[ 20 gennaio]
Sempre più accesi i toni dello scontro verbale tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ed il Presidente della Commissione europea Juncker.
Ma questo scontro è una cosa seria o una pagliacciata?
Due sono le versioni. La prima minimizza la portata della polemica, e dice che Renzi, alla fine del tenzone otterrà dal trio Juncker-Merkel- Schäuble la flessibilità dello 0.6 punti percentuali di deficit su Pil (dallo 1,8% al 2,4%). La seconda dice che le cose sono molto più serie, visto che di mezzo ci sono sia la questione dell'ILVA di Taranto che il salvataggio delle banche italiane traballanti, cose che sollevano non solo la deroga al Fiscal compact ma pure il divieto dei cosiddetti "salvataggi di Stato" —divieto scritto nei Trattati e che rappresenta un vero dogma per l'Euro-Germania.
Forse ci sbagliamo ma la seconda versione ci pare quella giusta, ovvero lo scontro non è facilmente componibile con un compromesso abborracciato, tanto per tirare a campare. Non sembra infatti, ad oggi, che i duellanti siano disposti a fare passi indietro. I partigiani della versione minimalista dicono: Renzi è stato messo lì da loro, alla fine cederà oppure lo faranno fuori, come fecero nel novembre del 2011 con Berlusconi, e visto che Renzi è un fantoccio si toglierà di mezzo come fece il Cavaliere.
Senza tirare in ballo la psicologia, a noi non pare che Matteo Renzi vorrà farsi sloggiare tanto facilmente, con un golpe bianco come quello che capeggiarono Draghi e Napolitano nel 2011. Non solo perché, appunto, Berlusconi era un pesce lesso ricattabile (conflitto di interessi ecc.) Le abbiamo dette di tutti i colori contro Renzi e non ritiriamo nessuna critica né accusa, ma ciò non toglie che lui, i "pugni sul tavolo" li sta battendo sul serio, e li sta battendo perché sente puzza di bruciato e, come sostiene in ogni consesso, le terapie austeritarie imposte all'Italia sono concausa della più grave crisi e che "occorre fare invece come gli Stati uniti". Una critica che chiama in causa non solo la Commissione di Juncker e Berlino ma pure Draghi e la Bce.
Ricordate come venne defenestrato il Berlusca? Prima, nell'agosto 2011. la letterina della Bce, poi vendite pilotate a tutto spiano di titoli italiani. Quindi spread a mille.
Non occorre scomodare i complotti ma le similitudini ci sono tutte. Oggi nuovo pesantissimo tonfo in borsa dei titoli bancari....
Un mese fa è partita un'altra letterina della Bce, in questo caso alle banche italiane. Motivo: "avete una montagna di crediti in sofferenza (Npl) e dovete ricapitalizzare". Passano tre settimane et voilà vendite massicce (anche allo scoperto) di azioni e obbligazioni delle banche italiane, con relativa svalutazione dei loro asset. Ciò che rende impossibile ogni ricapitalizzazione e che trascina nel gorgo non solo le banche medesime ma, nuovamente, il valore dei titoli di debito pubblici —di cui esse son piene.
Nelle prossime settimane vedremo come va a finire. Di sicuro i giochi si riaprono, in barba ai politologi da quattro soldi che pronosticavano che Renzi era in una botte di ferro e sarebbe durato a lungo.
Sta di fatto che, almeno fino ad ora, Renzi tiene duro mentre gli euro-oligarchi, con dietro il governo tedesco, tenteranno di piegarlo, se necessario scatenandogli contro l'ira di Dio per mettere qualcun altro al suo posto. Un proconsole, un cane ubbidiente, un Quisling come furono Monti o Letta, affinché l'Italia sia nuovamente sottoposta ad un regime stringente di protettorato, con la cessione di nuove porzioni di sovranità politica ai poteri oligarchici euro-tedeschi.
I sovranisti, in questo caso, potranno restarsene alla finestra?
