[ 14 maggio 2017 ]
Cari tutti compagni di Eurostop,
Nel momento in cui stiamo tentando di “fare il salto”, ovvero sostenere il passaggio da coordinamento a soggetto politico unificato, ritengo sia ineludibile sciogliere un nodo che è preliminare a tutto quanto il resto.
Lo faccio, data la posta in palio, senza troppi giri di parole.
Questo “nodo preliminare” si chiama SOVRANITÀ NAZIONALE.
Che questo concetto sia divisivo tra noi, è cosa nota.
Ogni volta che abbiamo sollecitato una riflessione sulla questione della SOVRANITÀ NAZIONALE, abbiamo infatti registrato forti resistenze.
Molti tra noi ritengono che impugnare da sinistra l’idea della difesa della SOVRANITÀ NAZIONALE (contro non solo la gabbia della Ue ma come via per lo sganciamento dalla grande globalizzazione imperialista) sia un cedimento al nazionalismo, da cui deriverebbe un inevitabile connubio strategico con le destre xenofobe e sicuritarie —alla Le Pen per intenderci.
Non è così.
Abbiamo spiegato, ogni volta che ci è stato possibile, che dovremmo fare nostra la tradizione del patriottismo democratico, costituzionale e quindi antifascista. Tradizione che viene da molto lontano e che fu il suggello identitario e unitario della Resistenza.
Un discorso simbolico che ci consentirebbe (nel contesto storico in cui siamo, segnato dalla tendenza mondialista a fare strame delle sovranità statuali —gli Stati restano ovviamente, ma solo come guardiani notturni e sbirreschi degli interessi delle multinazionali e della grande finanza predatoria) sia di opporci alla visione del mondo cosmopolitico-imperialistica*; che di contrastare l’avanzata nel campo proletario e popolare delle destre nazionaliste e sicuritarie.
Di più, ci consentirebbe di fare spazio al nostro soggetto politico entrando in quella “connessione emotiva e sentimentale con il popolo”, riuscendo a parlare alla pancia e al cuore di chi sta in basso, liberandoci dalla sindrome dell’intellettualismo e del programmismo che paralizza i marxisti.
Per fare così del soggetto politico il perno di un ampio blocco sociale, antioligarchico e antiliberista.
Di qui la nostra insistenza nel fare nostro ciò che ci serve della modalità populistica. Modalità che dato il tramonto delle élite dominanti e del “politicamente corretto” lib-lab è diventata oramai il modus operandi di ogni campo politico —di qui la tesi che è necessariamente nel “campo populista” che si gioca la partita dell’egemonia.
Dalla Francia, questo è il punto compagni, ci viene una conferma empirica, non temo di esagerare, strepitosa, di quanto stiamo dicendo.
Il fatto davvero enorme della contesa delle presidenziali è infatti la potente avanza della France Insoumise di J.L. Mélenchon.
Cari tutti compagni di Eurostop,
Nel momento in cui stiamo tentando di “fare il salto”, ovvero sostenere il passaggio da coordinamento a soggetto politico unificato, ritengo sia ineludibile sciogliere un nodo che è preliminare a tutto quanto il resto.
Lo faccio, data la posta in palio, senza troppi giri di parole.
Questo “nodo preliminare” si chiama SOVRANITÀ NAZIONALE.
Che questo concetto sia divisivo tra noi, è cosa nota.
Ogni volta che abbiamo sollecitato una riflessione sulla questione della SOVRANITÀ NAZIONALE, abbiamo infatti registrato forti resistenze.
Molti tra noi ritengono che impugnare da sinistra l’idea della difesa della SOVRANITÀ NAZIONALE (contro non solo la gabbia della Ue ma come via per lo sganciamento dalla grande globalizzazione imperialista) sia un cedimento al nazionalismo, da cui deriverebbe un inevitabile connubio strategico con le destre xenofobe e sicuritarie —alla Le Pen per intenderci.
Non è così.
Abbiamo spiegato, ogni volta che ci è stato possibile, che dovremmo fare nostra la tradizione del patriottismo democratico, costituzionale e quindi antifascista. Tradizione che viene da molto lontano e che fu il suggello identitario e unitario della Resistenza.
