[ 10 gennaio 2018 ]
Volentieri pubblichiamo il giudizio di Ugo Boghetta sulla lista elettorale "POTERE AL POPOLO".
Sullo stesso tema abbiamo già scritto QUI, QUI e QUI.
Il Natale, il giorno in cui siamo tutti buoni, è andato. Possiamo tornare ad essere cattivi. Tuttavia questo non serve nel commentare il programma di: “Potere al Popolo”. Basta constatare.
Il testo è infatti la solita lista della spesa in perfetto sinistrese. Una lista così lunga dove trova spazio anche la contrarietà all’allevamento intensivo dei maiali nel mantovano! Sembra uno dei vari programmi elettorale delle tante esperienze della sinistra radicale. Tante cose giuste per carità, ma mancano i nodi, i nessi, le gerarchie, un progetto. Non è un programma. Ed è anche un documento tipico di una coalizione: ognuno mette il proprio pezzo per riconoscersi.
In questo modo, negli aspetti principali, ci troviamo inevitabilmente dinnanzi a veri e propri cortocircuiti.
Molto dipende dalla posizione sull’Unione Europea e sull’euro: “… la rottura dell’Unione dei Trattati”, da cui originano approccio e conseguenze. Vale a dire che non si pone il terreno nazionale, l’indipendenza, come luogo prioritario della rottura e del proprio agire.
Cosa vuole dire infatti questa frase? Se si volesse rompere l’Unione non si aggiungerebbe … dei Trattati. Dunque non si vuole rompere l’Unione ma modificarne le politiche come se l’Unione, l’euro, i trattati, il capitalismo liberista fossero cose distinte. Una frase altisonante, dunque, per una politica moderata: il solito massimalismo. Altro, ad esempio, sarebbe voler rompere l’Unione per un’Europa confederale senza, dunque, la moneta unica. Gira e rigira, il nodo è sempre quello. Ma l’euro è un tabù. Non a caso, l’unico trattato che non vogliono modificare è proprio Maastricht (ma non si dice) dove fu deciso l’istituzione della moneta unica e l’architettura che la sorregge: cioè l’Unione. Moneta unica che per costoro sembra essere una moneta internazionalista: unisce i popoli quando invece accade il contrario! È sotto gli occhi di tutti!! Tutto ciò, purtroppo, diseduca il popolo. Non fa comprendere, infatti, che l’assetto politico, monetario, istituzionale sono consustanziali come la Trinità.
Con ciò non si intende affermare che bisognerebbe fare una campagna elettorale per l’uscita dall’euro. È certamente vero che gli italiani sono stati fra quelli che più sono transitati all’euroscetticismo, ma questo non vuol dire che siano pronti al grande passo. Probabilmente in questa fase è necessario concentrarsi sulle necessità del nostro paese: piena occupazione e nuova matrice economico-industriale in primo luogo, la questione della finanza e delle banche, mettere al centro l’interesse nazionale/popolare, porre la questione dello Stato: attuare la Costituzione insomma. E giungere poi, nella pratica, alla critica radicale di un’Unione ed un euro che impediscono questi obiettivi fondamentali. Ovviamente può sempre accadere che si determinino eventi nuovi (in Germania ad esempio, o vessazioni insopportabili dopo le elezioni) che possono rendere necessario un cambiamento di tattica. Quello che però bisogna aver chiaro è che la rottura dell’Unione-euro sono questioni strategiche. Senza la negazione della moneta unica, non c’è nessuna rottura dell’Unione e nessuna possibilità di un inizio di salvezza sociale, politica, democratica. Qui invece i termini sono rovesciati. Per non “tornare” agli stati nazionali (inevitabilmente reazionari) si accetta il finto, ma funzionante, superstato unionista guidato dai governi francesi, tedesco e del capitale finanziario. Con ciò lasciando spazio alla destra. Così crescono i nuovi Tsipras.
