[ 4 gennaio ]
Roberto D'Alimonte [nella foto] e un sondaggio sul referendum costituzionale previsto per il prossimo autunno
«Se lo perdessi sarebbe il fallimento della mia esperienza politica». Così Renzi nella conferenza stampa di fine anno. Ben detto! E' quel che sosteniamo da tempo. Chissà se il Bomba ne comprende tutte le conseguenze. Forse sì, forse no, ma in ogni caso non ha alternative. Sarà la sua Madre di tutte le battaglie, dicono i suoi sodali. Un ottimo suggerimento sul da farsi per tutti i suoi nemici.
Ma prima che il 2015 chiudesse i battenti, anche lo zio dell'Italicum - al secolo Roberto D'Alimonte - ha voluto dir la sua quasi ad esorcizzare l'anno in arrivo. Che sarà l'anno del referendum costituzionale, "confermativo" dicono i renziani, ad esorcizzare pure loro l'eventualità di un voto invece contrario. Un voto "sconfermativo", per dirla con un neologismo che ci piace assai.
Ma torniamo a D'Alimonte. Il politologo abruzzese, pur barcamenandosi tra mille cautele e col linguaggio di chi sa che le cose non saranno semplici come sembra, lancia così il suo esorcismo: Renzi vincerà, perché la sua riforma costituzionale piace anche ad una parte consistente di elettori della destra e di M5S. Impeccabile la sintesi del titolo dell'articolo apparso sul Sole 24 ore il 31 dicembre: «Il premier punta sul referendum perché incassa consensi trasversali».
Per dare forza al suo ragionamento, D'Alimonte cita un sondaggio realizzato a novembre dal CISE. Sondaggio in verità assai curioso. Secondo i numeri citati dal professore della Luiss, alla richiesta di un giudizio sulla (contro)riforma, il 55% si sarebbe pronunciato positivamente, a fronte di un 45% di contrari. «Una chiara maggioranza a favore ma non una maggioranza schiacciante», commenta il politologo. Che un 55 a 45, ad un anno dal voto, rappresenti una «chiara maggioranza» è ovviamente discutibile. Ma il fatto è che limitando il sondaggio a chi ha dichiarato che andrà certamente a votare, il risultato si sbilancia notevolmente a favore di Renzi con un netto 68 a 32%.
Numeri che fanno la gioia del D'Alimonte, ma che bisogna vedere meglio. Secondo il sondaggio, il 60,6% degli elettori del Pd voterà sì, l'8,2% no, mentre il 31,2% al momento è orientato a non votare. Nel Movimento 5 Stelle il 26,6% sarebbe per il sì, il 28,8% per il no, il 44,7% per il non voto. In Forza Italia voterebbe sì il 47,3% dell'elettorato, per il no il 15,8%, per il non voto il 37%. Tra i votanti della Lega il sì riscuoterebbe il 23,0%, contro un 19% di no ed un 58% di non voto.
Insomma, la trasversalità la fa da padrona. E questo sembrerebbe dar ragione a Renzi. Ma è davvero così? Se i numeri del CISE fossero veri, avremmo una percentuale di sì del 33% contro il 15% dei no. Al 52% la quota dei non votanti. Grazie ad un'astensione così elevata il 33% si trasformerebbe poi in un 68% dei voti validi per il sì, mentre il 15% dei no varrebbe soltanto un 32% di questi.
Fermiamoci qui con i numeri e proviamo invece a ragionarci sopra.
La prima questione che balza agli occhi è il divario tra coloro che si dichiarano contro la controriforma renziana (45%) e quelli che hanno già deciso di dare seguito a questo orientamento con il voto (32%). Uno scarto notevolissimo, che consente a Renzi di trasformare il suo risicato 55% in un ben più marcato 68%. Insomma, i sostenitori del sì sono al momento assai più motivati a recarsi alle urne di coloro che sulla controriforma esprimono un parere negativo. In un certo senso è naturale che oggi sia così. Da che mondo è mondo, chi crede di essere sul carro del vincitore è sempre il più lesto a mettersi in mostra in prima fila. Tuttavia, la differenza tra i no potenziali e quelli che già oggi si esprimerebbero nell'urna resta comunque troppo elevata. Uno scarto in buona parte dovuto alla debolezza delle forze di opposizione, che sulla questione non mostrano certo la determinazione necessaria.
