[ 18 agosto ]
L'incontro di ieri all'Expo tra Matteo Renzi e la cancelliera Merkel è finito a tarallucci e vino. Battute, convenevoli, risate e foto di gruppo.
Il tutto mentre l'Unione euro(pea), anche a causa dell'espansionismo mercantilista tedesco soccombe alla stagnazione, e mentre dalla Cina arrivano i segnali della prossima (secondo alcuni imminente) tempesta mondiale, che sarà più devastante di quella del 2008.
Giulio Sapelli, mente arguta interna all'élite dominante e grande boiardo di Stato, ieri aveva scritto un articolo di grande interesse, che riportiamo integralmente qui sotto.
Sapelli immaginava che Renzi avrebbe approfittato della visita di cortesia della Merkel per porre le basi di una radicale svolta nelle politiche austeritarie e deflazionistiche che Berlino impone all'Unione. Immaginava che Renzi, forte dell'appoggio francese (nonché della Casa Bianca) avrebbe detto alla Merkel che servono
«... più crescita e meno austerità, più politiche di bilancio che tendano all’autonomia relativa degli Stati e meno strumenti automatici di controllo che sempre più concentrano meccanismi servili e vincoli, piuttosto che opportunità di possibili politiche economiche espansive».
Appunto, nulla di tutto ciò si è visto ieri a Milano.
Tuttavia quanto sostiene Sapelli è di grande importanza. Attesta che all'interno delle élite dominanti italiane è oramai diffusa la consapevolezza che se non si riuscirà in breve tempo a far cambiare musica alla Germania il destino dell'Unione è segnato. E c'è una sola maniera, lascia intendere Sapelli, per ridurre a ragione Berlino: l'asse tra Francia e Italia, anzi tra Hollande e Renzi —asse forte dell'appoggio degli Usa.
In effetti Sapelli centra il punto. L'Unione europea se ha una maniera per evitare la frantumazione, è quella di obbligare la Germania a cambiare rotta, a passare, come sostiene il Nostro, da una politica di "dominio" continentale a quella di "alleanza".
Avverrà questa svolta? Noi pensiamo di no. Riteniamo tuttavia che Hollande e Renzi, alle porte del 2017, ovvero della prova del fuoco delle elezioni in entrambi i paesi, se non vorranno essere travolti, dovranno aprire per tempo la partita di cui parla il Sapelli.
Per Matteo Renzi la questione, visti i dati pessimi che arrivano dall'economia, è dirimente. Senza battere le posizioni oltranziste di Berlino, Renzi non ha modo di reperire le risorse per i suoi "piani faraonici di crescita". Non basta infatti derogare al Fiscal compact né sono sufficienti altre iniezioni liberiste per far uscire il Paese dal tunnel: occorrono radicali politiche di espansione della domanda interna, a cominciare dalla Germania. Tanto più se la "locomotiva" cinese grippa.
* * *
Cambiare la Ue
L’Italia chieda più flessibilità ora Berlino deve cedere
di Giulio Sapelli*
Giulio Sapelli |
«Che si diranno oggi pomeriggio a Milano Angela Merkel e
Matteo Renzi?
E’ in atto da tempo – da quando il premier italiano ha
conquistato il podio della direzione del governo – un mutamento
dell’atteggiamento dell’Italia nei confronti dell’Europa e soprattutto della
sua direzione ossia del potere situazionale di fatto che ne ha il controllo.
Non si è più eterocomandati come era con Monti e non si è più solo titubanti e
incerti come era con Letta.
Ora il messaggio che si invia sia alle tecnostrutture
europee sia ai mass media è chiaro anche se ancora troppo poco deciso. E si
riassume così: più crescita e meno austerità, più politiche di bilancio che
tendano all’autonomia relativa degli Stati e meno strumenti automatici di
controllo che sempre più concentrano meccanismi servili e vincoli, piuttosto
che opportunità di possibili politiche economiche espansive.
Ed è proprio contro questo possibile cambiamento di
orientamento italiano e in potenza anche francese che si è levata forte e
minacciosa la voce di Schauble e dopo di lui ha tuonato il corno-svevo del
vichingo presidente della Bundesbank con una arroganza inaudita per il suo
intromettersi in faccende squisitamente politiche.
