Gli operai della Irisbus a Palazzo Chigi |
Chi ha pronunciato questa frase? Marchionne,
diranno alcuni, o forse la Marcegaglia. Errato. A pronunciarla, con
un tono tra l’arrabbiato e il triste, sono stati i compagni di «Resistenza Operaia» della Irisbus Iveco
di Valle Ufita (Irpinia), l’unico stabilimento in Italia che produceva autobus
non inquinanti per il trasporto pubblico, e che la società capogruppo Fiat
Industrial ha chiuso senza tenere in alcun conto i 700 lavoratori e le loro
famiglie, oltre che le migliaia di addetti dell’indotto.
Una
storia triste, quella della Irisbus, raccontata dai rappresentanti del comitato Resistenza Operaia centinaia di volte, e descritta ora nel libro “Diario di una
lotta”, il racconto dei 117 giorni di lotta operaia accanita, che inizia con un
articolo de Il Mattino del 7 Luglio 2011, grazie al quale gli operai
apprendevano la notizia della chiusura del loro stabilimento, e termina il 2
novembre 2011 con la definitiva chiusura della Irisbus.
Per
quanto smarriti alla notizia, l'avanguardia degli operai ha subito dato il via ad una protesta
massiccia, per difendere lo stabilimento e soprattutto il diritto al
lavoro di tutti.
Il destino della Irisbus è apparso segnato sin dall’inizio. Nemmeno i tentativi di trovare nuovi acquirenti sono andati in porto.
Ma la battaglia dei compagni di Resistenza Operaia non si è fermata con la chiusura dello stabilimento, continua ancora.
Resistenza
Operaia è il comitato di lotta nato in difesa della Irisbus, e oggi conta una trentina dei 700 lavoratori complessivi. Sono gli irriducibili, quelli che, diversamente dalla maggioranza, si
rifiutano di piegarsi ai ricatti, quelli che difendono la loro dignità a
qualsiasi costo. Quelli che con coraggio osano sfidare i sindacati tutti, i
partiti al completo, colpevoli indistintamente di averli lasciati soli nella
loro battaglia. Sono gli stessi che esortano i colleghi a non piegarsi di
fronte alle soluzioni facili, a non accontentarsi di essere “sistemati” in
qualche modo dallo stato.
Ecco perché quella frase, ecco perché dicono “gli operai sono il nostro nemico numero uno!!”. Lo dicono senza odio, perché conoscono le ragioni per cui tra gli operai, ricattati, prevalgono la paura e addirittura il servilismo.
Ecco perché quella frase, ecco perché dicono “gli operai sono il nostro nemico numero uno!!”. Lo dicono senza odio, perché conoscono le ragioni per cui tra gli operai, ricattati, prevalgono la paura e addirittura il servilismo.
Attualmente
dei 700 lavoratori Irisbus, 120 sono stati sistemati con pensioni e
trasferimenti, 200 sembra che rientrino nel decreto esodati (salvo imprevisti),
per cui resterebbero da proteggere poco più di 300 operai, per ora in cassa
integrazione.
Ma Resistenza Operaia non mira a questo. I suoi portavoce, Salvatore D’Amato, Davide Iannuzzo, Alessandro Mangiello, (che stanno girando diverse città per far conoscere le vicende della Irisbus e della loro battaglia) lo dicono chiaramente in ogni occasione e lo hanno ripetuto alla presentazione del libro presso la sede di Rifondazione Comunista a Spoleto, domenica 7 ottobre:
Resistenza Operaia ha capito bene tutto questo, lo ha sperimentato. Fanno appello a tutti gli operai, non solo ai loro colleghi della Irisbus, irretiti da false speranze, ma a tutti quelli che si trovano o presto si troveranno nelle loro condizioni. Sono in contatto con i lavoratori di Pomigliano, dell'Alcoa e di altre realtà, l’obiettivo, difficile ma non impossibile, quello di un’assemblea nazionale di tutti i lavoratori in lotta. Perché sanno che il capitale trema quando gli operai sono uniti.