Ed è su questo che punta D'Alimonte. In sostanza, egli dice, Forza Italia avrà grandi difficoltà a motivare un no su una legge costituzionale che fino ad un certo punto ha condiviso e votato, mentre M5S dovrà pensarci due volte prima di affossare una "riforma" che cancellerebbe di fatto anche quell'Italicum di cui molti grillini pensano, pur non potendolo dire, di avvantaggiarsi.
Altre considerazioni si potrebbero fare sull'elettorato della Lega e di Fratelli d'Italia. E' chiaro che in quel mondo le spinte autoritarie e presidenzialiste non possono che piacere. Questo significa che Renzi arriverà al referendum senza avversari in grado di contrastarlo? Credo proprio di no.
C'è infatti un secondo dato che merita di essere considerato. Il fatto che già oggi un 45% delle persone si dichiari contro la "riforma" costituzionale è una base di partenza ottima, direi eccezionale. Siamo ancora a quasi un anno dal referendum (si ipotizza il prossimo mese di ottobre), con un'opinione pubblica distratta da altri eventi, con tutto il sistema mediatico a favore di Renzi, con i partiti d'opposizione in tutt'altre faccende affaccendati. Quell'odierno 45% ci dice allora, ed in modo inequivocabile, che la vittoria del no è possibile.
Certo, molto dipenderà dall'atteggiamento delle forze politiche, dai calcoli che prevarranno. Nel caso di M5S non vogliamo neppure pensare ad una scelta di basso profilo onde incamerare l'Italicum. Un atteggiamento del genere sarebbe semplicemente suicida. E questo per un motivo semplice semplice, che tutti dovrebbero comprendere. In breve: il risultato referendario annuncerà quello delle successive elezioni politiche. Un Renzi trionfante in autunno diventerebbe imbattibile nel voto politico che di lì a poco seguirebbe. E' così difficile capirlo?
La vera domanda alla quale gli elettori dovranno rispondere sarà quindi: volete voi l'approvazione di una legge che segnerà la costruzione del regime renziano? A questa domanda, che non sarà scritta sulla scheda ma dovrà essere impressa nella mente degli elettori, è ben difficile che la maggioranza risponda sì.
E' forse esagerato parlare di regime? Assolutamente no, perché l'accoppiata Italicum-controriforma costituzionale disegna un presidenzialismo di fatto, peraltro senza i contrappesi dei presidenzialismi di diritto. Un premier padrone del parlamento, con ai suoi piedi la Corte costituzionale ed un Senato ridotto ad ente inutile.
E' a questo livello che deve porsi l'allarme democratico e la necessaria risposta che ne discende. Solo così il no potrà affermarsi ed il disegno renziano potrà essere sconfitto. Come abbiamo visto all'inizio, il fiorentino ha ben chiara la posta in gioco. Sarà bene che l'abbiano altrettanto chiara i suoi oppositori.
Non ingannino comunque gli odierni sondaggi. Quando diventerà finalmente chiaro che la partita referendaria non è per niente chiusa si aprirà uno scenario del tutto opposto a quello attuale: gli avversari di ogni tipo prenderanno coraggio, i media cominceranno ad essere meno compatti, chiunque abbia un buon motivo per detestare Renzi (e sono tanti) deciderà di andare a votare. Forse mi sbaglio, ma penso che ne vedremo delle belle. Probabilmente anche D'Alimonte in cuor suo lo sa, ed è per questo che prova ad esorcizzare il tutto provando a far credere che i giochi siano già chiusi. No, non è così. Il no può vincere. Che la campagna per fermare il regime renziano inizi quanto prima.
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