[ 6 marzo ]
Che dire in conclusione? Un
tempo i reazionari spaventavano chi possedeva una casa dicendo che i comunisti
gliela avrebbero presa. Oggi che nessuno ci cascherebbe più, sono ben altri gli
espropriatori in agguato...
«Un tempo i reazionari spaventavano chi possedeva una casa dicendo che i
comunisti gliela avrebbero presa. Oggi che nessuno ci cascherebbe più, sono ben
altri gli espropriatori in agguato...»
La
porcata è venuta alla luce ed il governo sta provando a rattopparla. Ma
l'esproprio resta, chiariamolo subito. Dopo i ritocchi annunciati, molti si
chiedono se le case degli italiani messi in difficoltà dalla crisi siano
davvero sotto attacco. La risposta è sì. E gli attaccanti sono i soliti noti,
un trio composto da banche, governo ed Unione Europea.
Del
resto, perché stupirsi? Non è forse il medesimo trattamento imposto da
Bruxelles a Spagna e Grecia? All'origine del decreto governativo c'è infatti la
solita direttiva europea. Renzi avrebbe voluto recepirla senza troppo rumore,
ma gli è andata male. Questa volta l'azione dei deputati M5S è stata
impeccabile. La riunione della commissione Finanze è saltata, i media sono
stati costretti ad un minimo di informazione, il governo ha dovuto annunciare
"modifiche".
Ovvio
che se il silenziamento avesse funzionato, nessuno nella maggioranza avrebbe
accettato cambiamenti sostanziali al decreto. Ma non è il caso di cantare
vittoria perché, quando nella prossima settimana i lavori parlamentari riprenderanno,
il tentativo sarà quello di abbellire il testo per tenere fermo l'obiettivo che
interessa a Lorsignori.
Quale
sia questo obiettivo è presto detto: mettere le mani sulla casa delle famiglie
in ritardo con i pagamenti del mutuo il prima possibile; mettercele per
procedere alla vendita immediatamente, senza aspettare - come oggi - i tempi
delle aste giudiziarie. Insomma, un esproprio bello e buono.
Naturalmente
i piddini negano. Giurano che per i cittadini morosi nulla cambierà. Ma allora
perché la direttiva Ue ed il conseguente decreto? Il bello è che lo giuravano
anche prima di essere stati costretti a promettere miglioramenti al testo, e
questo la dice lunga sull'onestà intellettuale di costoro.
Flebili
i loro argomenti. Il primo è che anche oggi le banche possono far scattare le
procedure esecutive dopo il mancato pagamento di 7 rate. Vero, ma oggi i tempi
giudiziari allungano la pratica mediamente fino a 7 anni, mentre il decreto
(anche ammesso che il governo mantenga le sue ultime promesse) consentirà
l'esproprio e la vendita dell'immobile dopo soli 18 mesi.
Il
secondo argomento piddino è che l'esproprio sarà possibile solo per il futuro e
soltanto su base volontaria. Che sarà valido solo per il futuro è da vedere.
Quel che sappiamo è che il testo originario conteneva una parolina messa lì
appositamente per consentire di applicare la norma retroattivamente anche ai
mutui già in essere. In quanto alla volontarietà è fin troppo facile osservare
come il rapporto tra la banca e colui che va a chiedere un mutuo sia tutt'altro
che paritario. Non è difficile prevedere, quindi, che chi vorrà un mutuo dovrà
sottostare alle nuove clausole.
Le
modifiche di cui tanto parlano gli esponenti del governo in questi ultimi
giorni, se da un lato sono la prova della loro malafede (perché non ci avevano
"pensato" prima?), dall'altro non spostano di molto i termini del
problema. Dalle iniziali sette rate non pagate, sembra che adesso si arriverà a
18 prima che la banca possa impossessarsi dell'immobile. Ma diciotto mesi sono
brevi, maledettamente brevi per le famiglie messe in croce dalla crisi, specie
per chi si ritroverà senza lavoro.
