[ 18 aprile 2018 ]
Giovedì 12 aprile, a Lisbona, è avvenuto un fatto che si presume avrà conseguenze sulla sinistra radicale europea.
J-L Mélenchon (France Insoumise), Pablo Iglesias (Podemos) e la portoghese Catarina Martins (Bloco de Esquerda) [foto accanto], hanno firmato una Dichiarazione congiunta — che riportiamo più sotto — dal titolo "ADESSO IL POPOLO! Per una rivoluzione democratica in Europa" —Maintenant le peuple ! Pour une révolution citoyenne en Europe.
Si tratta di una dichiarazione di compromesso, che resta sul piano della "riforma della Ue", in cui le posizioni più sovraniste dei francesi sono state sfumate così da essere potabili per Podemos — sappiamo che Pablo Iglesias, personalmente, dopo l'errore del sostegno aperto a SYRIZA, è oggi molto vicino alle posizioni di Mélenchon — ed i portoghesi.
Una dichiarazione che da avvio alle grandi manovre in vista delle elezioni europee del 2019. E' nota la posizione di Mélenchon: una lista unitaria europea dalla quale sia però escluso Tsipras. Come segnala qui sotto Giacomo Russo Spena la dichiarazione di Lisbona avrà serie conseguenze nel campo della sinistra radicale italiana, già divisa in tre blocchi. Potere al Popolo ha subito dichiarato il suo appoggio alla Dichiarazione di Lisbona.
Se Luigi de Magistris sta con Diem25 di Yanis Varoufakis, le spoglie di Sinistra Italiana pendono per restare con Gregor Gysi, segretario ultra-europeista della Linke tedesca nonché presidente della GUE —Gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea.
Giovedì 12 aprile, a Lisbona, è avvenuto un fatto che si presume avrà conseguenze sulla sinistra radicale europea.
J-L Mélenchon (France Insoumise), Pablo Iglesias (Podemos) e la portoghese Catarina Martins (Bloco de Esquerda) [foto accanto], hanno firmato una Dichiarazione congiunta — che riportiamo più sotto — dal titolo "ADESSO IL POPOLO! Per una rivoluzione democratica in Europa" —Maintenant le peuple ! Pour une révolution citoyenne en Europe.
Si tratta di una dichiarazione di compromesso, che resta sul piano della "riforma della Ue", in cui le posizioni più sovraniste dei francesi sono state sfumate così da essere potabili per Podemos — sappiamo che Pablo Iglesias, personalmente, dopo l'errore del sostegno aperto a SYRIZA, è oggi molto vicino alle posizioni di Mélenchon — ed i portoghesi.
Una dichiarazione che da avvio alle grandi manovre in vista delle elezioni europee del 2019. E' nota la posizione di Mélenchon: una lista unitaria europea dalla quale sia però escluso Tsipras. Come segnala qui sotto Giacomo Russo Spena la dichiarazione di Lisbona avrà serie conseguenze nel campo della sinistra radicale italiana, già divisa in tre blocchi. Potere al Popolo ha subito dichiarato il suo appoggio alla Dichiarazione di Lisbona.
Se Luigi de Magistris sta con Diem25 di Yanis Varoufakis, le spoglie di Sinistra Italiana pendono per restare con Gregor Gysi, segretario ultra-europeista della Linke tedesca nonché presidente della GUE —Gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea.
* * *
I TRE FRONTI DELLA SINISTRA EUROPEA
di Giacomo Russo Spena
Questa Europa, oligarchica e diseguale, non piace. E fin qui sono tutti d'accordo. E' dopo che iniziano i drammi a sinistra: ancora è possibile cambiare l'Ue dall'interno, e come, o bisogna giungere alla rottura con essa ipotizzando un ritorno ad un nuovo nazionalismo democratico? Su questo dilemma si sta sancendo la morte della Sinistra Europea, quella che nel 2014 aveva eletto il greco Alexis Tsipras a proprio simbolo internazionale.
Ma dopo la sua resa nei confronti della Troika, l'idea di riformare l'assetto europeo dall'interno ha iniziato a vacillare. Davide non ha sconfitto Golia. Così, a sinistra, il fronte sovranista – quello che chiede la rottura con l'Unione Europea – capeggiato dal leader francese Jean-Luc Mélenchon sta spaccando il fronte del Gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea (Gue). Lo scorso 31 gennaio il transalpino ha chiesto formalmente al partito della Sinistra europea di “buttare fuori” Syriza. "Per il Parti de Gauche, come senza dubbio molti altri partiti dell’EMP, è effettivamente diventato impossibile stringere le spalle, nello stesso movimento, a Syriza di Alexis Tsipras", sono state le parole di Mélenchon che in Italia ha avuto rapporti con Potere al Popolo, ma ha incontrato anche Luigi de Magistris. La richiesta di esclusione di Tsipras, però, non è stata gradita dal tedesco Gregor Gysi, presidente della Sinistra Europea, e capo della Linke tedesca, che ha fatto quadrato intorno a Tsipras, rigettando la sua richiesta.
