva due NPL CREDITI DETERIORATI FALSI e FARLOCCHI con due grandi banche, per circa 100 mila euro, ma dopo 5 anni di battaglie giudiziarie abbiamo dimostrato in tribunale a Padova, che era creditore e non debitore per complessivi 300 mila euro, per i motivi sopra elencati e per il superamento sistematico del tasso soglia di usura. Se tanto mi da tanto e fatte le dovute proporzioni, su 50 mila crediti deteriorati NPL ceduti dalla Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca alla "BAD BANK" SGA SPA di Napoli, di proprietà dello Stato, ne possiamo contestare 40 mila. Sono in corso 500 mila cause civili.
Vengono transate circa 100 mila posizioni l'anno. Sono state emesse 25 mila sentenze, anche della Suprema Corte di Cassazione, civile e penale. A Padova è in corso l'unico processo del Veneto per USURA AGGRAVATA IN CONCORSO a carico di tre direttori di filiale e due banche. La Cassa di Risparmio del Veneto, gruppo Intesa SanPaolo e la Banca di Credito Cooperativo dei Colli Euganei di LOZZO ATESTINO Padova, già condannata in sede civile per USURA, con sentenza passata in giudicato per avere superato il tasso SOGLIA massimo previsto dalla legge per 18 trimestri su 18, con un tasso massimo del 58,98%.
Se farete la BAD BANK NAZIONALE oppure LE BADS BANKS REGIONALI, CON DECRETO (CRIMINALE) VI ASSUMERETE UNA GRAVISSIMA RESPONSABILITÀ, ECONOMICA, POLITICA E STORICA. TI CHIEDO CORTESEMENTE UN INCONTRO MOLTO URGENTE, POSSIBILMENTE NELLA SEDE DI CONFEDERCONTRIBUENTI VENETO A CASALSERUGO (PD).
Cordiali saluti
Alfredo Belluco
presidente Veneto e vicepresidente nazionale CONFEDERCONTRIBUENTI
3396473870 049 7995418 800 814603
* * *
Si uccise per i debiti con le banche ma era in credito
di Alessandro Gonzato*
Sono passati più di quattro anni da quando Giovanni Schiavon, allora titolare dell'azienda edile Eurostrade 90, si uccise nel proprio ufficio sparandosi un colpo di pistola alla testa. Fu la figlia, Flavia, a trovarne il cadavere in una pozza di sangue. La tragedia si consumò il 12 dicembre 2012 a Vigonza, nel Padovano. Schiavon si suicidò perché, a causa dei continui ritardi nei pagamenti da parte dei clienti - tra cui più di un ente pubblico - e di uno Stato che non l'aveva tutelato, non riusciva più a pagare i dipendenti. Vantava crediti per circa 200 mila euro. Ma c'era anche dell'altro. L'imprenditore era disperato perché le banche gli chiedevano con insistenza di rientrare di una serie di prestiti ricevuti. Oggi però, stando alla relazione del consulente tecnico nominato dal tribunale di Padova a cui la vedova e la figlia si sono rivolte, si scopre che non soltanto probabilmente non doveva nulla alle banche, ma anzi erano queste a dovere all'imprenditore una somma notevole, tra i 60 e i 200 mila euro.
«Dipende da quando vengono fatti scattare i termini della prescrizione» conferma a Libero l'avvocato Fabio Greggio, che tutela gli interessi della famiglia. Ma com'è possibile che si sia arrivati a un simile e tragico paradosso? I due istituti di credito con cui Schiavon aveva i conti correnti avrebbero capitalizzato gli interessi accrescendoli oltre misura e per la restituzione dei prestiti avrebbero preteso tassi da usura. Insomma, Schiavon sarebbe stato vittima di anatocismo bancario e usura.
Questo è quanto è stato scritto in tre perizie diverse consegnate dal perito tecnico al giudice, il quale dovrà decidere se gli istituti di credito dovranno risarcire o meno la famiglia. Una delle due banche, per chiudere la questione, ha proposto una transazione, che però la controparte ha rifiutato. «Al momento non la riteniamo soddisfacente» sottolinea il legale.
Flavia Schiavon ricorda il padre come «un uomo onesto che avrebbe potuto fare come fanno tanti, chiudere la società, aprirne un' altra e lasciare i debiti in quella vecchia, mandando a casa i dipendenti. Ma non l' ha fatto». L'azienda è in liquidazione. La figlia dice che riesce a pagare le cartelle di Equitalia solo grazie all' aiuto dei parenti, e che non passa giorno senza che i fornitori si facciano vivi per chiedere soldi.
Avevano bussato alle porte della ditta già due settimane dopo il suicidio del titolare. Allora avevamo scritto dello sfogo della figlia e della vedova, la signora Daniela Franchin, distrutte dal dolore e amareggiate perché molti dei fornitori che pretendevano di essere pagati, negli anni erano diventati amici e tutti erano sempre stati remunerati puntualmente.
Alla Eurostrade 90, pochi mesi dopo la morte di Schiavon, era stata notificata un'ingiunzione di pagamento da 180 mila euro. La figlia aveva anche ricevuto una lettera anonima in cui veniva accusata di sfruttare la morte del genitore per andare sui giornali e in cui le si consigliava di fare la stessa fine. Fu dopo aver letto quella lettera vergata con infamia che Flavia Schiavon rinunciò alla presidenza dell' associazione ideata per riunire le famiglie vittime di suicidi dovuti alla crisi sul lavoro. Durante quelle maledette ultime settimane del 2012, nel Padovano, oltre all'imprenditore edile di Vigonza si suicidarono altri tre titolari d' azienda stritolati dai crediti, non dai debiti. Il Veneto, con un centinaio di suicidi, negli ultimi cinque anni è stata la regione che ha pagato più a caro prezzo la crisi e il totale menefreghismo dimostrato dallo Stato nei confronti di una terra che ogni anno regala più di 20 miliardi di residuo fiscale a Roma. Ora si scopre che probabilmente uno degli imprenditori simbolo di quella lunga scia di sangue si è tolto la vita angosciato da debiti che in realtà non aveva. E se non fosse stato l' unico ad ammazzarsi per colpa di banche che chiedono indietro soldi che non solo non gli spettano e che anzi devono restituire ai clienti?
* Fonte: Libero quotidiano
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