Coloro che hanno concepito l’Europa come uno strumento di
dominazione economica delle nazioni nordico continentali sulle nazioni
dell’Europa del Sud, vogliono ancora più porre al sicuro il meccanismo di
spoliazione economica che via via le politiche dell’austerità quel dominio
hanno reso ferreo per anni.
Il meccanismo è semplice: prestiti bancari tedeschi (e
francesi, di qui il tergiversare della Francia) per stimolare a debito la
domanda degli Stati europei del Sud, così da far fare profitti alle imprese del
blocco teutonico e indebitare gli stati del Sud Europa.
Appena la crisi è apparsa all’orizzonte i problemi sono
esplosi. Anche la Germania si è arenata. Non cresce più. E tutto si ferma,
anche ciò che si dava in compenso ai sudditi, ossia le esportazioni italiane e
sudiste in Germania adesso sono in pericolo. Il sistema vassallatico sta
andando in pezzi e anche le notizie che vengono da oltre oceano sono
pericolose. Tutto si sta fermando, anche in Cina.
L’idea di Schauble e del suo capo della Bundesbank sono
pazzesche. Credono di poter sostituire l’assenza di domanda interna, aggravando
ancor di più vincoli di bilancio e penalizzando in ogni modo la crescita. Non
hanno imparato nulla dalla crisi greca la cui risoluzione ha sconfessato le
loro teorie e il loro operato. Sconfitti, tentano con le schiere baltiche e
polacche di assestare il colpo fatale. Si tratta di ciò che ho già indicato
come il vizio paranoico dello scorpione che condanna se stesso alla morte per
la coazione a ripetere.
Confido che il colloquio odierno del nostro primo ministro
con Angela Merkel possa porre le basi per far sì che questa coazione a ripetere
si interrompa.
Si incontrano due politici puri. Angela Merkel non può non
comprendere che seguire la via del dominio anziché dell’alleanza, seguire la
via della sottrazione anziché della condivisione della sovranità politica (non
tecnocratica) non può non voler dire anche il suo indebolimento politico e la
stessa fine della Germania come potenza continentale.
Quella potenza è soprattutto – ahimè – ormai legata solo più
al dominio economico e non ancora alla cultura splendida di un tempo. E quindi
Angela Merkel non può non comprendere che la crisi da deflazione non è
passeggera ma continuerà e l’unico modo per affrontarla è condividere una
politica economica nuova e diversa. E’ la sua sola salvezza. Se non percorrerà questa
strada i falchi della Cdu e della Csu e la disarmante debolezza
socialdemocratica la faranno prigioniera di una scelta che non potrà che essere
disastrosa per tutti e in primo luogo per lei.
L’Europa ha bisogno di una nuova Angela Merkel, di una
leader che riscopra il vero destino tedesco che è quello di Heine e di
Bonhoffer. Un destino di universalità e non di nazionalismo travestito da
rigore tecnocratico. Questa è la politica, la vera politica che può ancora
salvare l’Europa. Renzi ha una grande responsabilità. Sappia che tutte le
grandi rivoluzioni diplomatiche sono storicamente accadute grazie ai rapporti
personali tra i capi dei popoli, tra i capi dei governi, tra i leader. Per
questo dobbiamo poter sperare che da una passeggiata colta e serena all’Expo,
manifestazione per sua natura universale, possa aprirsi una nuova pagina della
storia non solo europea».
* Fonte: Il Messaggero del 17 agosto 2015
2 commenti:
I nostri destini legati ad una simpatica passeggiata all' Expo?
È questa la concezione di Alta Politica che ha Sapelli?
Che Dio ci aiuti.
Ottima analisi di Redazione nel cappello.
L'unico dubbio è che se l'Europa dovesse crollare per l'ostinata ottusità dei tedeschi, si andrebbe automaticamente verso soluzioni "di sinistra"?
Visto lo stato pietoso della coscienza politica dei cittadini temo di no.
Se non riusciamo a intervenire (e alla svelta) su questa coscienza politica del popolo, restare nella UE tecnocratica o uscirne per noi sarà la stessa identica cosa.
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