Un discorso simbolico che ci consentirebbe (nel contesto storico in cui siamo, segnato dalla tendenza mondialista a fare strame delle sovranità statuali —gli Stati restano ovviamente, ma solo come guardiani notturni e sbirreschi degli interessi delle multinazionali e della grande finanza predatoria) sia di opporci alla visione del mondo cosmopolitico-imperialistica*; che di contrastare l’avanzata nel campo proletario e popolare delle destre nazionaliste e sicuritarie.
Di più, ci consentirebbe di fare spazio al nostro soggetto politico entrando in quella “connessione emotiva e sentimentale con il popolo”, riuscendo a parlare alla pancia e al cuore di chi sta in basso, liberandoci dalla sindrome dell’intellettualismo e del programmismo che paralizza i marxisti.
Per fare così del soggetto politico il perno di un ampio blocco sociale, antioligarchico e antiliberista.
Di qui la nostra insistenza nel fare nostro ciò che ci serve della modalità populistica. Modalità che dato il tramonto delle élite dominanti e del “politicamente corretto” lib-lab è diventata oramai il modus operandi di ogni campo politico —di qui la tesi che è necessariamente nel “campo populista” che si gioca la partita dell’egemonia.
Dalla Francia, questo è il punto compagni, ci viene una conferma empirica, non temo di esagerare, strepitosa, di quanto stiamo dicendo.
Il fatto davvero enorme della contesa delle presidenziali è infatti la potente avanza della France Insoumise di J.L. Mélenchon.
Diverse sono le cause del suo sfondamento, ma la principale è proprio aver fatto suo il discorso patriottico, senza per questo fare alcuna concessione al nazionalismo revanchista, xenofobo e islamofobo —discorso patriottico che del resto ha dovuto, pur a chiacchiere, utilizzare lo stesso Macron.
Ci sono due immagini icastiche che danno l’idea del passaggio avvenuto con France Insoumise rispetto al Front de Gauche (presidenziali del 2012) e che spiegano il raddopio dei voti.
Mi permetto di segnalarvele qui sotto. Parlano da sole.
Nella foto a sinistra il comizio di chiusura di Mèlenchon nelle presidenziali del 2012. In quella di destra la chiusura della campagna per le recenti presidenziali 2017. Il tricolore francese ha rimpiazzato la bandiera rossa, senza per questo abdicare né agli ideali del socialismo, né venir meno alla difesa degli interessi di classe del proletariato.
E’ quella la strada, la sola strada che ci resta, se davvero vogliamo dare vita ad un soggetto unificato che esca dal recinto dell’estrema sinistra e punti all’egemonia nel campo antioligarchico e antiliberista, alternativo dunque ai cinque stelle, per non palare della Lega salviniana.
E’ questa la strada che come P101, assieme ai compagni di Risorgimento Socialista, Noi Mediterranei e Indipendenza e Costituzione, abbiamo intrapreso dando vita alla Confederazione per la Liberazione Nazionale, che potrebbe raggiungere Eurostop ove noi, come ci auguriamo, ci decideremo ad imboccare la strada indicata dalla sinistra popolare francese.
Possiamo discettare ancora mesi su piattaforme programmatiche e “carte dei valori”, perderemo solo tempo se non scioglieremo il nodo gordiano della SOVRANITÀ NAZIONALE.
Ce la farà Eurostop?
Ce lo auguriamo, prevale tuttavia in noi, un ragionevole pessimismo.
Moreno Pasquinelli
E’ quella la strada, la sola strada che ci resta, se davvero vogliamo dare vita ad un soggetto unificato che esca dal recinto dell’estrema sinistra e punti all’egemonia nel campo antioligarchico e antiliberista, alternativo dunque ai cinque stelle, per non palare della Lega salviniana.
E’ questa la strada che come P101, assieme ai compagni di Risorgimento Socialista, Noi Mediterranei e Indipendenza e Costituzione, abbiamo intrapreso dando vita alla Confederazione per la Liberazione Nazionale, che potrebbe raggiungere Eurostop ove noi, come ci auguriamo, ci decideremo ad imboccare la strada indicata dalla sinistra popolare francese.
Possiamo discettare ancora mesi su piattaforme programmatiche e “carte dei valori”, perderemo solo tempo se non scioglieremo il nodo gordiano della SOVRANITÀ NAZIONALE.
