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Su quali fattori deve basarsi la linea di condotta dei
rivoluzionari?
di Moreno Pasquinelli
Prendo lo spunto da discussioni avute con compagni e amici
accomunati da un rifiuto radicale dell’esistente, come dal disprezzo per il
sistema e le élite che detengono il monopolio assoluto dei poteri. Si tratta di
persone molto diverse fra di loro, per livelli ci cultura per convinzioni
politiche, ed infine per estrazione sociale.
Etica e Spirito del tempo
Comunanza di sentimenti, d’indignazione, non quindi
un’autentica fratellanza, né di classe, né ideale. Un’empatia basata su comuni
valori etico-morali, qualcuno potrebbe dire. Non lo penso. Basta scavare un
poco per scoprire, alle spalle della medesima indignazione per lo stato di cose
presente, profonde differenze politiche e ideali. Il sentimento d’indignazione
è solo negativo, mentre un’etica implica una positiva e razionale (non meramente
intellettualistica) visione del mondo, una gerarchia dei valori, un’idea della
prassi.
Negatio
est determinatio, affermava Spinoza, ed è vero, ma sul piano politico
questo è soltanto il primo stadio della coscienza. Una negazione, tanto più se
essa si avvita attorno alla propria irriducibilità, non conduce in altro luogo
che in quello del nichilismo.
Ed in effetti nella sinfonia dell’indignazione crescente, al
di la dell’anarchia dei suoni, è proprio il rumore di fondo del nichilismo che
prevale, l’abisso in cui si spegne ogni eticità. Non c’è infatti eticità al di
fuori del perimetro del bene comune, della vita della comunità, della sua
destinazione.
E che prevalga il nichilismo, nel lamento generale, non è
sorprendente. Esso è figlio dei tempi, messo al mondo dal connubio tra potenti
fattori materiali e non meno potenti fattori culturali e spirituali. Non conta
impiccarsi ai nessi causali, nei fatti l’atomizzazione sociale combacia a perfezione
con l’ipertrofia dell’Io, con la vittoria, dopo una lunga guerra di
logoramento, della supremazia delle singolarità su quella comunitaria e di classe. Atomizzazione sociale,
frantumazione e imborghesimento della classe proletaria, sono alla base della
polverizzazione politica dell’area rivoluzionaria, e dell’ipertrofia dell’Io.
E’ sempre parlando con questi compagni e con questi amici
che si avverte lo Spirito del tempo,
l’idea che tutto sia oramai perduto, che il sogno di un futuro migliore ce lo
siamo lasciati alle spalle, che la storia sia pregiudicata, che il Sistema sia
invincibile. Li accomuna poi l'idea, sbagliata, che il monopolio sistemico sui mezzi d'informazione, quindi la presa ideologica della classe dominante, contino ben più, nello spiegare la pace sociale, delle condizioni materiali d'esistenza e di vita.
Questo è il senso comune, la coscienza che tutto permea e che è
quindi egemone. E’ l’idea dunque che l’attuale crisi, per quanto grave, non sarà
davvero fatale per il sistema. Che quindi non esistono contraddizioni
intrinseche su cui poter fare affidamento, che ogni sollevazione di massa,
semmai ci sarà, potrà essere non solo assorbita, ma metabolizzata dal Sistema
stesso.
Questo è lo sconfortante Spirito
del tempo, che tutto afferra nella sua pulsione di morte. Uno Spirito che quindi si dilegua in due
anime opposte: l’una quella della rassegnazione o dell’ozio della coscienza,
l’altra quella della centralità di minoranze eroiche che con la loro azione
possono colpire il nemico e, semmai, risvegliare i sudditi dal loro torpore.
Questi amici affermano: «La vostra fede nelle masse è
ingiustificata. Voi che credete fermamente che solo l’irruzione di grandi masse
può davvero cambiare il corso della storia, siete tenuti a spiegarci perché,
giunti al quarto anno di una crisi economica senza precedenti, la situazione
non si sblocca; il perché di questo mortorio delle masse».
