[19 luglio 2017]
Nella foto gli operai FIAT dello stabilimento di Kragujevac (2mila dipendenti) in corteo alcuni giorni fa.
«I lavoratori degli impianti della Fiat di Kragujevac, città della Serbia centrale, sono in scioperoda più di due settimane. Tra le loro richieste vi è un aumento del salario minimo e una diversificazione degli orari di lavoro, giacché hanno risentito dei tagli alla produzione e al personale decisi nel 2016. Per sbloccare la situazione, il 14 luglio Alfredo Altavilla, direttore operativo dell’FCA Group, è atteso a Kragujevac per i negoziati con i rappresentanti dei lavoratori.
Le proteste
Le proteste dei lavoratori dell’impianto noto per la produzione della Fiat 500L sono iniziate nell’ultima settimana di giugno e non si sono mai interrotte. Anzi, i primi giorni di luglio il rappresentante dei comitato di sciopero Zoran Markovic ha annunciato una radicalizzazione delle proteste. I lavoratori sono disponibili a essere presenti in fabbrica, ma non a riprendere la produzione. Richiedono l’aumento della base lorda salariale a 50.000 dinari (circa 416 euro), una turnazione diversa che possa migliorare gli orari di lavoro degli operai impiegati su più turni, bonus di produzione e indennità di trasporto. La gestione dell’impianto ha risposto a tali dichiarazioni asserendo che non è possibile accettare una recrudescenza delle modalità dello sciopero.
Il primo ministro serbo Ana Brnabic ha dichiarato, come riportato dall’agenzia di stampa Tanjug, che a causa di questi scioperi ci rimettono tutte le parti in causa: in primis la Serbia che detiene il 33% delle quote dell’impianto di Kragujevac, in secondo luogo la Fiat, che perde output di produzione e infine i lavoratori stessi, che scioperando non ottengono giorni di stipendio. Di più la Brnabic ha denunciato il rischio che le proteste possano allontanare ulteriori investitori esteri, spaventati dall’immagine di lavoratori non disposti a onorare il contratto di lavoro. La premier ha quindi invitato gli operai ad interrompere lo sciopero, proponendosi come mediatore tra i lavoratori e la dirigenza. La mediazione tra le parti è infatti una prassi prevista per legge in caso di scioperi.
La Fiat in Serbia
Gli accordi tra Fiat e governo serbo sono protetti dal segreto di Stato, ma in base ai bilanci e ai paragoni tra le varie annate si può capire l’indotto che genera la produzione di Kragujevac. Nel 2016 lo Stato serbo ha versato alla Fiat 3,8 miliardi di dinari (quasi 30 milioni di euro), mentre il Lingotto ha potuto beneficiare di agevolazioni per il pagamento dell’Iva. Va aggiunto che la Fiat in Serbia è dispensata dal versamento dei contributi per i lavoratori per dieci anni, e gode dell’esenzione delle imposte locali e sulle tasse di realizzazione del piano urbano per il complesso industriale. Gode inoltre di tassi agevolati sui prestiti della Banca Europea per gli investimenti e di uno sconto sulle forniture energetiche: in sostanza la Fiat in Serbia sembra godere, bilanci annuali alla mano, di agevolazioni tipiche di un’azienda che deve svilupparsi da zero, nonostante la produzione di auto a marchio Fiat avvenga dal 2008.
Nel 2016 lo stabilimento serbo subì un ridimensionamento in termini di organico, e furono licenziati 882 dipendenti. Questo dramma umano fu causato da un enorme calo di produzione che interessò l’impianto: va aggiunto però che il calo delle esportazioni di autovetture a benzina è stata in parte sostituito dall’aumento delle esportazioni di altri prodotti che escono dalla fabbrica. L’economista Dragan Milicevic sostiene che il modello di business di Kragujevac ha esaurito il suo corso, e la Fiat Srbija si regge in buona parte sugli aiuti di Stato e nel risparmio che hanno nel pagare i 2.400 dipendenti rimasti con salari minimi.
I portavoce dei lavoratori esortano la premier Brnabic a rendere pubblico l’accordo di Belgrado con il Lingotto, per dimostrare che la Fiat in Serbia ha ottenuto enormi benefit, e che la responsabilità dei problemi che conseguono lo sciopero non può essere addossata alla forza lavoro, in quanto retribuita meno della media nazionale».