Ce la farà Eurostop?
Ce lo auguriamo, prevale tuttavia in noi, un ragionevole pessimismo.
Moreno Pasquinelli
12 maggio 2017
* Cosmpolitismo borghese che partendo da Kant e passando per Kelsen, su su, arriva fino a Habermas ed a Norberto Bobbio e Luigi Ferrajoli. Ciò per dire che il liberismo sfrenato, la destra economica, ha conquistato sin dagli anno ‘80 l’egemonia ideologica, solo grazie alla copertura strumentale di un certo pensiero di sinistra. Pensiero borghese, certamente, che ha tuttavia contaminato in maniera devastante lo sterile gauchisme europeo (il negrismo su tutti), il cui internazionalismo funge da foglia di fico del cosmpolitismo imperialista. Un cosmopolitismo, ce lo ricordava Gramsci nei Quaderni quando scriveva sugli intellettuali e il risorgimento, che in Italia veniva rafforzato dall’antinazionale universalismo cattolico. E quanto ciò sia vero lo si vede nel pietismo moralistico e anti-politico sulla vicenda dell’immigrazione e quanto a fondo esso abbia contaminato di sé la sinistra.
* Cosmpolitismo borghese che partendo da Kant e passando per Kelsen, su su, arriva fino a Habermas ed a Norberto Bobbio e Luigi Ferrajoli. Ciò per dire che il liberismo sfrenato, la destra economica, ha conquistato sin dagli anno ‘80 l’egemonia ideologica, solo grazie alla copertura strumentale di un certo pensiero di sinistra. Pensiero borghese, certamente, che ha tuttavia contaminato in maniera devastante lo sterile gauchisme europeo (il negrismo su tutti), il cui internazionalismo funge da foglia di fico del cosmpolitismo imperialista. Un cosmopolitismo, ce lo ricordava Gramsci nei Quaderni quando scriveva sugli intellettuali e il risorgimento, che in Italia veniva rafforzato dall’antinazionale universalismo cattolico. E quanto ciò sia vero lo si vede nel pietismo moralistico e anti-politico sulla vicenda dell’immigrazione e quanto a fondo esso abbia contaminato di sé la sinistra.
8 commenti:
Condivido il senso complessivo del testo di Pasquinelli, un pò meno la forma. E non mi si venga a dire che la forma non conta, ci sono casi in cui la forma è sostanza. Qui prevale un tono quasi ultimativo verso eurostop e soprattutto si insiste nel sottolinearne i limiti anzichè cercare di stimolarne le potenzialità che pur ci sono. Inserire la nascente Cln in eurostop con un ruolo di stimolo positivo e costruttivo sarebbe la strada giusta. Pensare di essere autosufficienti e arrivare ad una rottura settaria sarebbe un errore. Come ha già dimostrato l'assemblea di Roma del 25 aprile la Cln è troppo debole (e con un'età media tristemente alta) per permettersi di andare da sola. Finirebbe come è già finito il coordinamento sinistra contro l'euro. Perchè ripetere con ostinazione gli stessi errori? Mah!!!
Da Melenchon prendete esempio anche voi però: pur avendo posizione più avanzate del PCF si è ben guardato dal rompere l'alleanza con i comunisti. Se ci fosse stato Pasquinelli in Francia avrebbe rotto immediatamente con il PCF (che ha posizioni politiche molto più arretrate rispetto ai compagni di Eurostop), finendo in una ennesima faida settaria e inconcludente. Questo spiega la differenza di metodo tra Melenchon e Pasquinelli. E i diversi risultati politici che ottengono.
Speriamo che Eurostop segua l'esempio francese.
Il PCF è quello che ha invitato a votare per Macron. E nel nome del non-settarismo ci si dovrebbe alleare con chi dice "mai coi fascisti" ma non sa dire "mai coi liberisti come Macron"? Chi fa questo ragionamento ha la solita coerenza a corrente alternata.
Mai con chi si è schierato con Macron.
La sola strada possibile è un'alleanza che comprenda la destra ma piuttosto di quello ci si allea...con Macron...e si discute ad infinitum su nazionalismo sì o no.