Ma Resistenza Operaia non mira a questo. I suoi portavoce, Salvatore D’Amato, Davide Iannuzzo, Alessandro Mangiello, (che stanno girando diverse città per far conoscere le vicende della Irisbus e della loro battaglia) lo dicono chiaramente in ogni occasione e lo hanno ripetuto alla presentazione del libro presso la sede di Rifondazione Comunista a Spoleto, domenica 7 ottobre:
«Noi non molleremo mai, continueremo a combattere affinché questa storia possa invertire completamente la rotta. La Irisbus è nostra, è la fabbrica degli operai che per anni vi hanno lavorato, lottiamo perché vogliamo continuare a produrre autobus in Italia, nello stesso stabilimento con lo stesso numero di operai».Questi uomini coraggiosi, stanchi delle vane promesse di tutte le istituzioni, dell’indifferenza del governo, di Marchionne, delle eccessive cautele di partiti e sindacati, hanno deciso di andare avanti per la loro strada. Hanno capito che le trattative al MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) erano una inutile perdita di tempo per i lavoratori. Hanno capito che il famoso piano Fabbrica Italia era tutta una menzogna, che la Fiat è una multinazionale e compie le sue scelte industriali solo ed unicamente pensando al profitto di pochi azionisti ed a spremere gli operai come limoni, da gettare una volta spremuti.
Resistenza Operaia ha capito bene tutto questo, lo ha sperimentato. Fanno appello a tutti gli operai, non solo ai loro colleghi della Irisbus, irretiti da false speranze, ma a tutti quelli che si trovano o presto si troveranno nelle loro condizioni. Sono in contatto con i lavoratori di Pomigliano, dell'Alcoa e di altre realtà, l’obiettivo, difficile ma non impossibile, quello di un’assemblea nazionale di tutti i lavoratori in lotta. Perché sanno che il capitale trema quando gli operai sono uniti.
E’ ormai
chiaro che stanno svendendo l’Italia, è sotto gli occhi di tutti che il “rigor
Montis” colpisce e colpisce duro. Si continua a tagliare la spesa sociale, fabbriche
ed imprese chiudono o delocalizzano per andare a guadagnare di più altrove. E' in corso un massacro spaventoso, precari, operai, impiegati, piccoli imprenditori,
tutti, sono sacrificati sull’altare dell’Euro, dell’Unione europea, della BCE
e i nostri carnefici sono gli oligarchi europei, i tecnici e i partiti al loro servizio, i sindacati che abdicano al
loro compito di tutelare il popolo lavoratore per salvare il capitale e la sua metastasi finanziaria e bancaria.
Che i
lavoratori rispondano con la loro unità e con la loro lotta collettiva!
15 commenti:
Oh, meno male. Quando ho raccontato la mia esperienza nella mia azienda ho ricevuto un sacco di insulti; eppure era la verità quella vigliaccheria indegna di cui si sono resi colpevoli quasi tutti i miei colleghi quando (solo per dirne una) si andava sotto Montecitorio a urlare che se si fosse firmato quel contratto capestro i sindacalisti che in quel momento si trovavano nel palazzo avrebbero fatto meglio a non uscire; poi a cena tutti che levavano il calice dicendo:"Ahò, speramo che firmeno" perché se la facevano sotto. E ne avrei altre da raccontare.
La cosa paradossale è che gli unici che erano in grado di rendersi conto dello sbandamento morale tra i lavoratori (ribadisco: gli UNICI, gli altri arrivavano addirittura a "non rendersi conto" di come si comportavano loro stessi, per quanto possa sembrare assurdo) erano o quelli che avevano messo su una seconda attività e che quindi avevano una via di fuga o quelli che avevano una situazione economica molto solida che gli consentiva di andarsene senza patemi d'animo di fronte a un contratto troppo peggiorativo.
Cosa si può fare? L'unica soluzione è quella di formare un movimento che dia UN GRANDE SENSO DI APPARTENENZA AI SUOI ADERENTI. Questo si fa solo con un lungo e paziente lavoro sul campo, non sui blog!!!
Anonimo Geremia
Una fabbrica è come un organismo vivente e il suo sangue sono i lavoratori che la sostengoono con la loro stessa vita. Altro che "gli operai sono i nostri nemici" ! Chiudere una fabbrica é come ammazzare questa gente : non dovrebbe accadere! Non dovrebbe essere permesso, soprattutto quando la fabbrica produce qualcosa di valido, originale, competitivo come la IRISBUS. In uno Stato degno di questo nome, uno Stato fatto di Persone e non di strozzini e schiavi umani a buttare, si dovrebbe fare in modo con ogni sforzo ed anche con sacrificio, di non lasciar mai morire una "creatura viva" come una fabbrica. Altrimenti è da chiedersi "A cosa serve uno stato così?"
Anonimo Geremia, tu hai ragione, non dovrebbe accadere che una fabbrica chiuda! E non dovrebbe accadere che ci si chieda "lo stato a cosa serve?".
