[ 25 gennaio ]
Riceviamo da un lettore e volentieri pubblichiamo
Il grande scontro-confronto che c'è stato tra la metà dell’ottocento e quasi tutto il novecento tra liberal-capitalismo e social-comunismo si è concluso nel 1989 con la indubbia vittoria del liberal-capitalismo.
Questo modello (sviluppatosi nei paesi ricchi), fondandosi su principi e valori liberali, potendo oggettivamente e storicamente disporre di molta più ricchezza (rispetto ai paesi poveri che si rifacevano a una visione marxista), è stato in grado, anche se in modo ambiguo e contraddittorio, di sviluppare forme anche di falsa libertà e democraticità e di parziale benessere, che nel tempo sono riuscite ad affascinare l’immaginario collettivo fino a riuscire a fare breccia nel campo avverso determinandone la sua implosione e capitolazione.
Questa epocale sconfitta non poteva non generare l’affermazione del dominio del pensiero unico liberal-capitalista e, di concerto, l’opportunità di realizzare una globalizzazione economica del mondo sotto un’unica bandiera, quella del profitto e della speculazione. Ma come dice un vecchio adagio: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
A 27 anni di distanza questo sistema che ha vinto e che sembrava destinato (come il Terzo Reich) a dover durare per mille anni è stato smascherato e sta mostrando a tutti i popoli del mondo (nei suoi punti di forza) il suo storico inganno.
Il primo è che si è trattato solo di una grande collettiva illusione aver creduto a quello che propagandava e rivendicava e che questo sistema fosse in grado e avesse come sua finalità diffondere sempre più benessere e libertà per tutti. Oggi, mentre l’ingiustizia, la povertà, la precarietà dilagano, in occidente e nel mondo vi sono 8 individui che posseggono più ricchezza di 3,5 miliardi di persone.
Questo dimostra in modo lapalissiano e alla luce del sole che in realtà esso favorisce e promuove l’accumulazione della ricchezza in favore di multinazionali, banche e finanza a scapito e nocumento del lavoro, del risparmio e dei diritti.
Il secondo punto riguarda la favola raccontata dalla democrazia liberal-capitalista. Ora e solo ora che il suo pensiero unico domina si può capire a pieno, perché vissuto sulla propria pelle, che di questa democrazia il popolo ne può usufruire solo in proporzione e con modalità conseguenti alla quantità di ricchezza che via via si ha a disposizione: più ricchezza da gestire si possiede e più democrazia può essere consumata: meno ricchezza vi è da gestire meno democrazia può essere consumata.
Una democrazia quindi condizionata, variabile, da concedere secondo le esigenze economiche alle quali i cittadini, i popoli si devono piegare e assoggettare. Di conseguenza, oggi, la ricchezza disponibile almeno nel mondo occidentale, causa questo sistema che per le grandi masse popolari è e sarà sempre meno disponibile.
La priorità non potrà essere più come nel passato (fino a quando non sarà spazzato via questo odioso sistema) quali formule si debbono adottare per ridistribuire la ricchezza ma, necessariamente, quella di costruire —tenendo conto anche della grande immigrazione che per guerre e fame vi è da parte del mondo più povero sta avvenendo verso il ricco occidente— una piattaforma politica e una narrazione per “ridistribuire la povertà” in modo da impedire quello che da sempre i potenti hanno cercato di realizzare: far fare la guerra tra gli ultimi e dividere per comandare. Promuovere quindi una ribellione, una sollevazione, contro la vera causa della macelleria sociale, morale, ideale ed economica che nel mondo e in occidente gli esclusi, gli emarginati, i perdenti hanno dovuto e stanno subendo “l’etica liberal-capitalista”.
Il tempo per una sinistra rivoluzionaria pensante ormai sta scadendo. O adesso o mai più.
Se in brevissimo tempo, senza timori o calcoli di convenienza politica, essa sarà in grado di proporre una strategia anche minima (se vuole impedire che sia la destra la forza che raccolga e capitalizzi per i suoi fini il malessere, la disperazione, la rabbia inevitabilmente presenti tra le fasce più esposte e non corrotte) potrà giocarsi la partita solo se offrirà a queste masse una piattaforma politica radicalmente alternativa a quelle già presenti nel mercato della politica allora potrà avere un ruolo anche decisivo in questa guerra, altrimenti sarà inevitabilmente relegata a ricoprire il ruolo di anonimo figurante.
La piattaforma politica e la narrazione politicamente scorretta radicalmente alternativa, strategicamente vincente da proporre in una fase storica dove l’economia è diventata ed è l’unico idolo, feticcio che può e deve veramente contare e che davanti al quale tutti devono o dovrebbero inchinarsi e/o sacrificarsi non può essere che quella della PIATTAFORMA PER LA DEMOCRAZIA ECONOMICA, l’unica proposta che pragmaticamente in modo selettivo va a minare la base dei valori e dei principi di questo odioso e devastante sistema liberal-capitalista e quindi essere in grado di raccogliere quel consenso necessario per favorire il realizzarsi delle condizioni minime necessarie per la costruzione di una società più libera, più uguale, più giusta.
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