Esistenza
materiale e coscienza sociale
Marx affermava che "Non
è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza»,
volendo sottolineare la priorità assoluta dell’esistenza materiale, di cui la
sfera ideale non sarebbe che un mero rispecchiamento. Questa proposizione va
corretta: è vero che l’esistenza determina la coscienza, ma solo in quanto sta
concatenata al suo opposto: che la coscienza determina l’esistenza, o il principio
dialettico della codeterminazione. L’azione degli uomini certo si espleta
nell’ambito di circostanze storico-naturali fattuali date, da cui essi non
possono prescindere, ma quest’agire, determinato ma non predeterminato, è
finalistico, orientato a raggiungere uno scopo, e questo porre uno scopo è ciò che
chiamiamo coscienza. Un’azione che quindi prende necessariamente forma nella
sfera del pensiero, pensiero che non è un mero riflesso delle condizioni
materiali d’esistenza, ma che è il precipitato di secoli e millenni di sviluppo
della ragione. Questo modellare l’esistente in base ad un non-ancora-esistente
(pre-esistente solo nella sfera
ideale), questo trasgredire o trascendere l’ordine delle cose, è proprio ciò
che distingue ontologicamente l’uomo dalla natura, la quale procede sì, ma
ubbidendo in modo incosciente ad un impulso vitale —essa non ha dunque idee,
non pensa, e propriamente non si pone alcuno scopo.
Il congedo da ogni
meccanicismo, non revoca tutta via in dubbio che le condizioni materiali
d’esistenza sono il fondamento su cui si erge la battaglia ideale, su cui
crescono e mutano lo Spirito del tempo
e quel suo surrogato che chiamiamo senso
comune. L’analisi delle condizioni materiali d’esistenza di una
classe o di un popolo resta il primo compito di una minoranza rivoluzionaria, se
vuole comprendere in che direzione cambi il senso comune e quindi calibrare la
sua propria azione.
Affinché grandi masse, e non singolarità o minuscole
minoranze, irrompano sulla scena debbono concorrere due fattori: uno
sconvolgimento delle abituali condizioni materiali di vita e che si affacci, appunto, un
nuovo Spirito del tempo. L’azione di
queste minoranze, siccome poco o nulla può sul primo piano, deve invece
concentrarsi sul secondo. Una minoranza è rivoluzionaria se è il deposito e il
conduttore di uno Spirito nuovo, se
quindi espleta un’opera di trasmissione e divulgazione. L’azione, se non vuole
essere fine a sé stessa, implica possedere una visione ideale, e dunque
adeguate modalità di trasmissione e divulgazione. Un’opera complessa, che non
si risolve nella pura propaganda, che implica l’azione e l’esempio, ovvero un
agire esemplare che, per essere efficace, richiede un habitat adeguato, un quantum
di forze accumulate. Richiede, infine, che questo agire sia commisurato alla situazione concreta,
ai rapporti di forza tra le classi e i blocchi sociali in campo.
Grandi masse passano all’azione solo a certe condizioni
obiettive. Due essenzialmente: «Che chi sta in basso non possa più vivere come
prima, e chi sta in alto non possa più governare come prima». [Lenin]
Abbiamo forse, oggi, qui da noi, queste due condizioni? No,
non le abbiamo. Definendo questa crisi del capitalismo come storico-sistemica,
stiamo dicendo che essa non è un singolo evento catastrofico, ma un processo
fatto di fasi, anche alterne, le quali in ultima istanza conducono ad una resa
dei conti finale, allo scontro frontale tra forze antagoniste che deciderà le
sorti della società per un lungo periodo.
