[ 25 aprile 2018 ]
Son passati ottantuno anni da quel 27 aprile del 1937, giorno della dipartita di Antonio Gramsci.
I Quaderni dal carcere, da lui scritti mentre era dietro le sbarre e in un precario stato di salute, sono senza dubbio alcuno la sua opera magna, il suo più grande lascito.
Le sue riflessioni di tale ampiezza, il suo pensiero di così raffinata profondità strategica, tanto incompiuti e frammentati, i Quaderni che ci ha consegnato, che non è facile, al netto della sterminata critica esegetica della sua opera, tentare di indicare il posto che essa occupa nel grande deposito del pensiero politico moderno.
Proviamo tuttavia a farlo per veloci schizzi.
Primo punto: UMANESIMO ASSOLUTO
Gramsci fu prima di tutto un comunista, animato da una incrollabile fede nella ragione, nell'uomo che ne è portatore, negli intellettuali nazionali-popolari suoi custodi spirituali, negli "umili" in quanto sola potenza materiale della redenzione rivoluzionaria dell'umanità.
Secondo punto: UN MARXISMO OLTRE MARX
Non è lecito ingabbiare il Nostro nel perimetro del pensiero marxista, le sue riflessioni, anzi, ne hanno spezzato certi angusti steccati. Esploratore della complessità, prese le distanze dalle ossificate e presunte "ortodossie marxiste", aprì al marxismo nuovi orizzonti di ricerca e abbozzò un metodo critico e nuovo di interpretazione dei fenomeni sociali.
Terzo punto: LA POLITICA AL PRIMO POSTO
Gramsci va considerato un teorico della politica, per ciò stesso un filosofo, poiché, proprio come il Nostro direbbe, ogni idea politica possiede un nucleo necessariamente filosofico, una visione del mondo —quindi dell'uomo e della sua missione storico-emancipatrice.
Quarto punto: FILOSOFIA DELLA PRASSI
Le sue riflessioni filosofiche non hanno tuttavia un carattere astratto-speculativo ma concreto-determinato: la storia sociale è il suo fondamentale campo d'indagine, gli uomini i soggetti che la fanno in condizioni che sì, son oggettivamente date, ma co-determinate dal pensiero, cioè sempre sottoposte allo loro opera creativa.
Quinto punto: UN GRANDE ITALIANO
Gramsci è, assieme al Machiavelli, il più grande pensatore politico italiano, occupa quindi un posto di primo piano nella vicenda della filosofia politica occidente. Di contro ad ogni panlogismo cosmopolitico l'Italia era, per il Nostro, centro geometrico delle sue indagini e solo orizzonte storico plausibile.
Sesto punto: GUERRA DI POSIZIONE
Gramsci — al netto della giusta critica ad ogni economicismo e della centralità dell'ideologia come fattore determinante della potenza egemonica di una data classe sociale — non è, come invece Lenin è da considerare, un pensatore dialettico della catastrofe. Si potrebbe definire il Nostro un scienziato della trasformazione per concrezione, dell'avanzata per accumulazione molecolare di forze ben organizzate.
Settimo punto: EGEMONIA
Per Lenin due sono le principali condizioni di possibilità della rivoluzione socialista, che cioè trascinano grandi masse sulla scena: l'agonia (oggettiva) del sistema capitalistico (imperialismo), e il crollo (oggettivo) della catena di comando della borghesia . Per Gramsci, essendo la "maturità delle condizioni oggettive" un feticcio, l'attuabilità della rivoluzione dipende anzitutto dalla maturità soggettiva degli oppressi, dal loro grado di coscienza politica, di consapevolezza teleologica.
Ottavo Punto: IL PARTITO COME MODERNO PRINCIPE
Gramsci non solo accoglie l'idea leninista dell'assoluta centralità del Partito politico, la ridefinisce e la rafforza. Esso non è soltanto elemento dirigente e d'avanguardia di una classe in ascesa, è molto di più, è un complesso e multiforme apparato nazionale-popolare per l'egemonia sulla società civile. Un partito che non ha solo funzione di guida nel conflitto, esso è l'essere del conflitto; esso è volontà organizzata e concentrata, agente coesivo e disciplinato che da forma politica all'indistinto sociale; animatore di una riforma intellettuale e morale che trasforma anzitutto le masse; costruttore di un nuovo "senso comune".
