J. Assange: novello antimperialista? |
«Sovversivo non prezzolato»
di Valeria Poletti
riceviamo e pubblichiamo
Il 29 dicembre pubblicavamo un articolo dal titolo «Assange stipulò un patto segreto con israele?», nel quale l'autore, siccome tra tutti i documenti segreti di Wikileaks non ce n'è neanche uno che sputtani Israele“, avanzava, non senza portare indizi di spessore, la tesi che Assange avesse deliberatamente graziato il governo sionista. La Poletti, risponde, difendendo Julian Assange prendendosela con il "complottismo di destrissima memoria". Peccato che il suo libro, sulla guerra in Iraq [L'Impero si è fermato a Baghdad], sia tutta un'invettiva contro il "complotto persiano". Un antipersianesimo viscerale, che ha confermato difendendo a spada tratta (in compagnia di Obama, delle potenze occidentali e di Israele) il tentativo della primavera-estate del 2009 di rovesciare Ahmadinejad. Una difesa che fa coppia con la ripulsa complottista e simil-laicista che la Poletti ha espresso verso il movimento di resistenza palestinese HAMAS. Mah!?
«A chi si arrende di fronte alla sovrabbondante merce mediatica – che sembra riprodursi per partenogenesi dai più diffusi stereotipi complottisti di destrissima memoria – secondo la quale Julian Assange non sarebbe che un agente prezzolato della onnipotente cospirazione sionista sfugge la rilevanza politica dell’operazione condotta da WikiLeaks più ancora di quanto non sfugga ai comuni disinformatori dediti alla ricerca di particolari piccanti della privata vita sessuale del suo fondatore.
Se pochi pubblicisti entrano nel merito delle “rivelazioni”, cioè se quasi nessuno si perita di commentarne i contenuti, non c’è ombra di analisi riguardo al ruolo svolto dalle diplomazie coperte nel governo delle relazioni tra gli agenti dell’imperialismo.
Non è tanto l’aver disvelato i molti crimini di guerra compiuti dagli USA o da governi vassalli, né l’aver reso palese l’arrogante interferenza della massima potenza mondiale nella politica interna degli Stati nazionali ad essere fonte di preoccupazione per l’Amministrazione, e non è l’importanza in sé delle – per ora poche – rivelazioni inedite a poter innescare una reazione indignata o una maggiore coscienza antimperialista. Il punto è che per la prima volta il funzionamento reale dell’intreccio degli interessi capitalistici, che il meccanismo della diplomazia internazionale regola e anche difende da possibili processi di contestazione e di opposizione attiva da parte di forze politiche organizzate dal basso, è stato messo in chiaro agli occhi di tutti. Ed è stato reso evidente che l’inganno globale ai danni delle popolazioni di ogni parte del mondo non è riprovevole abitudine di un cattivo governo, ma prassi imprescindibile di ogni sistema di potere, almeno nell’epoca del capitalismo “globalizzato” e della guerra globale. Con buona pace di ogni illusione di democrazia.
Roberto Toscano, ambasciatore italiano in India (ed ex ambasciatore a Teheran), spiega bene il punto di vista dei governi: “Per la diplomazia Wikileaks è un problema non da poco. (…) “È una sorta di sabotaggio a tappeto del meccanismo diplomatico, di sistematico attacco di tipo anarcoide al funzionamento di meccanismi che possono certo essere usati in modo empio e criminale (il che credo giustifichi il dissenso, l’obiezione di coscienza e anche quello che gli americani chiamano il whistle blowing, ovvero le “soffiate ”), ma che sono anche indispensabili per governare le relazioni internazionali in un mondo complesso e caratterizzato da tensioni e scontri di interessi. L’unico orientamento, in questa come in qualsiasi altra attività umana, può esserci dato solo dalla nostra coscienza di cittadini, e di partecipi di una comune umanità. Wikileaks invece spara nel mucchio, procede a tappeto, non si pone questioni morali. In Wikileaks l’eversione - non priva di esaltazione e di hubris - prevale sul dissenso. E aggiunge un ulteriore elemento di disordine in un mondo già fin troppo disorientato” [Affari Internazionali]. Bello no!?!
Anche la migliore operazione di pulizia informativa non è, di per sé, rivoluzionaria. Compito dei marxisti sarebbe quello di farne un uso prima di tutto critico, sputtanando le fonti giornalistiche accreditate e compiacenti così come quelle falsamente alternative di chi vuol fare la rivoluzione a colpi di mitizzazione di regimi teocratici sedicenti “antimperialisti” e di dietrologie da quattro soldi. E approfittare dell’occasione offerta dall’inaspettata contingenza per far emergere a livello allargato la consapevolezza del fatto che la base dell’iniquo sistema delle relazioni internazionali è la stessa base dell’iniquo sistema del rapporto sociale tra capitale e lavoro, tra imperialismo e popoli oppressi, la stessa base dell’ordine mondiale che genera guerra e povertà, ignoranza e distruzione dell’ambiente. Giusto quello che i cablogrammi di WikyLeaks stanno rendendo evidente.
Se la mancanza di una prospettiva politica ci impedisce di rendere rivoluzionaria la verità, la responsabilità non sarà certo di Assange! Bisognerà risolversi a cercarla negli errori che hanno portato la sinistra antagonista, comunista, anarchica, alla paralisi.
Auguri a tutti per un 2011 in cui rinasca lo spirito di ricerca, di critica e la voglia di “abolire lo stato di cose presente”!»
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