[ 29 ottobre 2010 ]
Davvero istruttiva l'intervista rilasciata da Nichi Vendola a Lina Palmerini col titolo programmatico: «Le imprese si fidino di me» (Il Sole 24 Ore del 27 ottobre). Il lettore noterà immediatamente come, parlando ai padroni sul loro giornale, l'affabulazione immaginifica e iperbolica scompaia, per lasciare il posto ad una mediocre "realpolitik". Costretto a improbabili equilibrismi, la cosa non gli è venuta bene. Difficile tenere assieme il diavolo e l'Acqua santa, sedurre la borghesia e allo stesso tempo continuare ad accreditarsi, berlusconianamente parlando, come il "salvatore della patria", il "presidente operaio". L'ammiccamento, lo sforzo di tranquillizzare i lettori del giornale della Confindustria, come ognuno potrà vedere, risulta francamante patetico.
L'intervista va forse letta alla luce di quella, decisamente più pesante, a Massimo D'Alema, pubblicata sullo stesso giornale qualche giorno prima, e nella quale il bombardiere di Belgrado, con la sicumera che lo distingue, afferma che l'uscita di scena di Berlusconi non porterà alle elezioni anticipate. Quindi niente sciagura delle primarie per stabilire chi dovrà essere il leader del centro-sinistra. Altrimenti detto, Vendola può mettersi l'anima in pace e pensare alla sua amata Puglia.
Lasciamo ai lettori tirare le conclusioni. Ci riferiamo anzitutto a coloro che ritengono Vendola Il Messia finalmente risorto. Tra gli altri solo due passaggi vogliamo segnalare, che fanno premio alle nostre critiche.
Il primo, quello in cui indica la sua idea di sinistra: «né riformista» (l'avevamo detto) «né radicale» (e anche questo era chiaro). Dio solo sa il piatto che si cucina nelle "fabbriche di Nichi"! Di sicuro ancora non ce la dice tutta. Si intuisce tuttavia il profilo di un'obamismo all'amatriciana, di una sinistra molto borghese e liberal, ben poco socialista e/o proletaria.
Il secondo passaggio che segnaliamo è quello in cui risponde alla domanda, dato che Berlusconi è un morto che cammina, se egli pensi ancora all'alleanza fino a Casini. Ricorderete infatti che Vendola giustificava una simile porcheria d'alemiana con la necessità di cacciare Berlusconi. Ora il "governo di scopo" diventa, udite! udite!, «una larga alleanza tra culture riformatrici».
Miracoli di un funanbolo! Chi può escludere che domani se ne verrà fuori affermando che »l'alleanza tra culture riformatrici» debba giungere ... fino a Fini?
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