[ 22 ottobre 2010 ]
«La crisi farà entrare la rivoluzione
anche nelle teste di legno»
Marx ebbe a dire: “La crisi farà entrare la rivoluzione anche nelle teste di legno”.
Non essendo “teste di legno” avevamo capito, non appena esplosa la crisi finanziaria del settembre 2008 che tutto sarebbe cambiato, che saremmo entrati in una nuova fase storica.
Ne fa fede il Manifesto che approvammo come Associazione Rivoluzione Democratica (ARD) nel gennaio 2009:
«La grave crisi economico-finanziaria che il capitalismo mondiale sta soffrendo si aggiunge a quelle ambientale, energetica, alimentare ed a quella del sistema politico monopolare incentrato sulla supremazia nordamericana. Per questo parliamo di crisi sistemica. Nel nostro paese gli effetti di questa crisi globale si aggiungono a quelli interni di sfascio morale, politico e istituzionale.
Questi molteplici aspetti della crisi sistemica non sono separabili fra loro e sono destinati ad avere ripercussioni geopolitiche gravissime col rimescolamento dei centri del potere economico, finanziario, produttivo e militare e la acutizzazione su vasta scala dei conflitti sociali già in atto. Come la grande crisi economica del 1929, dopo un lungo periodo di stagnazione, fu superata definitivamente solo con la seconda guerra mondiale, anche l’ attuale già annuncia l’intensificarsi di tragici conflitti militari regionali creando le premesse di una nuova ancor più tragica conflagrazione mondiale. In Italia, proprio a causa della preesistenza dei gravi fattori endogeni di cui sopra, la crisi sistemica potrebbe avere effetti ancor più devastanti che altrove. La rivolta in Grecia indica fino a che punto negli anelli deboli dell’Unione Europea si stiano accumulando esplosive contraddizioni sociali e politiche.
All’origine di questa crisi globale vi è il carattere antagonistico del sistema capitalistico, la sua congenita incapacità a distribuire equamente le risorse, a rispettare gli insindacabili diritti umani e dei popoli, ad instaurare una diversa relazione fra gli uomini di differenti culture ed a praticare il rispetto degli equilibri della natura, la nostra. L’odierna tecnoscienza, asservita alle logiche di una accumulazione finanziaria sempre più accentrata nelle mani di pochi, ha finito per dominare anziché servire la vita delle persone e dopo avere distrutto l’ambiente naturale, base della vita, sta ora attaccando, attraverso le biotecnologie affrancate da ogni principio di precauzione, la radice della stessa vita ridotta a merce, cioè a nuovo strumento di accumulazione.
A questa crisi sistemica le forze oggi dominanti stanno dando risposte parziali, tese a perpetuare il modello di dominio sotto altre sembianze ma in realtà capaci solo di ritardare i suoi devastanti effetti. Di nuovo è stato applicata la regola: «guadagni privati e perdite pubbliche». Gli Stati sono perciò stati richiamati temporaneamente in servizio per il suo superamento. E mentre i colpevoli vengono graziati o addirittura premiati, le vittime trovano di fronte a loro ancor più precarietà, più tasse, meno servizi sociali, un ambiente ancor meno vivibile. E’ invece necessario e urgente intervenire con coraggio sulle cause che la hanno generata, tutte riconducibili al saccheggio delle risorse materiali e umane utilizzate non per soddisfare bisogni e diritti bensì per produrre denaro».
Fu la consapevolezza di essere davanti ad un tornante storico (noi che ci ritrovammo assieme sulla base di una scelta astensionistica in occasione delle elezioni del 2008), che ci spinse a trasformarci in Associazione. Non voleva essere un partito, ma un laboratorio di idee politiche, poiché solo in virtù di idee forti sulla crisi e la fuoriuscita diventava plausibile costruire, dopo il fiasco della “sinistra arcobaleno”, un soggetto che andasse incontro alla protesta popolare che la crisi avrebbe messo in moto.
Sono passati due anni esatti dalla scoppio del collasso finanziario e i suoi sviluppi danno ragione a chi, come noi, parlò di “crisi storico-sistemica”.
Venendo da decenni di desertificazione delle coscienze, della memoria e delle cultura, non ci illudevamo che la sopraggiunta crisi avrebbe automaticamente suscitato una risposta anticapitalistica di massa. Mettevamo anzi in guardia dal pericolo di una mobilitazione reazionaria delle masse. La quale infatti, seppure in maniera spuria, si è manifestatata e si manifesta, sia in Europa che negli USA, nel dilagare di movimenti populistici, a vario titolo reazionari.
Venendo da decenni di desertificazione delle coscienze, della memoria e delle cultura, non ci illudevamo che la sopraggiunta crisi avrebbe automaticamente suscitato una risposta anticapitalistica di massa. Mettevamo anzi in guardia dal pericolo di una mobilitazione reazionaria delle masse. La quale infatti, seppure in maniera spuria, si è manifestatata e si manifesta, sia in Europa che negli USA, nel dilagare di movimenti populistici, a vario titolo reazionari.
Tuttavia, a cominciare dalla Grecia, va prendendo piede, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, un vasto movimento di lotta dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati e degli studenti che pure in forme diverse respinge i piani di macelleria sociale varati dai governi, di destra e di sinistra.
Anche in Italia, superato il disorientamento iniziale, dopo i primi vagiti della protesta popolare, stiamo assistendo alla nascita di un nuovo grande movimento di rivolta contro un regime (non solo il governo), oltre che squalificato, deciso nell’applicazione di draconiane misure sociali antipopolari, un mix di tagli allo stato sociale, ai salari e ai diritti. La manifestazione indetta dalla FIOM il 16 ottobre ha visto così la confluenza dei diversi rivoli della protesta.
Non basta appellarsi alla lotta per dare continuità e respiro a questo nuovo movimento. Occorre una visione chiara della crisi e di come se ne possa uscire.
Non basta certo un convegno per riuscire in questo compito. Ma questo compito richiede capacità d’analisi, idee chiare, altrettanto chiare proposte di politica economica e sociale. Per questo abbiamo promosso il convegno di Chianciano del 30 e 31 ottobre, nella speranza che le varie voci che si esprimeranno diventino domani un’unica sinfonia di liberazione.
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