Analisi
concreta della situazione concreta
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Parafrasando Lenin, oggi, qui da noi, chi sta in basso,
ovvero, la sua grande maggioranza può ancora vivacchiare come prima mentre, chi
sta in alto, pur a fatica, può ancora governare come prima. La crisi
economico-sociale non è un colpo di maglio, né colpisce chi sta in basso in
modo indiscriminato —del resto chi sta in alto ha imparato la lezione che gli è
venuta dai secoli precedenti, evita se può di procedere per strappi violenti.
Pensiamo siano istruttive le tabelle più sopra. Fotografano la
situazione generale del nostro paese.
In Italia la ricchezza privata complessiva (la somma di
tutti i beni, mobili e immobili, a valori di mercato correnti al netto delle
passività finanziarie) è pari a 5,4 volte il Pil. Il dato immobiliare è noto:
più dell’80% della popolazione italiana abia in alloggi di proprietà. Se si
divide questa ricchezza complessiva per abitante abbiamo 140mila euro procapite.
Se la si divide per famiglie abbiamo che ognuna dispone mediamente di una
porzione di ricchezza di 350mila euro. Così, tanto per dire, 1.900 miliardi di
debito pubblico sono appena il 22% dello stock di ricchezza privata accumulata
—confortando la tesi di chi sostiene che il debito pubblico italiano sia più
sostenibile di quello di altri paesi, considerati “virtuosi” perché non vengono
considerati i loro debiti privati. Non basta: il saggio di risparmio lordo degli
italiani, pur in calo (oggi è dell’11% rispetto al 22% del 1995), è secondo
solo a quello dei tedeschi (16,7%). E per comprendere quale fosse la situazione
prima della grande crisi del 2008-2009 va segnalato che nei 14 anni che l’hanno
preceduta la ricchezza delle famiglie è cresciuta costantemente passando da
4.212 miliardi del 1995 agli 8.414 miliardi del 2007. Il ciclo accumulativo si
interruppe appunto nel 2008, col sopraggiungere della recessione economica.
Questi dati grezzi ci aiutano a capire le ragioni per cui la
situazione è bloccata. La grande maggioranza dei cittadini, compresi i
lavoratori salariati, viene da un lungo ciclo di benessere diffuso. La consapevolezza
che la sopraggiunta crisi sia una cosa terribilmente seria, ha prodotto un
sentimento di timore, il prevalere della paura di perdere certi benefici, che il modo
di vita consumistico sia pregiudicato. E il sentimento di paura determina a sua
volta un comportamento conservatore, per altro ancor più accentuato tra gli
operai che non tra la piccola borghesia. Questo spiega come mai, i soggetti e i
settori colpiti frontalmente dalla crisi sono stati lasciati soli e i focolai
di ribellione non solo si sono generalizzati, ma sono stati risucchiati nel
clima generale di paura.
Non dobbiamo nemmeno temere di dire cose antipatiche, o
sconvenienti a tanti militanti antagonisti: il panico della catastrofe imminente, lungi
dal risvegliare le masse dalla loro apatia, non solo rafforza la loro inerzia,
a malapena nasconde la loro intima speranza che il sistema guarisca, che tutto
ritorni come prima. Di qui alla fiducia che il salvatore della patria Mario
Monti ce la faccia, il passo è breve.
Anche coloro i quali contestano la cura da cavallo imposta
dall’Unione europea e portata avanti dai “tecnici”, numero destinato a crescere
con l’avvitamento della crisi, non stanno approdando alla sponda dei
rivoluzionari. Essi hanno solo iniziato a spostarsi, a muoversi, ma a passo di
lumaca, riponendo le loro speranze a forze che sì contestano la terapia
liberista ma che non vanno oltre ad un keynesismo variamente declinato —dal Pd
ai neofascisti, passando per l’M5S fino ai seguaci della Mmt. Altra farina deve
macinare il mulino della crisi prima che da un fuoco qua e la si passi
all’incendio generale, alla sollevazione. Devono saltare le paratie difensive
del sistema, fallire i dispositivi di salvataggio dell’Unione europea. Noi non
abbiamo dubbi che questo avverrà, che chi sta in alto non riuscirà a far
ripartire il motore grippato del capitalismo occidentale, europeo in particolare.
