[ 24 gennaio]
ALLEARSI CON LA LEGA NORD?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Alessandro Chiavacci. Non sappiamo se esso susciterà scandalo. Noi, che non la vediamo proprio allo stesso modo, proveremo a rispondere quanto prima.
Mi permetto di iniziare con un titolo un pochino scherzoso questo scritto. Eh, Beppe Grillo e i M5s l’hanno fatta davvero grossa. Non solo i dirigenti reali del movimento che non avevano nemmeno informato la base o i parlamentari di una trattativa che andava avanti da mesi, ma la stessa base che, salvo colossali brogli, ha aderito ciecamente e in massa alla proposta di Grillo di abbandonare il gruppo di Farage per passare con gli euro entusiasti di Verhofstadt. Evidentemente, come in molti hanno notato, si cercava da parte di Grillo con l’inserimento in un gruppo europeo più presentabile per i media una qualche forma di legittimazione per vincere le prossime elezioni in Italia; paese dove già diverse anime dell’area De Benedettiana puntano sul M5s per una alternativa di ceti politici ma non di sistema. Qualora la mossa politicista di Grillo fosse riuscita avrebbe privato l’Ukip di Farage, cioè l’unico gruppo che ad oggi ha ottenuto una grande vittoria contro l’Unione Europea di un gruppo parlamentare, e non è da escludere che questo sia stato uno dei principali intendimenti di Verhofstadt, acerrimo nemico della Brexit.
Come che sia, e malgrado per il momento il rifiuto dei liberali abbia bloccato questo progetto, certo che è una bella botta per chi da anni punta sul piano elettorale all’alleanza esclusiva con il Movimento 5 Stelle. In realtà, che dei movimenti anti euro puntino principalmente su questo movimento è qualcosa di curioso e degno di interrogazione. Intanto il m5s è sempre stato convintamente pro-UE; e sulla appartenenza all’euro le posizioni sono vaghe e contraddittorie. Non mi sembra bastare la dichiarata volontà di “fare un referendum”: su una questione così centrale un movimento politico non può evitare di fare una scelta. Ma quello che da sempre mi preoccupa di più è la volontà dei 5 stelle di non allearsi con nessuno. Poiché un cambiamento radicale, anzi rivoluzionario (e per esempio l’uscita da Euro e poi dall’Unione Europea lo è) non può essere realizzato mai da nessun soggetto politico o sociale da solo, la volontà di rifiutare qualsiasi alleanza equivale alla volontà di non farlo. Corrisponde cioè all’intenzione di presentarsi solamente come ceto politico alternativo, e in tal senso è del tutto coerente. Un partito che rifiuti per esempio ogni tipo di alleanza con l’area di Salvini, che sul piano elettorale si aggira sul 20% non può che avere il fine dell’alternanza di ceto politico.
E’ necessario invece prendere atto che l’unico gruppo presente nel Parlamento Italiano anti euro e anche anti Ue è la Lega di Salvini. Pare lo sia coerentemente, e anche le alleanze internazionali che Salvini auspica sono coerenti con questo obiettivo: Le Pen, Trump, Putin. Trump per esempio non è sicuramente il massimo. Ma se un domani l’Unione Europea dovesse imporci un embargo, dovremmo sperare in Trump o puntiamo ad esportare verso l’ Albania (sempre che non aderisca all’embargo)?
Sinceramente ho piene le scatole di chi vorrebbe una alleanza anti euro, sì, ma escludendo la Lega. Vorrei ragionare su alcuni elementi. Quali soggetti sociali rappresenta la Lega…? Lavoratori indipendenti, piccoli imprenditori, disoccupati, piccoli commercianti in crisi, e altri tipi di incazzati. Tutti soggetti che dobbiamo coinvolgere in un processo di ricostruzione di una società democratica. Quindi c’è qualcuno che vorrebbe coinvolgere sì questi soggetti, ma senza la rappresentanza politica che si sono dati? Mah.