Son passati ottantuno anni da quel 27 aprile del 1937, giorno della dipartita di Antonio Gramsci.
I Quaderni dal carcere, da lui scritti mentre era dietro le sbarre e in un precario stato di salute, sono senza dubbio alcuno la sua opera magna, il suo più grande lascito.
Le sue riflessioni di tale ampiezza, il suo pensiero di così raffinata profondità strategica, tanto incompiuti e frammentati, i Quaderni che ci ha consegnato, che non è facile, al netto della sterminata critica esegetica della sua opera, tentare di indicare il posto che essa occupa nel grande deposito del pensiero politico moderno.
Proviamo tuttavia a farlo per veloci schizzi.
Primo punto: UMANESIMO ASSOLUTO
Gramsci fu prima di tutto un comunista, animato da una incrollabile fede nella ragione, nell'uomo che ne è portatore, negli intellettuali nazionali-popolari suoi custodi spirituali, negli "umili" in quanto sola potenza materiale della redenzione rivoluzionaria dell'umanità.
Secondo punto: UN MARXISMO OLTRE MARX
Non è lecito ingabbiare il Nostro nel perimetro del pensiero marxista, le sue riflessioni, anzi, ne hanno spezzato certi angusti steccati. Esploratore della complessità, prese le distanze dalle ossificate e presunte "ortodossie marxiste", aprì al marxismo nuovi orizzonti di ricerca e abbozzò un metodo critico e nuovo di interpretazione dei fenomeni sociali.
Terzo punto: LA POLITICA AL PRIMO POSTO
Gramsci va considerato un teorico della politica, per ciò stesso un filosofo, poiché, proprio come il Nostro direbbe, ogni idea politica possiede un nucleo necessariamente filosofico, una visione del mondo —quindi dell'uomo e della sua missione storico-emancipatrice.
Quarto punto: FILOSOFIA DELLA PRASSI
Le sue riflessioni filosofiche non hanno tuttavia un carattere astratto-speculativo ma concreto-determinato: la storia sociale è il suo fondamentale campo d'indagine, gli uomini i soggetti che la fanno in condizioni che sì, son oggettivamente date, ma co-determinate dal pensiero, cioè sempre sottoposte allo loro opera creativa.
Quinto punto: UN GRANDE ITALIANO
Gramsci è, assieme al Machiavelli, il più grande pensatore politico italiano, occupa quindi un posto di primo piano nella vicenda della filosofia politica occidente. Di contro ad ogni panlogismo cosmopolitico l'Italia era, per il Nostro, centro geometrico delle sue indagini e solo orizzonte storico plausibile.
Sesto punto: GUERRA DI POSIZIONE
Gramsci — al netto della giusta critica ad ogni economicismo e della centralità dell'ideologia come fattore determinante della potenza egemonica di una data classe sociale — non è, come invece Lenin è da considerare, un pensatore dialettico della catastrofe. Si potrebbe definire il Nostro un scienziato della trasformazione per concrezione, dell'avanzata per accumulazione molecolare di forze ben organizzate.
Settimo punto: EGEMONIA
Per Lenin due sono le principali condizioni di possibilità della rivoluzione socialista, che cioè trascinano grandi masse sulla scena: l'agonia (oggettiva) del sistema capitalistico (imperialismo), e il crollo (oggettivo) della catena di comando della borghesia . Per Gramsci, essendo la "maturità delle condizioni oggettive" un feticcio, l'attuabilità della rivoluzione dipende anzitutto dalla maturità soggettiva degli oppressi, dal loro grado di coscienza politica, di consapevolezza teleologica.
Ottavo Punto: IL PARTITO COME MODERNO PRINCIPE
Gramsci non solo accoglie l'idea leninista dell'assoluta centralità del Partito politico, la ridefinisce e la rafforza. Esso non è soltanto elemento dirigente e d'avanguardia di una classe in ascesa, è molto di più, è un complesso e multiforme apparato nazionale-popolare per l'egemonia sulla società civile. Un partito che non ha solo funzione di guida nel conflitto, esso è l'essere del conflitto; esso è volontà organizzata e concentrata, agente coesivo e disciplinato che da forma politica all'indistinto sociale; animatore di una riforma intellettuale e morale che trasforma anzitutto le masse; costruttore di un nuovo "senso comune".
(Fine Prima parte)
25 aprile 2018
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