Il Cairo: la Marcia del 25 gennaio |
prima parte
Una Rivoluzione «anonima e tremenda»
di Piemme
E’ un fatto che la «Giornata della rabbia» del 25 gennaio, la scintilla che ha incendiato la prateria egiziana, promossa dal «Movimento Giovanile del 6 aprile», ha colto di sorpresa pressoché tutte le forze di opposizione, compresa la Fratellanza Musulmana.
Non c’è dubbio che la miccia che ha causato l’esplosione sociale sia stata la rivoluzione democratica in Tunisia. C’erano stati in effetti dei dei segnali che l’onda tunisina avrebbe potuto scatenare lo tsunami che si dispiega in questi giorni in tutta la sua portata. Sono state le tre immolazioni di cittadini egiziani la prima settimana di gennaio (due al Cairo ed una ad Alessandria), a due settimane di distanza dal martirio di Mohammed Bouzid in Tunisia, avvenuto il 17 dicembre. Questi tre casi di suicidio non vennero colti nel loro significato simbolico, anche a causa del fatto che l’attenzione, in Egitto, era tutta rivolta alla strage di capodanno ad Alessandria, ai danni della comunità copta.
Ma quelle tre immolazioni segnalavano che la situazione stava precipitando. Ora è evidente che negli ultimi anni si era andato a formare un esplosivo combinato disposto di diversi fattori.
Qual’era questo combinato disposto? Esso era rappresentato da sette fattori. (1) Malgrado i consistenti tassi di crescita del Pil registratisi negli ultimi anni, la gran parte dei cittadini egiziani viveva e vive nella più desolante miseria. (2) . L’aumento del prezzo del grano (non dimentichiamolo, causato anzitutto dalle forti pressioni speculative sui mercati delle materie prime), ha reso queste condizioni ancor più dure, (3) Il regime di Mubarak, invece di intervenire già in autunno per calmierare il prezzo della farina e degli altri beni di prima necessità, ha lasciato fare le “leggi di mercato”, ciò che ha rappresentato per la parte più povera della popolazione, un durissimo colpo alle loro precarie condizioni di vita. (4) La crescita conosciuta nell’ultimo decennio è stata quanto mai sperequata e diseguale, ne ha usufruito soltanto una borghesia rapace e parassitaria, anzitutto quella legata a doppio filo al regime di Mubarak la quale, lungi dal destinare e distribuire risorse, se le è accaparrate, accumulando ingenti fortune finanziarie, spesso depositate in banche estere (5) Le conseguenze di questa “crisi da crescita economica sperequata” sono state avvertite anche dai ceti medi, in primo luogo dagli strati giovanili intellettualizzati. (6) Con questa crescita la corruzione non è diminuita ma è aumentata, accrescendo le distanze e le divisioni sociali di classe da una parte e, dall’altra, tra gli strati premiati dal nepotismo e dal clientelismo oligarchico e quelli che ne erano esclusi. (7) Lungi dallo sfumare il carattere repressivo e antidemocratico della sua presa sulla società, il regime di Mubarak l’ha rafforzata, com’è stato mostrato dalle ultime elezioni farsa di dicembre, segnate da brogli generali e da una percentuali di astensionismo senza precedenti.
E’ in questo contesto che la «Giornata della rabbia» ha avuto successo, diventando il collettore della protesta e delle più disparate istanze sociali.
Il «Movimento Giovanile del 6 aprile»
Non c’è dubbio che i primi strati sociali a scendere in campo sono stati proprio ceti benestanti. La Giornata del 25 gennaio è stata infatti promossa, non dalle forze storiche dell’opposizione a Mubarak —dalla Fratellanza Musulmana (che anzi, fino a venerdì 28 gennaio è stata alla finestra), dal Wafd, da Kefaya, dal Partito del Futuro, o dalla Associazione Nazionale per il Cambiamento di el-Baradei—bensì dal «Movimento Giovanile del 6 aprile».