Nell’elenco ovviamente c’è il No alla Nato. Non si vuole uscire dall’Unione ma dalla Nato sì! È più facile!? Chi deve uscire dalla Nato l’Unione o l’Italia? Domande inutili: un No alla Nato non si nega a nessuno da 70 anni! È un altro esempio di slogan vuoto.
Negato il superamento dell’Unione tutto il resto non torna. Come si fa infatti ad attuare la Costituzione senza la sovranità sulla moneta, il tasso di sconto, il cambio? La Costituzione, in questo modo, diventa una foglia di fico come per D’Alema-Grasso o Ingroia-Chiesa. Il documento la sì mette al primo posto ma la svuota della sua radicalità. L’acme lo si raggiunge quando si propone la nazionalizzazione della Banca d’Italia. Che senso ha nazionalizzare la Banca d’Italia senza una moneta di riferimento!? A che serve!? Più in generale, come si fa a realizzare la lista della spesa senza controllare capitali, merci, persone: senza confini!? Si sarebbe preda del dumping altrui e della speculazione. Il fatto è che la realtà e la logica non contano. Contano di più le zavorre ideologiche di questo aggregato.
Il nome della lista è altisonante: Potere al Popolo. È una frase che ha un senso reale oppure è anche questa la solita frase scarlatta? Non c’è dubbio che della seconda si tratta. Tutti parlano di populismo, allora: potere al popolo, lista del popolo. Purtroppo di populismo non c’è nulla.
Come il popolo conquisterebbe il potere? C’è un proliferare di classismo sindacale, di lotte ambientali, per i servizi ( cose sacrosante per carità), ma manca il progetto di conquista dello stato come base per realizzare questi obiettivi, per avviare una transizione. Anche in questo caso, negata la sovranità nazionale e lo stato, il potere al popolo si trasforma negli evanescenti: autogoverno, sovranità popolare, controllo popolare. C’è un’evidente sconnessione. Da una parte abbiamo un lungo elenco di obiettivi che si può realizzare solo attraverso il governo, dall’altra c’è il basismo. Il primo aspetto è mancante di un progetto, il secondo delinea una strategia anarco-movimentista-globalista. Tutto ciò è la rinuncia alla politica. Cosa del resto inevitabile nel momento in cui non si pone la questione dello stato e di qualsiasi transizione.
E l’anticapitalismo! Del Capitale mancano i meccanismi principali. Ovviamnte non c’è nessun socialismo delineato. No socialismo, noanticapitalismo!
Ci si accontenta dell’elenco degli effetti. Ne mancano pure di importanti: l’insicurezza innanzitutto.
Manca anche il riferimento ai concreti comportamenti sociali e politici dei lavoratori, dei cittadini. Non c’è il popolo reale. La stragrande maggioranza del popolo: il 99%, sta altrove. Non c’è alcun accenno ad un potenziale blocco sociale interessato all’attuazione della Costituzione, alla rottura dell’Unione Europea, all’uscita dalla Nato.
Il popolo in questa fase esprime il disagio, il rancore, la rabbia con le elezioni votando il populista più cazzuto o standosene massicciamente a casa. Ma in fondo non serve interrogarsi sui comportamenti del popolo, tanto non ci si presenta alle elezioni per prendere voti. Il risultato è indifferente: dicono. Perché, dunque, il popolo dovrebbe votare questa lista!? Ma quando arriveranno i risultati il popolo lì guarderà: eccome! Del resto, chi pratica il sinistrismo, il minoritarismo, l’autoreferenzialità non è in grado di parlare del popolo, al popolo, per il popolo. E quello che sembra basismo è, al contrario, elitismo.
Perchè, dunque, il risultato non sarebbe importante? Perchè tutto viene giustificato dalla prosopopea del nuovo inizio. Ma un nuovo inizio parte proprio dalle elezioni!? E poi come può un nuovo inizio cominciare con discorsi vecchi!? È dal movimento di Genova che li si ascolta!! Più che un nuovo inizio è un déjà vu.
