[ 30 luglio 2017 ]
I 25 milioni per Cattaneo potrebbero essere pochi
Alcuni lettori mi chiedono di commentare, come ex manager ed ex ceo di una multinazionale quotata a Wall Street, la fuoriuscita di Flavio Cattaneo da Telecom, con maxi liquidazione di 25 milioni. Lo confesso come ex non sono in grado di farlo. Stiamo parlando di due ere geologiche diverse, culturalmente lontanissime, anche se pochi sono gli anni trascorsi. Ho operato nell’ultimo periodo del capitalismo classico, quello che scompare a metà degli anni Novanta, con l’esplosione della cosiddetta New economy. Lì nasce e muove i primi passi il ceo capitalism. Cos’è il ceo capitalism? Per chi non si accontenta della mia sintesi brutale “Una versione criminale del capitalismo classico”, vada a leggersi da pagina 39 a 54 del mio ultimo libro America. Un romanzo gotico (Marsilio): racconto un celebre modello di quella fauna. Nel capitalismo classico l’imprenditore e il manager (spesso convivevano) erano leader culturalmente “rotondi”, si muovevano secondo protocolli, a volte anche spregiudicati, ma sempre definiti e rigorosi. Nel ceo capitalism l’imprenditore è scomparso (surrogato da azionisti, in genere Fondi), il manager sostituito da una versione pseudo manageriale “concava”, che trovo più corretto chiamare deal maker.
Manager e deal maker sono due figure lontanissime fra di loro. L’uno, il manager, doveva far crescere (mi si passi il termine, armonicamente) l’azienda in termini di prodotti-mercati, quindi era attento all’innovazione, allo sviluppo del business, degli uomini, e aveva come orizzonte il medio lungo termine. L’altro, il deal maker, deve perseguire la crescita attraverso l’abbattimento dei costi (tanti e subito), per far aumentare il valore di borsa, e come orizzonte ha il trimestre, al massimo l’anno.
In un caso ci si comportava come i generali di un tempo che giuravano sulla bandiera della patria, nell’altro il modello è quello dalla pirateria del Seicento. I contratti dei deal maker attuali sono la versione moderna delle “lettera da corsa”, documenti di incarico dei Re che autorizzavano il “corsaro” a depredare, per conto loro, le navi nemiche di proprietà di altri Stati, di altri Re. L’importante è stabilire di volta in volta se trattasi di “corsari” (mercenari che depredavano solo le navi nemiche al loro Re) o di “pirati” (banditi liberi che depredavano chi capitava). Allora e oggi, quello da depredare resta sempre lo Stato, le sue proprietà, le sue leggi-regolamenti, ovvero tacitare i suoi magistrati. Come? Con la corruzione appunto, ma nuova, non sta più nelle valigette 24 ore, ma nelle teste dei contraenti (lo scambio si può materializzare a distanza di anni, a volte in forme anche curiose), infatti la chiamano lobbying, disruptive innovation, etc. dandogli una dignità culturale che ovviamente non ha.
In questo senso il caso di Telecom è stato affascinante fin dalla nascita, vent’anni fa, perché è un caso di scuola, è un caso di vita, io l’ho studiato molto fin da quell’incontro (magico per alcuni, sciagurato per altri) Van Miert-Andreatta che mise in moto il successivo Ambaradan, ma mai ho voluto scriverci, perché mi vergognavo. L’ho sintetizzato recentemente in un tweet (Twitter è la mia seconda pelle, quella dell’ironia, verso gli altri e verso me stesso). Eccolo: “Telecom? La carcassa di un elefante che da anni alimenta, sempre con carne fresca, diversi animali della savana”.
Andando alla ciccia, non sono in grado di stabilire se i 25 milioni di € dati a Cattaneo siano giusti, troppi, troppo pochi, bisognerebbe conoscere cosa c’era scritto nella “lettera di corsa” e a quanto ammonta, subito o in prospettiva, il bottino consegnato al Re (francese). Secondo me, sono pochi.
* Fonte: Riccardo Ruggeri
Nel suo famoso libro "Capitalismo, socialismo e democrazia" il grande economista austriaco e liberale Joseph Schumpeter teorizzava che che nel suo sviluppo il capitalismo avrebbe fatto fuori i classici capitani d'industria, i singoli proprietari, i quali sarebbero stato sostituti da burocrati-manager.