Non riuscirà ad evitare lo sbocco “naturale” di questa crisi: una
pauperizzazione generale delle masse con una contestuale concentrazione della
ricchezza nelle mani di una ristretta minoranza di possidenti, decisi a difendere ad ogni costo la loro supremazia, se serve anche
sbarazzandosi del poco che resta della democrazia.
Per questo le statistiche di cui sopra vanno prese con le
pinze. Ogni grande aggregato statistico nasconde infatti le disparità sociali.
E’ l’Istat a dirci (rilevazioni 2011) che gli italiani che vivono di stenti o che hanno grandi difficoltà
ad arrivare a fine mese sono praticamente raddoppiati dal 2008 ad oggi. L’anno
scorso l'11,1%
delle famiglie era relativamente povero (per un totale di 8.173 mila persone) e
il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). Queste percentuali praticamente
raddoppiano nel Mezzogiorno, che la crisi contribuisce a staccare dal resto del
paese. Ed è sempre la Banca d’Italia a dirci che il 10% più ricco della
popolazione possiede più del 50% della ricchezza finanziaria.
Per questo decisiva è l’analisi concreta della situazione
concreta, dalla quale dipendono linea politica e linea di condotta, che non
devono basarsi sull’umore delle masse, per sua natura volatile, ma anzitutto
sui fattori oggettivi. Ciò che
conta è cogliere nella situazione la linea di tendenza principale e, della
catena, quali sono gli anelli deboli destinati a spezzarsi per primi.
Non si tratta quindi di avere una cieca fiducia nelle masse.
Si tratta di comprendere ciò che queste masse saranno costrette a fare una
volta spinte in condizioni inaccettabili di abiezione sociale e morale. E certo
che la rivoluzione non sarà solo un atto mondano e materiale, che sarà anche un
rivolgimento spirituale. Grandi masse non abbracciano un ideale come i singoli
individui, le modalità sono differenti, come pure i tempi lo sono. Una
coscienza rivoluzionaria si fa largo nel disfacimento della società, e
l’ampiezza del suo raggio dipende dalla profondità di questa dissoluzione.
Siamo all’inizio di questo cammino. Compito delle minoranze
rivoluzionarie non è quello di lanciarsi in avanti per raggiungere
velleitariamente per prime la meta, ma di agire, con ogni mezzo che conduca
agli scopi, affinché crescano insieme nuova coscienza sociale e l’attiva e
massiccia partecipazione al mutamento rivoluzionario della società.
23 commenti:
Non capisco il senso del discorso:la rivoluzione cos'è il santo Graal?Cos'è un obiettivo predeterminato?Abbiamo già lo schema di cosa come quando e perchè?E se la realtà è fuori di questo schema, non va presa in seria considerazione dai rivoluzionari?
Tutto il discorso è costruito sull'analisi, non so quanto fonfata, che in fondo le masse ancora stanno bene!C'è un dato, caro Mazzei, che tu non òprendi nella dovuta considerazione:la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani, operai e piccoli borghesi e artigiani, e piccoli commercianti, e contadini, ecc. non ha ed è convinta di non potere avere un futuro:quanto conta questo nello schema della rivoluzione?nicola lo bianco
Se vuoi che le "minoranze rivoluzionarie" capiscano, devi scrivere in modo che possano capire quello che leggono. Non tutti sono "studiati" come voi.
Condivido appieno questo articolo. Il Pasquinelli mostra di non soffrire dei tipici mali, da un lato, degli estremisti di sinistra, e dall'altro, degli opportunisti.
In estrema sintesi: ancora molti hanno "troppo" da perdere, ma questo "troppo" è sempre meno e non può che diminuire ancora.