La differenza, dicono, starebbe nel fatto che si parte dal basso e che in alcune assemblee ci sono tanti giovani. Certo, come tutte le volte, ci sono quelli che 5 anni fa erano minorenni. Ma quelli che gestiscono il percorso sono già ex-giovani. E poi, basta essere giovani per essere nuovi o diversi!?
Dal basso poi? La lista pullula di partiti: Prc, Pci, Rdc, Sinistra Anticapitalista. C’è chi usa la lista per nascondere le proprie debolezze. Chi crede di rosicchiare qualche militante. Chi pensa, come il PRC, di rifarsi una verginità. La base unitaria è la comune ideologia: il sinistrismo. Per alcuni è un l’ennesimo, disperato atto di fede. Per tutti questi motivi Potere al Popolo sarà vista come la terza lista di sinistra dopo il PD e Liberi e Uguali: “Chi è causa del suo mal pianga sé stesso”.
Certamente un programma lo si scrive perchè lo leggano altri, ma spesso è anche lo specchio di chi lo scrive. Questo è lo specchio di una sinistra che non sa rinnovarsi, che non sa fare i conti con la realtà che è cambiata … e di molto. Come più volte ho affermato: è in crisi adattativa.
È con tristezza che scrivo queste cose perchè conosco personalmente tanti compagni e compagne che si prodigheranno ancora una volta in una campagna elettorale senza capo né coda.
Purtroppo, anche il fronte indipendentista costituzionale non sta meglio. Comportamenti opportunistici, ambigui, settari, hanno impedito un’aggregazione tanto necessaria. Così manca la presenza di una forza politica coerentemente noeuro, costituzionale, popolare, democratica, nazionale, classista. Ma il bandolo della matassa non si è ancora trovato. In questo quadro c’è anche eurostop. Esperienza che non è stata in grado ancora di andare oltre i NoUnione, Noeuro, NoNato. Ed che ora rischia di non essere né carne né pesce. Come fallimentare fu Ross@.
Le carenze di questo fronte sono gravi perché per i 5 stelle i contenuti sono una questione di sondaggi. Non più coerente è Salvini con l’alleanza con Berlusconi.
Comunque buon anno a tutti
Volentieri pubblichiamo il giudizio di Ugo Boghetta sulla lista elettorale "POTERE AL POPOLO".
Sullo stesso tema abbiamo già scritto QUI, QUI e QUI.
Il Natale, il giorno in cui siamo tutti buoni, è andato. Possiamo tornare ad essere cattivi. Tuttavia questo non serve nel commentare il programma di: “Potere al Popolo”. Basta constatare.
Il testo è infatti la solita lista della spesa in perfetto sinistrese. Una lista così lunga dove trova spazio anche la contrarietà all’allevamento intensivo dei maiali nel mantovano! Sembra uno dei vari programmi elettorale delle tante esperienze della sinistra radicale. Tante cose giuste per carità, ma mancano i nodi, i nessi, le gerarchie, un progetto. Non è un programma. Ed è anche un documento tipico di una coalizione: ognuno mette il proprio pezzo per riconoscersi.
In questo modo, negli aspetti principali, ci troviamo inevitabilmente dinnanzi a veri e propri cortocircuiti.
Molto dipende dalla posizione sull’Unione Europea e sull’euro: “… la rottura dell’Unione dei Trattati”, da cui originano approccio e conseguenze. Vale a dire che non si pone il terreno nazionale, l’indipendenza, come luogo prioritario della rottura e del proprio agire.