Nella foto gli operai FIAT dello stabilimento di Kragujevac (2mila dipendenti) in corteo alcuni giorni fa.
«I lavoratori degli impianti della Fiat di Kragujevac, città della Serbia centrale, sono in scioperoda più di due settimane. Tra le loro richieste vi è un aumento del salario minimo e una diversificazione degli orari di lavoro, giacché hanno risentito dei tagli alla produzione e al personale decisi nel 2016. Per sbloccare la situazione, il 14 luglio Alfredo Altavilla, direttore operativo dell’FCA Group, è atteso a Kragujevac per i negoziati con i rappresentanti dei lavoratori.
Presidio davanti alla fabbrica di Kragujevac |
Le proteste
Le proteste dei lavoratori dell’impianto noto per la produzione della Fiat 500L sono iniziate nell’ultima settimana di giugno e non si sono mai interrotte. Anzi, i primi giorni di luglio il rappresentante dei comitato di sciopero Zoran Markovic ha annunciato una radicalizzazione delle proteste. I lavoratori sono disponibili a essere presenti in fabbrica, ma non a riprendere la produzione. Richiedono l’aumento della base lorda salariale a 50.000 dinari (circa 416 euro), una turnazione diversa che possa migliorare gli orari di lavoro degli operai impiegati su più turni, bonus di produzione e indennità di trasporto. La gestione dell’impianto ha risposto a tali dichiarazioni asserendo che non è possibile accettare una recrudescenza delle modalità dello sciopero.
Il primo ministro serbo Ana Brnabic ha dichiarato, come riportato dall’agenzia di stampa Tanjug, che a causa di questi scioperi ci rimettono tutte le parti in causa: in primis la Serbia che detiene il 33% delle quote dell’impianto di Kragujevac, in secondo luogo la Fiat, che perde output di produzione e infine i lavoratori stessi, che scioperando non ottengono giorni di stipendio. Di più la Brnabic ha denunciato il rischio che le proteste possano allontanare ulteriori investitori esteri, spaventati dall’immagine di lavoratori non disposti a onorare il contratto di lavoro. La premier ha quindi invitato gli operai ad interrompere lo sciopero, proponendosi come mediatore tra i lavoratori e la dirigenza. La mediazione tra le parti è infatti una prassi prevista per legge in caso di scioperi.
La Fiat in Serbia
Gli accordi tra Fiat e governo serbo sono protetti dal segreto di Stato, ma in base ai bilanci e ai paragoni tra le varie annate si può capire l’indotto che genera la produzione di Kragujevac. Nel 2016 lo Stato serbo ha versato alla Fiat 3,8 miliardi di dinari (quasi 30 milioni di euro), mentre il Lingotto ha potuto beneficiare di agevolazioni per il pagamento dell’Iva. Va aggiunto che la Fiat in Serbia è dispensata dal versamento dei contributi per i lavoratori per dieci anni, e gode dell’esenzione delle imposte locali e sulle tasse di realizzazione del piano urbano per il complesso industriale. Gode inoltre di tassi agevolati sui prestiti della Banca Europea per gli investimenti e di uno sconto sulle forniture energetiche: in sostanza la Fiat in Serbia sembra godere, bilanci annuali alla mano, di agevolazioni tipiche di un’azienda che deve svilupparsi da zero, nonostante la produzione di auto a marchio Fiat avvenga dal 2008.
Nel 2016 lo stabilimento serbo subì un ridimensionamento in termini di organico, e furono licenziati 882 dipendenti. Questo dramma umano fu causato da un enorme calo di produzione che interessò l’impianto: va aggiunto però che il calo delle esportazioni di autovetture a benzina è stata in parte sostituito dall’aumento delle esportazioni di altri prodotti che escono dalla fabbrica. L’economista Dragan Milicevic sostiene che il modello di business di Kragujevac ha esaurito il suo corso, e la Fiat Srbija si regge in buona parte sugli aiuti di Stato e nel risparmio che hanno nel pagare i 2.400 dipendenti rimasti con salari minimi.
I portavoce dei lavoratori esortano la premier Brnabic a rendere pubblico l’accordo di Belgrado con il Lingotto, per dimostrare che la Fiat in Serbia ha ottenuto enormi benefit, e che la responsabilità dei problemi che conseguono lo sciopero non può essere addossata alla forza lavoro, in quanto retribuita meno della media nazionale».
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