lunedì 17 agosto 2015

«ACCOGLIAMOLI TUTTI 4» - COSA NE PENSAVA MARX, COSE DOVREMMO DIRE OGGI E FARE NOI DOMANI di Mauro Pasquinelli

[ 17 agosto ]

POLEMICHETTE FERRAGOSTANE

La questione dell'immigrazione è un punctum dolens, una ferita aperta nel corpo dilaniato della sinistra. Tra i commenti che continuano a giungerci riteniamo doveroso segnalare questo:

«Prima di dire la mia, mi pare importante —dato che Marx è stato tirato in ballo— proporre estratti di cosa scriveva Marx medesimo sulla questione dell'immigrazione. 
«Il progresso industriale che segue la marcia dell'accumulazione, si attua anche aumentando in apparenza il numero dei lavoratori impiegati rimpiazzando una forza superiore e più cara con più forze inferiori e meno care, l'uomo con la donna, l'adulto con l'adolescente e il bambino, uno yankee con tre cinesi. Ecco diversi metodi per diminuire la domanda di lavoro e rendere l'offerta sovrabbondante, in un parola per fabbricare una sovrappopolazione.
«L'eccesso di lavoro imposto alla frazione della classe salariata che si trova in servizio attivo ingrossa i ranghi della riserva aumentandone la pressione che quest'ultima esercita sulla prima, forzandola a subire più docilmente il comando del capitale» [Il Capitale, Libro, I, 7,25]
E qualche anno dopo:
«A causa della concentrazione crescente della proprietà della terra, l'Irlanda invia la sua sovrabbondanza di popolazione verso il mercato del lavoro inglese, e fa abbassare così i salari degradando la condizione morale e materiale della classe operaia inglese.
«E il più importante di tutto: ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra possiede ora una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. L'operaio inglese medio odia l'operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l'Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso. Si nutre di pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. La sua attitudine verso di lui è molto simile a quella dei "poveri bianchi" verso i "negri" degli antichi Stati schiavisti degli Stati Uniti d'America.
L'Irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell'operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull'Irlanda.
«Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in breve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. E' il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne è perfettamente cosciente» [K. Marx; lettera a a S. Meyer e A. Vogt, 9/4/1870].
E' ovvio che "un governo di emergenza nazionale" o un " nuovo CLN" che dir si voglia, non può limitarsi a principi astratti come "accogliamoli tutti" "liberta' incondizionata" etc. La parola d'ordine "accogliamoli tutti" oggi è il chiavistello attraverso cui il sistema capitalistico si prepara ad una svolta autoritaria e di destra, allena l'opinione pubblica ad accogliere i nuovi Le Pen. 

Occorre far scendere la politica dal regno delle astrazioni sinistroidi a quello dell'analisi concreta della situazione concreta.
Non viviamo nel paese di Bengodi, sopra l'albero della cuccagna, e la redistribuzione del reddito non significa dividere miracolisticamente sei pani e sei pesci tra un milione di bocche affamate.

Un governo di emergenza nazionale, se vuole tenere in piedi il tessuto economico-sociale disintegrato dalla globalizzazione, e salvaguardare le stesse condizioni di esistenza dei lavoratori nazionali e stranieri, deve saper prendere misure efficaci anche se antipopolari. Tra queste la limitazione del flusso in entrata ed in uscita dei produttori manuali ed intellettuali, monopolio del commercio estero, nazionalizzazione delle industrie, delle banche e della moneta, blocco del movimento dei capitali. 

Il blocco in uscita dalle frontiere nazionali di forza lavoro manuale ed intellettuale, forse non viola il principio astratto della "libertà di movimento" e "dell'accogliamoli tutti"? Certo ma ciò nonostante sarebbe una misura necessaria ed obbligata per evitare il collasso economico.

Spero che Fabiani dia una risposta seria, non ripetendo slogan a pappagallo».

Mauro Pasquinelli

7 commenti:

Claudio Z. ha detto...