Cosa vuole dire infatti questa frase? Se si volesse rompere l’Unione non si aggiungerebbe … dei Trattati. Dunque non si vuole rompere l’Unione ma modificarne le politiche come se l’Unione, l’euro, i trattati, il capitalismo liberista fossero cose distinte. Una frase altisonante, dunque, per una politica moderata: il solito massimalismo. Altro, ad esempio, sarebbe voler rompere l’Unione per un’Europa confederale senza, dunque, la moneta unica. Gira e rigira, il nodo è sempre quello. Ma l’euro è un tabù. Non a caso, l’unico trattato che non vogliono modificare è proprio Maastricht (ma non si dice) dove fu deciso l’istituzione della moneta unica e l’architettura che la sorregge: cioè l’Unione. Moneta unica che per costoro sembra essere una moneta internazionalista: unisce i popoli quando invece accade il contrario! È sotto gli occhi di tutti!! Tutto ciò, purtroppo, diseduca il popolo. Non fa comprendere, infatti, che l’assetto politico, monetario, istituzionale sono consustanziali come la Trinità.
Con ciò non si intende affermare che bisognerebbe fare una campagna elettorale per l’uscita dall’euro. È certamente vero che gli italiani sono stati fra quelli che più sono transitati all’euroscetticismo, ma questo non vuol dire che siano pronti al grande passo. Probabilmente in questa fase è necessario concentrarsi sulle necessità del nostro paese: piena occupazione e nuova matrice economico-industriale in primo luogo, la questione della finanza e delle banche, mettere al centro l’interesse nazionale/popolare, porre la questione dello Stato: attuare la Costituzione insomma. E giungere poi, nella pratica, alla critica radicale di un’Unione ed un euro che impediscono questi obiettivi fondamentali. Ovviamente può sempre accadere che si determinino eventi nuovi (in Germania ad esempio, o vessazioni insopportabili dopo le elezioni) che possono rendere necessario un cambiamento di tattica. Quello che però bisogna aver chiaro è che la rottura dell’Unione-euro sono questioni strategiche. Senza la negazione della moneta unica, non c’è nessuna rottura dell’Unione e nessuna possibilità di un inizio di salvezza sociale, politica, democratica. Qui invece i termini sono rovesciati. Per non “tornare” agli stati nazionali (inevitabilmente reazionari) si accetta il finto, ma funzionante, superstato unionista guidato dai governi francesi, tedesco e del capitale finanziario. Con ciò lasciando spazio alla destra. Così crescono i nuovi Tsipras.
Nell’elenco ovviamente c’è il No alla Nato. Non si vuole uscire dall’Unione ma dalla Nato sì! È più facile!? Chi deve uscire dalla Nato l’Unione o l’Italia? Domande inutili: un No alla Nato non si nega a nessuno da 70 anni! È un altro esempio di slogan vuoto.
Negato il superamento dell’Unione tutto il resto non torna. Come si fa infatti ad attuare la Costituzione senza la sovranità sulla moneta, il tasso di sconto, il cambio? La Costituzione, in questo modo, diventa una foglia di fico come per D’Alema-Grasso o Ingroia-Chiesa. Il documento la sì mette al primo posto ma la svuota della sua radicalità. L’acme lo si raggiunge quando si propone la nazionalizzazione della Banca d’Italia. Che senso ha nazionalizzare la Banca d’Italia senza una moneta di riferimento!? A che serve!? Più in generale, come si fa a realizzare la lista della spesa senza controllare capitali, merci, persone: senza confini!? Si sarebbe preda del dumping altrui e della speculazione. Il fatto è che la realtà e la logica non contano. Contano di più le zavorre ideologiche di questo aggregato.
Il nome della lista è altisonante: Potere al Popolo. È una frase che ha un senso reale oppure è anche questa la solita frase scarlatta? Non c’è dubbio che della seconda si tratta. Tutti parlano di populismo, allora: potere al popolo, lista del popolo. Purtroppo di populismo non c’è nulla.
Come il popolo conquisterebbe il potere? C’è un proliferare di classismo sindacale, di lotte ambientali, per i servizi ( cose sacrosante per carità), ma manca il progetto di conquista dello stato come base per realizzare questi obiettivi, per avviare una transizione. Anche in questo caso, negata la sovranità nazionale e lo stato, il potere al popolo si trasforma negli evanescenti: autogoverno, sovranità popolare, controllo popolare. C’è un’evidente sconnessione. Da una parte abbiamo un lungo elenco di obiettivi che si può realizzare solo attraverso il governo, dall’altra c’è il basismo. Il primo aspetto è mancante di un progetto, il secondo delinea una strategia anarco-movimentista-globalista. Tutto ciò è la rinuncia alla politica. Cosa del resto inevitabile nel momento in cui non si pone la questione dello stato e di qualsiasi transizione.
