[ 15 gennaio ]
Si è tenuta ieri a Roma la riunione nazionale di Eurostop, in
preparazione dell'assemblea
del 28 gennaio e della manifestazione del 25 marzo contro il vertice
dell'Unione Europea. L'incontro è stato anche l'occasione per fare il punto sulle
prospettive politiche di Eurostop. A questo proposito pubblichiamo di seguito
il breve testo per punti presentato da Giorgio Cremaschi.
1) La scelta della rottura con Euro
Ue e Nato non è finora stata una discriminante della politica italiana. Questo
ha determinato un vuoto politico, coperto da altre posizioni o da altre forze politiche. La
destra populista si dichiara contro l'Euro e non contro la UE né tantomeno
contro la NATO. La sinistra radicale è contro la NATO non contro l'euro e la UE. Il PD e Forza Italia sono a favore di tutto, il M5S con le sue ultime scelte
di collocazione europea, poi saltate, non pare avere posizioni definite. Un No
coerente e comune a Euro UE NATO continua ad essere assente dalla scena
politica italiana come dimensione organizzata.
2) Le lotte ed i movimenti sociali
non hanno mai assunto coerentemente sinora questi tre NO, euro UE NATO, nella
migliore delle ipotesi li hanno dati per scontati come premessa o come
conseguenze dei conflitti, ma non li hanno mai assunti direttamente. Questo ha
spesso reso più deboli i movimenti nella individuazione dell'avversario. Che
invece ha sempre manovrato a tutto campo, usando tutta la filiera del potere
per affermare i propri interessi e la propria egemonia. Il fatto che ogni lotta
importante ad un certo punto si misuri con la rigidità di un sistema che non
ammette mediazioni e che ogni volta si trincera dietro l'impossibilità delle
alternative, finora ha permesso al sistema stesso di vincere i conflitti o di
isolare le resistenze più tenaci e forti.
3) Il referendum costituzionale per
la prima volta da molto tempo ha portato
alla sconfitta l'establisment sul tema sul quale in Italia finora aveva sempre
vinto: quello delle riforme liberiste. La vittoria del No alla controriforma
della costituzione mostra che anche in Italia ha acquisito forza la cosiddetta
onda populista, cioè il rigetto della globalizzazione, dei suoi effetti sociali
e il rifiuto delle elités che dalla globalizzazione traggono profitto e potere.
Il No è stato una domanda di giustizia sociale che per ora non ha alcuna
risposta, anzi alla quale le risposte finora date sono tutte fondate sulla
riconferma delle politiche della globalizzazione liberista.
4) Per la prima volta da tempo
esistono lo spazio oggettivo e le condizioni soggettive perché la rottura con
Euro UE e NATO, intese come rotture con la forma specifica assunta dal dominio
della globalizzazione sulle classi subalterne del nostro paese, possano
acquisire un consenso di massa. Lo stesso schieramento di tutte le istituzioni
europee ed occidentali per il Si al referendum, con il suo scarso peso nel
voto, dimostra che questo spazio oggi esiste, anche se non è detto che duri per
sempre.
5) La gravità e la durata della crisi
economica hanno indebolito tutte le risposte dirette ai suoi effetti. Siamo
stati abituati alla coerenza tra modo di pensare delle classi subalterne e loro
modo d'agire. Cioè quando queste classi non lottavano esprimevano anche un
certo consenso al sistema, mentre quando contestavano direttamente la loro
condizione assumevano anche un punto di
vista critico più generale. Oggi non è così. La crisi costringe ad
accettare condizioni di sfruttamento e
di oppressione sociale, di perdita di libertà, senza che queste siano condivise
sul piano generale. Anzi proprio la rabbia per la condizione materiale che si
subisce alimenta il rifiuto, ma solo a livello politico generale, del sistema.
Questo apre lo spazio anche a forze ambigue o apertamente reazionarie, che
possono trarre vantaggio dalla passività sociale delle masse.
