[ 23 gennaio]
In un’età della vita in cui le file degli amici si vanno inesorabilmente assottigliando, il ricordo di momenti amichevoli vissuti assieme è una ricchezza da “centellinare” per prolungarne la gioia, assieme al lascito intellettuale di cui si è beneficiato, certo abbondante nel caso di Bruno Amoroso. Bruno è stato un amico sempre sorridente e sempre misurato, col quale bastavano poche parole per tornare in sintonia dopo periodi di lontananza. A volte mi sembrava timido e introverso ma, conscio di questo aspetto del suo comportamento, ne ha svelato il motivo con pudore nel suo Memorie di un intruso, legandolo a un problema infantile di salute.
Il suo Della Globallizzazione, del 1996, costituì la ragione del primo invito a Lucca, cui ne seguirono mano mano altri in occasione dell’uscita di suoi libri. Così, poco per volta il nostro rapporto si “deprofessionalizzò” per acquistare una dimensione più conviviale. Tre anni or sono, nel corso di una frugale cena a conclusione di un incontro all’Università estiva di Attac, dove lo avevo accompagnato, ad un certo punto mi disse quasi con imbarazzo: “Aldo, siamo coetanei. E siamo ormai in pochi. Cerchiamo di far durare questa amicizia”.
La sua salute però nel corso del 2016 andò peggiorando, tanto da farmi pensare in un certo momento al peggio. Fu una lieta sorpresa perciò quando, superata evidentemente la crisi, nel dicembre ricevetti una sua breve mail di ringraziamento per avere organizzato a Lucca la presentazione del suo ultimo libro, Memorie di un intruso. Terminava dicendo: “Ci incontreremo a primavera. In Italia o dove sarà possibile. Bruno”.
Bruno Amoroso è stato un notevole intellettuale i cui interessi oltrepassavano quella che per molti economisti è una gabbia culturale. Il libro Della Globalizzazione, sono parole sue, fu
Persone e comunità. Gli attori del cambiamento. scritto a quattro mani con Sergio Gomez y Paloma, e il cui titolo ha più sapore filosofico e antropologico che non economico, inizia con un invito significativo, rivolto innanzi tutto ai colleghi economisti ma non solo ad essi, ad uscire dalla gabbia
> (Euro in bilico, Castelvecchi, 2011 pag.75) e ancora «Carlo Azelio Ciampi, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Oscar Luigi Scalfaro, Giuliano Amato» (idem, pag 68).
In numerose occasioni mi aveva messo in guardia da una lettura di superficie, in chiave solo cronachistico-scandalistica di eventi politici, funzionale a celarne altri più profondi e gravi. Così “mani pulite” in Italia o l’indecifrato delitto Palme, il primo ministro svedese che aveva cercato di stabilire rapporti meno conflittuali fra l’Occidente e l’allora Unione Sovietica.[3] <#m_-7841456434922477352__ftn3>
Non mi mancherà la tua amicizia, Bruno, se saprò rileggere con attenzione certe tue pagine per la cui scrittura ti dico un ultimo grazie. E spero di farlo anche assieme a qualche amico lucchese che ha imparato a volerti bene per come eri e per cosa ci dicevi.
In un’età della vita in cui le file degli amici si vanno inesorabilmente assottigliando, il ricordo di momenti amichevoli vissuti assieme è una ricchezza da “centellinare” per prolungarne la gioia, assieme al lascito intellettuale di cui si è beneficiato, certo abbondante nel caso di Bruno Amoroso. Bruno è stato un amico sempre sorridente e sempre misurato, col quale bastavano poche parole per tornare in sintonia dopo periodi di lontananza. A volte mi sembrava timido e introverso ma, conscio di questo aspetto del suo comportamento, ne ha svelato il motivo con pudore nel suo Memorie di un intruso, legandolo a un problema infantile di salute.
Il suo Della Globallizzazione, del 1996, costituì la ragione del primo invito a Lucca, cui ne seguirono mano mano altri in occasione dell’uscita di suoi libri. Così, poco per volta il nostro rapporto si “deprofessionalizzò” per acquistare una dimensione più conviviale. Tre anni or sono, nel corso di una frugale cena a conclusione di un incontro all’Università estiva di Attac, dove lo avevo accompagnato, ad un certo punto mi disse quasi con imbarazzo: “Aldo, siamo coetanei. E siamo ormai in pochi. Cerchiamo di far durare questa amicizia”.
La sua salute però nel corso del 2016 andò peggiorando, tanto da farmi pensare in un certo momento al peggio. Fu una lieta sorpresa perciò quando, superata evidentemente la crisi, nel dicembre ricevetti una sua breve mail di ringraziamento per avere organizzato a Lucca la presentazione del suo ultimo libro, Memorie di un intruso. Terminava dicendo: “Ci incontreremo a primavera. In Italia o dove sarà possibile. Bruno”.
Bruno Amoroso è stato un notevole intellettuale i cui interessi oltrepassavano quella che per molti economisti è una gabbia culturale. Il libro Della Globalizzazione, sono parole sue, fu
«Una riflessione ad alta voce ( … ) su alcuni fenomeni importanti della nostra vita e della vita delle comunità, delle nazioni e degli stati … nata e cresciuta nel corso delle mie attività di insegnamento e dei numerosi incontri con amici, e non, in Europa, in Africa, in America e in Asia. Ho riflettuto sul nostro modo di essere, di sentire e di esprimersi, di procurarsi i mezzi di sostentamento, di organizzare la nostra esistenza, e sui processi di formazione dell’autorità, dei valori e delle leggi nella comunità».[1] <#m_-7841456434922477352__ftn1>
Questi interessi trovarono espressione in varie altre forme di impegno quali la condirezione, assieme ad Arrigo Chieregatti, della rivista Interculture o nella creazione, con Riccardo Petrella, dell’Università del Bene Comune.