Nel frattempo in Francia vince la banca Rothschild, in Germania la Merkel e Renzi è tornato portando il PD davanti al M5S nei sondaggi.
Mi raccomando fate subito una riunione politica (preparatoria) fra anziani militanti.
Il tema, per sceglierne uno di forte impatto, potrebbe essere: "Perché i Grundrisse sono ancora attuali".
Ingressi numerati con prenotazione obbligatoria altrimenti non si trova posto in sala.
Realista e pratica la visione di Pasquinelli.
Ma va affrontato il punto ormai fondamentale: come reagire all'ormai neo-compromesso storico DC-PCI dei nostri giorni, PD M5S?
Cosa dice Pasquinelli? Si può essere ancora possibilisti su una declinazione sovranista nazionalpopolare del grillismo o lì la partita è chiusa? Grazie
Pur rimanendo strategicamente giusta e necessaria in prospettiva la scelta della creazione di un Comitato di nuova Liberazione Nazionale (ve lo avevo già indicato più di 3 anni e mezzo fa quando militavamo nella stessa organizzazione … ma fu lettera morta) va preso atto che il 4 dicembre 2016 non è stato purtroppo un nuovo 8 settembre 1943. Non è in iniziato per scelta e volontà di nessuna delle organizzazioni politiche istituzionali e non un attacco, un accerchiamento alle forze della reazione e della conservazione che erano state sconfitte ma, al contrario, è stato concesso e permesso loro tempo e spazio politico per riorganizzarsi e riordinare le fila per quindi poter contrattaccare. Questo fatto ha determinato, come ora verifichiamo, il rischio che non resti più abbastanza tempo per costruire e dare gambe a questa opzione strategica. Di conseguenza occorre che da subito sia messa tatticamente in essere e in campo un'altra proposta complementare ma alternativa al CLN che, pur contenendo in se molti dei suoi valor, abbia una forma politica e ideale agile, leggera e trasversale costruita su una prerogativa, quella che possiamo chiamare COSTITUENTE DEGLI AMMUTINATI. Perché dovremmo definirci ammutinati e non partigiani? Perché essere partigiano (soprattutto nell'immaginario collettivo) prefigura, anche se in embrione, una scelta ideale e una determinata presa di coscienza politica e sociale che ha già in se, seppur per grandi linee, ben definito l'approdo. L'ammutinato, di questo bagaglio politico ideale può non averne bisogno (e questo rende estremamente necessaria un'alta presenza di partigiani tra le fila degli ammutinati per poterne condizionare le scelte e le lotte). Esso non si ribella, si ammutina con un solo fine: togliere il comando e il potere a chi lo ha rimandando a dopo aver ottenuto questo la necessaria individuazione dei mezzi e delle forme per il superamento dello stato di schiavitù e di necessità in cui è stato relegato e costretto a condurre la propria esistenza. Ognuno lo decide e lo fa singolarmente con le proprie motivazioni ma cosciente e consapevole che per sperare di avere successo ha la necessità, l'obbligo di doversi mettere insieme e in relazione con tutti gli altri anche se animati, spinti da motivazioni e convinzioni diverse dalle sue che per loro disgrazia si trovano sulla stessa "barca" e subiscono lo stesso destino. Quello che vuole ottenere chi si ammutina non è la realizzazione di un mondo migliore per tutti. Il suo scopo, il suo fine è quello di porre fine al suo stato di necessità, di "buttare a mare il capitano che lo sta opprimendo" affinché il timone torni nelle proprie mani e decidere la futura rotta da intraprendere. Per costruire un domani migliore occorre saper agire giustamente oggi.
Pasquino55
La strada intrapresa dalla CLN è a mio modo di vedere corretta perché inclusiva su alcuni obiettivi chiari cementati sul nucleo "ideologico" della Costituzione del 1948.
La sovranità nazionale presupposto di quella popolare è imprescindibile.
Il resto sono chiacchiere e settarismo.
Ciò che rimane della sinistra storica che ha avuto il pregio di comprendere la questione dirimente del vincolo esterno della moneta unica non può chiudersi a progetti unitari sperando di far coincidere un processo confederativo come quello iniziato in Eurostop con l'annessione passiva di altre forze no euro di sinistra.
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