Allora diciamo anche che Marx se doveva scegliere tra liberoscambismo e protezionismo prendeva il primo, e che le sua soluzione era 'lavoratori di tutti i paesi unitevi'.

Anonimo ha detto...

Grazie.

Riccardo.

Anonimo ha detto...

Cari compagni, non ê che se uno la chiama "analisi concreta" poi quella diventa veramente concreta. Non basta mica mettergli la denominazione.
Voi giustamente state cercando di attaccarvi a tutto ciò che sembra risvegliare un minimo di rabbia nel popolo, quindi anche il nazionalismo vistk che l'alternativa è la passività totale.
Ma ci sono due punti daconsiderare:

1) Voi sareste disposti a assecondare le spinte "nazionalistiche" o sovranistiche relativamente alla questione della limitazione dell'immigrazione. Ma lo fareste in una certa ottica "di sinistra" per esempio, come avete scritto, nazionalizzando alcune industrie.
Ecco, questo ve lo pitete scordare, non succederà mai e anzi, questo nazionalismo di ritorno punta esattamente all'opposto ossia a una forma ibrida di statlismo oer quanto riguarda l'imposizione di un'autorità, e liberismo totale in economia. Che cavolo c'entrate voi con questa roba? Vi state instradando in un binario "molto" morto per voi.

2) il problema dell'immigrazione è irrisolvibile quindi approcci dirigisti o di compromesso, come può essere "limitiamo l'entrata" o "entrano solo I rifugiati gli altri no" sono solo palliativi.
La verità è che oggi i trattati commerciali internazionali vengono stipulati contemplando quote di immigrazione dal paese povero a quello ricco.
L'India oer esempio, quando tratta con UK se ne frega abbastanza dei termini reali dei vari accordi e punta a una sola cosa: garantire una quota di immigrati nel Regno Unito senza la qualel'accordo non si fa.

3) Le multinazionali negli stati africani costringono gli Stati occidentali sui quali hanno una enorme influenza per garantire una quota di immigrazione altrimenti quegli accordi per i quali le aziende e i cartelli di aziende occidentali possono fare affri in Africa a condizioni assurdamente vantaggiose. Senza qull'immigrazione che sgonfia laporessione del disagio e del dissenso interno, il regime filo occidentale di quello stato africano crollerebbe, ci sarebbe un cambio di regime e le multinazionali dovrebbero rinunciare a una colossale fonte di profitti. E se una multinazionale dovesse abbandonare il proprio business in africa ne risentirebbero i lavoratori e l'indotto qui in Europa.

4) Informatevi su chi detiene il business del controllo dell'immigrazione e vedrete che non è una questione di scelte politiche. Lo stato e la politica ormai non decidono più niente e se credete di poter intervenire sull'immigrazione per via legislativa vi sbagliate di grosso.

5) per concludere: è ridicolo pensare che si stia mettendo in atto un piano per meticciare il popolo europeo. Siamo piuttosto arrivati al punto in cui il sistema di sfruttamento coloniale sta crollando su sé stesso.
La scelta è: o si rimettono in vigore mentalità e provvedimenti vecchio stampo ossia dirigisti e semi dittatoriali che porteranno certamente a un ulteriore svilimento sia del lavoro che della democrazia; o si cambia mentalità comprendendo che la nuova direzione deve essere quella della solidarietà...ma in quela caso c'è un piccolo dettaglio da tenere presente: noi stiamo troppo bene e quindi se vogliamo essere solidali dovremo necessariamente rinunciare a una parte del nostro benessere. Siamo disposti aquesta rinuncia!
Ovviamente no e quindi la strada che certamente verrà imboccata sarà quella che porterà alla sottomissione definitiva del lavoro e alla fine della democrazia.

Il fatto che voi arriviate a sostenere queste spinte riciolmente nazionalistiche di una parte di popolazione che si sta inconsapevolmente buttando dentro la fornace di un nuovo totalitarismo, è abbastanza paradossale, lasciatemelo dire.

Anonimo ha detto...

