[ 19 maggio 2017 ]
L’ordine del discorso, in ogni momento storico, è intessuto di lemmi e formule che vengono utilizzate inerzialmente, a mo’ di mantra, senza che nessuno abbia contezza di cosa realmente essi veicolino. È il fenomeno che in “Essere e Tempo” Martin Heidegger chiamava “chiacchiera” (Gerede): la chiacchiera parla di tutto e non si appropria concettualmente mai veramente di nulla.
Credo che tra questi lemmi oggi oggetto di chiacchiera permanente figuri anche la “sovranità”. Tutti ne parlano, pochi sanno a cosa in concreto rimandi. La sovranità corrisponde alla qualità giuridica pertinente allo Stato in quanto potere originario e indipendente da ogni altro potere.
Ebbene, a voler essere rigorosi, le emorragie di sovranità in Italia iniziarono assai presto. È bene esserne consapevoli. Ed è, per ciò stesso bene, tenersi a distanza di sicurezza dalla chiacchiera.
In estrema sintesi, direi che tre sono i momenti fondamentali della perdita della sovranità del nostro Paese:
1) Patti Lateranensi (1929), con ingerenza permanente del Vaticano nello Stato italiano. Gentile e Gramsci, sia pure da prospettive diverse ma egualmente hegeliane, li criticarono spietatamente come momenti di attacco alla sovranità dello Stato come ente superiore alla religione.
2) Occupazione militare del suolo italiano con basi missilistiche made in Usa (1945). Quella che chiamiamo “Liberazione” fu, invece, il passaggio da un occupante a un altro: non “Liberazione”, dunque, ma “nuova occupazione”. Ancora oggi il nostro territorio nazionale è occupato da più di cento basi made in USA che rendono impossibile la sovranità militare e geopolitica. Se Washington decide che occorre bombardare la Libia, Roma deve eseguire cadavericamente.
c) Desovranizzazione politica, economica e monetaria: fu la volta dell’Unione Europea, segnatamente Maastricht (1992) e Lisbona (2007). Fu la volta della completa perdita dell’ultimo barlume di sovranità. Benvenuti, dunque, nel mondo a sovranità negata o, meglio, consentita per il solo mercato internazionale desovranizzato.
3 commenti:
Dei primi due punti non si può che darne carico e responsabilità al fascismo ( quello vero ) con buona pace dei sovranisti nostalgici di quel tipo di sovranismo.
Fusaro dimentica il discorso contro il Concordato pronunciato da Croce in Senato nel 1929 ("Parigi non vale una messa").
http://www.treccani.it/enciclopedia/croce-e-il-concordato-del-1929-parigi-non-vale-una-messa_%28Croce-e-Gentile%29/
La sovranità nazionale di uno stato è in funzione diretta della sua potenza. Un paese sconfitto in guerra è di necessità limitato nella sua sovranità, perché è tenuto sotto controllo dalle potenze vincitrici: vedi il destino di Italia, Germania e Giappone nel secondo dopoguerra. Gravissima fu la scelta dei Patti Lateranensi, che rende ancora oggi la nostra politica interna e internazionale condizionata dalle ingerenze di quell'Entità autocratica che è il Papato. Circa la perdita di sovranità in funzione dell'unificazione europea si è trattato di una scelta verticistica con la quale per un certo periodo la insipiente classe politica e imprenditoriale italiana ha creduto di poter risolvere le proprie difficoltà affidandosi alla tutela di paesi ritenuti più forti di noi politicamente ed economicamente. Ma poi le dinamiche della storia mondiale dopo la caduta dell'Unione Sovietica ci hanno fatto pagare il prezzo di quella scelta in termini di completa subordinazione all'asse franco-tedesco. Governi asserviti alla eurocrazia di Bruxelles e poi il governo Renzi, incapace di creare un fronte unitario dei paesi del Mediterraneo per controbilanciare l'egemonia franco-tedesca, hanno segnato la nostra marginalità nei processi decisionali europei. Essere sovranisti non significa affatto avere nostalgia del fascismo; significa rifiutare la logica europeista che, nei fatti, è espropriazione della autodeterminazione dei popoli posti sotto tutela dalle élites che gestiscono gli affari del capitalismo globale e dalla burocrazia eurocentrica che si è affermata senza alcuna legittimazione democratica.
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