L'unica strategia ragionevole è lavorare per quando il "troppo" sarà "troppo poco", anche nel caso non impossibile che ciò non si realizzi mai.
Le avanguardie, se sono rivoluzionarie, debbono fare uno sforzo e studiare un po' di più, altrimenti sono degli analfabeti che invece di stare alla testa delle masse, gli guardano il di dietro.
Finalmente, un'analisi lucida di come stanno le cose in Italia. Monti sa bene che c'è ancora molto da raschiare prima di arrivare al fondo e finché il popolo non toccherà il fondo prenderà bastonate nella speranza che siano le ultime.
Sempre lucidissimo, Moreno!
(E di grande lucididità c'é un bisogno immenso)
Anche se del tutto inutile, non posso evitare di manifestarmi la mia convinta approvazione, malgrado recenti gravi morìtivi di dissenso.
G.B.
Davvero colpito per questo squarcio sull'Italia. Ricchezza e redditi sono criteri certo decisivi per capire come vanno le cose. Tuttavia Marx ci insegnava che una cosa viene prima del reddito: il rapporto col processo sociale di produzione, ovvero come questa ricchezza viene creata, e se essa nasconde un rapporto di sfruttamento. é forse scomparso lo sfruttamento? Chi produce plusvalore e chi se lo intasca?
Secondo le informazioni sullo stato reale del sistema, se non si inizia un reale cambiamento entro novembre 2012, per tanti e diversi motivi socio-economici ed ambientali,
la situazione (il caos) diventerà irreversibile e porterà alla prima catastrofe provocata direttamente dall'umanità.
IMHO è uno scritto valido perfino retroattivamente,inteso come analisi della sconfitta dei movimenti degli anni 60-70; non entro nei dettagli,perchè si farebbe un lungo OT.E purtroppo è spietatamente realistico nel determinare la classe che ha il mandato storico -il nulla da perdere- di mettere in discussione il MPC.Mentre gli strumenti del potere si fanno più sofisticati(fra l'altro loro imparano ed il popolo dimentica,manipolato ad arte a diffidare dei propri intellettuali),la nostra speranza,per non vedere allontanare la meta (abbattimento del liberismo e del capitalismo,per chi avesse dei dubbi) ad libitum è che la tendenza all'accentramento e/o alla divaricazione della forbice sociale trascini al basso anche la piccola borghesia tecnica,cioè quella che sotto il cofano fa muovere la macchina e che ha le migliori chances di bloccarla,e che purtroppo si può fare meglio solo se si sta peggio.Personalmente penso, sono nihilista anche io e me ne rendo perfettamente conto, che la disparità di mezzi,specie in una situazione di conflitto aperto, sia colossale.Che abbiamo le più alte probabilità a breve di svegliarci sotto una dittatura nuda e cruda, tolta la buccia soft,marcusiana del momento.Che gli spazi dell'opposizione politica vengano costretti in un vicolo cieco (leggete il blog della preparatissima signora in questione, non può fare che bene).E che infine,bisogna approntare altri strumenti di azione,altrimenti, anche (e chissà quando) a condizioni mature, non se ne verrà fuori.Quando mai che il "Che fare" non sia l' hot spot su cui concentrarsi..
Saluti, Franz
Hai ragione, e questo ci avvicina alla legge marziale, la distribuzione di pagnotte di segatura e acqua, le stragi di profughi politico/ambientali ed i ricchi nei giardini artificiali e mi fermo qui che di emulare P.Dick, Gibson, Ballard, Watson, Sheckley(Et cetera,mezza fantascienza-non tanto fanta-in blocco) non ho voglia, che mi sento male a pensarci.