E l’anticapitalismo! Del Capitale mancano i meccanismi principali. Ovviamnte non c’è nessun socialismo delineato. No socialismo, noanticapitalismo!
Ci si accontenta dell’elenco degli effetti. Ne mancano pure di importanti: l’insicurezza innanzitutto.
Manca anche il riferimento ai concreti comportamenti sociali e politici dei lavoratori, dei cittadini. Non c’è il popolo reale. La stragrande maggioranza del popolo: il 99%, sta altrove. Non c’è alcun accenno ad un potenziale blocco sociale interessato all’attuazione della Costituzione, alla rottura dell’Unione Europea, all’uscita dalla Nato.
Il popolo in questa fase esprime il disagio, il rancore, la rabbia con le elezioni votando il populista più cazzuto o standosene massicciamente a casa. Ma in fondo non serve interrogarsi sui comportamenti del popolo, tanto non ci si presenta alle elezioni per prendere voti. Il risultato è indifferente: dicono. Perché, dunque, il popolo dovrebbe votare questa lista!? Ma quando arriveranno i risultati il popolo lì guarderà: eccome! Del resto, chi pratica il sinistrismo, il minoritarismo, l’autoreferenzialità non è in grado di parlare del popolo, al popolo, per il popolo. E quello che sembra basismo è, al contrario, elitismo.
Perchè, dunque, il risultato non sarebbe importante? Perchè tutto viene giustificato dalla prosopopea del nuovo inizio. Ma un nuovo inizio parte proprio dalle elezioni!? E poi come può un nuovo inizio cominciare con discorsi vecchi!? È dal movimento di Genova che li si ascolta!! Più che un nuovo inizio è un déjà vu.
La differenza, dicono, starebbe nel fatto che si parte dal basso e che in alcune assemblee ci sono tanti giovani. Certo, come tutte le volte, ci sono quelli che 5 anni fa erano minorenni. Ma quelli che gestiscono il percorso sono già ex-giovani. E poi, basta essere giovani per essere nuovi o diversi!?
Dal basso poi? La lista pullula di partiti: Prc, Pci, Rdc, Sinistra Anticapitalista. C’è chi usa la lista per nascondere le proprie debolezze. Chi crede di rosicchiare qualche militante. Chi pensa, come il PRC, di rifarsi una verginità. La base unitaria è la comune ideologia: il sinistrismo. Per alcuni è un l’ennesimo, disperato atto di fede. Per tutti questi motivi Potere al Popolo sarà vista come la terza lista di sinistra dopo il PD e Liberi e Uguali: “Chi è causa del suo mal pianga sé stesso”.
Certamente un programma lo si scrive perchè lo leggano altri, ma spesso è anche lo specchio di chi lo scrive. Questo è lo specchio di una sinistra che non sa rinnovarsi, che non sa fare i conti con la realtà che è cambiata … e di molto. Come più volte ho affermato: è in crisi adattativa.
È con tristezza che scrivo queste cose perchè conosco personalmente tanti compagni e compagne che si prodigheranno ancora una volta in una campagna elettorale senza capo né coda.
Purtroppo, anche il fronte indipendentista costituzionale non sta meglio. Comportamenti opportunistici, ambigui, settari, hanno impedito un’aggregazione tanto necessaria. Così manca la presenza di una forza politica coerentemente noeuro, costituzionale, popolare, democratica, nazionale, classista. Ma il bandolo della matassa non si è ancora trovato. In questo quadro c’è anche eurostop. Esperienza che non è stata in grado ancora di andare oltre i NoUnione, Noeuro, NoNato. Ed che ora rischia di non essere né carne né pesce. Come fallimentare fu Ross@.