In Della Globalizzazione, espose la sua idea di una Europa “policentrica” e allargata, riassunta così nelle pagine conclusive:
In Della Globalizzazione, espose la sua idea di una Europa “policentrica” e allargata, riassunta così nelle pagine conclusive:
«Oggi esiste un’ampia concordanza di opinioni, autorevoli ma non influenti, sulla valutazione dell’integrazione economica europea come un tavolo poggiato su quattro gambe corrispondenti alle quattro meso-regioni della Grande Europa: L’Unione Europea, l’Europa Baltica, l’Europa Danubiana e l’Europa Mediterranea. Il contributo della Scandinavia alla ricostruzione dell’Europa Baltica e quello dell’Europa del Sud alla ricostruzione dell’Europa Mediterranea rivestono importanza cruciale per questo processo di integrazione. Il Mar Mediterraneo è già divenuto, sotto molti aspetti il Rio Grande [2] <#m_-7841456434922477352__ftn2> dell’Europa, sul quale si concentrano i problemi sociali, politici e demografici che alimentano una pressione enorme sui paesi dell’Europa del Sud e, attraverso questi, sull’Unione Europea nel suo complesso. Il Mar Baltico e l’intera area europea tra esso, il Mar Nero e il Mediterraneo, subiranno pressioni del tutto simili nel caso dell’aggravarsi della crisi in Russia e nei paesi dell’ex-Unione Sovietica. L’unica alternativa alla costruzione di un “muro” lungo il Baltico, l’Europa Centrale ed il Mediterraneo è l’istituzione di una cooperazione regionale tra le “due rive” che risulti capace di dare un’efficace risposta ai bisogni della gente per prevenire la caotica e illegale immigrazione verso l’occidente».Queste parole furono scritte 20 anni or sono. L’idea di Europa, in cui Amoroso avevo creduto, aveva ormai imboccato un’altra strada, contro la quale però mai cessò di combattere, lasciandoci questo impegno in eredità.
Persone e comunità. Gli attori del cambiamento. scritto a quattro mani con Sergio Gomez y Paloma, e il cui titolo ha più sapore filosofico e antropologico che non economico, inizia con un invito significativo, rivolto innanzi tutto ai colleghi economisti ma non solo ad essi, ad uscire dalla gabbia
«... del non saper rinunciare ad approcci consolidati e a punti di vista cristallizzati in teoremi e discipline, che pur si rivelano sempre più inadeguati a interpretare l’articolarsi della realtà. In altri casi sono i risultati del comodo rifugiarsi nell’accettazione di sedicenti nuove forme di “pensiero convenzionale”, che rendono tabù numerosi altri campi di esplorazione e ostacolano quindi una ricerca che osi guardare oltre l’utile immediato, cercando verso orizzonti lontani e sfuocati quanto manca oggi nel panorama dell’agire e del pensiero soprattutto dell’Occidente, e cioè quella necessaria “illusione” che renda accettabile il peso di un nuovo progetto sociale. Infine, anche se il nostro bisogno di risposta riguarda il presente, il richiamo al passato, alla storia, sembra inevitabile, se è vero che, come scrive Norberto Bobbio: “senza la memoria del passato non si capisce e si stravolge la storia del presente».Amoroso si era forgiato nella lotta politica di prima linea già negli anni giovanili e per conoscere dal di dentro il suo itinerario politico, che io stesso conoscevo solo in parte, è necessario leggere il suo ultimo lascito librario, Memorie di un intruso, con il drammatico interrogativo: “dove abbiamo sbagliato?”. Data questa sua pratica militante non rifuggiva dalla chiamata in causa, precisa e documentata, di personaggi della nostra storia politica recente e presente. Così indicava volta a volta alcune de “le volpi a guardia del pollaio”: <
In numerose occasioni mi aveva messo in guardia da una lettura di superficie, in chiave solo cronachistico-scandalistica di eventi politici, funzionale a celarne altri più profondi e gravi. Così “mani pulite” in Italia o l’indecifrato delitto Palme, il primo ministro svedese che aveva cercato di stabilire rapporti meno conflittuali fra l’Occidente e l’allora Unione Sovietica.[3] <#m_-7841456434922477352__ftn3>
E non mancò di analizzare, assieme a Nico Perrone, le morti di Enrico Mattei e di Adriano Olivetti, utili a ridimensionare un disturbante percorso “italiano” del capitalismo occidentale (Capitalismo predatore. Come gli USA fermarono i progetti di Mattei e Olivetti e normalizzarono l'Italia, Castelvecchi, 2014).
Nell’ultima conversazione personale avuta con lui, al termine di una riunione di redazione di Interculture, mentre ci dirigevamo lentamente verso il ristorante assaporando un pallido sole, mi parlò apertamente del suo interesse per il Movimento Cinque Stelle, di cui certo non ignorava contraddizioni e debolezze. Fu esplicito nel qualificarlo, al momento, come unica forza popolare in grado di mettere in discussione egemonie e complicità consolidate. Le ultime pagine delle Memorie sembrano però profuse di un pessimismo profondo. Aveva smesso di credere alla possibilità di una storia diversa? O ha voluto lasciarci un’ultima provocazione per scuoterci da una inerzia mortifera?
Non mi mancherà la tua amicizia, Bruno, se saprò rileggere con attenzione certe tue pagine per la cui scrittura ti dico un ultimo grazie. E spero di farlo anche assieme a qualche amico lucchese che ha imparato a volerti bene per come eri e per cosa ci dicevi.
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