Si tratta di un gruppo nato su Facebook, fondato dal blogger Ahmed Maher, allo scopo di sostenere lo sciopero, iniziato il 6 aprile 2008 dagli operai del distretto industriale di El-Mahalla El-Kubra, nella zona del Delta del Nilo. Scopi del gruppo, inizialmente, erano quelli di aiutare gli scioperanti, anche legalmente, appunto usando la rete internet. Nel gennaio 2009 il gruppo aveva su facebook 70mila iscritti, prevalentemente studenti e giovani delle classi medie. In poche settimane il gruppo passava alla denuncia aperta del carattere repressivo del regime, della corruzione e del nepotismo.
Essendo diventato un punto di riferimento molto forte dell’opposizione, il «Movimento Giovanile del 6 aprile» si spinse fino ad organizzare dibattiti pubblici, sit-in e manifestazioni, questa volta rivendicando apertamente diritti quali la libertà di pensiero, di stampa e di agibilità politica.
Sin dal 2008 «Movimento Giovanile del 6 aprile» non esita a schierarsi contro il regime egiziano a favore della Resistenza del popolo palestinese di Gaza sotto assedio. Promuove numerose manifestazioni pubbliche e si schiera a difesa dei giornalisti che avevano denunciato la collusione del regime di Mubarak con quello sionista.
Nel maggio 2008 Ahmed Maher venne arrestato, per essere rilasciato pochi giorni dopo. Nel luglio 2008, con l’accusa di “incitamento alla protesta contro lo Stato”, venne nuovamente arrestato assieme a altri 14 membri del gruppo il quale, a questo punto, non era più oramai solo un aggregazione virtuale ma un vero e proprio gruppo politico.
Gli arresti non fermano Ahmed e i suoi, i quali, anche a causa dei sistematici divieti opposti dal governo alle loro iniziative pubbliche, possono agire solo sul Web. E proprio sul Web il «Movimento Giovanile del 6 aprile» allarga la propria rete di adesioni e di appoggi. Altri blogger si aggregano alla loro protesta. Decine di siti web si coordinano assieme per violare i divieti e la censura.
Proprio nel primo anniversario dello sciopero degli operai del distretto industriale di El-Mahalla El-Kubra, il 6 aprile 2009, il regime sferra un nuovo potente attacco repressivo: i siti Web vengono chiusi d’autorità, altri hackerati, mentre i sit-in di protesta vengono proibiti e decine di giovani, soprattutto al Cairo, vengono arrestati per avervi preso parte.
Da questo momento le iniziative del gruppo subiscono una flessione. Nel corso del 2010, non senza difficoltà, esso riesce tuttavia, pur faticosamente e grazie ad un formale allentamento della presa repressiva, a ricostruire il proprio network e a rilanciare la sua attività di denuncia.
Dai documenti di Wikileaks diffusi "ad orologeria" il 29 gennaio 2009, veniamo a sapere che gli Stati Uniti, attraverso alcuni loro apparati di propaganda e di sicurezza, hanno aiutato sottobanco, se non tutto il «Movimento Giovanile del 6 aprile», quantomeno alcuni suoi esponenti. Lo Zio Sam tiene i piedi su due staffe? Di che stupirsi? Mentre foraggia e sostiene una dittatura traballante, infiltra i movimenti d'opposizione, sperando di condizionarli, se non addirittura di eterodirigerli, di corromperli, allo scopo di trarne vantaggio in caso di crollo del regime. Di certo quest'ultimo "documento segreto ad orologeria" di Wikileaks è sospetto, poiché obiettivamente è un tentativo di azzoppare e sputtanare, m in un momento decisivo, un pezzo del movimento di protesta egiziano (che non ha mai nascosto la sua solidarietà alla Resistenza palestinese), a tutto vantaggio del regime di Mubarak e del suo più tetragono alleato: Israele.
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