Sarebbe bello vivere in un mondo PUBBLICO e UNITO
purtroppo viviamo in un mondo PRIVATO e DISUNITO
e il sogno è ancora lontano da venire.
L'unica strada di buon senso da percorrere per
difenderci dal mondo è la protezione delle
produzioni, dei lavoratori e dei cittadini italiani.
Da elettore di sinistra dico che voterò chi
farà questa legge:
i CITTADINI ITALIANI NATI DA GENITORI ITALIANI
HANNO LA PRECEDENZA NELL'ASSEGNAZIONE DI UN
LAVORO E DELLA CASA POPOLARE.
Basterebbe questa legge a scoraggiare tutti i flussi
migratori convergenti sull'Italia dal mondo intero.
Ma non sarà la lega a fare questa legge.
Della lega mi ricordo la legge biagi-maroni del 2004.
La lega ha governato 10 anni con silvio
e 15 anni il veneto. RISULTATO:
1 FABBRICHE VENETE INTERAMENTE POPOLATE DA STRANIERI.
2 EQUIVALENTE NUMERO DI DISOCCUPATI VENETI.
meditate leghisti forzisti e piddini !

Anonimo ha detto...

Ringrazio Moreno per i passi di Marx, che riportano il suo pensiero nei corretti binari. Il barbuto diceva anche che "la cultura dominante è la cultura della classe dominante". Sillogismo vuole, quindi, che la cultura dell'accoglienza tout-court sia da ascrivere ai dogmi neoliberisti attualmente in vigore. La polemica va quindi ribaltata: il corrente modello di accoglienza è esattamente ciò che il capitale necessita, per attuare il piano di dumping salariale (esattamente come successe tra lavoratori irlandesi e inglesi), piano che serve ad aumentare il plusvalore senza intaccare il costo finale. Lo scopo evidente è di mettere sul mercato merci a costo iniziale inferiore, mantenendo il costo finale inalterato.
Sotto questo punto di vista le analisi o si allineano verso un ridimensionamento del dumping (che poi si chiami "fallita accoglienza" con tutti gli strali papalini-piddini di condimento poco cambia) oppure si allineano al perseguimento del dumping medesimo.
Detto in altre parole: "accoglienza" è la capacità di sostenere orde di disperati che vengono da realtà disastrose e sono messe a confronto con generazioni che hanno saputo conquistare col sangue dei diritti sociali e sindacali, e questo nel nome del neoliberismo regnante che vuole libera circolazione di merci, capitali e persone (libera volpe in libero pollaio).

Trovo poi molto discutibile le tresi di anonimo delle 16.36 quando dice "La scelta è: o si rimettono in vigore mentalità e provvedimenti vecchio stampo ossia dirigisti e semi dittatoriali che porteranno certamente a un ulteriore svilimento sia del lavoro che della democrazia; o si cambia mentalità comprendendo che la nuova direzione deve essere quella della solidarietà" (assumendo, per inciso, che questo sia il paese dei balocchi).
La verità è che il modello neoliberista non ha più bisogno di sistemi democratici, di votazioni e discussioni (ma quando mai i veri centri di potere vengono eletti dal popolo? BCE? Capi di banche centrali? C'è mai stato in Italia un referendum sull'ingresso EURO? Perchè in Irlanda l'hanno dovuto rifare?) e ci stiampo GIA' dirigendo a passi lunghi verso sistremi dittatoriali (l'analisi sarebbe lunga, e l'astensionismo -ovvero la conclamata impossibilità da parte dell'elettorato di sentirsi rappresentato- ne rappresenta una convincente parte). Ammesso non siamo GIA' in una sistema dittatoriale, s'intende.
OT

Anonimo ha detto...

Quella di Fabiani a me pare una proposta seria e fattibile perché dipende da chi la attua. Al contrario, chi propone blocchi alle frontiere, forse non si rende conto che nessun paese al mondo ha mai fermato le migrazioni in questo modo. Questo sì, è uno slogan, che mai ha risolto il problema, ma solo alimentato intolleranza e razzismo. Poi non capisco sulla base di quali dati, si sostenga che gli arrivi sarebbero troppi e che gli stranieri sottrarrebbero reddito. E quelli che lavorano e il reddito lo producono, che sono certamente molti di più, non li consideriamo?
A me pare che si citi Marx a sproposito, solo per mascherare la propria xenofobia, intesa proprio come paura dello straniero.