Di tutta risposta Melenchon ha lanciato questo appello a Lisbona, un accordo transnazionale siglato con la leader di Bloque de Izquierda e con Podemos (nelle veci di Pablo Iglesias). Un documento, che ha ancora un valore pressoché simbolico, ma che sicuramente agita la Sinistra Europea.
Di fatto, ora, abbiamo tre fronti.
Il primo è quello della sinistra europea, capeggiato dalla Linke e da Syriza: l'idea è di contrastare l'austerity creando una rete internazionale di forze progressiste. Rimane però il nodo di Syriza, che si è "macchiata" di essersi piegata ai valori della Troika una volta giunta al governo.
Il secondo fronte è incarnato dalla "disobbedienza europea" di Yanis Varoufakis, frontman di Diem25 ed ex ministro ellenico che ha rotto proprio con Tsipras. Nel suo progetto di costruire una lista europea transnazionale è sostenuto dai sindaci Luigi de Magistris e Ada Colau, oltre che da Benoit Hamon, già candidato alle presidenziali francesi e, fuoriuscito dal partito socialista, fondatore del movimento Génération-s – e da forze progressiste provenienti da Germania (Budnis25), Polonia (Razem), Danimarca (Alternativet), Grecia (MeRA25) e Portogallo (LIVRE). Una posizione più dura nei confronti delle Istituzioni ma il campo di battaglia rimarrebbe sempre quello europeo.
Infine, il terzo fronte: quello sovranista capeggiato appunto da Mélenchon che puntualmente scende in piazza contro l'Unione Europea sventolando la bandiera francese. Intanto Podemos, che sta nel Gue ma non nella Sinistra europea, pur firmando l'appello di Lisbona, sta stringendo rapporti anche con Varoufakis tentennando ancora su quale schieramento seguire. La situazione è in divenire e può cambiare repentinamente. Si lavora per stare insieme ma, poi, le divergenze emergono prepotentemente.
Per l'Italia c'è, invece, una certezza: la sinistra, già estremamente residuale, è già pronta a frantumarsi e dividersi nei vari blocchi. Si tifa. Chi da un lato, chi dall'altro. Chissà se alle Europee 2019, battute a parte, assisteremo veramente ad un profilarsi di liste e, a quel punto, alla scissione dell'atomo.
L’Europa non è mai stata ricca come ora. E non è mai stata così diseguale. A dieci anni dallo scoppio di una crisi finanziaria che i nostri popoli non avrebbero mai dovuto pagare, oggi constatiamo che i governanti europei hanno condannato i nostri popoli a perdere un decennio.
L’applicazione dogmatica, irrazionale e inefficace delle politiche di austerità non è riuscita a risolvere nessuno dei problemi strutturali che causarono quella crisi. Al contrario, ha generato un’enorme inutile sofferenza per i nostri popoli. Con la scusa della crisi e dei loro piani di aggiustamento, hanno preteso di smantellare i sistemi di diritti e protezione sociale conquistati in decenni di lotte. Hanno condannato generazioni di giovani all’emigrazione, alla disoccupazione, alla precarietà, alla povertà. Hanno colpito con particolare crudezza i più vulnerabili, quelli che più hanno bisogno della politica e dello stato. Hanno preteso di abituarci al fatto che ogni elezione diventi un plebiscito tra lo status quo neoliberista e la minaccia dell’estrema destra.
È ora di rompere la camicia di forza dei trattati europei che impongono l’austerità e favoriscono il dumping fiscale e sociale. È ora che chi crede nella democrazia faccia un passo in avanti per rompere questa spirale inaccettabile. Abbiamo bisogno di mettere un sistema ingiusto, inefficace e insostenibile al servizio della vita e sotto il controllo democratico della cittadinanza. Abbiamo bisogno di istituzioni al servizio delle libertà pubbliche e dei diritti sociali, che sono la base materiale stessa della democrazia. Abbiamo bisogno di un movimento popolare, sovrano, democratico, che difenda le migliori conquiste delle nostre nonne e dei nostri nonni, dei nostri padri e delle nostre madri, e che possa lasciare un ordine sociale giusto, praticabile e sostenibile alle generazioni che verranno.