Anonimo Geremia
Io mi chiedo sempre più spesso se questa crisi possa considerarsi "una crisi del capitalismo" o sia invece qualcosa di voluto da chi detiene il potere con lo scopo di mutare radicalmente uno stato di cose, un assetto planetario che si intende distruggere. In questo caso potrebbe considerarsi un inizio di "Apocalisse". Il che sarebbe assai più terrificante (almeno per chi non é dalla parte di chi decide) che non una crisi, sia pure ancora peggiore di quella del '29. Ciò cha sta avvenendo nel mondo attuale e che segue gli sconvoglimenti iniziati nel 1789 e continuati per tutto il secolo XIX e XX (e continua), farebbe temere che si tratti di una fase maturata seondo una certa programmazione volta ad ottenere un dominio planetario assoluto sulle sorti della maggior parte dell'Umanità. Sarà forse questa una prospettiva errata e indubbiamente molto pessimistica perché avrebbe le connotazioni di un orrido incubo , ma molti eventi concorrerebbero a convalidarla. Fra questi il fatto che una sola parte del mondo possiede armamenti incredibilmente potenti e distruttivi, incontrastabili per l'assenza di una quache grande potenza in grado di opporvi una massa pari di potenziale bellico e tali da annichilire nella devastazione e nello sterminio zone vastissime del pianeta. Si pensi, per esempio, che la maggior parte delle capitali, delle grandi città e dei paesi potenzialmente ostili ad un certo sistema, sono stabimente sotto tiro di missili a raggio intercontinentle muniti di testate atomiche o chimiche, come futuri possibili bersagli . Basta pensare al fatto che lo sviluppo delle armi di distruzione di massa, batteriologiche e chimiche nonché geoingegneristiche, unitamente al dominio satellitare dello spazio circumplanetario é arrivato ad un livello tale di potenziale omicida da bastare ed avanzare per quantità di umani ben maggiori dei miliardi attuali. Tutto questo mostruoso arsenale di morte e distruzione, accumulato in decenni di infaticabile preparazione dello steminio e tenuto in aggiornata efficienza, é costato e costa moltissimo e può anche essere una concausa non trascurabile della bramosia d'oro, di risorse e di ricchezze che sta ispirando le guerre recenti e ancora in corso. Le spietate e persecutorie ristrutturazioni degli assetti sociali ed economici europei, in ogni caso, sono fatti allarmanti che danno adito alle più inquietanti ipotesi.
analisi corretta ma conclusione deludente. a che livello di impoverimento dobbiamo arrivare, noi povere masse,prima di sollevarci? Liquidare il M5S assieme al PD e ai neo fascisti mi sembra decisamente assurdo. se l'informazione vera si sta diffondendo anche tra noi, parlo per me ovviamente, appartenenti alla massa è per lo spazio che a fatica, tramite grillo, il m5s si sta conquistando. Grillo non proclama "usciamo dall'euro" e chiede "solo" un referendum sul tema? beh così è la democrazia! adesso si tratta di creare consapevolezza e di ANDARE A VOTARE quando sarà ora per l'unico movimento che ci sta mettendo politicamente la faccia piuttosto che attendere nell'astensione il risveglio della massa!
Invece Pasquinelli ha ragione nell'accomunare Grillini, pezzi del PD, neofascisti. Se è per questo ci metterei pure la gran parte della sinistra radicale. Perché? perché tutti costoro, con l'euro o senza, e anche gli agnostici (i più ridicoli) propongono la medesima terapia keyenesiana, di uso della spesa pubbica per sostenere redditi e domanda aggregata. Escludono tutti una lettura marxiana della crisi come crisi di sovrapproduzione che non può che concludersi o con una distruzione immane di capitali o con la fuoriuscita dal capitalismo. Detto questo non è che sono tutti uguali. Capisco che un'affermazione grossa del M5S sarebbe un fattore molto positivo perché azzopperebbe la dittatura delle oligarchie finanziarie globali.