Le carenze di questo fronte sono gravi perché per i 5 stelle i contenuti sono una questione di sondaggi. Non più coerente è Salvini con l’alleanza con Berlusconi.
Comunque buon anno a tutti
* Fonte: Socialismo 2017
5 commenti:
Infatti abbiamo sbagliato a non continuare nel percorso di costruzione della "sinistra contro l'euro", in quanto il punto dirimente è proprio la moneta unica. E nessuna organizzazione della sinistra sinistrata ha compreso che la moneta non è neutrale, ma nella trasformazione plurisecolare e continua del capitalismo ne rappresenta un asse portante.
Eurostop va presa per quello che è, nessuna prospettiva strategica, ma un operazione politicista tesa ad occupare un spazio di contrattazione nell'ambito dello sdoganamento dei rimasugli della sinistra novecentesca.
Fabrizio
Miracolo degli odiati piddini, oggi ho voluto bene a Bagnai.
In televisione su La7 (dalla Merlino) c'era Cremaschi che illustrava un grafico sulla disoccupazione by Goofynomics.
Appena Cremaschi nomina Bagnai, la fonte del grafico, uno degli ospiti in studio, un...non so come porcoddio si chiami, ma faccia da renziano, sprezzante e cazzara, incomincia a blaterare: "ma dai, ma su?! ma chi, Bagnai?! etc."; con la telecamera che indugia sulla testa che si scuote indolente, gli occhi al cielo etc.
Certo, chi ha avuto qualche scontro con Goofy potrebbe distrattamente parlare di Nemesi...niente di più sbagliato, secondo me, uno dei tanti che più o meno indirettamente si è sentito ferito (era il 2012) dal suo fare strame del Fogno piddino (Prodi-Bersani-Vendola-Pannella).
Se ancora oggi si può ostentare in tv, e impunemente, questa propaganda del Partito Unico dell'Euro, con la Merlino che non è intervenuta per dire mezza parola a difesa almeno della indiscussa capacità ed eleganza argomentativa di Bagnai nel sostenere le sue tesi (in realtà non sue etc.), allora il Prof. aveva ed ha ragione a dire che non c'è tempo da perdere, che c'è ancora molto da lavorare con i piddini e con la corruzione implicita in tale condizionamento.
Bagnai ti voglio bene, oggi! (vaffanculo se non sai che fartene).francesco
P.s. trovato il video
http://www.la7.it/laria-che-tira/video/bentivogli-fim-cisl-vs-cremaschi-fonte-goofynomics-di-alberto-bagnai-era-pi%C3%B9-titolata-wanna-marchi-10-01-2018-231121
Francesco, glielo dissi cinque anni e mezzo fa che andare in televisione era un errore. Come prevedibile, lo hanno maciullato.
Forse l'errore è stato mettere sullo stesso piano, accademico, il "piddino" che ha subito il condizionamento del sistema informativo con il "PIDDINO" che è organico ad esso, non distinguere tra "ci fai o ci sei?", tra ragioni ideali/appartenenza e ragioni di interesse/opportunità.
Distingure tra "piddino" e "PIDDINO" richiede una valutazione politica, esprimerla in tv in modo non sfumato, alla Barnard, per capirci, richiede una base elettorale che ti sostiene altrimenti l'effetto predicatore nel deserto politico è assicurata, sia se urli o fai eleganti allusioni.
Forse è vero, Fiorenzo, andare alla tv per trattare la vicenda economicidio nella striminzita cornice econometrica, confidando nella propria preparazione accademica e sul fair play degli interlocutori, può fare arrabbiare ex piddini come me o far ghignare PIDDINI come politici, giornalisti, sindacalisti e mercenari vari, ma in quanto convincere inerti spettatori a casa la vedo dura, soprattutto quando hai sempre qualcuno che mentre parli ti mette le corna dietro la testa o ti fa le smorfie.francesco
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