6) Siamo quindi di fronte ad un
rifiuto distorto e contraddittorio del sistema da parte di classi subalterne che
in gran parte ne subiscono ed accettano gli effetti sulla vita quotidiana, ma
che allo stesso tempo investono appena possono nella speranza di un
rovesciamento politico che cambi le cose. Questo è il terreno sul quale fanno presa le forze che propongono facili e
brutali soluzioni, o affidando tutto ad un leader, o proclamando la lotta alla
corruzione e alla casta politica come soluzione di tutti i mali, o dirottando la rabbia sociale verso i migranti
e per questa via alle istituzioni europee e sovranazionali.
7) Di fronte a questa crescente
critica e al rifiuto politico del sistema le risposte delle sinistre e del
mondo sindacale confederale sono inesistenti o negative. Le sinistre
socialdemocratiche hanno accettato l'impianto ideologico liberale della
globalizzazione, pensando di condizionarlo ed ora ne sono assorbite, non a caso
vengono identificate come parte dell'establishment. I grandi sindacati
confederali, pur critici a parole della globalizzazione, ne sono complici con
la pratica concreta della propria azione, con la politica della collaborazione
con le imprese e della riduzione del danno. Pratiche che alimentano la
passività sociale e quindi, il
dislocarsi del mondo del lavoro, degli operai in primo luogo, nel campo della
protesta politica senza dimensione sociale.
8) Le sinistre radicali e di
tradizione comunista in Europa non sono riuscite sinora a costruire
un'alternativa a quelle socialdemocratiche e alla fine vengono coinvolte e
travolte dal loro fallimento. La resa di
Tsipras e di Syriza alla Troika è stata la distruzione di una occasione storica
della sinistra radicale di costruire un'alternativa alla socialdemocrazia in
grado di competere con il populismo di destra. Ora le sinistre radicali europee
nella loro maggioranza stanno rifluendo verso un sostegno critico alle
socialdemocrazie, cioè marciano verso la propria ininfluenza nell'ambito di un
fallimento. Altre forze invece rifiutano di accodarsi alle socialdemocrazie, ma
fuggono dalla realtà della politica rifugiandosi nella predicazione della
rivoluzione mondiale come unica soluzione. Questa fuga nella palingenesi totale
a volte poi copre opportunismi molto concreti nella pratica quotidiana.
9) Tutte queste tendenze stanno
maturando una condizione politica per cui in Europa, e negli Stati Uniti, il conflitto e l'alternanza di governo siano
sempre di più tra due destre, quella tecnocratico finanziaria liberale e quella
populista reazionaria. Gran parte della sinistra è oramai assorbita nella dialettica
e nel conflitto tra queste due destre, cioè non esiste più come forza realmente
indipendente. Questo non è solo un danno per le forze e le persone che ancora
ancor alla sinistra si richiamano, ma per le stesse prospettive delle nostre
società, dal cui confronto politico sono
cancellate l'eguaglianza sociale ed il
socialismo. Nella storia umana recente questa catastrofe della sinistra ha un
solo precedente: la resa e l'appoggio delle socialdemocrazie europee alla prima
guerra mondiale.
10) Siamo quindi di fronte alla
contraddizione tra la domanda si massa di immediato cambiamento e il fatto che tutte le risposte politicamente
fruibili nell'immediato siano in realtà interne al sistema. Questo produce il
meccanismo della delusione di massa periodica e ricorrente, con il progressivo
logorarsi delle stesse basi della democrazia liberale. Che così viene
sottoposta al doppio stress della sua sottomissione da parte dei meccanismi e
del potere dell'ordoliberismo e della contestazione da parte di forze
apertamente reazionarie. Il rischio è quello
di una continua regressione in senso autoritario, col continuo rafforzamento
delle diseguaglianze sociali, contrastata da rivolte democratiche che la interrompono per un
momento, ma poi non la fermano.
11) Il riformismo positivo, il
gradualismo nei miglioramenti è morto. Oggi riformismo è solo adattamento al
peggioramento. Per questa ragione o si
costruisce una concreta alternativa e una rottura di sistema, o la regressione
continuerà. Costruire questa rottura e questa alternativa è il solo compito che
giustifichi e dia senso ad una rinnovata sinistra anticapitalista sociale e
politica. Ogni altra scelta significa o condannarsi ad un ruolo da Testimoni di
Geova del socialismo, o all'assorbimento nel riformismo complice delle destre.