Con questo spirito di disobbedienza di fronte all’esistente, di ribellione democratica, di fiducia nella capacità democratica dei nostri popoli di fronte al progetto fallito delle élite di Bruxelles, oggi facciamo, a Lisbona, un passo avanti. Lanciamo un appello ai popoli d’Europa perché si uniscano alla sfida di costruire un movimento politico internazionale, popolare e democratico per organizzare la difesa dei nostri diritti e la sovranità dei nostri popoli di fronte a un ordine fragile, ingiusto e fallito che ci porta con passo deciso verso il disastro.
Chi condivide la difesa della democrazia economica, contro i grandi imbroglioni e l’1% che controlla più ricchezza del resto degli abitati di tutto il pianeta; della democrazia politica contro chi resuscita le bandiere dell’odio e della xenofobia; della democrazia femminista, contro un sistema che discrimina ogni giorno e in ogni ambito della vita metà della popolazione; della democrazia ecologista, contro un sistemo economico insostenibile che minaccia la sostenibilità della vita stessa nel pianeta; della democrazia internazionale e della pace, contro chi costruisce una volta di più l’Europa della guerra; chi condivide la difesa dei diritti umani e i principi fondamentali del buon vivere troverà in questo movimento la propria casa. Ci stiamo stancati di aspettare.
Ci siamo stancati di credere a chi ci governa da Berlino e da Bruxelles. Ci mettiamo all’opera per costruire un nuovo progetto di ordine per l’Europa. Un ordine democratico, giusto ed equo, che rispetti la sovranità dei popoli. Un ordine all’altezza dei nostri desideri e delle nostre necessità. Un ordine nuovo, al servizio del popolo».
Ma dopo la sua resa nei confronti della Troika, l'idea di riformare l'assetto europeo dall'interno ha iniziato a vacillare. Davide non ha sconfitto Golia. Così, a sinistra, il fronte sovranista – quello che chiede la rottura con l'Unione Europea – capeggiato dal leader francese Jean-Luc Mélenchon sta spaccando il fronte del Gruppo confederale della Sinistra Unitaria Europea (Gue). Lo scorso 31 gennaio il transalpino ha chiesto formalmente al partito della Sinistra europea di “buttare fuori” Syriza. "Per il Parti de Gauche, come senza dubbio molti altri partiti dell’EMP, è effettivamente diventato impossibile stringere le spalle, nello stesso movimento, a Syriza di Alexis Tsipras", sono state le parole di Mélenchon che in Italia ha avuto rapporti con Potere al Popolo, ma ha incontrato anche Luigi de Magistris. La richiesta di esclusione di Tsipras, però, non è stata gradita dal tedesco Gregor Gysi, presidente della Sinistra Europea, e capo della Linke tedesca, che ha fatto quadrato intorno a Tsipras, rigettando la sua richiesta.
Di tutta risposta Melenchon ha lanciato questo appello a Lisbona, un accordo transnazionale siglato con la leader di Bloque de Izquierda e con Podemos (nelle veci di Pablo Iglesias). Un documento, che ha ancora un valore pressoché simbolico, ma che sicuramente agita la Sinistra Europea.
Di fatto, ora, abbiamo tre fronti.
Il primo è quello della sinistra europea, capeggiato dalla Linke e da Syriza: l'idea è di contrastare l'austerity creando una rete internazionale di forze progressiste. Rimane però il nodo di Syriza, che si è "macchiata" di essersi piegata ai valori della Troika una volta giunta al governo.
Il secondo fronte è incarnato dalla "disobbedienza europea" di Yanis Varoufakis, frontman di Diem25 ed ex ministro ellenico che ha rotto proprio con Tsipras. Nel suo progetto di costruire una lista europea transnazionale è sostenuto dai sindaci Luigi de Magistris e Ada Colau, oltre che da Benoit Hamon, già candidato alle presidenziali francesi e, fuoriuscito dal partito socialista, fondatore del movimento Génération-s – e da forze progressiste provenienti da Germania (Budnis25), Polonia (Razem), Danimarca (Alternativet), Grecia (MeRA25) e Portogallo (LIVRE). Una posizione più dura nei confronti delle Istituzioni ma il campo di battaglia rimarrebbe sempre quello europeo.
