[ 19 agosto ]
Che faresti? Accetteresti di buongrado, magari ringraziando? Oppure lotteresti per ottenere migliori condizioni?
In questo caso, ricorderesti al tuo capo il lungo periodo di precariato senza aumenti di stipendio, le problematiche familiari, le difficoltà economiche alle quali una scelta di questo tipo ti esporrebbe ecc.
Fuor di metafora, questo è sostanzialmente ciò che sta accadendo a decine di migliaia d’insegnanti laureati e abilitati, inclusi nelle graduatorie ad esaurimento, che per dieci o quindici anni hanno girovagato tra scuole e cattedre differenti, spesso a decine di chilometri da casa, in comuni diversi e distanti tra loro.
Dopo la sentenza della Corte europea del novembre scorso che ha condannato l’Italia per reiterazione illegittima di contratti a termine nella pubblica istruzione, il governo Renzi con la “Buona scuola” chiede a docenti con un’età media sopra i quarant’anni, una disponibilità totale alla mobilità sul territorio nazionale in cambio della tanto agognata stabilizzazione. A causa della diseguale distribuzione dei posti, tuttavia, molti insegnanti, residenti perlopiù al Sud e nelle Isole, dovranno forzatamente lasciare casa e famiglia per spostarsi al Nord, dove le cattedre sono più numerose.
Non solo, come se non bastasse, si prefigura per buona parte dei docenti stabilizzati un futuro all’insegna della mortificazione professionale, poiché, dopo i tagli di cattedre degli ultimi decenni, molti di loro dovranno essere “riciclati”, anche se non si sa ancora in quale modo. Si tratta di un demansionamento annunciato, con danni in termini di conoscenze e competenze per l’intero sistema scolastico.
Chi scrive, pur non provenendo dal Sud, ha alle spalle quindici anni di precariato e ha già sperimentato cosa significhi allontanarsi per qualche anno dalla famiglia per insegnare fuori dalla propria regione con uno stipendio che se ne va tutto per le spese d’affitto, le bollette e la benzina. Ma questa non è un’eccezione, è una situazione piuttosto ordinaria nel mondo dell’insegnamento.
Eppure dai post che leggo sui social e dai commenti postati su Repubblica alla lucidissima lettera di Marcella Raiola, si evince che i docenti non sono lavoratori come gli altri e non hanno diritto a rivendicare alcunché. Il distillato che esce da queste saccenti chiose è un insieme eterogeneo di qualunquismo reazionario del tipo “taci tu che un lavoro ce l’hai ed è anche troppo ben pagato” e di servilismo filo padronale. Si tratta di una visione che si può ben condensare nel principio per il quale non si lavora per vivere, ma si vive per lavorare, perciò è necessario adeguarsi a ogni esigenza del mondo del lavoro. Una concezione questa che vuole fare del lavoratore una pedina alla mercé delle forze impersonali del mercato, con buona pace della nostra Costituzione repubblicana che afferma il diritto al lavoro e a una vita dignitosa.
Di fronte a questa autentica disfatta delle coscienze, agevolata dalla crisi e amplificata a dismisura dai media mainstream, le voci dei dissidenti come Marcella Raiola che si oppongono al disegno di una scuola aziendalistica, autoritaria e clientelare e che hanno ancora il coraggio di affermare che il lavoratore è depositario di diritti, svolgono un ruolo cruciale per l’educazione dei giovani e per la tenuta dell’intero sistema democratico.
È con questa convinzione che grido in faccia ai reazionari lettori di Repubblica “Viva la docente impudente!”»
* insegnante
** Fonte: Contropiano
4 commenti:
Totalmente d'accordo con quest'insegnante,anche se queste voci risultano molto dissonanti all'interno di una categoria di lavoratori dal ruolo fondamentale per lo sviluppo delle coscienze critiche di un soggetto,ma che, ahimè,lo dicono diverse indagini fatte, è stata fino ad ora un puntello indispensabile per il partito garante in Italia dell'oligarchia eurista.Loro,gli insegnanti,assieme ai pensionati,hanno costituito quella solidissima architrave e quel sostegno elettorale determinante su cui il partito collaborazionista ha costruito le sue fortune,inutile negarlo.Ora,di fronte alla brutalità del sistema si accorgono quanto brutta sia la vita in una società matura dominata dalle spietate leggi del capitale,e si accorgono altresì che Repubblica e i suoi lettori costituiscono la peggior vandea reazionaria dai tempi dell'unità d'Italia.In questi casi si può tranquillamente affermare:ALLA BUON'ORA!Luciano
Finalmente una voce fuori dal coro , che svela che cosa è di fatto la "buona scuola". Dopo venti , dico venti,anni di precariato svolto in due regioni d'Italia , da circa 8 , ritorni nella tua provincia e cerchi nonostante la precarietà, di costruire qualche cosa , famiglia , casa , relazioni affetti ecc.. di colpo lasci tutto e accetti questa roulette? Molti colleghi non l'hanno neanche presentata la domanda . Ma questo non trova spazio nelle notizie ufficiali.
Io sono un insegnante, ma sono sempre stato molto ribelle. Posso confermare, però, quanto dici. Non si contano le litigate in sala professori con i colleghi, spesso finite con l'accusa, da parte di costoro, di essere un presuntuoso, ricambiate da me con quella - rivolta a loro - di essere degli ignoranti col diploma di laurea. Da un annetto a questa parte, chissà perché, li vedo cambiare... sarà che a forza di prenderlo tra le terga stanno diventando intelligenti? Ma che, gnente gnente, je stess'a ffa' bbene?
Fiorenzo
Ma va', mo' s'accorgono che je piace e ce pijano gusto.
Ragazzi, scordatevela la "reaIone popolare", non ci sarà mai.
L'unica speranza molto flebile è che il sistema abbia un bug interno per cui oer la cecità e ingordigia delle élite arriverà a crollare su sé stesso.
Ma si dice cosí per dire, la verità è che non cussecedrà più nulla.
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