E il linguaggio volgare e populista della Lega…? Forse non è ancora a molti chiaro che di fronte all’avanzare delle resistenze anti mondialiste nell’occidente il potere sta gettando la sua maschera democratica ricorrendo a tutti i mezzi (vedi la resistenza scomposta dell’establishment —che qualcuno chiama il “Deep State”—all’elezione di Trump) e anche alla censura. La propaganda sulla post-verità, le censure già operanti sui social media, il politicamente corretto nelle forme che autoritariamente vuole imporre la Boldrini non sono altro. Il potere globale non ha paura di pochi intellettuali che discernono sulla fine dell’euro. Ha paura di una consapevolezza di massa che si esprime inizialmente in forme primitive. Qualcuno vuole unirsi ai difensori del politicamente corretto? Vuole unirsi ai golpisti sedicenti democratici negli Usa? Grazie, io no.
Ma dirà qualcuno, la Lega è xenofoba. Se la domanda da porsi fosse questa, forse dovremmo rispondere che qualche elemento di xenofobia nella Lega c’è . Però dovremmo anche dire che Tatanka Yotanka un po’ xenofobo lo era pure, e quella definizione di “visi pallidi” un po’ sospetta lo era…
La domanda, insomma, non è se la Lega sia xenofoba o meno. La domanda è: c’è un progetto dei ceti dominanti di sostituzione etnica in Italia? O, se posta in questi termini la questione non vi piace, diciamo: c’è un progetto di sovvertimento delle relazioni sociali e del welfare state mediante l’impiego o l’uso dell’immigrazione di massa? E, oltre a questo, è sostenibile un’idea di società senza frontiere, e non porta questo già oggi a rischi per la sicurezza insostenibili?
Emma Bonino parla di “necessità” per l’europa dell’afflusso di 50 milioni di immigrati. D’Alema si associa a questa idea parlando di 30 milioni, mentre uno studio dell’ Onu parla della necessità per la sola Italia di 18 milioni di immigrati. Lo studio [1] precisa: per mantenere invece un rapporto adeguato fra popolazione in età lavorativa e l’aumento della popolazione in età di pensione, sarebbe necessaria l’immigrazione di 113 milioni di persone (seppure entro il 2050), e 670 milioni di persone per l’ Unione Europea: impresa ardua, riconoscono gli studiosi Onu, che però può essere facilitata dall’innalzamento dell’età pensionistica a 75 anni (grazie, troppo buoni).
D’altronde, se il presidente della camera, Laura Boldrini, già “alto commissario Onu per i rifugiati” (e chissà perché è stata messa nel posto che occupa) sostiene che dovremmo importare almeno 400.000 immigrati all’anno “per essere 66 milioni nel 2025” (??) a quali conti e a quali progetti fa riferimento…?
Non esiste in questi studi, in queste valutazioni alcuna presa d’atto del fallimento di un modello socio-economico. Nessuna presa d’atto della correlazione, fortissima in Italia e nettamente dimostrata (c’è uno studio Ansa-centimetri su questo, ma credo che Bagnai l’abbia riportata) fra andamento della disoccupazione e caduta del tasso di natalità. (In altri termini: diamo un lavoro fisso ai 18enni anziché farli attendere i 40 e vediamo come l’indice di natalità italiano supera quello del Burkina Faso)
In definitiva, mi sembra di poter dire che le forze egemoniche del capitale mondiale puntano a risolvere il fallimento del loro modello economico attraverso il ricorso massiccio all’immigrazione. E questo, senza nemmeno dover far ricorso al ragionamento marxiano sull’ esercito industriale di riserva, che noi sappiamo ben fondato, e senza valutare le conseguenze di altro genere che questi flussi massicci di popolazione comportano.