12) la rottura deve avere obiettivi
politici determinati, come sempre è stato per ogni cambiamento e processo
rivoluzionario. Quindi la rottura con Euro UE NATO non è solo costituente di
una posizione politica, ma un obiettivo reale che bisogna avere il coraggio di dichiarare
non solo necessario, ma possibile. Occorre cioè pensare alla rottura come
obiettivo di transizione, come passaggio verso un nuovo sistema economico e
politico, che non è ancora socialista, ma che non è più quello ordoliberista.
La rottura punta alla regressione della
globalizzaIone, per far avanzare di nuovo una democrazia fondata sulla
eguaglianza sociale. Nel referendum costituzionale abbiamo misurato il
contrasto strategico tra la Costituzione del 1948 e la governance europea e
occidentale. Bisogna agire su questo
contrasto e trasformarlo in rottura politica : o la Costituzione o la UE e la
Nato.
13) Non bisogna aver paura di
affermare che la rottura punta alla sovranità democratica e popolare del nostro
paese. All conquista del potere per realizzare politiche economiche
progressiste usando tutti i poteri pubblici a tale scopo rafforzati e
democratizzati. A chi obietta sui rischi di nazionalismo bisogna rispondere che
ogni comunità corre questo rischio, che va combattuto con l'ampliamento della
democrazia e della eguaglianza. Se la comunità della Valle Susa ha il
sacrosanto diritto di poter decidere sul proprio territorio, perché il popolo
italiano, le classi sfruttate, non dovrebbero avere questo diritto sul proprio
paese? La rottura è riconquista di democrazia e potere popolare.
14) La scelta della rottura con Euro,
UE, NATO e con tutte le forze che le sostengono è la premessa costituente di un
programma progressista che riapra la via al socialismo. Essa quindi deve
diventare il punto di partenza comune di tutte le forze che concorreranno a
formate un fronte sociale e politico. Una volta assunta questa rottura, la
costruzione e la pratica realizzazione del fronte e del programma sarà fondata sul confronto e sullo spirito
unitario. Ogni settarismo tra forze che abbiano acquisito questo comune punto
di partenza è dannoso e per questo andrà contrastato ovunque con la massima
fermezza.
15) Bisogna coniugare ed incrociare
il conflitto di classe con quello contro l'esclusione prodotta dall'ordoliberismo.
Costruire il fronte sociale degli sfruttati e degli esclusi, un fronte
potenzialmente maggioritario, deve
essere l'obiettivo. Questo fronte ha una prima dimensione immediata, quella
delle lotte sociali nei luoghi di lavoro e nel territorio, ma deve anche collegare queste lotte alla loro
dimensione politica.
La rottura con Euro UE NATO finora ha
vissuto solo nel confronto e nel dibattito politico di una parte dei militanti
della sinistra di classe e antagonista, ora deve entrare nella dimensione delle
lotte reali, deve essere una campagna permanente e di massa che giunga a porre
l'obiettivo della rottura all'ordine del giorno di tutti i conflitti.
2 commenti:
Domanda NON polemica ma pragmatica
Eurostop è pronto ad allearsi con M5S e soprattutto con la Lega?
Perché Berlusconi ha già detto che vuole fare il Nazareno bis...
Vediamo se rispondono in maniera non banale
Disamina lucida e piattaforma condivisibile. L'unica cosa leggibile che vedo da un pezzo. Prudente, per quanto radicale. Cremaschi sa bene quanto sia difficile smuovere le masse dall'inerzia. Con un insolito avvicinamento all'area antagonista -da tempi non sospetti, cmq, bene per la coerenza- si accredita (con tutti i problemi legati all'uso del termine) come leader o figura di riferimento per una costituenda forza politica. I tempi sono maturi e credo che Sollevazione se ne renda conto benissimo. Capitalizzare il risultato (nostro, di area) del referendum. Molto da definire, ma lo sappiamo tutti.
Posta un commento