Scriveva Schumpeter seguendo la profezia di Marx: «L'unità industriale gigante perfettamente burocratizzata soppianta non solo l'azienda piccola e media e ne "espropria" i proprietari, ma soppianta in definitiva l'imprenditore ed espropria la borghesia, come classe destinata a perdere tanto il suo reddito, quanto (cosa molto più importante) la sue stessa funzione».
Tesi, questa della tendenziale scomparsa della borghesia (trapasso al "capitalismo assoluto"), a sua volta ripresa dal compianto Costanzo Preve.
Dalla sua previsione Schumpeter, ancora una volta sulla scia di Marx, sentenziava: "Può sopravvivere il capitalismo? No, non lo credo. Può funzionare il socialismo? Certamente".
Marx e Schumpeter avevano intravisto una tendenza che effettivamente si è inverata.
Il risultato tuttavia non è stato il socialismo, bensì il capitalismo casinò o, come lo definisce Ruggeri (che dall'interno ha vissuto la metamorfosi), ceo-capitalism —dove ceo sta per amministratore delegato.
Di Ruggeri avevamo pubblicato giorni addietro il suo grido di battaglia contro il "neofeudalesimo" delle grandi multinazionali californiane.
I 25 milioni per Cattaneo potrebbero essere pochi
Alcuni lettori mi chiedono di commentare, come ex manager ed ex ceo di una multinazionale quotata a Wall Street, la fuoriuscita di Flavio Cattaneo da Telecom, con maxi liquidazione di 25 milioni. Lo confesso come ex non sono in grado di farlo. Stiamo parlando di due ere geologiche diverse, culturalmente lontanissime, anche se pochi sono gli anni trascorsi. Ho operato nell’ultimo periodo del capitalismo classico, quello che scompare a metà degli anni Novanta, con l’esplosione della cosiddetta New economy. Lì nasce e muove i primi passi il ceo capitalism. Cos’è il ceo capitalism? Per chi non si accontenta della mia sintesi brutale “Una versione criminale del capitalismo classico”, vada a leggersi da pagina 39 a 54 del mio ultimo libro America. Un romanzo gotico (Marsilio): racconto un celebre modello di quella fauna. Nel capitalismo classico l’imprenditore e il manager (spesso convivevano) erano leader culturalmente “rotondi”, si muovevano secondo protocolli, a volte anche spregiudicati, ma sempre definiti e rigorosi. Nel ceo capitalism l’imprenditore è scomparso (surrogato da azionisti, in genere Fondi), il manager sostituito da una versione pseudo manageriale “concava”, che trovo più corretto chiamare deal maker.
Manager e deal maker sono due figure lontanissime fra di loro. L’uno, il manager, doveva far crescere (mi si passi il termine, armonicamente) l’azienda in termini di prodotti-mercati, quindi era attento all’innovazione, allo sviluppo del business, degli uomini, e aveva come orizzonte il medio lungo termine. L’altro, il deal maker, deve perseguire la crescita attraverso l’abbattimento dei costi (tanti e subito), per far aumentare il valore di borsa, e come orizzonte ha il trimestre, al massimo l’anno.
In un caso ci si comportava come i generali di un tempo che giuravano sulla bandiera della patria, nell’altro il modello è quello dalla pirateria del Seicento. I contratti dei deal maker attuali sono la versione moderna delle “lettera da corsa”, documenti di incarico dei Re che autorizzavano il “corsaro” a depredare, per conto loro, le navi nemiche di proprietà di altri Stati, di altri Re. L’importante è stabilire di volta in volta se trattasi di “corsari” (mercenari che depredavano solo le navi nemiche al loro Re) o di “pirati” (banditi liberi che depredavano chi capitava). Allora e oggi, quello da depredare resta sempre lo Stato, le sue proprietà, le sue leggi-regolamenti, ovvero tacitare i suoi magistrati. Come? Con la corruzione appunto, ma nuova, non sta più nelle valigette 24 ore, ma nelle teste dei contraenti (lo scambio si può materializzare a distanza di anni, a volte in forme anche curiose), infatti la chiamano lobbying, disruptive innovation, etc. dandogli una dignità culturale che ovviamente non ha.