Peraltro è interessante la lettera [2] che George Soros ha scritto ad un noto giornale filantropico, il Wall Street Journal, il 20 settembre 2016, per spiegare perché investirà altri 500 milioni di dollari sull’aiuto all’immigrazione. La sua idea è di trasformarla in un gigantesco business, che possa autoalimentarsi, e sul quale reinvestire i profitti. Il ruolo dei governi —dice— è fondamentale, ma per dare un vero impulso c’è bisogno dell’iniziativa privata. E ci informa anche che Obama ha chiesto alle maggiori società americane di impegnarsi in tal senso; e che il 19 settembre 2016 i maggiori leader dell’economia mondiale (cioè della finanza) si sono ritrovati presso l’ Onu per “trattare il problema dell’immigrazione”. “Oggi —dice fra l’altro Soros— il denaro si sposta istantaneamente da un portafogli virtuale all’altro da un capo all’altro del mondo. Aiutare l’iniziativa economica dei rifugiati ci può far produrre servizi per tutta la popolazione”.
D’altronde sappiamo da tempo che il capitalismo ha soprattutto bisogno di sradicamento. Da qualsiasi sussidiario delle scuole medie si può ricordare che la tratta degli schiavi verso il nord e il sud america dipendeva dal fatto che gli indigeni “non volevano lavorare”. Cioè del fatto che avendo dietro di essi un retroterra comunitario esistente non accettavano la subordinazione e lo sfruttamento delle “fazendas”. Il capitalismo ha bisogno di sradicamento, e lo sappiamo dalla storia della rivoluzione industriale inglese, e ce lo ha ricordato Lord Sutherland, ex commissario Europeo per la concorrenza, ex direttore generale della WTO e rappresentante speciale del segretario generale dell’ Onu per le migrazioni. “ L’ Europa dovrebbe fare del suo meglio per sabotare la propria omogeneità culturale” ha detto in una intervista alla BBC. [3]
In questo senso Salvini, costretto a sostenere da solo contro il mainstream questa battaglia di importanza storica, lo trovo eroico, che Dio ce lo preservi, e chi, come D’ Attorre in un recente intervento a Chianciano, riconosce che “Non si può affrontare la crisi della globalizzazione con un paradigma no borders”, e aggiunge però” La Lega è impresentabile”, dovrebbe invece ringraziare Salvini perché prendendosi miliardi di insulti dà la possibilità anche a lui di prendere una timidissima e tiepidissima posizione politicamente scorretta.
Per questo non voglio più nei miei dintorni (senz’altro molti diranno lo stesso di me, pazienza), i vari Podemos, Syriza, Pisapia, Varoufakis, Fratoianni e quant’altri che non prendano come questione centrale la questione dell’immigrazione e che si prefiggano invece di costruire movimenti per “arginare il populismo e la xenofobia”. Al di là della serietà incerta delle loro convinzioni euro critiche, qualcuno si rende conto della immane disparità di forze che abbiamo rispetto alla finanza mondiale e ai suoi governi, e che cosa questo significhi nell’equilibrio delle forze?
Ripeto la domanda fondamentale: c’è un progetto di sostituzione etnica, o anche solo un pericolo di stravolgimento delle relazioni sociali e del welfare mediante la facilitazione o l’uso dell’immigrazione di massa in Italia…? La questione è forse poco importante? Si pensa di fare una rivoluzione nazionale senza un popolo? O magari si considera, forse più realisticamente, che le forza siano così enormemente sproporzionate, sul piano materiale e culturale, che è inopportuno opporsi…?