Si
dice anche che il decreto impedirà la svendita del bene posseduto. Questo
perché il mutuatario potrà nominare un esperto che ne tuteli gli interessi in
fase di valutazione... E ci mancherebbe altro! Ma, anche in questo caso, non è
difficile immaginare chi sarà maggiormente tutelato tra il mutuatario e la
banca. Tanto più in una fase di grande depressione del mercato immobiliare come
questa. Non dimentichiamoci che alla banca sarà sufficiente ottenere un prezzo
che le consenta di recuperare il credito residuo, dato che la parte eccedente
spetterebbe comunque al mutuatario, che rischia così di ritrovarsi becco e
bastonato.
Mai
come in questo caso le rassicurazioni dei cosiddetti "esperti"
gridano semplicemente vendetta. Ancora di più quelle dei diretti interessati. Prendiamo
il caso del sig. Patuelli, presidente di quell'Associazione bancaria (Abi)
tanto interessata al decreto. Ancora prima che si parlasse di modifiche al testo
proposto, questa faccia di bronzo ha avuto il coraggio di dichiarare che: «Non c'è il rischio di avere la casa
pignorata... Ho studiato il documento del governo che recepisce la direttiva e
non riguarda fatti passati, ma eventualità, possibilità per il futuro, è una
cosa lasciata alla libera contrattazione tra le famiglie e gli istituti bancari»
(Il Sole 24 Ore, 3 marzo 2016). Libera contrattazione! Capito quale vantaggio
per le famiglie!
Da
notare che per le banche la quota dei mutui sulla casa in percentuale sul
totale dei crediti in sofferenza è piuttosto modesta, ma colpire le famiglie è
assai più facile che rifarsela con i bancarottieri professionali.
Secondo
il Bollettino statistico di Bankitalia (qui
citato dalla Confartigianato)
il 70,3% delle sofferenze riguarda affidi superiori ai 500mila euro, che nel
2015 hanno rappresentato addirittura il 91,8% dell'incremento delle sofferenze
registrate nell'anno. Ovvio che non si sta parlando di mutui per la casa. Dati
confermati da quanto pubblicato dal Corriere
della Sera del 24 gennaio scorso, secondo cui la quota di sofferenze
relativa alla fascia di prestito tra 125 e 250mila euro (quella in cui si
concentrano i mutui casa, anche se ne comprende altri di diverso tipo) è pari
ad un misero 10,08%.
Con
le regole attuali spesso le banche non hanno interesse ad arrivare al
pignoramento e preferiscono procedere con una trattativa con il mutuatario. Ciò
nonostante le abitazioni finite all'asta nel secondo semestre 2015 sono state
ben 28.672. Andando a spanne è perciò realistico stimare un totale annuo tra le
55mila e le 60mila case messe all'asta nel 2015. Un dato decisamente rilevante,
in un anno in cui il totale delle case vendute in Italia si è fermato a quota
444mila.
Ovvio
che con il decreto governativo la vendita delle case pignorate non potrà che
aumentare di brutto. E' vero che la crisi del mercato immobiliare rappresenta
un indubbio ostacolo a questa operazione, ma proprio per questo la soluzione
potrà essere quella della svendita, pur sempre vantaggiosa per la banca, del
tutto rovinosa per il suo cliente.
Per
tutti questi motivi è ben chiara la posta in gioco. Di certo è chiaro il
disegno del trio banche-governo-Unione Europea, come sempre uniti nella lotta
per depredare il popolo lavoratore. Quello messo in ginocchio dalla crisi e
dalle politiche austeritarie degli ultimi anni.
Abbiamo
visto, però, la difficoltà politica degli uomini di Renzi una volta che il tema
è divenuto di pubblico dominio. Vedremo adesso come ricalibreranno questo
ennesimo imbroglio. Di certo il trio non mollerà la presa, ma sul piano del
consenso un altro fronte si è aperto per il fiorentino.
1 commento:
Ottime argomentazioni, aggiungerei che i veri beneficiari di questa schifezza che tutela poco le banche e per niente i consumatori, sono i fondi di investimento immobiliari.
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