Infine, il terzo fronte: quello sovranista capeggiato appunto da Mélenchon che puntualmente scende in piazza contro l'Unione Europea sventolando la bandiera francese. Intanto Podemos, che sta nel Gue ma non nella Sinistra europea, pur firmando l'appello di Lisbona, sta stringendo rapporti anche con Varoufakis tentennando ancora su quale schieramento seguire. La situazione è in divenire e può cambiare repentinamente. Si lavora per stare insieme ma, poi, le divergenze emergono prepotentemente.
Per l'Italia c'è, invece, una certezza: la sinistra, già estremamente residuale, è già pronta a frantumarsi e dividersi nei vari blocchi. Si tifa. Chi da un lato, chi dall'altro. Chissà se alle Europee 2019, battute a parte, assisteremo veramente ad un profilarsi di liste e, a quel punto, alla scissione dell'atomo.
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Dichiarazione di Lisbona per una rivoluzione democratica in Europa
di Catarina Martins (Bloco de Esquerda), Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise), Pablo Iglesias (Podemos)
L’Europa non è mai stata ricca come ora. E non è mai stata così diseguale. A dieci anni dallo scoppio di una crisi finanziaria che i nostri popoli non avrebbero mai dovuto pagare, oggi constatiamo che i governanti europei hanno condannato i nostri popoli a perdere un decennio.
L’applicazione dogmatica, irrazionale e inefficace delle politiche di austerità non è riuscita a risolvere nessuno dei problemi strutturali che causarono quella crisi. Al contrario, ha generato un’enorme inutile sofferenza per i nostri popoli. Con la scusa della crisi e dei loro piani di aggiustamento, hanno preteso di smantellare i sistemi di diritti e protezione sociale conquistati in decenni di lotte. Hanno condannato generazioni di giovani all’emigrazione, alla disoccupazione, alla precarietà, alla povertà. Hanno colpito con particolare crudezza i più vulnerabili, quelli che più hanno bisogno della politica e dello stato. Hanno preteso di abituarci al fatto che ogni elezione diventi un plebiscito tra lo status quo neoliberista e la minaccia dell’estrema destra.
È ora di rompere la camicia di forza dei trattati europei che impongono l’austerità e favoriscono il dumping fiscale e sociale. È ora che chi crede nella democrazia faccia un passo in avanti per rompere questa spirale inaccettabile. Abbiamo bisogno di mettere un sistema ingiusto, inefficace e insostenibile al servizio della vita e sotto il controllo democratico della cittadinanza. Abbiamo bisogno di istituzioni al servizio delle libertà pubbliche e dei diritti sociali, che sono la base materiale stessa della democrazia. Abbiamo bisogno di un movimento popolare, sovrano, democratico, che difenda le migliori conquiste delle nostre nonne e dei nostri nonni, dei nostri padri e delle nostre madri, e che possa lasciare un ordine sociale giusto, praticabile e sostenibile alle generazioni che verranno.
Con questo spirito di disobbedienza di fronte all’esistente, di ribellione democratica, di fiducia nella capacità democratica dei nostri popoli di fronte al progetto fallito delle élite di Bruxelles, oggi facciamo, a Lisbona, un passo avanti. Lanciamo un appello ai popoli d’Europa perché si uniscano alla sfida di costruire un movimento politico internazionale, popolare e democratico per organizzare la difesa dei nostri diritti e la sovranità dei nostri popoli di fronte a un ordine fragile, ingiusto e fallito che ci porta con passo deciso verso il disastro.
Chi condivide la difesa della democrazia economica, contro i grandi imbroglioni e l’1% che controlla più ricchezza del resto degli abitati di tutto il pianeta; della democrazia politica contro chi resuscita le bandiere dell’odio e della xenofobia; della democrazia femminista, contro un sistema che discrimina ogni giorno e in ogni ambito della vita metà della popolazione; della democrazia ecologista, contro un sistemo economico insostenibile che minaccia la sostenibilità della vita stessa nel pianeta; della democrazia internazionale e della pace, contro chi costruisce una volta di più l’Europa della guerra; chi condivide la difesa dei diritti umani e i principi fondamentali del buon vivere troverà in questo movimento la propria casa. Ci stiamo stancati di aspettare.
Ci siamo stancati di credere a chi ci governa da Berlino e da Bruxelles. Ci mettiamo all’opera per costruire un nuovo progetto di ordine per l’Europa. Un ordine democratico, giusto ed equo, che rispetti la sovranità dei popoli. Un ordine all’altezza dei nostri desideri e delle nostre necessità. Un ordine nuovo, al servizio del popolo».
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