Sia chiaro che non intendo proporre di “sposare” la Lega. Se ce ne fosse bisogno, ricordo per sommi capi su quanto siamo distanti. L’idea di una flat tax è un’idea di società antagonista alla nostra. Il loro liberismo anti statuale è incompatibile con il ruolo attivo dello Stato che molti di noi, me compreso, auspicano. Le loro idee di riforma del sistema elettorale, che ci si riferisca alla preferenza per il maggioritario o l’opzione presidenzialistica sono opposte alle nostre, e lo sono perché la loro visione antropologica è quella monadica dell’individualismo liberista. Le loro idee di federalismo mi preoccupano, e non perché non ritenga opportuna una maggiore responsabilità fiscale degli enti locali, ma perché mi preoccupa un federalismo gestito da idee liberali. Per finire, il problema dell’integrazione dei Rom non può certo essere risolto con le ruspe, e non va dimenticato che gli immigrati, anche se i loro bisogni sono strumentalizzati dal capitale, sono sempre le prime vittime, ed è comunque vero che sono una ricchezza, per la ragione fondamentale che portano fra di noi la loro splendida-in quanto umana- umanità (quando non vengono per portare la Jihad, ma quello è un altro caso, e dovremmo difendercene). E so anche dei pericoli che torni sotto le gonne di Berlusconi (pericolo che mi sembra un po’ attenuato ora che con l’elezione di Tajani il parlamento europeo ha individuato in Berlusconi una diga al “populismo”). Certo che se gli anti euro fanno il vuoto attorno alla Lega questa diventa una profezia che si auto realizza.
I compagni di P101 cercano di rifondare attraverso i movimenti sociali una “sinistra” di carattere nazionale, e di mettere insieme diverse esperienze e teorie in vario modo critiche verso il sistema attuale. Si prova a sostituire la necessità della teoria con i “movimenti”. Io non credo che questo lavoro sia utile se non è accompagnato da una cernita severa delle idee e dal coraggio delle rotture (e, in certi momenti, dall’audacia delle alleanze). Ho già scritto (si potrebbe dire di più e meglio) in un articolo gentilmente ospitato da SOLLEVAZIONE (Ciao ciao keynes, parte prima e seconda) perché il keinesismo non mi sembra lo strumento per riformare l’ Italia. Nemmeno vorrei parlare delle teorie del keinesismo fantasioso e paradossale dei MMTters, che peraltro hanno grande consenso fra tutti coloro che vorrebbero una rivoluzione senza pagare dei costi. Non c’è bisogno, per me, di una sinistra, ma semmai di comunisti, che salutino passate appartenenze. Come diceva in un suo intervento Mimmo Porcaro, il “programma” è “dire la verità (storica, sociale, morale) sul nostro paese. Ma questo lavoro, state sicuri, se non lo fanno i comunisti non lo può far nessuno.
NOTE
(1) “Replacement migration: is it a solution to declining and ageing population?” United Nations Population Division
(2) “Why I’m investing $ 500 million in migrants”, di George Soros, Wall Street Journal, 20 Settembre 2016
(3) “Eu should undermine National homogeneity says UN migration chiefs, BBC news, 21/6/2012
Mi permetto di iniziare con un titolo un pochino scherzoso questo scritto. Eh, Beppe Grillo e i M5s l’hanno fatta davvero grossa. Non solo i dirigenti reali del movimento che non avevano nemmeno informato la base o i parlamentari di una trattativa che andava avanti da mesi, ma la stessa base che, salvo colossali brogli, ha aderito ciecamente e in massa alla proposta di Grillo di abbandonare il gruppo di Farage per passare con gli euro entusiasti di Verhofstadt. Evidentemente, come in molti hanno notato, si cercava da parte di Grillo con l’inserimento in un gruppo europeo più presentabile per i media una qualche forma di legittimazione per vincere le prossime elezioni in Italia; paese dove già diverse anime dell’area De Benedettiana puntano sul M5s per una alternativa di ceti politici ma non di sistema. Qualora la mossa politicista di Grillo fosse riuscita avrebbe privato l’Ukip di Farage, cioè l’unico gruppo che ad oggi ha ottenuto una grande vittoria contro l’Unione Europea di un gruppo parlamentare, e non è da escludere che questo sia stato uno dei principali intendimenti di Verhofstadt, acerrimo nemico della Brexit.