Anonimo Demetrio
Indubbiamente sarebbe interessante che la gente uscisse dai gangheri e prendesse la Bastiglia . Ma allora c'era la Guardia Nazionale che aveva fatto causa comune con i Sanculotti . Perciò non è irragionevole chiedersi quanto la cosa oggi possa rientrare nei parametri della fattibilità. La risposta, tenuto conto delle mitragliette a proiettili a innesco elettrico che sparano un milione di colpi al minuto, non può che essere una sola: l'arma della Gente resta pur sempre il voto. Il guaio è che questo voto, regolamentato con leggi contrarie al primitivo dettato costituzionale (maledetta sia sempre la riforma Segni approvata poi da una maggioranza referendaria insipiente) è spesso finito in passato per conferire la preziosa delega di decisione dei destini del paese a degli autentici traditori come si é visto più volte e come ben si evince dalla situazione politica d'oggi. Non so se un'affermazione grossa del M5S potrebbe azzoppare la dittatura delle oligarchie finanziarie globali che hanno tentacoli dappertutto, ma servirebbe un po' a ravvivare democraticamente l'agone politico italiano.
Anonimo Simplicius
Mi sembra che il lettore che ha scritto:"Se vuoi che le "minoranze rivoluzionarie" capiscano, devi scrivere in modo che possano capire quello che leggono. Non tutti sono "studiati" come voi", non abbia proprio tutti i torti. Quando il discorso viene rivolto ad un uditorio composto non interamente da specialisti ed eruditi , sarebbe consigliabile, se si desidera partecipare le proprie idee alla maggior parte di chi ascolta, adoperare un linguaggio opportuno. Importantissimo, in un'epoca viziata da una comunicazione per immagini (TV e cinema) e dagli slogan pubblicitari, esporre i pensieri in maniera concisa. Chiedo scusa per questa che non vuol essere una critica al contenuto, ma solo alla forma.
Marx(base ontologica di tanti ragionamenti di Moreno) era complicato un pò di suo ma il processo sottostante al capitalismo di per sé è complesso; anche in altri casi l'analisi di complesse dinamiche sociali, di strategie mediatiche,militari industriali e tantissima bella compagnia non si lascia ridurre in termini semplici.Io più su l'ho scritto,che c'è un problema di scollamento, di fiducia inficiata ad arte fra il popolo e gli intellettuali (quelli che non si sono venduti a baciare le pile del sistema).Qualche tempo fa su questo blog uscì un articolo che la blogger della quale parlo criticò perchè nonostante le buone intenzioni,falle metodologiche ce ne erano, ed i piccoli errori creano fraintendimenti incrementali ad ogni passaggio:vuol dire che poi farai errori politici.La fondazione di un movimento di massa non può prescindere dalla fiducia, e dalla didattica,che non potrà mai portare tutti a diventare fini intellettuali.Qua si torna ai tempi di Bordiga o si scazza di brutto.Per me questo è storicamente il frutto avvelenato della deviazione-dipendenza russofila della linea di comando Gramsci Togliatti,e del poi,il completo imbonimento delle masse nel liberalismo atlantista,non parliamo.Vogliamo farla semplice?Va bene,ci vogliono dei buoni divulgatori,tanta fiducia,e tanta competenza nella gestione dei media perchè se esci al grande pubblico con tesi come queste ti bombardano, ti demonizzano o ti consegnano al limbo proibito dei rivoluzionari e dei Servizi,che tutti i giorni si leggono questo blog.
saluti,franz
Riappropriarsi della propria moneta non significa combattere il capitalismo di per se' (che non e' un male in assoluto) ma tornare a fare scelte democratiche e percio'necessariamente tendenti a una sempre maggior distribuzione del capitale, esattamente cio' che l'unione europea paventa. Questo e' qualcosa che spiegato e' comprensibile ai piu', credo. Si tratta di spiegarlo appunto e per farlo serve VISIBILITA'.