Il punto è che io me lo chiedo da troppo tempo e non credo di essere il solo. Il punto è che lo stato, degno di tale nome, non c'è. Il punto è che proprio i lavoratori, tranne quelli di Resistenza Operaia, nel caso della Irisbus, incrociano le mani e attendono una qualche soluzione salvifica. Ammiro questa avanguardia operaia! Ma c'è bisogno della classe lavoratrice al completo per un cambio radicale, volutamente non uso la parola rivoluzione, è ancora presto. Ma mi auguro che se continuiamo così, prima o poi si sveglino tutti!
Matteo
Il dramma va ben oltre quello individuale degli operai.
In un qualsiasi paese degno di questo nome lo Stato sarebbe intervenuto, per ristabilire la logica, piegando il "mercato". Statalizzare, questa è la parola impronunciabile in quest'Italia sfasciata dalla classe dirigente più corrotta e inetta del globo. Eppure l'ATM di Milano ha acquistato i nuovi treni dall'Ansaldo. Sono tutti coglioni? Lo spazio di manovra c'è ed avanza, i coglioni sono gli italiani che consentono questo scempio.
Vedremo se la croce sulla scheda sarà per l'ennesima volta la firma sotto l'autocertificato di "incapace d'intendere e di volere"
Alberto Conti
Votare conta poco, ma un po' conta. Secondo me l'unico che rompe le uova nel paniere è Grillo
Questi intanto si muovono prima di noi
http://socialismonazionale.files.wordpress.com/2010/06/programma-politico-socialismo-nazionale1.pdf
Socialismo nazionale...mmhh... come definirli: post-fascisti? pseudo-fascisti? cripto-fascisti? hanno l'acronimo della RSI sul simbolo, non so se rendo l'idea!
Eh...appunto li ho messi per far vedere che si stanno organizzando prima di noi e fra un po' la bandiera dell'uscita dall'euro diventerà loro, mentre noi restiamo nei blog (ma pensavi che credessi che erano di sinistra???).
Capisco la delusione e la rabbia dei compagni di resistenza operaia, ma bisogna convenire che si raccoglie quello che si è seminato in questi decenni.
Operai lasciati al sindacato, per definizione mercante di merce forza-lavoro, e alla TV: individui appunto.
Decenni anestizzati alla cultura rivoluzionaria, incapacità di unire, costruire forza sociale, ci regalano questa società incapace di reazione, di rivoltarsi.
Repetita Juvant:
Il Mpl è per un fronte popolare di lotta che eviti al paese di precipitare nell'abisso. Un fronte ampio che però deve avere due discriminanti: una antiliberista e l'altra antifascsita.
Detto questo: non ci pare che tra i fascisti ci sia tutta questa vitalità e attivismo reali, a parte il web. Non è per sottovalutare il problema, è che questi passeranno se noi saremo incapaci di imporci come forze di lotta egemone.
Appunto e noi saremo forza egemone solo se muoveremo le chiappe andando per strada fra la gente e trovando (e dichiarando) le alleanze giuste e "utili". Per adesso non lo state facendo.
Quali sono le alleanze giuste e "utili"? Inoltre, se gli stessi operai aspettano la manna dal cielo, andare per strada fra la gente non permette comunque di creare gruppi combattivi. Puoi strappare qualche applauso e basta. Con internet è lo stesso, hai solo lettori e commentatori. Secondo me, ci vuole solo ancora un pò di tempo.
Matteo
Anch'io sono convinto che non se ne farà niente, perché i partiti pensano solo al loro tornaconto e l'italiano medio è corrotto, disinformato, menefreghista e pronto a tradire tutto e tutti per un tozzo di pane.
La carestia planetaria sta però avanzando e tra qualche mese il costo degli alimentari salirà del 30/40%.
A quel punto sarà la fame il denotare di una rivolta che si rivelerà subito incontrollabile.
Mi auguro che quel giorno ci ricorderemo dei pagliacci che ci hanno ridotto in queste condizioni.
Appunto. Tanto le cose si cambiano solo con la rivoluzione e questa si fa strada solo nello sfascio sociale. So bene che nello sfascio anche forze reazionarie si faranno largo. E' sempre stato così. Ma è nel casino, nel caos, che occorre giocarsi la partita decisiva. Quella che decide il futuro e il modello sociale che si affermerà.
Anonimo Philosophus
Ahimé, ma noi italiani saremo sempre segnati dalla maledizione di dividerci in Guelfi e Ghibellini? Questa passione per la divisione é opportuna quando i nemici sono diversi uno dall'altro. Ma ora che si sa bene chi è che "sta facendo fuori" i popoli dll'Europa perché non convincerci che "il nemico del mio nemico é mio amico"? L'unione ha sempre fatto la forza; la divisione la disfatta.
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