Come che sia, e malgrado per il momento il rifiuto dei liberali abbia bloccato questo progetto, certo che è una bella botta per chi da anni punta sul piano elettorale all’alleanza esclusiva con il Movimento 5 Stelle. In realtà, che dei movimenti anti euro puntino principalmente su questo movimento è qualcosa di curioso e degno di interrogazione. Intanto il m5s è sempre stato convintamente pro-UE; e sulla appartenenza all’euro le posizioni sono vaghe e contraddittorie. Non mi sembra bastare la dichiarata volontà di “fare un referendum”: su una questione così centrale un movimento politico non può evitare di fare una scelta. Ma quello che da sempre mi preoccupa di più è la volontà dei 5 stelle di non allearsi con nessuno. Poiché un cambiamento radicale, anzi rivoluzionario (e per esempio l’uscita da Euro e poi dall’Unione Europea lo è) non può essere realizzato mai da nessun soggetto politico o sociale da solo, la volontà di rifiutare qualsiasi alleanza equivale alla volontà di non farlo. Corrisponde cioè all’intenzione di presentarsi solamente come ceto politico alternativo, e in tal senso è del tutto coerente. Un partito che rifiuti per esempio ogni tipo di alleanza con l’area di Salvini, che sul piano elettorale si aggira sul 20% non può che avere il fine dell’alternanza di ceto politico.
E’ necessario invece prendere atto che l’unico gruppo presente nel Parlamento Italiano anti euro e anche anti Ue è la Lega di Salvini. Pare lo sia coerentemente, e anche le alleanze internazionali che Salvini auspica sono coerenti con questo obiettivo: Le Pen, Trump, Putin. Trump per esempio non è sicuramente il massimo. Ma se un domani l’Unione Europea dovesse imporci un embargo, dovremmo sperare in Trump o puntiamo ad esportare verso l’ Albania (sempre che non aderisca all’embargo)?
Sinceramente ho piene le scatole di chi vorrebbe una alleanza anti euro, sì, ma escludendo la Lega. Vorrei ragionare su alcuni elementi. Quali soggetti sociali rappresenta la Lega…? Lavoratori indipendenti, piccoli imprenditori, disoccupati, piccoli commercianti in crisi, e altri tipi di incazzati. Tutti soggetti che dobbiamo coinvolgere in un processo di ricostruzione di una società democratica. Quindi c’è qualcuno che vorrebbe coinvolgere sì questi soggetti, ma senza la rappresentanza politica che si sono dati? Mah.
E il linguaggio volgare e populista della Lega…? Forse non è ancora a molti chiaro che di fronte all’avanzare delle resistenze anti mondialiste nell’occidente il potere sta gettando la sua maschera democratica ricorrendo a tutti i mezzi (vedi la resistenza scomposta dell’establishment —che qualcuno chiama il “Deep State”—all’elezione di Trump) e anche alla censura. La propaganda sulla post-verità, le censure già operanti sui social media, il politicamente corretto nelle forme che autoritariamente vuole imporre la Boldrini non sono altro. Il potere globale non ha paura di pochi intellettuali che discernono sulla fine dell’euro. Ha paura di una consapevolezza di massa che si esprime inizialmente in forme primitive. Qualcuno vuole unirsi ai difensori del politicamente corretto? Vuole unirsi ai golpisti sedicenti democratici negli Usa? Grazie, io no.
Ma dirà qualcuno, la Lega è xenofoba. Se la domanda da porsi fosse questa, forse dovremmo rispondere che qualche elemento di xenofobia nella Lega c’è . Però dovremmo anche dire che Tatanka Yotanka un po’ xenofobo lo era pure, e quella definizione di “visi pallidi” un po’ sospetta lo era…
La domanda, insomma, non è se la Lega sia xenofoba o meno. La domanda è: c’è un progetto dei ceti dominanti di sostituzione etnica in Italia? O, se posta in questi termini la questione non vi piace, diciamo: c’è un progetto di sovvertimento delle relazioni sociali e del welfare state mediante l’impiego o l’uso dell’immigrazione di massa? E, oltre a questo, è sostenibile un’idea di società senza frontiere, e non porta questo già oggi a rischi per la sicurezza insostenibili?