Sempre più accesi i toni dello scontro verbale tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ed il Presidente della Commissione europea Juncker.
Ma questo scontro è una cosa seria o una pagliacciata?
Due sono le versioni. La prima minimizza la portata della polemica, e dice che Renzi, alla fine del tenzone otterrà dal trio Juncker-Merkel- Schäuble la flessibilità dello 0.6 punti percentuali di deficit su Pil (dallo 1,8% al 2,4%). La seconda dice che le cose sono molto più serie, visto che di mezzo ci sono sia la questione dell'ILVA di Taranto che il salvataggio delle banche italiane traballanti, cose che sollevano non solo la deroga al Fiscal compact ma pure il divieto dei cosiddetti "salvataggi di Stato" —divieto scritto nei Trattati e che rappresenta un vero dogma per l'Euro-Germania.
Forse ci sbagliamo ma la seconda versione ci pare quella giusta, ovvero lo scontro non è facilmente componibile con un compromesso abborracciato, tanto per tirare a campare. Non sembra infatti, ad oggi, che i duellanti siano disposti a fare passi indietro. I partigiani della versione minimalista dicono: Renzi è stato messo lì da loro, alla fine cederà oppure lo faranno fuori, come fecero nel novembre del 2011 con Berlusconi, e visto che Renzi è un fantoccio si toglierà di mezzo come fece il Cavaliere.
Senza tirare in ballo la psicologia, a noi non pare che Matteo Renzi vorrà farsi sloggiare tanto facilmente, con un golpe bianco come quello che capeggiarono Draghi e Napolitano nel 2011. Non solo perché, appunto, Berlusconi era un pesce lesso ricattabile (conflitto di interessi ecc.) Le abbiamo dette di tutti i colori contro Renzi e non ritiriamo nessuna critica né accusa, ma ciò non toglie che lui, i "pugni sul tavolo" li sta battendo sul serio, e li sta battendo perché sente puzza di bruciato e, come sostiene in ogni consesso, le terapie austeritarie imposte all'Italia sono concausa della più grave crisi e che "occorre fare invece come gli Stati uniti". Una critica che chiama in causa non solo la Commissione di Juncker e Berlino ma pure Draghi e la Bce.
Ricordate come venne defenestrato il Berlusca? Prima, nell'agosto 2011. la letterina della Bce, poi vendite pilotate a tutto spiano di titoli italiani. Quindi spread a mille.
Non occorre scomodare i complotti ma le similitudini ci sono tutte. Oggi nuovo pesantissimo tonfo in borsa dei titoli bancari....
Un mese fa è partita un'altra letterina della Bce, in questo caso alle banche italiane. Motivo: "avete una montagna di crediti in sofferenza (Npl) e dovete ricapitalizzare". Passano tre settimane et voilà vendite massicce (anche allo scoperto) di azioni e obbligazioni delle banche italiane, con relativa svalutazione dei loro asset. Ciò che rende impossibile ogni ricapitalizzazione e che trascina nel gorgo non solo le banche medesime ma, nuovamente, il valore dei titoli di debito pubblici —di cui esse son piene.
Nelle prossime settimane vedremo come va a finire. Di sicuro i giochi si riaprono, in barba ai politologi da quattro soldi che pronosticavano che Renzi era in una botte di ferro e sarebbe durato a lungo.
Sta di fatto che, almeno fino ad ora, Renzi tiene duro mentre gli euro-oligarchi, con dietro il governo tedesco, tenteranno di piegarlo, se necessario scatenandogli contro l'ira di Dio per mettere qualcun altro al suo posto. Un proconsole, un cane ubbidiente, un Quisling come furono Monti o Letta, affinché l'Italia sia nuovamente sottoposta ad un regime stringente di protettorato, con la cessione di nuove porzioni di sovranità politica ai poteri oligarchici euro-tedeschi.
I sovranisti, in questo caso, potranno restarsene alla finestra?
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