In questo senso il caso di Telecom è stato affascinante fin dalla nascita, vent’anni fa, perché è un caso di scuola, è un caso di vita, io l’ho studiato molto fin da quell’incontro (magico per alcuni, sciagurato per altri) Van Miert-Andreatta che mise in moto il successivo Ambaradan, ma mai ho voluto scriverci, perché mi vergognavo. L’ho sintetizzato recentemente in un tweet (Twitter è la mia seconda pelle, quella dell’ironia, verso gli altri e verso me stesso). Eccolo: “Telecom? La carcassa di un elefante che da anni alimenta, sempre con carne fresca, diversi animali della savana”.
Andando alla ciccia, non sono in grado di stabilire se i 25 milioni di € dati a Cattaneo siano giusti, troppi, troppo pochi, bisognerebbe conoscere cosa c’era scritto nella “lettera di corsa” e a quanto ammonta, subito o in prospettiva, il bottino consegnato al Re (francese). Secondo me, sono pochi.
3 commenti:
a me questa mitologia del buon borghese padrone della fabbrica, che in fondo non è nemico dei lavoratori perchè ha interesse alla crescita delle vendite, e quindi a pagare bene gli operai perchè possano anche essere consumatori, e se le vendite crescono c'è posto per altri operai, mi sembra semplicemente ridicola.
Il sistema economico non si chiama "Borghesismo", si chiama "capitalismo". Il fine è l'accrescimento di capitale, la fabbrica era un mezzo classico, la speculazione pura è il mezzo moderno, ma il signor Cattaneo non è meno borghese degli Agnelli, eh....
Amaryllide
Infatti.
Viene da ridere anche a me.
Quello che i volenterosi anziani militanti di Sollevazione non capiscono è che stanno accodandosi alla banalissima media borghesia che cerca solamente di recuperare la propria rendota di posizione ma che non ha la benché minima intenzione di mettere in discussione l'ordine costituito.
Ossia, attenzione, non ha nessuna intenzione di mettere in discussione né le attuali élite né il sistema tardo capitalistico che stanno mettendo in atto.
Quindi gli anziani militanti di Sollevazione credono che assecondando queste spinte della borghesia medio alta e medio piccola verso il recupero del patriottismo e il ruolo del buon padrone borghese di una volta, riusciranno a portare il dissenso sociale verso il conflitto aperto pssia verso la famosa "sollevazione popolare".
Colossale sciocchezza: la borghesia che oggi protesta ha come primissimi punti fermi la sottomissione a una autorità e l'individuazione di una classe sociale sfavorita che si accolli il peso delle contraddizioni del capitalismo IN MODO DA CONSENTIRE IL BENESSERE ALLA CLASSE MEDIA...
Altro che "sollevazione popolare" vogliono i signori borghesi, sia i medio alti tendenzialmente illuminati che i piccoli tendenzialmente fascistoidi.
Invece i baldi e giovani militanti "cosmopoliti","internazionalisti",sinistrati duri e puri,cosa propongono?Il ritornello lo conosciamo noi anziani, magari non militanti di Sollevazione,anziani che però hanno conosciuto le lotte di liberazione nazionale ed hanno capito da tempo quanto sia inconsistente,vacua e parolaia la cosiddetta "sinistra"cosiddetta "antagonista"e quanto sia pericolosa per le classi dominate.Fatevi un esamino di coscienza,ma soprattutto STUDIATE bene quali sono le FORME che assume il capitale nell'epoca della sua massima espansione e riproduzione all'interno dei singoli stati/nazione e capirete quanto sia determinante riappropiarsi della sovranità statale assieme ad una autonoma azione di governo.Pretesa che lascia il tempo che trova perchè voi,si sa,auspicate una lotta "internazionalista"con al fianco(come mai?),quelle élites che vogliono proprio quello che non vogliamo noi,la sopressione dello stato/nazione,unico baluardo alla scomparsa definitiva non solo delle classi medie come dite,ma anche e in primis di quel proletariato che dite(a parole)di proteggere da una borghesia nazionale,brutta ,sporca e cattiva verso cui è ancora possibile lottare,contro le multinazionali,invece, la sconfitta e un neofeudalesimo schiavistico sono certi.Frasi gettate al vento,perchè voi,comunque,resterete quello che in fondo siete sempre stati,in attesa di un Godot che vi porti la "rivoluzione proletaria mondiale".Continuate pure ad aspettare Godot,buona fortuna.Luciano
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