Emma Bonino parla di “necessità” per l’europa dell’afflusso di 50 milioni di immigrati. D’Alema si associa a questa idea parlando di 30 milioni, mentre uno studio dell’ Onu parla della necessità per la sola Italia di 18 milioni di immigrati. Lo studio [1] precisa: per mantenere invece un rapporto adeguato fra popolazione in età lavorativa e l’aumento della popolazione in età di pensione, sarebbe necessaria l’immigrazione di 113 milioni di persone (seppure entro il 2050), e 670 milioni di persone per l’ Unione Europea: impresa ardua, riconoscono gli studiosi Onu, che però può essere facilitata dall’innalzamento dell’età pensionistica a 75 anni (grazie, troppo buoni).
D’altronde, se il presidente della camera, Laura Boldrini, già “alto commissario Onu per i rifugiati” (e chissà perché è stata messa nel posto che occupa) sostiene che dovremmo importare almeno 400.000 immigrati all’anno “per essere 66 milioni nel 2025” (??) a quali conti e a quali progetti fa riferimento…?
Non esiste in questi studi, in queste valutazioni alcuna presa d’atto del fallimento di un modello socio-economico. Nessuna presa d’atto della correlazione, fortissima in Italia e nettamente dimostrata (c’è uno studio Ansa-centimetri su questo, ma credo che Bagnai l’abbia riportata) fra andamento della disoccupazione e caduta del tasso di natalità. (In altri termini: diamo un lavoro fisso ai 18enni anziché farli attendere i 40 e vediamo come l’indice di natalità italiano supera quello del Burkina Faso)
In definitiva, mi sembra di poter dire che le forze egemoniche del capitale mondiale puntano a risolvere il fallimento del loro modello economico attraverso il ricorso massiccio all’immigrazione. E questo, senza nemmeno dover far ricorso al ragionamento marxiano sull’ esercito industriale di riserva, che noi sappiamo ben fondato, e senza valutare le conseguenze di altro genere che questi flussi massicci di popolazione comportano.
Peraltro è interessante la lettera [2] che George Soros ha scritto ad un noto giornale filantropico, il Wall Street Journal, il 20 settembre 2016, per spiegare perché investirà altri 500 milioni di dollari sull’aiuto all’immigrazione. La sua idea è di trasformarla in un gigantesco business, che possa autoalimentarsi, e sul quale reinvestire i profitti. Il ruolo dei governi —dice— è fondamentale, ma per dare un vero impulso c’è bisogno dell’iniziativa privata. E ci informa anche che Obama ha chiesto alle maggiori società americane di impegnarsi in tal senso; e che il 19 settembre 2016 i maggiori leader dell’economia mondiale (cioè della finanza) si sono ritrovati presso l’ Onu per “trattare il problema dell’immigrazione”. “Oggi —dice fra l’altro Soros— il denaro si sposta istantaneamente da un portafogli virtuale all’altro da un capo all’altro del mondo. Aiutare l’iniziativa economica dei rifugiati ci può far produrre servizi per tutta la popolazione”.
D’altronde sappiamo da tempo che il capitalismo ha soprattutto bisogno di sradicamento. Da qualsiasi sussidiario delle scuole medie si può ricordare che la tratta degli schiavi verso il nord e il sud america dipendeva dal fatto che gli indigeni “non volevano lavorare”. Cioè del fatto che avendo dietro di essi un retroterra comunitario esistente non accettavano la subordinazione e lo sfruttamento delle “fazendas”. Il capitalismo ha bisogno di sradicamento, e lo sappiamo dalla storia della rivoluzione industriale inglese, e ce lo ha ricordato Lord Sutherland, ex commissario Europeo per la concorrenza, ex direttore generale della WTO e rappresentante speciale del segretario generale dell’ Onu per le migrazioni. “ L’ Europa dovrebbe fare del suo meglio per sabotare la propria omogeneità culturale” ha detto in una intervista alla BBC. [3]
In questo senso Salvini, costretto a sostenere da solo contro il mainstream questa battaglia di importanza storica, lo trovo eroico, che Dio ce lo preservi, e chi, come D’ Attorre in un recente intervento a Chianciano, riconosce che “Non si può affrontare la crisi della globalizzazione con un paradigma no borders”, e aggiunge però” La Lega è impresentabile”, dovrebbe invece ringraziare Salvini perché prendendosi miliardi di insulti dà la possibilità anche a lui di prendere una timidissima e tiepidissima posizione politicamente scorretta.