Alessio ha detto...

Premetto che non individuo nell'emigrazione una soluzione per gli squilibri regionali e globali che il capitalismo genera. Per non andare molto lontano basta vedere cosa è successo al Mezzogiorno, il quale, se non avrà il coraggio di puntare all'indipendenza dal resto d'Italia, sarà destinato ad una desertificazione sociale e produttiva certa.
Tuttavia questo passo di Marx non mi pare che avalli la semplicistica tesi di stampo marginalista per cui il lavoro, come ogni altro bene, è determinato dalla banale legge della domanda e dell'offerta, che in questo caso assume contorni malthusiani facendo riferimento al saldo migratorio e magari anche al saldo naturale, riprendendo la cara vecchia tesi reazionaria di qualche decennio fa per cui i salari bassi erano da ascrivere al fatto che i proletari facevano troppi figli (soluzione: castriamo i poveri!).

Mi sembra un tantino curioso riprendere il più grossolano marginalismo e attribuirlo a Marx, quando lo stesso marginalismo fu storicamente una reazione ideologica liberale che si opponeva alla legge del valore. Sposare questa semplicistica tesi dei salari e dei prezzi flessibili significa accettare di conseguenza il concetto di disoccupazione strutturale, per cui misure come il salario minimo o i contratti collettivi vengono intesi come ostacoli per la creazione di occupazione.

Comunque, per ritornare al pezzo, Marx fa riferimento alla sostituzione della forza-lavoro più cara e tutelata con una forza-lavoro più a buon prezzo, non ad una generica e presunta sovrappopolazione prodotta dal saldo migratorio o naturale. E' piuttosto una sovrappopolazione della forza-lavoro non occupata, che è una cosa ben diversa, e che dipende dalle politiche macroeconomiche e del mercato del lavoro che vengono messe in atto. Politiche macroeconomiche e di destrutturazione del mercato del lavoro che hanno appunto lo scopo di creare disoccupazione ( sì, la disoccupazione si crea, non è un dato rozzo calcolato dal saldo migratorio o naturale), praticando politiche di bilancio o monetarie restrittive (o anche temporaneamente espansive, ma orientate a sostenere il costo finanziario della forza-lavoro espulsa o sotto-occupata), generando e promuovendo la nascita e la proliferazione di segmenti di forza-lavoro senza tutele giuridiche e maggiormente ricattabili, e rimuovendo la forza-lavoro maggiormente tutelata e sindacalizzata. Succede con job act in Italia, ed è successo anche in tanti altri paesi che stanno vivendo un saldo migratorio negativo ed un saldo naturale in costante declino (Vedi Portogallo,Irlanda, Spagna, paesi baltici etc).
Se fosse vera questa tesi marginalista/malthusiana, allora come mai in Italia vennero raggiunti e conquistati i salari reali più alti nel momento in cui entrò nel mercato del lavoro l'affollata generazione del baby boom e quando l'emoraggia di lavoratori verso l'estero si assottigliò vistosamente (prendete come riferimento il periodo dal 1963 al 1976)?
Insomma, per finire, secondo me, piuttosto che ipotizzare un improbabile salario determinato dal saldo migratorio o naturale, bisognerebbe concentrarsi su cosa si combina concretamente sul mercato del lavoro e lavorare per fare uscire dalle condizioni di precarietà e di ricattabilità settori sempre più vasti della forza-lavoro.
Certo, resto consapevole del fatto che l'emigrazione non è la soluzione agli squilibri regionali causati dall'iniqua distribuzione delle opportunità di lavoro creata dal capitale, tuttavia allo stesso modo penso che sia altrettanto utopistico pensare di fermare completamente la mobilità degli uomini e che questa ideologia sia funzionale a disciplinare, ossia rendere ricattabile, questo segmento di forza-lavoro.

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