[ 1 maggio 2018 ]
Dunque Matteo Renzi ha affossato ogni possibile alleanza — Hops! "contratto di governo" — coi Cinque Stelle.
Meglio così, che sarebbe stata una disgrazia: per il popolo lavoratore e per il Paese.
Per Luigi Di Maio, invece, disgrazia è già. Egli è bruciato: bruciato come primo ministro in pectore, bruciato come leader pentastellato.
E questa è una buona notizia.
Indisponente la sua boria governista, direttamente proporzionale ai suoi clamorosi cedimenti politici e programmatici. Morale della favola: a forza di fare salti mortali si è rotto l'osso del collo.
Si illude se pensa che col discorso fatto ieri possa rimettersi in pista.
Ma...
Ma, al di là della fuffa —"Noi siamo postideologici, né di destra né di sinistra —, una cosa giusta (una sola) il Di Maio l'ha detta: a questo punto, ha dichiarato, che si vada al voto, e che ci si vada a giugno.
Il rischio infatti, nel caso non si torni alle urne, è che la spuntino i poteri forti, che Mattarella tiri fuori dal suo cilindro un mostro in nome della governabilità e della stabilità (di lorsignori): "del Presidente", "tecnico", di "larghe intese" o come diavolo si vorrà chiamarlo. Questo è infatti ciò che vogliono "i mercati", quindi le élite italiane ed europee ed i loro due principali partiti: Pd e Forza Italia.
Vincerà il centro-destra? Sarebbe il male minore. Poi ce la vedremo.
Elezioni subito avrebbe un altro vantaggio, che non avremo tra i piedi Luigi Di Maio. A meno che Giggino, e la cupola che lo ha messo al posto di comando, non faccia fare alla regola ferrea dei due mandati la stessa fine delle altre, ovvero non se la metta sotto i piedi.
Di Maio, nel suo apologo di ieri ha concluso pomposamente: "i cittadini debbono decidere o Rivoluzione o restaurazione!"
Rivoluzione, rivoluzione, e per questo devi toglierti di mezzo! Anche per la salvezza del Movimento Cinque Stelle.
Dunque Matteo Renzi ha affossato ogni possibile alleanza — Hops! "contratto di governo" — coi Cinque Stelle.
Meglio così, che sarebbe stata una disgrazia: per il popolo lavoratore e per il Paese.
Per Luigi Di Maio, invece, disgrazia è già. Egli è bruciato: bruciato come primo ministro in pectore, bruciato come leader pentastellato.
E questa è una buona notizia.
Indisponente la sua boria governista, direttamente proporzionale ai suoi clamorosi cedimenti politici e programmatici. Morale della favola: a forza di fare salti mortali si è rotto l'osso del collo.
Si illude se pensa che col discorso fatto ieri possa rimettersi in pista.
Ma...
Ma, al di là della fuffa —"Noi siamo postideologici, né di destra né di sinistra —, una cosa giusta (una sola) il Di Maio l'ha detta: a questo punto, ha dichiarato, che si vada al voto, e che ci si vada a giugno.
Il rischio infatti, nel caso non si torni alle urne, è che la spuntino i poteri forti, che Mattarella tiri fuori dal suo cilindro un mostro in nome della governabilità e della stabilità (di lorsignori): "del Presidente", "tecnico", di "larghe intese" o come diavolo si vorrà chiamarlo. Questo è infatti ciò che vogliono "i mercati", quindi le élite italiane ed europee ed i loro due principali partiti: Pd e Forza Italia.
Vincerà il centro-destra? Sarebbe il male minore. Poi ce la vedremo.
Elezioni subito avrebbe un altro vantaggio, che non avremo tra i piedi Luigi Di Maio. A meno che Giggino, e la cupola che lo ha messo al posto di comando, non faccia fare alla regola ferrea dei due mandati la stessa fine delle altre, ovvero non se la metta sotto i piedi.
Di Maio, nel suo apologo di ieri ha concluso pomposamente: "i cittadini debbono decidere o Rivoluzione o restaurazione!"
Rivoluzione, rivoluzione, e per questo devi toglierti di mezzo! Anche per la salvezza del Movimento Cinque Stelle.