Per questo non voglio più nei miei dintorni (senz’altro molti diranno lo stesso di me, pazienza), i vari Podemos, Syriza, Pisapia, Varoufakis, Fratoianni e quant’altri che non prendano come questione centrale la questione dell’immigrazione e che si prefiggano invece di costruire movimenti per “arginare il populismo e la xenofobia”. Al di là della serietà incerta delle loro convinzioni euro critiche, qualcuno si rende conto della immane disparità di forze che abbiamo rispetto alla finanza mondiale e ai suoi governi, e che cosa questo significhi nell’equilibrio delle forze?
Ripeto la domanda fondamentale: c’è un progetto di sostituzione etnica, o anche solo un pericolo di stravolgimento delle relazioni sociali e del welfare mediante la facilitazione o l’uso dell’immigrazione di massa in Italia…? La questione è forse poco importante? Si pensa di fare una rivoluzione nazionale senza un popolo? O magari si considera, forse più realisticamente, che le forza siano così enormemente sproporzionate, sul piano materiale e culturale, che è inopportuno opporsi…?
Sia chiaro che non intendo proporre di “sposare” la Lega. Se ce ne fosse bisogno, ricordo per sommi capi su quanto siamo distanti. L’idea di una flat tax è un’idea di società antagonista alla nostra. Il loro liberismo anti statuale è incompatibile con il ruolo attivo dello Stato che molti di noi, me compreso, auspicano. Le loro idee di riforma del sistema elettorale, che ci si riferisca alla preferenza per il maggioritario o l’opzione presidenzialistica sono opposte alle nostre, e lo sono perché la loro visione antropologica è quella monadica dell’individualismo liberista. Le loro idee di federalismo mi preoccupano, e non perché non ritenga opportuna una maggiore responsabilità fiscale degli enti locali, ma perché mi preoccupa un federalismo gestito da idee liberali. Per finire, il problema dell’integrazione dei Rom non può certo essere risolto con le ruspe, e non va dimenticato che gli immigrati, anche se i loro bisogni sono strumentalizzati dal capitale, sono sempre le prime vittime, ed è comunque vero che sono una ricchezza, per la ragione fondamentale che portano fra di noi la loro splendida-in quanto umana- umanità (quando non vengono per portare la Jihad, ma quello è un altro caso, e dovremmo difendercene). E so anche dei pericoli che torni sotto le gonne di Berlusconi (pericolo che mi sembra un po’ attenuato ora che con l’elezione di Tajani il parlamento europeo ha individuato in Berlusconi una diga al “populismo”). Certo che se gli anti euro fanno il vuoto attorno alla Lega questa diventa una profezia che si auto realizza.
I compagni di P101 cercano di rifondare attraverso i movimenti sociali una “sinistra” di carattere nazionale, e di mettere insieme diverse esperienze e teorie in vario modo critiche verso il sistema attuale. Si prova a sostituire la necessità della teoria con i “movimenti”. Io non credo che questo lavoro sia utile se non è accompagnato da una cernita severa delle idee e dal coraggio delle rotture (e, in certi momenti, dall’audacia delle alleanze). Ho già scritto (si potrebbe dire di più e meglio) in un articolo gentilmente ospitato da SOLLEVAZIONE (Ciao ciao keynes, parte prima e seconda) perché il keinesismo non mi sembra lo strumento per riformare l’ Italia. Nemmeno vorrei parlare delle teorie del keinesismo fantasioso e paradossale dei MMTters, che peraltro hanno grande consenso fra tutti coloro che vorrebbero una rivoluzione senza pagare dei costi. Non c’è bisogno, per me, di una sinistra, ma semmai di comunisti, che salutino passate appartenenze. Come diceva in un suo intervento Mimmo Porcaro, il “programma” è “dire la verità (storica, sociale, morale) sul nostro paese. Ma questo lavoro, state sicuri, se non lo fanno i comunisti non lo può far nessuno.
