[ 17 ottobre 2010 ]
DI RITORNO DA ROMA
riflessioni a caldo
di Piemme
Una marea di lavoratori, dei diversi segmenti in cui è stato spezzettato il lavoro dipendente negli ultimi trent'anni. Una torrente in piena di militanti sindacali e politici, la maggioranza senza partito, divisi da idee diversissime ma accomunati da una medesima spinta, alla lotta, e da un comune aspettativa (sembra addirittura banale dirlo, ma non lo è affatto) anticapitalistica: "la crisi la paghino loro". Da questa negazione non nasce come d'incanto un'alternativa, ma la manifestazione FIOM ha posto il problema, ha fatto a pezzi, qui possiamo dirlo, il teatrino di scimmie della casta. Ora l'agenda politica italiana cambierà, con le buone o con le cattive.
Centinaia di migliaia di lavoratori, vecchie e nuove figure proletarie, hanno conquistato la scena e sarà difficile, siccome la crisi è destinata a peggiorare, che l'abbandonino. Come la FIOM e la CGIL vorranno utilizzare questa spinta enorme lo vedremo nelle prossime settimane. "Sciopero generale", come in Francia, era il grido che saliva dalla strada. Landini l'ha evocato, Epifani non l'ha escluso. Romperà le trattative a perdere avviate il 4 ottobre?
E' probabile che la CGIL, dopo questa prova di forza, vorrà tenere i piedi su due staffe, nella speranza che passi la buriana. Un equilibrismo opportunista che sarà difficile da tenere. Il rischio è che nasca un movimento che esca del tutto fuori dal suo controllo. Di qui i timori delle burocrazie sindacali.
Detto questo, mi perdonerà chi legge, il problema è come sempre politico. Io mi chiedo: ma chi, vista la pochezza della sinistra politica italiana, avrà la determinazione di dare una rappresentanza politica adeguata al poliverso che ha riempitole strade di Roma? Salta agli occhi la discrasia tra ciò che sta in basso e ciò che sta in alto. Vendoliani, rifondaroli, e cespugli extraparlamentari vari: da qui verrà fuori un nuovo grande soggetto anticapitalistico e socialista? La risposta è: sì, se essi potessero riuscire a farlo, ma non sapranno farlo, non ci riusciranno.
Per due semplici ragioni. La prima è che non hanno uno straccio di linea politica complessiva o strategica, che non siano le cose che il sindacato già chiede e persegue a suo modo. Cose che di tutta evidenza sono insufficienti e minimalistiche rispetto alla gravità della crisi e alla posta in palio. Non si costruisce un soggetto che si limiti a fare il verso al sindacato. Nè è credibile pensare ad un soggetto che gli funga da sponda. Per sua stessa natura il sindacato non può spingersi oltre a se medesimo, non può cioè abbracciare un programa politico d'alternativa. E neanche glielo si può chiedere.
La seconda ragione è palese: Prc, Idv, Sel, PdCI e compagnia cantando stanno elemosinando un posto alla tavola del post-berlusconismo, mendicando un po di scranni in parlamento, e pur di tirare a campare sono disposti a siglare un nuovo patto suicida col Pd. Un Pd che era il grande assente oggi.
Io dubito quindi che da qui, da questo mondo di sepolcri arrossati, possa venire un nuovo soggetto. Da dove quindi? Dal basso? Dal basso viene l'energia, la domanda di nuova forza politica. C'è tuttavia sempre bisogno di un innesco, di un embrione dirigente, di raccogliere su un nuovo programma, quantomeno di fase, la spinta alla Resistenza, e quindi di un programma per un'Italia alternativa.
Staremo a vedere. Nel 2008 siamo entrati in un nuovo periodo, contrassegnato dalla crisi sistemica. Oggi a Roma, dopo Pomigliano, abbiamo vissuto un tornante. Altri ancora ne verranno.
2 commenti:
E' giusto porsi il problema della rappresentanza.
http://blogomotiva.blogspot.com/2010/10/16-ottobre-linizio-della-lotta.html
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