Anonimo Stanislao
L'articolo mi piace,solo due precisazioni.Più che di nichilismo,io parlerei di alienazione,di perdita di valore umano e di sua oggettivazione,come conseguenza del processo di mercificazione per l'accumulazione del capitale:"la perdita di valore degli uomini aumenta in rapporto diretto con la valorizzazione degli oggetti.Il lavoro non produce solo merci;produce se stesso e l'operaio,come merci,nella stessa misura in cui produce merci in genere"scriveva Marx.La citazione fatta da Moreno di Marx" Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza"è monca,non sviluppata:in particolare manca il soggetto principale,la lotta di classe.Le idee dominanti sono frutto dei rapporti materiali dominanti,in questo modo Marx indica una linea d'azione "finalistica" che si realizza "con la completa scomparsa dell'antagonismo delle classi".
Non mi aspettavo che questo mio ultimo intervento, avesse tanto eco nella rete. Che suscitasse obiezioni e perplessità questo sì, me lo aspettavo. veramente sta dando luogo a d alcuni equivoci. Per cui varrà la pena tornarci su. Ho chiaro in testa l titolo: «Cosa c'è dietro a questo mortorio sociale».
ne approfitto per due fulminee precisazioni:
(1) A Stanislao: il concetto di "alienazione" è discutibile e, come forse saprai, Marx lo abbandonò quando si congedò definitivamante da Feuerbach, per la semplice ragione che esso rimandava al concetto madre, quello di "essenza umana", di chiara filiazione romantico-idealista.
(2) ad un gentile Anonimo sopra sul concetto di classe: per proletariato Marx intendeva quella classe la cui sola fonte di reddito veniva dalla vendita della sua forza-lavoro. Nell'Occidente imperialistico è così solo per esigui strati del proletariato. Per la maggioranza il reddito è composto, ovvero concorrono alla sua formazione (soprattutto nelle famiglie plurireddito) varie forme: pensioni (cosiddetto "salario differito") che è una rendita creata sì col lavoro ma che è una sottrazione al plusvalore, salario cosiddetto "sociale" e welfare (idem), risparmio, redditi da commercio, e quant'altro. QUesto reddito composto, o eterogenesi del reddito, va preso nella dovuta considerazione, non fosse perché spiega l'affievolimento della lotta di classe, l'imbastardimento della coscienza, la promiscuità sociale e ideologica, quindi il decesso del vecchio movimento operaio.
Moreno Pasquinelli
Ma perchè non si ribellano neanche i Greci, che sono alla canna del gas (e forse meno ricchi degli italiani)? Avete visto Soylent Green? Avete letto Never Let Me Go? A proposito di accettazione passiva e rassegnata dell'orrore... Da Marx i tempi sono molto cambiati...
Moreno, il problema grosso in Marx è quello che dice del sottoproletariato che inficia quasi del tutto il suo discorso. Mi riferisco al libro sul 18 brumaio.
Considerare le classi sociali in base al loro ruolo nel sistema di produzione è un modo di vedere datato che va superato. Le classi sociali si distinguono in base al loro senso di appartenenza non alla quantità o tipo di reddito. Se non si capisce il senso di appartenenza ci si troverà sempre spiazzati di fronte a una realtà che rimarrà di difficilissima decifrazione proprio come dimostri di essere tu ponendoti il problema dell'articolo.
La sinistra radicale al governo non ha fermato niente quando aveva oltre l'8%, che potrà mai fare se raggiunge l'improbabile 5%?
La concertazione l'è morta e se non si semina cultura di rivolta, non si organizza una costituente operaia rivoluzionaria saremo, senza robusto wel-fare del nord-europa, la maquilladora del noed-europa augurata da Bonanni all'indomani del referendum di Pomigliano"E' un messaggio agli investitori stranieri a venire in Italia";
Citazione
le nozioni di natura umana e di alienazione sono assolutamente imprenscindibili sia per la comprensione corretta di tutta l'intera opera concettuale e politica di Marx sia per il nostro odierno agire e pensare
Da
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