NOTE
(1) “Replacement migration: is it a solution to declining and ageing population?” United Nations Population Division
(2) “Why I’m investing $ 500 million in migrants”, di George Soros, Wall Street Journal, 20 Settembre 2016
(3) “Eu should undermine National homogeneity says UN migration chiefs, BBC news, 21/6/2012
6 commenti:
che differenza c'è tra fratoianni e la tatcher ?
nessuna.
io con la tatcher non voglio avere niente a che fare.
come con steve jobs, il santo, quello che ha creato 300 miliardi di dollari di nero per la sua azienda sfruttando gli operai cinesi.
meglio trump, il capitalista, che conosce ford e capisce che se l'operaio non può comrpare quel che produce, qualche problemino si crea.
Chiavacci purtroppo ha ragione in toto, non si riescono più a dire cose che tempo addietro erano banale bagaglio della sinistra : che il ruolo dello stato dev'essere quello di promuovere la piena occupazione,che per farlo bisogna limitare i movimenti di capitale, che senza sovranità monetaria non può darsi democrazia e che l'immigrazione non è altro che schiavismo controllato dal padronato.
Ma per quanto riguarda il quesito Lega sì/Lega no il problema non sussiste : i proletari sceglieranno senza tante sottigliezze politologiche..
Adriano
Nel mondo 8 ricchi detengono la ricchezza dei 3,5miliardi più poveri. Essere contro questi poveri è di fatto stare con le élite. Fare campagna di distrazione di massa. Per questo la lega è il nemico
Non c'è solo l:euro nella mia vita
La Lega tuttavia è solamente ciò che, a mio modo di vedere forzatamente, si vuole presupporre attraverso la sua rappresentanza sociale ?
La Lega in Lombardia è soprattutto un grumo di potere che gestisce tramite i suoi apparati
relazioni fra soggettività imprenditoriali e rappresentanze territoriali nelle istituzioni.
A me pare che questo posizionamento, deterioratosi certamente con la recessione, non sarà disperso al fine di intraprendere un processo di cambiamento radicale.
La Lega tornerà come sempre nei ranghi del centro destra, per le ragioni sopra espresse che la vincolano a quegli interessi.
Per avere maggiore potere possibile, la Lega deve acquisire peso politico e sa che per ottenerlo deve sempre stare in campagna elettorale.
A me pare che questi aspetti siano ancora più importanti delle altre, gravi posizioni rappresentate dalla Lega. A mio modo di vedere sono invece avversari politici a cui va contesa la rappresentanza poichè è stata, non potrà che essere tradita dal costante tatticismo elettoralistico che i leghisti esprimono ormai da decenni.
Luca Gorlani
"Evidentemente, come in molti hanno notato, si cercava da parte di Grillo con l’inserimento in un gruppo europeo più presentabile per i media una qualche forma di legittimazione per vincere le prossime elezioni in Italia; paese dove già diverse anime dell’area De Benedettiana puntano sul M5s per una alternativa di ceti politici ma non di sistema." altro non serve a capire quanto poco sa chi ha scritto queste cose, avanti coi "complottisti" che gridano alla dittatura e poi quando una maggioranza vota diversamente da come loro vorrebbero, allora no non è una maggioranza ma solo popolo bue, fatevi un esame di coscienza e scoprite l'inevitabile e cioè che di politica non avete mai capito un c....
Salvini, costretto a sostenere da solo contro il mainstream questa battaglia di importanza storica, lo trovo eroico, che Dio ce lo preservi.
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